Ho pensato un po’ prima di scrivere questo mio articolo per la giornata della memoria. E la prima cosa su cui ho riflettuto è stato quanto facesse comodo al terzo Reich far lavorare altri, trattandoli ben peggio delle bestie, ben peggio degli schiavi, per il proprio tornaconto, eliminando tutti coloro che non servivano più o che non pensavano all’unisono con il credo nazista. Fece proprio comodo a nazisti e nazistelli impossessarsi dei beni degli ebrei, e ci furono anche donne e giovani germaniche che furono d’accordo con queste atrocità, che le sostennero, che le giustificarono. Anche in questo sta la banalità del male, per dirla alla Hannah Arendt, nel riuscire a chiudere gli occhi e ritenere che quello che si fa e sta succedendo, in fin dei conti, ha una sua scusante, vuoi la diversità delle razze, vuoi la “limpieza de sangre”, da cui molto iniziò.

Il poter ottenere vantaggi dalla disumanizzazione altrui non pare abbia poi molto scosso l’animo delle donne e degli uomini delle fattorie, dove la parte forse più fortunata dei deportati e delle deportate doveva lavorare, deportati a cui fu tolto pure il nome, mentre dovevano mandare a memoria solo il loro numero. Insomma la tragedia di quell’enorme tempesta del male che chiamiamo convenzionalmente “Shoah”, a me pare che abbia avuto molto a che fare con concetti quali “il tornaconto personale”, “l’indifferenza”, il sentirsi superiori ad altri per un qualsiasi motivo ed il vivere come tali, ritenendo legittimo il fare ad altri qualsiasi nefandezza trovando una scusante.

Perché scrivo questo? Perché anche ora la società si sta muovendo basando l’azione sugli stessi principi: trovando giustificazioni di ogni tipo per esempio in Italia per tagliare sanità e salute, per dividere ricchi da poveri, per far portare un panino ai bimbi i cui genitori non possono pagare la mensa scolastica, per negare la scuola a chi non è italianissimo, e via dicendo. E bulletti di periferia, violenti, forse anche qualche professionista e politico piano piano si sono abituati a trovare una giustificazione a qualsiasi cosa dicano o facciano, basta che l’abbiano detto loro, basta che l’abbiano pensata loro, basta che sia per loro tornaconto o divertimento personale, senza pensare agli altri, alle vittime, che comunque non sono per loro persone uomini, donne, ma solo oggetti da utilizzare, senza nome, solo qualcosa da rappresentare con una sigla o da ricondurre ad una classe di appartenenza: omosessuale, negro, lesbica, ebreo, immigrato, vecchio, demente, rompiballe.

Come non pensare che ci vorrebbe una qualche riflessione anche nella nostra penisola, sull’etica e sui valori, in una società basata solo sul soggettivismo e sul modello del bello potente vincente, ed improntata al cinismo, cioé all’ostentata indifferenza e disprezzo nei confronti di valori morali e sociali, facendo ciò che aggrada ed avendo sé stessi al centro dell’universo umano? Su questi aspetti valoriali si deve intervenire, prima che il nuovo nazismo dilaghi.

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Ma perché parlo anche dello Yemen e della Siria? Non è stato forse l’interesse di qualche nazione altra, o di qualche gruppo interno che voleva cancellare gli altri, a provocare le immani tragedie che hanno colpito questi paesi? Ma hanno il petrolio, ma si deve pur vendere armi a qualcuno, ma abitano in un paese che si trova in una posizione strategica, ma Assad doveva venir sostenuto, ma era meglio non venisse sostenuto …  

Intanto lo Yemen rappresenta una tragedia globale, paragonabile in un certo senso a quella della Shoah: e la distruzione dello Yemen è «unanimemente considerata la tragedia umanitaria peggiore degli ultimi trent’anni». (Carlo Ciavoni, Yemen, l’incubo infinito: anche dopo decine di migliaia morti e 22 milioni di persone che sopravvivono di aiuti :https://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2019/03/19/news/yemen-221979870/).

E la guerra ha già provocato nello Yemen decine di migliaia di vittime civili, compresi migliaia di bambini (ivi), e si muore di colera, di Dengue, di influenza suina, ed ormai pare ci sia sempre e dovunque, nel paese, un’emergenza sanitaria, mentre ospedali e luoghi di cura sono costantemente sotto attacco e «paralizzati da violenze costanti». (http://asianews.it/notizie-it/Dopo-le-epidemie-di-colera-e-Dengue,-in-Yemen-%C3%A8-allarme-per-linfluenza-suina-49058.html). Inoltre manca acqua pulita e potabile, e questo complica tutto e l’uso obbligato di acqua sporca permette il diffondersi di infezioni e virosi.

«Di recente esperti internazionali avevano lanciato l’allarme per una epidemia di Dengue, che ha già ucciso almeno 78 giovani e bambini al di sotto dei 16 anni. Oltre 52mila i casi sospetti in tutto il Paese, mentre gli ospedali e le cliniche non sembrano in grado di rispondere ai fabbisogni. Inoltre, la guerra e le precipitazioni delle scorse settimane rendono ancor più difficoltoso il reperimento di acqua pulita, tanto che le persone sono costrette a usare depositi d’acqua scoperti, facile ricettacolo di epidemie di dengue e altre patologie infettive». (Ivi).

Non solo: secondo Giordano Stabile il nuovo regno degli Houthi è assediato e quasi senza più cibo, anche se l’Onu tenta di venire in aiuto, e «le Nazioni Unite stimano in 13 milioni le persone a rischio alimentare». (Giordano Stabile, Tra le vittime della guerra dimenticata nella terra di mezzo dello Yemen, in: Messaggero Veneto, 4 maggio 2019).   E sempre secondo Stabile, che riporta dati Onu, nella guerra in Yemen sono morte 102.000 persone nei combattimenti e 131.000 di fame e malattie. 

E nello Yemen moltissimi muoiono di stenti, di fame, di sete. Ed a soffrire e morire sono anche tantissimi bambini, senza più casa, senza luogo ove poter vivere, vittime anche di bombe italiane vendute all’Arabia Saudita. (Bombe italiane sui bambini dello Yemen – Nella guerra dimenticata in Yemen, nel tragico scontro in Medio Oriente tra sciiti e sunniti, l’Arabia Saudita sgancia bombe prodotte in Italia sulla popolazione inerme – La petizione di Save the children per fermare il massacro che vede l’Italia complice, in: https://geograficamente.wordpress.com/2019/05/05/bombe-italiane-sui-bambini-dello-yemen-nella-guerra-dimenticata-in-yemen-nel-tragico-scontro-in-medio-oriente-tra-sciiti-e-sunniti-larabia-saudita-sgancia-bombe-prodotte-in-italia-sulla-p/).

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Mi ero già occupata di questo problema nel mio: “Pillole di informazioni su cui riflettere, da vecchi giornali pronti per il cassonetto. Parte intitolata “Vi rammentate la polemica sulle armi vendute ai Sauditi da Finmeccanica, che replicava che “Gli affari sono affari” se ben ricordo? Bene, ora vendiamo loro anche droni”, in: www.nonsolocarnia.info”.  Ora c’è chi ci ricorda che bambini e civili, donne anziani, vengono uccisi dalle bombe prodotte dalla RWM Italia S.p.A. (succursale italiana del gigante tedesco delle armi “Rheinmetall”): una fabbrica di armamenti la cui produzione avviene a Domusnovas, in provincia di Carbonia-Iglesias, in Sardegna, nonostante l’Italia abbia scritto nella Costituzione che ripudia la guerra. Ma naturalmente benché esista non solo la Costituzione ma anche la legge 185 del 1990, che vieta l’export di materiali d’armamento a paesi in guerra o i cui governi non rispettano i diritti umani, si è trovato l’escamotage per evitarla: infatti essa «viene abilmente e cinicamente aggirata attraverso gli “accordi bilaterali” tra paesi”. E l’Italia ha firmato una cinquantina di accordi di cooperazione militare bilaterale anche con Paesi non Nato o non Ue, alcuni in guerra o che non rispettano i diritti umani. È così che si facilita l’export di armi aggirando la normativa». (Bombe italiane sui bambini dello Yemen, op. cit.).

Con questo non voglio fare similitudini, per carità, ma solo cercare di far riflettere sull’attualità, come credo che anche gli internati volessero, su quanto potrebbe essere evitato ed accade. Se ricordare non fa pensare anche a situazioni del presente, a come agire nel presente, diventa solo celebrativo e privo di significato.
E per ritornare ai comportamenti, Lorenzo Forlani intitola un paragrafo del suo pezzo: “Quattro anni di guerra in Yemen, il conflitto dimenticato”, pubblicato in: “https://www.agi.it/estero/, 2/4/2019, in: Bombe italiane sui bambini dello Yemen, op. cit.).  “L’indifferenza dell’occidente”.

In esso si può leggere che: «Immagine simbolo di questa tragedia è quella di Amal, bambina yemenita fotografata in un campo profughi dal premio Pulitzer Tyler Hicks pochi giorni prima di morire per fame a soli sette anni. Per ultimo c’è stata la tristemente famosa strage di bambini, con 43 morti e 60 feriti per un autobus che è stato colpito mentre si stava recando a un mercato situato nel Nord del paese, oltre al più recente bombardamento da parte dell’aviazione saudita di un ospedale di Save the Children che ha provocato 7 morti tra cui 4 bambini. Il sentore è che la guerra nello Yemen sia un altro tassello della delicata partita a scacchi che si sta giocando in Medio Oriente. I ribelli che controllano la capitale San’a sono sciiti come l’Iran, storici alleati della Russia e del regime di Assad in Siria». (Lorenzo Forlani, op. cit.).

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E passiamo alla Siria, dove si muore di fame, come sopra ricordato, dove persone, cittadini, bambini, genitori di quella terra si sono ammalati, sono morti sotto le bombe, tranciati, esplosi, saltati in pezzi, cercando di scappare, come dallo Yemen, cercando di mettersi in salvo e di mettere in salvo i propri figli, dopo aver visto la propria casa ed interi quartieri di città o villaggi cadere a pezzi sotto le bombe, soldati attraversare le vie con le armi in mano, mentre l’insicurezza prendeva piede. E questo accade oggi.  «Tutto è nel mirino, pure noi. Aiutare è morire», dicono i White Helmets. (Siria. A Ghouta, roccaforte dei ribelli, la sofferenza dei bambini, in: https://www.avvenire.it/mondo/pagine/nel-ghouta-orientale-senza-riparo, 21 febbraio 2018). È un articolo di due anni fa, ma rende l’idea ed è importante ricordare queste mattanze, queste stragi causate anche dal fondamentalismo islamico. 

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E colgo l’occasione per menzionare Anas al-Basha che, quando morì sotto le bombe, nel 2016, aveva 24 anni. Egli «faceva il clown ad Aleppo, in mezzo alle bombe, alla distruzione, in quello che era definito un cimitero a cielo aperto. Si travestiva da pagliaccio, nell’inferno della Siria, per alleviare i traumi e i drammi dei bambini». (Antonello Guerrera, Addio Anas, il clown di Aleppo che faceva ridere i bambini, in: https://www.repubblica.it/esteri/2016/12/01/news/clown_aleppo_morto_siria_anas_al_basha-153202011/).

Anas faceva parte dell’associazione “Space for Hope” che ad Aleppo aveva promosso un gran numero di iniziative per i bambini, come la costruzione di parchi gioco sotterranei ed asili, e dando pure supporto psicologico ai numerosi minori rimasti orfani. Anas aveva deciso di rimanere fino all’ultimo ad Aleppo, nonostante i suoi genitori avessero deciso di lasciare la città da molto tempo. Lui, voleva restare, e si era pure sposato, incarnando la speranza ed il soccorso ai più piccoli, in un mondo di assassini. (Ivi). Infine cadeva ucciso dalle bombe forse governative, ma poco importa, nel quartiere di Mashhad, nella parte orientale della città. (Ivi).

E se nella Shoah vi furono anche coloro aiutarono gli ebrei a fuggire, a mettersi in salvo prima della fine in un campo di stermino e che ora compaiono fra i “Giusti”, forse potremmo dire, e mi scusino i rabbini se il paragone è improprio, che anche Anas fu un giusto.

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Comunque è facile, penso riflettendo sui numerosi articoli di politica estera che ho letto, riempirsi la bocca di parole, commentare, quando si sta bene, ma là è stato l’inferno. E se si legge https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_siriana, tutto l’orrore di ciò che è accaduto traspare.

Ed Hannah Arendt, aveva colto il fatto che lo sterminio degli ebrei, degli oppositori, di tanti altri, non fu «l’espressione del popolo tedesco», ma se mai un fenomeno moderno ed internazionale». (https://www.filosofico.net/arendt7.htm). Ed ella riteneva che «in ogni società nella quale la disoccupazione offende ” il comune rispetto di sé dell’uomo comune “, quell’uomo, allenato alla degradazione, può accettare “qualunque mansione, perfino quella del boia “». Ma forse ora, non stiamo imboccando un cammino simile, se non ci fermeremo in tempo?

Morirono e soffrirono in modo indicibile allora quei sei milioni di ebrei vittime della Shoah, e chi rimase portò in sé il segno dell’orrore che aveva vissuto e del terrore. Ma altri innocenti portano ora un analogo segno dell’orrore e del terrore vissuto, e piangono i loro morti senza neppure aver potuto ripetere per loro i riti usuali alla morte.

Ed ancora oggi, nel 2020, ci si trova davanti a situazioni di pregiudizio razziale verso gli ebrei nella nostra democratica Italia. Secondo il Centro di documentazione ebraica solo nel 2019 si sono contati, nella nostra penisola, ben 247 episodi di odio antiebraico, che non sono mai giustificabili, cioè ben 50 in più dell’anno precedente e quasi il doppio del 2017. (La penisola dei pregiudizi. In due anni raddoppiati gli attacchi contro gli ebrei, in Avvenire, 14 gennaio 2020). Non solo: Noemi Di Segni sostiene che ancor oggi si possono leggere «sentenze che negano che determinati atti siano di antisemitismo, di odio razziale, o apologia la fascismo». (Paolo Ferrario, Noemi Di Segni: chi moltiplica l’odio venga a vedere questi posti, in: Avvenire, 14 gennaio 2020).

E chissà perché mi viene alla mente la recentissima sentenza del tribunale di Gorizia che sostiene che non può esser considerata manifestazione fascista commemorare i caduti della X Mas, però ad onor del vero filonazista più che filofascista, e che combatteva contro partigiani e Cln e distruggeva popolazione civile con ripetute stragi in suolo italico, o cantare l’inno della X Mas, o sventolarne il vessillo nel terreno della Repubblica nata dalla resistenza. Ma se queste esternazioni per la legge non sono apologia del fascismo, però quei segni e simboli riportano a collaboratori dei nazisti, che lottavano a fianco delle SS, e che volevano un’Italia soggiogata al tedesco e non libera e democratica. E nostalgici della X Mas continuano a venir ricevuti in pompa magna al municipio di Gorizia, dove nessuno ha mai ricevuto, almeno che io sappia, con pari solennità ed ufficialità partigiani e loro vessilli. La novità è poi che l’Anpi, nello specifico, par di capire dall’articolo, non è soggetto legittimato a chiedere opposizione a queste celebrazioni, ma non ho capito il perché.  (Articoli di riferimento: Ricordare la Decima Mas non è apologia del fascismo, in Messaggero Veneto, 17 gennaio 2020. Per la X Mas, cfr.: “Laura Matelda Puppini, Storia della collaborazionista X Mas con i nazisti occupanti, dopo l’8 settembre 1943. Per conoscere e non ripetere errori, e Laura Matelda Puppini, “No alla X Mas nelle sedi istituzionali della Repubblica italiana. Motivi storici”, in: www.nonsolocarnia.info).
Insomma sarebbe come se i francesi ricevessero nostalgici della Repubblica di Vichy o collaborazionisti con il nemico nazista nei loro municipi come eroi. Ma questo in Francia non accadrà mai.

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E chiudo con queste parole dall’articolo, citato di Ferrario, che riporta a quanto detto da Noemi Di Segni: «Una parola d’ odio può essere molto piccola, ma quando è usata da una massa di persone e viene trasmessa attraverso strumenti di grande divulgazione, attecchisce e fa molti danni. E noi ascoltiamo parole di odio sia in contesti molto degradati, sia in contesti che dovrebbero essere animati da goliardia e divertimento, come il calcio, sia in contesti alti, accademici e scientifici». (Paolo Ferrario, Noemi Di Segni, op. cit.).

Senza offesa per alcuno, solo per riferire due miei pensieri, che restano tali.

Per la giornata della memoria 2020.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: https://it.gariwo.net/educazione/memoria/giorno-della-memoria-2020-con-gariwo-21489.html. L.M.P.

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