8 marzo 2016. Festa della donna. Contro il cosiddetto “utero in affitto”.
Quando ho iniziato a riflettere su cosa significhi realmente “utero in affitto” mi sono chiesta, per prima cosa, chi sia stato a definire l’acquisto di una donna, di una gestazione, di un bimbo appena fuoriuscito dalla pancia della mamma “utero in affitto”.
Oddio, ho pensato, questo è stato sicuramente un maschietto.
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Per chi non lo sappia la gravidanza per la madre non è una passeggiata, e comporta cambiamenti fisici non di poco conto, così come il parto. Se poi l’unico fine di detta fatica che dura, volenti o nolenti, 9 mesi, è il guadagno, beh, io non riesco a pensare, in questo caso, positivo.
Posso capire che una donna si trovi in grossa difficoltà economica, e che quindi scelga di perdere dignità ed affetto per denaro, per esempio prostituendosi o prestandosi ad una gravidanza vista come affare economico. Ma ciò mi porta e dovrebbe portare noi tutti a pensare a come risolvere l’antico problema di “pane e lavoro” per tutti, non a ritenere forme di corpo e conseguentemente di dignità in vendita come soluzioni.
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Io ve lo dico subito: per me più vendere la vagina e magari qualche altro orifizio per soldi, con la finalità che al maschietto si rizzi e che eiaculi (e scusatemi la franchezza), più vendere il corpo per una gravidanza is the same, è la stessa cosa dal punto di vista morale. Solo che le due possibilità implicano problemi diversi. In particolare la seconda pone anche qualche problema per il nascituro.
Siamo mammiferi, e le madri nel mondo animale in cui viviamo curano i loro cuccioli, li leccano appena nati, li allattano, li difendono, li educano, li stringono a sé. E vi è un legame stretto, anche nel mondo umano, fra madre e figlio, in particolare se figlio voluto: noi donne non siamo fabbriche di embrioni-feti- nati, da vendere. Se proprio una coppia vuole un bimbo può adottarne uno, non sarà biologicamente suo ma potrà accudirlo, crescerlo, amarlo ugualmente.
Ma quello di scegliere la futura madre, come un tempo si sceglieva la giovane schiava, che doveva avere tutto a posto, dall’età alla dentatura al resto, per avere un figlio, per poi passare alla fecondazione ed infine al mantenimento della donna durante la gestazione sino alla nascita dell’acquistato, per poi dimenticarla, beh, questo no. Forse non sono abbastanza neoliberista da sostenere che tutto è asservito al denaro, come lo era ai tempi antichi, e come si sta tentando di fare ora, forse ho una idea della madre che è quella descritta nelle parole della bellissima Ave Maria cantata da Fabrizio De Andrè: «Ave Maria adesso che sei donna/ave alle donne come te Maria/femmine un giorno per un nuovo amore/povero o ricco umile o Messia/Femmine un giorno e poi madri per sempre/ nella stagione che stagioni non sente».
Forse credo ancora ai figli come frutto dell’amore.
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Infine ci sono già abbastanza bimbi ed adolescenti che risentono di problemi vari fra i loro genitori o che cercano, adottati, la madre naturale o il padre se non sanno chi sia, non andiamo a cercare di aumentare tale popolazione di angosciati.
E chiudo dicendo che ogni desiderio di chi ha la cifra per soddisfarlo non è un diritto automaticamente, che con “gender” e dintorni non ci si può distaccare dal mondo naturale da cui dipendiamo, e che se due possono esser soddisfatti da un bimbo acquistato e per metà proprio, non so quanto lo possa essere la donna che ha portato in grembo il bimbo sapendolo mai suo, quali vissuti psichiatrici le provochi questo fatto, ma cosa volete che sia: nel mondo neoliberista, che sembra in tutto e per tutto quello dei vecchi oligarchi e tiranni, ci sono solo i problemi di chi può comperare tutto.
Nel pensare così si vede che sono matusa, mi adatto poco al nuovo ed a ciò che fa tendenza? Vi garantisco che non me ne importa nulla. Io penso così.
Scrivo questo oggi, 8 marzo, festa della donna, che ricorda, da un lato le conquiste politiche, sociali ed economiche delle donne, dall’altro le discriminazioni e le violenze da loro subite nella storia.
W le donne, persone amanti madri, mai uteri e vagine e corpo in vendita.
8 marzo 2016.
Laura Matelda Puppini
https://www.nonsolocarnia.info/8-marzo-2016-festa-della-donna-contro-il-cosiddetto-utero-in-affitto/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/03/festa-della-donna-2016-frasi-e-regali_626305.jpg?fit=540%2C360&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/03/festa-della-donna-2016-frasi-e-regali_626305.jpg?resize=150%2C150&ssl=1ETICA, RELIGIONI, SOCIETÀQuando ho iniziato a riflettere su cosa significhi realmente “utero in affitto” mi sono chiesta, per prima cosa, chi sia stato a definire l’acquisto di una donna, di una gestazione, di un bimbo appena fuoriuscito dalla pancia della mamma “utero in affitto”. Oddio, ho pensato, questo è stato sicuramente...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
Invito a leggere: Matteo Zola, “Gravidanza surrogata, guardiamola da est”, in East Journal, 8 marzo 2016, pubblicato dopo il mio. Matteo Zola esprime, sul problema del cosiddetto “utero in affitto” un parere diverso dal mio che credo vada letto anche per farsi dal confronto un’ idea personale del problema.
Brava ! ne siamo ( quasi ) tutti convinti, l’importante è che questa convinzione passi senza radicamenti ideologici, del tutto fuori luogo.
Due considerazioni sull’argomento da Il Fatto Quotidiano del 3 marzo 2016. Nichi Vendola ha dichiarato, il 26 gennaio 2016, che: “La strumentalizzazione mercantile di una donna può essere veramente un pericolo. Ci sono paesi in cui, invece, questo non accade, come Israele, Stati Uniti e Canada.” – (“Nichi Vendola, Gestazione per altri, non tutte le donne sono vittime e povere”, in Il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2016). Non so francamente come faccia ad affermare questo, su che dati ecc. Pertanto è da ritenersi impressione personale. Quindi continua: “Ma c’è anche un’altra realtà che è quella della gravidanza per altri, cioè di donne che non sono in condizioni economiche disagiate, che scelgono come gesto d’amore di mettere a disposizione il proprio corpo per una gestazione per altri.” (Ivi). Io credo che non debba essere Vendola a dichiarare questo ma semmai le donne che prestano se stesse per 9 mesi per una gravidanza senza figlio loro, non so per amore di chi, non certo del bimbo. Forse trattasi di donne che vogliono provare il brivido della gestazione e del parto per puro capriccio, senza accollarsi poi il compito gravoso di essere madri per sempre?
Invece mi pare più interessante la riflessione di Massimo Fini, sempre su: “Il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2016”, intitolata: “L’epoca buia dell’utero in affitto”, con cappello: “I limiti del progresso. Non siamo tenuti a mettere in pratica tutto ciò che ci consente la scienza”. La riflessione tratta uno dei punti fondamentali dell’etica e della morale “Il senso del limite”, che, secondo Fini, “abbiamo perso e che ci perderà”. Inoltre continua, relativamente al fatto di definire “l’utero in affitto” “gestazione per altri”; scrivendo che “è tipico di questa società bizantina credere di poter cambiare le cose cambiando le parole, ma il discorso potrebbe estendersi a tantissimi altri ambiti” ma non è così. E si chiede se questa sia modernizzazione o un altro aspetto del secolo buio che stiamo vivendo.