8 settembre 2018, Moggio Udinese. Incontro in ricordo di Ido Faleschini, capitano delle Brigate Internazionali in Spagna, caduto sul fronte dell’Ebro.
L’Associazione e- du…care, insieme al Comune di Moggio Udinese ed all’ Aicvas invitano tutti a partecipare al
CONVEGNO STORICO SULLA GUERRA CIVILE SPAGNOLA (1936-39)
RIFLESSIONI SU IDEE, PRINCIPI, ESPERIENZE UMANE E POLITICHE
“NO PASARÁN! IN SPAGNA PER LA LIBERTÀ”
CHE SI TERRÀ SABATO 8 SETTEMBRE 2018, ALLE ORE 17, PRESSO IL CENTRO POLIFUNZIONALE ‘ROMANO TREU’ A MOGGIO UDINESE.
Nel corso dell’incontro verrà ricordato il capitano dell’Esercito della Repubblica Spagnola, Ido Osvaldo Faleschini, nell’ottantesimo della sua morte avvenuta alla sierra Caballs, fronte dell’Ebro, 8 settembre 1938 e degli altri suoi concittadini di Moggio che parteciparono alla guerra di Spagna in difesa della democrazia e della Repubblica al fianco delle Brigate Internazionali.
Interverranno:
– Carles Vallejo (giornalista e sindacalista, Presidente dell’Associazione Catalana degli incarcerati e torturati durante il franchismo). Via Skype da Barcellona, porterà il saluto della Spagna e della Catalogna antifasciste ai presenti.
– Marco Puppini (Vicepresidente dell’Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna) parlerà della partecipazione degli internazionalisti carnici e friulani al conflitto civile spagnolo.
– Matteo Tomasoni (Diacronie – Studi di Storia Contemporanea), già ricercatore presso l’Università di Valladolid. Sull’origine e sviluppo delle formazioni politiche e paramilitari della destra spagnola negli anni della II° Repubblica e della guerra civile (1931 – 1939).
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È previsto un intervento di saluto e di buon lavoro ai relatori ed ai partecipanti da parte dell’Amministrazione del Comune di Moggio Udinese.
Al termine il duo musicale “NoBel” eseguirà canzoni di lotta e di solidarietà in ricordo dei volontari antifascisti di Spagna.
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INTRODUZIONE DI MARCO PUPPINI (modificata con un testo aggiornato inviato dall’autore il 26 agosto 2018).
Il prossimo 8 settembre a Moggio verrà ricordato un muratore originario del paese, caduto in Spagna ottant’anni fa, durante l’ultima grande battaglia di quella guerra civile che vide impegnate le Brigate Internazionali, di cui egli faceva parte, inquadrate nell’Esercito Popolare Repubblicano spagnolo, contro le truppe golpiste guidate dal generale Franco aiutate da Hitler e Mussolini. Un muratore ed emigrante friulano che aveva vissuto con passione le grandi svolte politiche e culturali del suo tempo, un combattente internazionalista per la libertà e la giustizia.
La vita di Ido Osvaldo Faleschini è simile a quella di una intera generazione di antifascisti friulani e carnici. Aveva undici anni nel 1917, l’anno della rotta di Caporetto, ed era adolescente quando le squadre fasciste scorrazzavano in Friuli commettendo una serie di atti di violenza ed intimidazione. Nel 1926, quando vengono approvate le leggi speciali fasciste, che ponevano fine alla democrazia italiana, aveva vent’anni. Come decine di migliaia di friulani e carnici in quegli anni, era emigrato. Dapprima era andato in Lussemburgo, poi si era stabilito in Francia, nella regione parigina. Vivendo la dura vita dell’operaio immigrato, a contatto con un ambiente multinazionale, ma anche in base a quello che aveva visto e conosciuto del fascismo, aveva preso contatto con le organizzazioni comuniste.
Nel luglio del 1936 un colpo di stato militare delle forze fasciste in Spagna era stato contrastato efficacemente dalle milizie popolari e dalle truppe rimaste fedeli al governo repubblicano e democratico spagnolo. I golpisti avevano subito chiesto ed ottenuto l’aiuto di Mussolini ed Hitler. Gli aerei, e poi le armi e le truppe, inviati dai due dittatori avevano ribaltato la situazione, ed i golpisti avevano iniziato a marciare su Madrid, la capitale. E’ questo il momento in cui Faleschini si porta volontario in Spagna, nel mese di ottobre, per combattere contro il fascismo assieme ai compagni di oltre cinquanta nazionalità diverse, riuniti nelle Brigate Internazionali. Ido fa parte della XII^ Brigata, la 2^ Internazionale, prima nel battaglione dedicato a Garibaldi perché formato in prevalenza da italiani, e poi dal maggio 1937 nella omonima brigata, italo – spagnola. Fa parte inizialmente della squadra mitraglieri della 2^compagnia, assieme ad alcuni venzonesi che in Spagna faranno molta strada, Domenico Tomat, Leonardo Bellina, Emilio Bressan. Faleschini ed i suoi compagni non paiono molto interessato a discussioni teoriche e politiche, ma dimostrano grande spirito organizzativo e grande coraggio. Come accadrà poi anche nella Resistenza, sono operai che combattono meglio di tanti militari di professione. Durante la battaglia di Guadalajara Ido sostituisce il comandante di compagnia ferito, fin quando anche lui resta ferito allo stomaco. Ma rientra presto alla Brigata e partecipa a tutti i combattimenti. Viene spesso citato e ricordato per il suo valore.
La notte fra 24 e 25 luglio 1938 inizia a cavallo del fiume Ebro l’ultima grande battaglia della guerra di Spagna. Le avanguardie repubblicane traversano con perfetta organizzazione il fiume, sorprendendo le truppe di Franco (sebbene i servizi segreti fascisti avessero saputo dell’offensiva anche grazie ad un infiltrato). Migliaia di soldati repubblicani avanzano in modo che pare irrefrenabile ma dopo qualche giorno devono fermarsi nei pressi del nodo stradale di Gandesa, lungo i contrafforti delle sierre Caballs e Pandols. Gli aerei tedeschi ed italiani dominano ormai il cielo, martellano senza tregua le loro postazioni, ma i soldati repubblicani resistono sotto le bombe respingendo poi ogni volta gli attacchi della fanteria fascista. La battaglia dura più di tre mesi, vi sono perdite spaventose da ambe le parti. L’8 settembre, per alcune fonti però il 12, in una di queste azioni muore Ido Faleschini alla testa dei suoi uomini.
Va ricordato che altri tre volontari originari di Moggio hanno combattuto in Spagna. Luciano Della Schiava ha vissuto un’esperienza simile a quella del protagonista del film “Terra e Libertà” di Ken Loach. Sette anni più giovane di Faleschini, lavorava ai cantieri navali di Saint Nazaire, il “gioiello” della cantieristica francese, ed era diventato anarchico frequentando il vecchio triestino Antonio Mesghez, che abitava nella stessa città. Va in Spagna prima di Faleschini, in agosto, per partecipare alla rivoluzione che era seguita al fallito colpo di stato. Combatte nella Colonna Italiana, formazione guidata da Carlo Rosselli, Camillo Berneri e Mario Angeloni, inquadrata nella Colonna anarchica Ascaso. Rimane ferito nell’ultima battaglia sostenuta dalla Colonna, in aprile 1937 a Huesca (Aragona). Ricoverato a Barcellona, assiste agli scontri interni al campo antifascista tra rivoluzionari e governativi del maggio 1937, e se ne va deluso. Dopo quei fatti la rivoluzione non era più all’ordine del giorno. Dopo la seconda guerra mondiale Della Schiava ritorna a Moggio e vive qui sino alla morte, sempre attivo nel movimento anarchico.
Poche notizie oppure contraddittorie abbiamo invece di un padre ed un figlio. Il padre, Vidoni Carlo Alberto, nato nel 1895, era un operaio emigrante di famiglia di emigranti. Nato in Germania, abitava in Svizzera, a San Gallo. In Spagna, dove si era arruolato a 42 anni forse seguendo il figlio, lavora prima in alcuni ospedali e poi è inquadrato nella brigata Garibaldi, reparto fortificazioni. Nel 1939 è nuovamente in Francia, e si stabilisce a Tarbes, vicino al confine spagnolo, forse aspetta il figlio che era rimasto prigioniero in Spagna. Non rientrerà più in Italia. Enigmatica e contraddittoria l’esperienza del figlio, Carlo, nato nel 1915 a San Gallo. Nel 1935 è in Italia per svolgere il servizio militare, ma poi l’anno successivo, in aprile, espatria clandestinamente con un odissea che lo porta dall’Austria alla Germania alla Svizzera ed infine alla Francia. Qualche mese dopo è in Spagna. Partecipa a tutte le battaglie della brigata Garibaldi. Nell’ottobre 1938 finisce prigioniero dei franchisti ed internato nel campo di San Pedro de Cardena, la prigione dei brigatisti internazionali, e poi al campo di lavoro forzato di Belchite. Riesce però ad evadere nel 1941, non sappiamo come, e raggiunge il padre a Tarbes, in Francia. Qui è catturato dalle truppe collaborazioniste francesi, rinchiuso nel campo di concentramento di Argeles, poi tradotto in Italia e confinato a Ventotene, condannato ad un anno. In seguito è a residenza forzata a Moggio, dove afferma di non avere né lavoro né legame alcuno. Fa alcuni goffi tentativi di uscire da quella situazione; poi, durante l’occupazione nazista lavora come interprete presso il comando tedesco. Nel dopoguerra affermerà di averlo fatto per evitare la deportazione essendo troppo noto alle autorità fasciste. Non è chiaro quando sparisce da Moggio (aprile 1944 o aprile 1945) per ricomparire in Svizzera. Ma poi dopo la guerra lo ritroviamo nuovamente a Moggio. La Questura di Udine lo segnala in stato di grande povertà, vive da solo grazie a qualche lavoretto, fa probabilmente la spola tra Italia e Jugoslavia attraverso passaggi clandestini sul monte Canin, fa viaggi forse per ragioni di lavoro. In paese se ne è persa la memoria.
Tutti sono stati, come tanti friulani, operai emigranti, ma anche persone che hanno partecipato alle grandi correnti politiche e culturali europee e che hanno saputo in un certo periodo della loro vita rischiare la pelle combattendo per un ideale di democrazia e giustizia.
Marco Puppini
L’IMMAGINE CHE ACCOMPAGNA LA SEGNALAZIONE DEL CONVEGNO RAPPRESENTA PARTE DELLA LOCANDINA, NON PERMETTENDO IL SITO, COME IMPOSTATO, DI RIPORTARLA INTERAMENTE DA PDF. Laura Matelda Puppini
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