L’ 11 novembre si ricorda San Martino, vescovo di Tours, un gran sostenitore dell’ortodossia cattolica nata dal Concilio di Nicea nel 325 D.c.  Essendo San Martino il protettore del paese dove vivo ed il suo culto diffuso nella montagna alpina, incuriosita avevo già pubblicato su www.nonsolocarnia.info due studi del prof. Alessio Peršič, con titolo: “La figura di San Martino in due studi del prof. Alessio Peršič” ed un testo ripreso da un sito francese interamente dedicato al Santo con titolo: “San Martino di Tours”.

Ritorno qui a parlare del Santo, riprendendo alcune considerazioni da un altro studio di Alessio Peršič, intitolato “Primordi monastici in Occidente. Martino da Sabaria ‘Filosofo’ illirico, ‘personaggio d’Europa”, pubblicato in: Annali di scienze religiose vol. 8 (2015) p. 271-328 che ci racconta che, nel 2005, San Martino è stato assunto a simbolo della condivisione valoriale dell’Europa (quindi benedicente, par di capire, una nuova ortodossia europea, e questo lo scrivo io) dal consiglio d’ Europa che ha pure deciso di  istituire un itinerario culturale, la Via sancti Martini, da tracciarsi attraverso il continente da Tours a Sazombathély (l’antica Sabaria), città di nascita di Martino poi Santo. E questo entro il 2016, diciassettesimo centenario della nascita di Martino, ma pure per valorizzare l’esperienza anacoretica del Santo e quella dell’Illiria, patria del Santo, che gravitava intorno entro l’orizzonte cristiano aquileiese. (Cfr. Alessio Peršič, “Primordi monastici in Occidente. Martino da Sabaria ‘Filosofo’ illirico, ‘personaggio d’Europa”, pubblicato in: Annali di scienze religiose vol. 8 (2015) p. 271-328).

Antichi resti di Savaria o Sabaria visibili sotto la piazza principale di Szombathely. Immagine di Pan Peter, da: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Savaria_Borosty%C3%A1nk%C5%91_%C3%BAt_OTP.jpg

Ma per fare questo, Peršič deve riportare il Martino anacoreta al Martino vescovo di Tours, perché, inizialmente, il racconto della sua vita da parte di due diversi autori con fonti diverse, portò a ritenere o che vi fossero due persone diverse di nome Martino, di cui era importante venerare solo colui che era stato vescovo in Francia, o che il Martino anacoreta illirico fosse figlio di una grande svista dell’autore. In questo scritto Peršič ci dice perché essi erano verosimilmente la stessa persona, alla luce di studi successivi sugli asceti e su coloro che avevano sposato, nella loro fede, la ‘rusticitas’ cristiana anche in Illiria, patria di origine del Santo, e dell’ipotesi di una nascita non solo occidentale del monachesimo europeo sorto dai gruppi di cristiani che fuggivano dalla città alle persecuzioni per vivere in luoghi naturali insieme, in povertà, pregando, in attesa della morte.

E l’Illiria, come spazio politico e geografico viene definito da Peršič un «territorio di sperimentazioni anacoretiche peculiari dell’Occidente» (Ivi) secondo forme «affini a quelle che avrebbe infine assunto il monachesimo martiniano». (Ivi). Inoltre proprio dall’ influenza della chiesa Aquileiese, egli trasse, nella sua azione evangelizzatrice, la trasmissione delle «arcaiche concezioni escatologiche […], le quali, […] appaiono ascendere […]  alle analoghe professate più di un secolo prima dal martire e Padre della Chiesa Vittorino». (Ivi).

Ma chi era San Vittorino? Un vescovo di Ptuj nell’alta Pannonia ora Slovenia, che aveva scritto due commentari uno al vecchio testamento ed uno al nuovo, martire e vissuto tra il 284 e il 305 dopo Cristo. (https://www.santi delgiorno.it/san-vittorino).

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In questo suo lavoro, il prof. Peršič ci ricorda, inoltre, che Martino, già allora monaco anacoreta dopo esser stato tribuno militare, avendo riscontrato nella sua terra, (egli era originario, come già scritto, di Sabaria Sicca, l’ odierna Szombathely, in Ungheria) la presenza fra i cristiani dell’eresia ariana, che non riconosceva la ‘consustanzialità’ di Padre e Figlio, e quindi la divinità di Gesù, (quando era già avvenuto  il Concilio di Nicea che aveva raggiunto una unità dogmatica, e definito cosa era di fatto ortodossia e cosa eresia, e questo lo scrivo io) cercò di combatterla e portare la popolazione all’ortodossia ma fu «insidiato e spesso malmenato in pubblico, fu di là espulso e, arrivato a Milano, vi trascorse vita appartata». (Alessio Peršič, op. cit.).

Come fonte di queste informazioni, Peršič cita Sozomeno, uno scrittore greco – palestinese vissuto nel 400 d. C. Ma continua Peršič, sempre riprendendo da Sozomeno, Martino dovette andarsene anche da Milano, in quanto inviso al vescovo locale Aussenzio, che non sposava le tesi uscite dal Concilio di Nicea, accolte come la vera fede. «Così, per qualche tempo, contentandosi di radici di piante, abitò un’isola denominata Gallinaria: essa è piccola e disabitata, situata nel mar Tirreno». (Ivi). Successivamente fu nominato vescovo di Terracina, sempre secondo la stessa ‘voce narrante’, ma per gli studiosi attuali questa località è frutto di un errore di lettura, da parte dell’autore greco-palestinese, di una parola scritta, presumibilmente.

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Ma un altro aspetto, sempre ripreso da Sozomeno è interessante: «Abbiamo inoltre appreso che in queste regioni soggette ai Romani, durante l’epoca medesima, visse anche Ilario: uomo ammirevole per vita e per la dottrina, che con Martino ebbe in comune l’esilio a causa dello zelo per l’ortodossia». – scrive Peršič. (Ivi. Per il culto di questo San Ilario, cfr. su www.nonsolocarnia.info: Valter Baisero. Sant’ Ilario martire e patrono, celebrato a Tolmezzo ed in Carnia alla ‘Cuarte di Avost’).

Ed infine il docente alla Cattolica di Milano così commenta: «Sozomeno nella brevità richiesta da un profilo biografico inserito in un contesto di storia generale, si dimostra, dunque, non meno informato di Sulpicio sulla prima parte della vita di Martino, ovvero sulle origini famigliari e gli esordi monastici di Martino nell’Illirico e sulla sua opposizione militante all’arianesimo locale, cui la Vita (il riferimento è alla “Vita di San Martino” scritta dall’autore gallico N.d.r.) di Sulpicio, invece, riserva in proporzione uno spazio vistosamente assai ridotto». (Alessio Peršič, op. cit.).

 

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Ma come mai la storia di Martino scritta da Sulpico (Severo) è diversa da quella scritta da Sozomeno tanto da portare a ritenere che fossero due persone diverse?

Al di là dell’errore su Terracina, Alessio Peršič ipotizza che Sozomeno avesse maggiormente fonti illiriche e Sulpicio Severo,  romano e vissuto in territorio attualmente francese tra il 360 ed il 420 d.C. galliche, da qui il diverso spazio dato dai due scrittori ad alcuni aspetti della vita di San Martino. Ma questo cosa ha comportato poi?

Si ritenne così,  di fatto, che esistessero due narrazioni su San Martino, una orientale (quella di Sozomeno) ed una occidentale (quella di Sulpicio) e così accadde che nell’Oriente bizantino non si riuscì a riconoscere l’identità di soggetto unico, un unico Martino, a cui si riferivano sia le tradizioni sul monaco-vescovo illirico che quelle sul milite-vescovo gallico, ed il risultato fu «l’istituzione – seppure in significativa prossimità calendariale (12 novembre) – della memoria di un altro S. Martino». (Alessio Peršič, op. cit).

Così da questa mancata unione di informazioni intorno ad una stessa persona, ne conseguì che gli  agiografi liturgici si sforzarono, compiendo quella che il Peršič definisce una manipolazione letteraria delle fonti, a distinguere e separare il più possibile le due figure, il monaco dal milite – vescovo gallico, distribuendo ed espandendo i tratti caratteristici delle due ipotetiche personalità in maniera tale da attenuare il più possibile, se non sopprimere, gli elementi inevitabilmente comuni».

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Successivamente, negli studi religiosi su Martino, vescovo di Tours, non sapendo come ‘sbrogliare la matassa’ della figura sia ‘episcopo’ sia anacoreta, gli scrittori ricorsero ad uno degli stratagemmi diffusi quando i conti non tornano: la versione della vita di San Martino scritta da Sozomeno venne lasciata da parte.

Ma a proposito così scrive Peršič: «La sostanziale esclusione di Sozomeno dalla moderna storiografia critica su Martino appare […] preconcetta e ingenerosa: probabilmente fu indotta sia dalla squalificante identificazione della gallica civitas Turonica con la colonia spartana di Terracina sia dalla stravagante parzialità ‘illirica’ delle sue notizie, che poté apparire altrettanto screditabile come fatto di mera disinformazione». (Alessio Peršič., op. cit.). Ma invece, a differenza della scorretta individuazione della città, la storia di Martino prima anacoreta in Illiria, risulta ora verosimile. Solo che allora la mancanza diffusa di «dati concernenti il peculiare monachesimo – o pre-monachesimo – aquileiese, finora largamente indiscussi e per lo più ignorati nelle ricostruzioni di una storia delle origini monastiche in Europa» (Ivi), portò gli studiosi a ritenere che tutto quanto aveva scritto Sozonemo nel suo testo su Martino, fosse una favola.

Infatti mancando approfondimenti circa la possibile esistenza di una cultura premonastica ‘pannonica’ in senso onnicomprensivo, cioè ‘illirica’, capace di aver influenzato Martino durante la prima metà della sua vita, si continuò a valorizzare solo quanto diceva Sulpicio seguito da altri, riconducendo il monachesimo seguito da Martino solo ed esclusivamente a quello italico e non a quello della zona ove il Santo era nato. (Ivi).

E non si può negare, sempre secondo il noto studioso della ‘Cattolica’ di Milano, che Martino avesse sposato quella ‘rusticitas’ morale e dottrinale segno distintivo dell’anacoresi premonastica. Ed è San Gerolamo che ben delinea questa ‘rusticitas’, questa austerità nel vivere, diremmo ora, che doveva caratterizzare anche il presbitero cristiano, che doveva essere: «uomo frugale, disinteressato, schivo dalla frequentazione dei potenti, convinto che la ricchezza materiale “scalza la Chiesa dalle sue basi”». (Alessio Peršič, op. cit.). Ma al tempo stesso, San Gerolamo non negava che chi aveva sposato l’ideale di una vocazione monastica vissuta integralmente, potesse, eccezionalmente, seguire la via del ministero ordinato, in qualche modo riproponendola al suo interno (Ivi).

 

martinostatue-des-heiligen-martin-bischof-holz-skulptur-768×1232-1.jpg,  da: Statua in legno di San Martino – Ferdinand Stuflesser 1875

 Infine, leggendo i testi sulla base sei nuovi studi, Peršič non trova poi grandi differenze fra quanto scrive Sozomeno e quanto scrive Sulpicio, solo che l’uno amplia più una parte della vita del Santo, l’altro l’altra, e che  il racconto di Sozomeno risulta privo sia dell’atto caritatevole di Amiens (il dono di parte del mantello) sia della descrizione delle numerose guarigioni attribuite a Martino  in territorio gallico.

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Quindi Peršič ci racconta che la vita di San Martino scritta da Sulpicio, e quindi l’unica nota in un primo tempo, ebbe grande successo e si diffuse rinsaldando la conoscenza del Santo derivata dalla narrazione orale. Inoltre subito dopo uscì il ‘Gallus’ una raccolta di dialoghi di San Martino, che riscosse uguale favore, che è stata alcuni anni fa pubblicata in francese con titolo: Gallus. Dialogues sur les ‘vertus’ de saint Martin, Paris 2006.

E un grande devoto a San Martino fu anche San Venanzio Fortunato, originario di Valdobbiadene e poi anche vescovo di Poitiers, celebre autore di poesie in lingua latina ed agiografo, nato fra il 520 ed il 540 dopo Cristo. Egli ci narra che si recò, mentre si trovava a Ravenna per motivi di studio, con il suo amico Felice, alla basilica dei Santi Paolo e Giovanni in Ravenna, per chiedere a San Martino la guarigione da un problema agli occhi. Nella chiesa vi era un altare dedicato al confessore Martino e, pregando il santo, i due amici si unsero gli occhi con l’olio della lucerna che lo illuminava e subito gli occhi doloranti ottennero la guarigione desiderata. E pure Venazio Fortunato, poeta, scrisse una vita di San Martino e si presume che la stessa venne diffusa ove il culto del santo era già radicato e cioè nella regione di Aquileia, Zuglio, Osoppo, Ragogna, nella pedemontana friulana occidentale, a Concordia, Treviso e Ceneda. (Alessio Peršič, op. cit.).

Ma sicuramente, e questo lo dico io, il culto di San Martino si diffuse, in Carnia, anche nella zona di Ovaro dove, sui resti di una villa romana eretta vicino al corso del Degano, sorge la più antica chiesa carnica con dedicazione a Santo, edificata nel V secolo d.C., con battistero ad immersione. E ad Ovaro un gran mercato, un tempo la fiera del paese, si svolge proprio in concomitanza con la festa di S. Martino.  Ma questa gran devozione, anche secondo Venanzio Fortunato, era derivata dal fatto che in ogni dove Martino aveva lasciato segno di sé, ed era particolarmente venerato nelle contrade italiche più che in Francia, a causa del numero enorme di miracoli, tanti da non poterli enumerare tutti, di cui era stato autore. (Alessio Peršič, op. cit.).

E il noto docente laureatosi alla ‘Cattolica’ di Milano, ricorda pure che: «[…] la recente indagine su 52 siti archeologici nord-italiani legati al culto martiniano condotta da Silvia Lusuardi Siena con Elena Spalla dimostra ormai chiaramente che la maggior parte d’essi risale ai secoli V–VII, per lo più antecedenti dunque all’invasione stessa dei Longobardi». (Alessio Peršič, op. cit.) e sono segno dell’affermata fortuna di S. Martino nel territorio metropolitano aquileiese già nel tempo immediatamente successivo alla sua morte, avvenuta a Candes nel 397 d.C.

Altare dedicato a San Martino nella chiesa al Santo dedicata a Socchieve in Carnia. (Da: https://www.tripadvisor.de/Attraction_Review-g7104509-d8380375-Reviews-Chiesa_di_San_Martino-Socchieve_Province_of_Udine_Friuli_Venezia_Giulia.html)

Peršič ritiene però che se si fosse studiato meglio anche la vita di San Martino, ci si sarebbe accorti che l’idea che il monachesimo occidentale fosse sorto in forma autonoma e si fosse diffuso dalla Gallia, datando il suo inizio con a partire dal 360-361, quando Martino fondò in terra resa infine ospitale dall’autorità morale e dottrinale del vescovo Ilario, un suo monastero non distante da Poitiers, poteva non essere del tutto corretta. Pertanto intitola un paragrafo dell’articolo di riferimento qui: «La parzialità gallocentrica della storiografia martiniana». Ed anche Eusebio di Vercelli, un altro dei primi monaci, proveniva dall’Illiria, e Peršič ritiene una reale forzatura il sostenere che Gerolamo e Bonoso avessero conosciuto la novità dell’ascetismo monastico soltanto nella gallica Treviri.

E non a caso, sempre secondo Peršič, la Passio di Sinerio illustra come il fenomeno dell’eremitismo fosse presente sin dalla metà del sec. III fra Aquileia, Pannonia, Norico e Illiria. Occorre d’altronde persuadersi che per superare pure alcuni problemi dati dalla vita di Martino, che creano qualche problema di compatibilità storica in rapporto al primo sorgere del monachesimo latino, e cioè i due episodi della conversione di Martino, databili il primo tra il  326 ed il 327, il secondo tra il 328 ed il 329, risulti plausibile ammettere l’esistenza di luoghi dove, già agli albori del IV secolo, fossero presenti fenomeni ormai tradizionalmente consolidati di eremitismo ascetico in embrionale organizzazione cenobitica. Essi erano realizzati da anacoreti che, singolarmente o in gruppo, ormai si insediavano abbastanza numerosi in dimore di fortuna (tabernacula, monasteria) nei territori incolti non lontani dalle città.

Ed ai primordi del cristianesimo vi furono sicuramente- sostiene sempre il noto docente laureatosi alla ‘Cattolica di Milano – cristiani che fuggivano dalle città nei periodi di persecuzione, ed attendevano, in grotte e rifugi naturali, l’arrivo della fine. Ed anche i monaci di Egitto, secondo Rufino, «fermi nelle loro capanne, pregando aspettavano i loro uccisori» ma questo accadeva anche nel territorio aquileiese. (Ivi). «Alla medesima epoca potrebbero risalire perfino i romitaggi nei deserti insulari della Dalmazia, modello per la seconda esperienza eremitica di Martino, collocata nell’isola di Gallinara, destinati, negli anni Settanta del sec. IV, ad affollarsi di ‘santi’, grazie all’approdo di eccezionali atleti dello spirito […]». (Alessio Peršič, op. cit.).

Ma per ritornare a Martino, Peršič sottolinea come certi comportamenti ed atteggiamenti di Martino, già vescovo di Tour, che suscitarono la perplessità e l’ostilità di vescovi gallici contro di lui, avrebbero potuto pure derivare proprio dall’ anacoretismo pre- costantiniano vissuto in precedenza da Martino.

San martino dipinto da Giotto. Assisi. Da: ArcheOlbia| Guida Turistica Olbia| Archeologia della Sardegna| Escursioni : La leggenda di San Martino – L’estate di San Martino (11 novembre)

 

In conclusione di questa sua analisi Alessio Peršič ritiene, quindi, che di anacoreti legati a principi antichi ed in via di estinzione fossero realmente popolati i ‘monasteria’ (luoghi ove gli eremiti stavano in piccoli gruppi) nelle steppe intorno all’antica Sabaria e che, dopo la pace costantiniana ed il Concilio di Nicea, questi luoghi abbiano potuto attrarre proseliti più della chiesa di Nicea e dei suoi ministeri ordinati. Ed anche il giovanissimo Martino sposò l’ideale di vita cristiana perfetta, che solo una trentina d’anni più tardi, però, sarebbe riuscito realmente a perseguire, pur profilandosi all’orizzonte, altre forme organizzate di vita monastica. 

Per questi motivi, secondo Alessio Peršič, non ci sono discrepanze fra quanto scrisse Sulpicio Severo e quanto scrisse Sozomeno, ma sono due diverse facce della stessa medaglia ed appartengono alla stessa storia.

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Questo racconto di Alessio Peršič ci fa pure riflettere sulle difficoltà di comunicazione che esisteva nei primi secoli dopo Cristo e su come fosse difficile scrivere anche solo una biografia di un personaggio notissimo e strenue difensore dell’ortodossia. Ed anche studiare e tentare di scrivere la storia antica e del cristianesimo, dove spesso le fonti sono scritti agiografici, per l’uso didattico che se ne voleva fare, presentano non poche difficoltà.

Sperando di aver compreso e ripreso in modo corretto quanto scritto in modo dotto dal prof. Peršič e da me riportato in forma scorrevole per tutti, mi auguro che questa intrigante storia su un San Martino possa esser di vostro interesse.

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Preciso anche che il duomo di Tolmezzo era ed è dedicato a San Martino, che mercati, sagre e tradizioni varie compresi dolci tradizionali si collegano alla sua festa e che ho anche riportato sul mio: www.nonsolocarnia.info il video dedicato alla chiesa di San Martino con titolo: Un bellissimo filmato di Dino Ariis sulla chiesa di San Martino di Socchieve, accompagnato dall’arpa della bravissima Emanuela Battigelli. che vi consiglio vivamente di guardare.

Laura Matelda Puppini

 

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