A Paluzza si parla di lavoro, con Maurizio Landini ed alcuni politici regionali. Seconda parte.
Il giornalista Patat chiede a Maurizio Landini cosa ne pensa delle partite iva, e così agli altri a seguire. Aggiunge, poi che spesso le partite iva nascondono situazioni di lavoro dipendente ma senza tutele. È veramente difficile, a suo avviso, dare tutele in queste situazioni.
LANDINI
Landini inizia chiedendo di precisare ancora alcuni aspetti sulla possibile reintroduzione dei voucher. La Cgil non ha mai detto che il lavoro occasionale non esiste, ma nella proposta di legge depositata in parlamento sostiene che si deve regolare anche il lavoro occasionale. Però ci si deve mettere d’accordo su cosa sia il lavoro occasionale, che deve riguardare solo alcune attività: lavori domestici, dare lezioni, la pulizia dei giardini, fare assistenza improvvisa a bambini ed anziani, e non può esser svolto per tutto l’anno. Anzi, se un lavoro è occasionale non dovrebbe durare più di 30 o 40 giorni in un anno. Ed è questo tipo di occupazione che si deve regolamentare, non altri tipi che vengono fatti passare per occasionali ma sono relativi a forme diverse di contratto che li regolano. E si chiede che i lavoratori occasionali abbiano contributi che non finiscono nel calderone, ma che permangano propri.
Così se uno studente o un disoccupato, non chi ha già occupazione stabile, fanno lavoro occasionale, e poi magari trovano lavoro stabile, possono aggiungere i contributi loro versati per lavoro occasionale agli altri. E si chiede che un lavoratore si iscriva ad un elenco di lavoratori che aspirano a fare il lavoro occasionale, perché lo stesso sia più tutelato.
Se invece il voucher ritorna ad essere la forma che sostituisce altre forme di lavoro: i contratti a termine, il lavoro subordinato, il lavoro a chiamata, allora non ci siamo perché lo strumento voucher serve solo a pagare di meno un lavoratore, la cui prestazione d’opera dovrebbe venir regolata in altro modo, sulla base di contratti e le leggi esistenti.
E dove esiste il caporalato? In agricoltura, e non esiste solo al sud, esiste in tutto il paese. Perché sia a nord che a sud, dove c’è il lavoro agricolo, ci si trova di fronte forme di caporalato. E il problema del nostro paese non è quello di combattere le persone che hanno la pelle nera, ma quello di combattere il lavoro nero.
E se esiste il lavoro nero, vuol dire che esiste chi lo fa fare. E per esser onesti, coloro che sfruttano il lavoro nero, non hanno la pelle nera, ce l’hanno bianca, e questi temi vanno affrontati per quello che sono.
Quindi Landini sostiene che vi possono essere proposte su come regolare il lavoro occasionale, perché nessuno è contrario alla flessibilità, ma si deve essere tutti contro la precarietà e contro forme di lavoro che costano meno rispetto ad altre. A parità di mansione e lavoro, uno deve avere gli stessi diritti e la stessa retribuzione. E le aziende e le industrie non devono utilizzare le partite iva perché costano meno, ma solo perché rispondono ad una esigenza di lavoro precisa e contemplata.
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Per quanto riguarda ancora le partite iva, lasciando perdere co co co ed altre forme infinite di contratto di lavoro, dato che in Italia siamo creativi, bisogna tener conto del fatto che vi possono anche essere persone che preferiscono lavorare a partita iva piuttosto che a lavoro dipendente, ma si vede pure quello che sta avvenendo in tanti casi. E non parlo di tutti di tutti gli imprenditori, perché ci sono quelli seri che ‘si fanno un mazzo’, e quelli che fanno anche i furbi e che sfruttano determinate condizioni. Allora si deve aiutare gli imprenditori seri e far in modo che quelli che fanno i furbi non sfruttino le persone.
In qualsiasi settore ormai, industriale, dei servizi, della logistica, e se vogliamo anche nel pubblico impiego e nella sanità, ci troviamo di fronte a questa situazione: nello stesso luogo di lavoro si trovano persone che pur facendo lo stesso lavoro hanno condizioni contrattuali diverse e diverse tutele. E in alcuni casi la partita iva viene imposta da datori di lavoro che dicono al lavoratore che le condizioni sono quelle di lavorare in questo modo, od altrimenti ‘ quella è la porta’ e ‘vi sono altri’. E ciò avviene perché un lavoratore a partita iva costa meno che se venisse assunto con contratto di lavoro dipendente.
Infatti un lavoratore a partita iva è posto nella condizione che se va in malattia sono problemi suoi, perché l’azienda non lo paga, per le ferie deve trovare lui il tempo per farle e non viene pagato … e via dicendo. Quando il Ministro Di Maio ha convocato un tavolo di trattativa sull’argomento, la Cgil ha partecipato per dire che una serie di diritti devono essere comuni: cioè il diritto alle ferie, il diritto alla malattia, il diritto alla paga oraria sancita dai contratti, e devono esser garantiti a tutti i lavoratori, a tutte le forme di lavoro anche a quelle autonome. E questo è stato inserito nella proposta nel nuovo statuto dei lavoratori.
E se si deve fare una critica alla Cgil, è quella che ha impiegato troppo tempo per giungere chiedere questo. «Per troppo tempo abbiamo sottovalutato i processi che stavano venendo avanti di cambiamento dentro il mondo del lavoro». – dice Landini. Questo cambiamento è uno dei maggiori problemi attuali. E la Cgil, anche davanti al Ministro Di Maio, alle aziende, ai rappresentanti dei lavoratori, e dei ‘riders’, si è dichiarata d’accordo, in sede di tavolo di trattativa, in particolare su una richiesta che i ‘riders’ facevano: quella di definire il loro lavoro ‘lavoro subordinato’. Perché è lavoro subordinato, non certo lavoro autonomo, perché il ‘rider’ lavora quando gli giunge la richiesta, e si trova in una situazione per cui, se dice che il lavoro non gli piace, non gli giunge più alcuna richiesta, ed inoltre non possiede un suo mezzo di lavoro. Dire pertanto che il lavoro dei ‘riders’ è autonomo perché per svolgerlo uno deve pedalare in bicicletta fa davvero un po’ sorridere. Ma questo è solo uno dei punti in discussione.
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Secondo Landini si deve affrontare in modo nuovo anche il problema dei contratti, ma si deve ragionare, in modo sistemico, pure sulla competitività e sulla qualità del lavoro, perché se l’Italia ha un limite è quello di non affrontare i problemi in modo sistemico, e nella penisola si tende a pensare che ognuno se la deve cavare da solo. Ma così non si va a finire da nessuna parte.
Noi siamo poi un paese industriale, – continua- il secondo in Europa, ma se si vede il dato delle esportazioni, si scopre che l 80% delle stesse, che sono aumentate nonostante la crisi, fa capo a solo il 20% delle imprese. In Italia ‘il grosso’ delle piccole e medie imprese, a volte anche delle grandi, che però oggi sono in difficoltà, non ha investito, non ha esportato, è rimasto all’interno di una dimensione locale. E questo aspetto alla lunga si paga. Perché oggi la competizione non si può semplicemente fare sulla paga da dare al lavoratore, ma si fa sul valore aggiunto e sul grado di innovazione presenti nell’azienda.
«Per esempio se io vendo una Panda – precisa Landini – è sicuro che ci guadagno meno che se vendo una Mercedes, […], ma è il valore aggiunto che io sono in grado di mettere in quel prodotto a livello di tecnologia che fa la differenza. Non è un problema di quanto pago il lavoratore. Il problema è quello di quanta intelligenza io ho messo dentro quel prodotto, e quale livello di tecnologia».
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Il problema italiano è che in questi anni si è pensato che la competizione si giocasse sulle condizioni dei lavoratori, e per questo vi sono in giro tante partite iva, tanto lavoro autonomo, tanto lavoro precario, non che si giocasse investendo in ricerca ed in innovazione, favorendo il mettersi insieme delle imprese.
Ed uno dei processi di cambiamento che oggi viene avanti è quello per cui, attualmente, non esiste un prodotto se ad esso non sono collegati anche dei servizi. Prodotto e servizi non sono più divisibili come prima. E ormai o si costruisce un sistema di imprese a rete, di filiera, che mette insieme la progettazione del prodotto sino alla sua consegna, o non si va avanti. E ragionare in termini di sistema significa che tutti gli attori presenti nel processo di progettazione e produzione devono ragionare: l’università, le istituzioni ….
Per esempio, se uno dice che deve produrre qualcosa che inquini meno, oggi quel prodotto non è semplicemente l’auto, la moto, il camion. Per fare un prodotto che inquini meno, nel settore dei trasporti, bisogna studiare come le persone si spostano, come si muovono le merci, come vengono costruite le città …. Un ragionamento di questo tipo implica però che intorno allo stesso tavolo si siedano le università, i comuni, le regioni, le imprese, il governo, e che insieme decidano quali politiche fare e quali incentivi dare e quale modello di sviluppo creare.
Ma un discorso di questo tipo si deve fare insieme, non lo si deve lasciar fare al mercato. Combattere la precarietà non è solo cancellare forme di lavoro sbagliato, ma è rilanciare una idea di sviluppo e quindi di società diversa.
Landini dice poi che è convinto che uno dei temi forti sia quello della qualità del lavoro, ma vi è un altro aspetto che dovrebbe esser preso in considerazione. Quando una persona fa il suo dovere e lavora, e pur lavorando e facendo il suo dovere è povero, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona, e questa situazione si è determinata in questi anni. E quando si dice che la gente ha paura, è insicura, è esattamente la verità. Perché se invece di incentivare la tranquillità delle persone attraverso il fatto che uno, lavorando, può vivere dignitosamente, puntando ad una ridistribuzione della ricchezza ed ad una revisione del sistema, non lo si fa …
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Il noto sindacalista continua poi dicendo che la critica più forte che si sente di fare ai governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi anni è stata proprio quella di aver pensato che i problemi si risolvessero rendendo ancora più libero il mercato e cancellando i vincoli sociali. E ritiene questo un grossissimo errore.
Ma allo stesso tempo si sente di dire al governo che viene adesso, che non può risolvere i problemi italiani se continua a restare all’interno di una logica e dimensione di questo tipo. Non siamo in una fase in cui si debba pensare se attenuare o meno i problemi che ci sono, semplicemente perché il problema di fondo è cambiare modello. E dice questo da sindacalista, come il fatto che è giunto il tempo di mettere al centro il lavoro e la qualità del lavoro, perché dietro il lavoro, ci sono delle persone, e sono le persone che devono ritornare al centro della società.
E prosegue dicendo che la vera lotta alla precarietà si fa proprio facendo in modo di mettere le persone nelle condizioni di poter essere libere, cioè di potersi realizzare attraverso il lavoro che fanno. E chi ‘fa impresa’ lo sa. Se un imprenditore ha una persona che lavora, e gli chiede di esser responsabile nelle mansioni che svolge e di farsi carico dei problemi presenti, deve far in modo che il lavoratore sia una persona libera, che fa vivere la sua famiglia e che vive lui stesso con i proventi del suo lavoro. Quando questo meccanismo non funziona, si può andare avanti un po’, ma poi la situazione collassa. E secondo Landini, siamo a questo punto, in Italia, siamo vicini al punto di implosione.
Questi sono i problemi attuali e questo Landini pensa debba essere fatto.
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Patat, intervistatore, a questo punto chiede a Maurizio Landini un’opinione sul dialogo, evidentemente non efficace, tra il sindacato e la parte politica, per trovare un punto di sintesi sulle tutele per i lavoratori, e se la Cgil si rimproveri qualcosa in questi anni, nel merito, e come si possa riuscire a risolvere questo nodo, del rapporto tra le due parti. In sintesi domanda a Landini un parere sul rapporti tra Pd e sindacato.
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LANDINI
Landini dice che potrebbe cavarsela con una battuta. Quando un partito governa 5 anni, e dopo 5 anni dimezza i voti, il primo che dovrebbe chiedersi se quello che ha fatto è giusto o no dovrebbe essere lui. E precisa subito che non lo dice per far polemica, ma perché ci deve essere, in questo caso, una valutazione del proprio operato. E dice che la Cgil, sotto il precedente governo, è riuscita a fare cose che nella sua storia non aveva mai fatto: per esempio raccogliere firme per referendum abrogativi di leggi che secondo il sindacato erano sbagliate. E si può dire che «una cosa così, in cent’ anni, la Cgil non l’aveva mai fatta, perché non è mestiere del sindacato fare referendum» ma il suo mestiere è fare la contrattazione.
La Cgil ha sempre detto a quel governo che, prima di decidere sulle questioni del lavoro, si incontrasse e ne discutesse con i rappresentanti dei lavoratori. Il governo può non essere d’accordo con i sindacati, ma non può far finta che in Italia Cgil Cisl e Uil, con i loro limiti, con i loro problemi, dimentichino il loro ruolo, anche di rappresentanza di milioni di persone.
Se un governo, nello specifico quello precedente, decide di fare le cose senza avere un confronto, e va avanti facendo votare un parlamento attraverso una maggioranza che non è quella reale, perché ottenuta con premi di maggioranza, allora, alla lunga, queste cose si pagano, e ciò è più che chiaro. Ed è quello che è puntualmente successo. Quindi aggiunge che egli non intende dire che ciò che aveva fatto il governo Renzi era tutto sbagliato, mentre era tutto giusto quello che diceva il sindacato, perché non arriva a tanto, ma un governo deve fare una valutazione di vari aspetti. E siccome ci si trovava e ci si trova di fronte ad una situazione tanto complicata e complessa, che egli non ne ha mai vissuta una uguale, e che ci si trova davanti ad un mutamento tecnologico, di innovazione grandissima, che richiede a tutti un mutamento, ed è questo uno dei problemi che abbiamo di fronte, allora non si può semplificare.
«Noi – continua- dobbiamo smettere di pensare che c’è l’uomo della provvidenza che ci risolve tutto. Io, non lo so voi, quando ora incontro qualcuno che mi spiega che lui ha capito tutto, e che se lascio fare a lui egli risolverà tutti i problemi, gli do la mano e cambio strada, perché secondo me mi sta prendendo in giro». E il noto sindacalista sostiene di dire questo perché siamo in una fase in cui il confronto e la discussione devono aumentare, e questo è un messaggio anche per il nuovo governo, che prima di stendere il decreto dignità mica ha discusso con il sindacato! E ci sono altri temi su cui discutere, per esempio quello delle pensioni, o della scuola, o tanti altri, ed il consiglio che Landini si sente di dare all’ attuale governo è quello di trattare dei problemi insieme, perché oggi nessuno può far finta che chi governa, pur essendosi presentato alle elezioni in modo contrapposto, abbia messo insieme il 51% dei voti!
Landini, quindi, si sofferma sul fatto che, per formare questo governo, si sono messi insieme soggetti che prima erano contrapposti nel voto, pur essendo questo possibile con le leggi del proporzionale e del Parlamento. E si permette di consigliare ai nuovi ministri di evitare di pensare che si possa fare da soli, senza confronto con le rappresentanze sociali. Perché alla fine questo è un limite. E aggiunge, che la Cgil, nella proposta che ha presentato al governo, chiede di fare una legge sulla rappresentanza che dia il diritto sì a chi lavora di eleggere il sindacato che vuole ma anche che i sindacati siano valutati per gli iscritti che hanno e per i voti che prendono, e che si faccia così anche per le associazioni imprenditoriali. Ma chiede, pure, che si introduca una norma per cui gli accordi aziendali nazionali ed interconfederali, per essere validi, oltre che essere sottoscritti da soggetti rappresentativi, abbiano pure il consenso della maggioranza dei lavoratori che decidono se quegli accordi sono validi o no.
Così, invece che fare una discussione su come deve cambiare il sindacato, bisogna fare una legge che permetta a chi lavora di decidere che sindacato vuole, il che è un atto di grande democrazia.
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Patat quindi introduce il tema ‘dove va la nostra regione’ e lo chiede agli altri partecipanti al dibattito. In particolare domanda come si approccerà la regione al tema lavoro nei prossimi 5 anni.
MAZZOLINI
Secondo il Vice presidente del consiglio della regione Fvg, è sicuramente importante consolidare quello che esiste. Infatti non è che chi ci ha preceduto abbia fatto disastri, ma invece ha cercato, in momenti economici anche difficili, di rinsaldare l’occupazione. E ci sono dei problemi anche ora, come quello della ‘Stroili’ ed altri, nel nostro territorio e nella nostra montagna. La nuova giunta ed il nuovo consiglio della Regione Friuli Venezia Giulia hanno già preso a cuore problematiche e problemi.
Ci sono due modi di procedere, a livello regionale e di governo: il primo è quello basato sulla logica del risparmio, l’altro è quello di investire, partendo dal presupposto che in questa regione ed in questo stato ci siano le possibilità e le potenzialità per continuare a crescere. Egli dice, quindi, di essere per la soluzione di investire, che dà possibilità agli imprenditori di ingrandirsi, aumentando l’occupazione, e la professionalità.
Un discorso a parte, poi, meriterebbe la scuola, perché se si avrà la forza e la capacità di far crescere in Friuli Venezia Giulia le aziende, di conseguenza anche la formazione delle persone dovrà crescere, e su questo versante il ruolo della regione è fondamentale. Infatti la regione può decidere, assieme ai diretti interessati, di intraprendere percorsi territoriali condivisi con chi sul territorio lavora, e per questo la giunta vorrebbe forse creare qualche commissione oltre quelle già presenti, per dare magari aiuto e sostegno alle scelte economiche regionali. (55.03).
Noi viviamo in un punto geografico strategico, aspetto che però non sempre aiuta. Infatti le regioni a noi confinanti, cioè l’Austria e la Slovenia, hanno delle situazioni economiche completamente diverse dalla nostra. In Austria, per esempio, la corrente elettrica costa il 40% in meno che in Friuli Venezia Giulia. Quindi una azienda è comunque agevolata se emigra in Austria o Slovenia, perché l’energia elettrica costa meno. L’evasione fiscale, nei due stati confinanti è leggermente più bassa, mentre i servizi dati ai cittadini sono molto più concreti e diretti, sia quello sanitario che quello dei trasporti.
In Carnia il tragitto da Tolmezzo a Paluzza per uno studente costa un tot di euro. In Austria il percorso Arnoldstein – Villach, per tutta la stagione scolastica, costa alle famiglie 20 euro! Queste sono le vere differenze che ci sono fra il Friuli Venezia Giulia e le altre regioni. Noi dobbiamo avere la forza, in particolare in questo nostro territorio di montagna, di dare la possibilità a chi vive qui di avere gli stessi vantaggi di chi vive oltre confine.
Questo non significa che la montagna deve venir ad elemosinare da me, consigliere regionale, o da altri che sono qui, ma significa che si deve dare alla montagna quello che è della montagna. E faccio un esempio.
Ci sono alcune regioni a statuto speciale che hanno deciso di riprendere con forza le loro economie. E su cosa si basa la nostra economia montana? Sul bosco, l’agricoltura, e l’acqua, le centraline idroelettriche.
E qui, a Paluzza, abbiamo già un esempio di sconti grazie ad una centralina idroelettrica esistente. Esse, però, devono venir costruite nel rispetto dell’ambiente ma si sa che gli imprenditori che hanno realizzato le centraline idroelettriche su questo territorio, per lo più non lo hanno tutelato. Riprendiamoci quello che è nostro, e diamo al nostro territorio la possibilità di avere un’economia diretta, per poter spendere come si crede e come si vuole sul proprio territorio. Si deve dare la possibilità, alle aziende che oggi esistono in montagna, come nel Friuli Venezia Giulia, di crescere, ed alla montagna di riprendersi quello che è proprio. Questo è certamente un passaggio non facile, ma basta avere il coraggio di copiare quello che hanno fatto altre regioni.
E certamente porteremo in consiglio regionale, che comunque è un parlamento che decide le leggi per il proprio territorio, questi problemi, perché se è vero che non si creano posti di lavoro con le leggi, è pur vero che se le leggi cercano di recuperare ad un territorio quello che è proprio, facilitano l’occupazione grazie ad un incasso continuo.
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E qui Mazzolini introduce il tema del turismo. A suo avviso la montagna ha delle potenzialità incredibili relativamente a questo settore. Abbiamo centri sciistici, una ciclabile importante che va completata che dall’Austria e dalla Slovenia raggiunge Grado. Ed abbiamo anche altre potenzialità – aggiunge il vicepresidente della giunta regionale – che si stanno studiando, tanto che egli con rappresentanti di Carnia Industrial Park hanno fatto un giro a Sappada e Forni di Sotto per analizzare le possibilità dei rispettivi territori, ipotizzando, per esempio, la realizzazione di una ciclabile che da Carnia raggiungerà Tolmezzo. Carnia Industrial Park e le Uti hanno già fatto passi avanti in tal senso, e ringrazia i sindaci che hanno capito l’importanza di questa bretella, perché la ciclabile attualmente porta circa 500.000 ciclisti in Friuli Venezia Giulia, e bisogna creare la capacità e la possibilità di portare questi 500.000 ciclisti anche verso la Carnia e verso Tolmezzo. E dice che a lui, poi, piacerebbe avere un gestore unico di quella struttura ciclabile, che va pulita e manutentata, non solo realizzata. Stesso discorso per le piste da sci da discesa e fondo.
La montagna friulana, in sintesi, ha delle potenzialità incredibili. Paluzza è per esempio il comune delle medaglie olimpiche dello sci nordico, per cui tutti ci conoscono nel mondo. Ma non siamo riusciti sino ad oggi a realizzare, sino ad oggi, quelle strutture importanti che diano la possibilità di garantire questa offerta, come la neve artificiale sulle piste da fondo ai laghetti di Timau, per esempio.
C’è molto da fare, molto è stato fatto, molto si farà, con questa maggioranza, condividendo i progetti con la minoranza, per consolidare l’esistente, dare la possibilità alle aziende di continuare a crescere, e di far crescere l’occupazione sul nostro territorio.
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Patat chiede a Bolzonello, in qualità di ex- assessore delle attività produttive e ‘papà di rilancio impresa’, se quanto detto da Mazzolini lo convince, quali sono stati gli effetti di ‘rilancio impresa’ in regione, e quali siano, a suo avviso, le criticità delle imprese in Friuli.
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BOLZONELLO.
Al di là di quanto ha detto Mazzolini, che ha una visione del futuro che si potrà valutare solo fra qualche mese, bisogna far capire, a livello locale, come i precedenti 5 anni abbiano segnato, anche se non vi è stato poi un riscontro elettorale, un punto di non ritorno, in particolare nel considerare il Friuli Venezia Giulia come un sistema unico, dove se si parla di lavoro non si può non parlare di innovazione, di tecnologia, di parchi scientifici, di università, di sindacato, di impresa che riesce a guardare in modo diverso il mondo del lavoro, del sistema delle tutele.
Rilancio impresa è stata la prima legge, nella storia della nostra regione, che abbia codificato le reti di impresa in maniera fortissima, in tutti i settori. Tutte le leggi che in questi 5 anni hanno parlato di economia, qui, hanno parlato di filiere, e, per la prima volta, in Fvg sono stati creati i ‘cluster’, si sono fatte reti di imprese di un certo tipo, sono state inserite in questo sistema la ricerca e l’innovazione in una visione che va oltre quella di un assessorato. Ed infine uno dei problemi ancora presente in Friuli Venezia Giulia, e che non è ancora stato superato, è quello di riportare ad un sistema complessivo anche la visione del ‘pubblico’, non solo del ‘privato’.
Bolzonello dice poi che, se fosse riuscito a fare il Presidente della Regione, avrebbe assemblato in un unico assessorato lavoro ed impresa. Non esiste proprio che si debba lavorare con un assessorato alle attività produttive ed un assessorato al lavoro che fa concorrenza al primo- prosegue. Queste sono le follie che devono venir tolte. E va sicuramente superata, a suo avviso, l’incapacità del mondo dei saperi, cioè dell’università ecc. di essere all’interno di quelli che sono i percorsi di impresa. Ed anche questo incontro tra il mondo dei saperi e mondo della produzione crea posti di lavoro, perché va detto che i posti di lavoro non si creano per legge, ma perché si crea un substrato, una capacità di lettura di un territorio, ponendo le condizioni perché coloro che intendono ‘intraprendere’ si trovino nelle condizioni migliori.
Dopodiché, se è vero cha abbiamo delle problematiche legate all’ Austria, alla Slovenia, ecc., è anche vero che se andiamo a vedere quante aziende sono andate ad insediarsi in Austria o in Slovenia, e parla di aziende che hanno creato posti di lavoro importanti, non si giunge, realmente, a dieci.
Poi che ci siano stati professionisti, cioè singole partite iva che sono uscite da qui ed andate dall’altra parte, questo è altro discorso, e sono più di dieci.
Infine Bolzonello dice che ritiene che il futuro che questa maggioranza che governa il Fvg ha davanti, è un futuro che implica di dimenticare ‘rilancio impresa’, perché ha già fatto la sua parte, l’ha fatta bene, ha creato posti di lavoro, ha creato condizioni per andare avanti. Ma ora non si può pensare di procedere in continuità, perché è un errore. Bisogna andare oltre ‘rilancio impresa’, bisogna creare una nuova legge che sia completamente diversa da ‘rilancio impresa’, perché la visione del Fvg nel 2018 non può essere identica a quella del 2013. La legge ‘rilancio impresa’ è stata coniata nel momento in cui si è aperta la crisi ‘Elettrolux’, ed egli, da ex- sindaco di Pordenone, professionista, ecc. ha deciso che non la si dovesse trattare come crisi, ma come problema da superare in un’ottica di investimenti produttivi. «E quindi – prosegue- vado a chiedere a quella multinazionale, di fare un ulteriore investimento che oggi porta su Porcìa una capacità di essere centro di innovazione unico per il mondo». Con questo non si vuole dire che vada bene tutto ma che è stato fatto un primo passaggio.
Poi per quanto riguarda le tutele per le partite iva, questo è altro discorso. Pertanto il futuro che Bini e questa maggioranza di centrodestra devono immaginarsi, è un futuro che riesca a ‘dare gambe’ a questa visione complessiva della Regione, ed a porre il lavoro al centro dei processi produttivi.
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Patat chiede anche a Cristian Sergo se Mazzolini lo ha convinto, e quali sono le idee, le proposte di M5S, ed i filoni su cui intende muoversi in economia nel futuro della regione.
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SERGO.
Ora c’è in regione il centrodestra e si vedrà fra qualche mese come si profila il futuro della regione. Dice che ha raggiunto Paluzza dopo esser uscito dalla prima Commissione, ed in quella sede aveva ricordato come nel programma elettorale del Presidente Fedriga ci fosse un intervento importante relativo alla tassazione regionale, e come nella prima legge di assestamento del bilancio ci si sia già dimenticati di lei. Vedremo se a dicembre possiamo riparlarne, perché, almeno a parole, era una legge a costo zero che doveva andare a prendere i soldi di copertura alle grandi imprese, attraverso l’addizionale Ires. Inoltre non bisogna dimenticare che questa giunta governa da ben poco. Se non lo farà, M5S sarà lì a ricordarlo mattina e sera, finchè detta legge non verrà varata.
Naturalmente quando si parla di lavoro si parla di mettere gli imprenditori nelle condizioni di poter lavorare. Perché giustamente si parla della tutela dei lavoratori, ma bisogna tutelare anche chi il lavoro lo dà, perché altrimenti ci troviamo a dover fronteggiare i problemi delle delocalizzazioni. Ricorda, poi, che la maggioranza di centrosinistra, prima al governo regionale, verrà ricordata, più tristemente che altro, per le riforme che ha portato avanti relativamente alla sanità ed alle Uti, ma c’è stata anche ‘rilancio impresa’, ed a Sergio Bolzonello va il merito di aver chiamato, prima di varare il testo, le opposizioni. Ci siamo visti insieme 4 o 5 mesi prima che uscisse, ed abbiamo potuto vedere quali fossero le linee guida di quella legge, di quella riforma, che non è stata calata dall’alto come accaduto con altre, per esempio con quella di riforma della sanità, presentata il 15 agosto 1914, e portata al voto il primo di ottobre, dando davvero poco tempo per poter confrontarsi e parlare.
Per quanto riguarda l’ascolto dei sindacati, egli ricorda l’intervento del Ministro Di Maio per i riders, avvenuto con il coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori, e ritiene che la collaborazione fra sindacati e stato o regione debba continuare. Ascoltare anche le altre parti è importante, – continua – così come è importante, a livello economico produttivo, seguire l’ottica di filiera, di rete di impresa, che può dare delle risposte. Ma certamente quello che può dare come risposta la regione dipende anche da ciò che viene deciso a Roma per quanto riguarda, per esempio, tassazione e burocrazia.
E se vogliamo tutelare gli imprenditori, si deve far in modo che essi facciano il loro lavoro e non quello di burocrati, passando da un ufficio all’altro. Snellire la burocrazia diventa pertanto un altro passaggio importante per diventare competitivi non l’abbassare i salari. E chiude con una considerazione. Il mondo del lavoro sta avendo delle trasformazioni importanti, ed a suo avviso è il momento di fare quello che nessun governo in Italia ha mai fatto: non pensare ai prossimi due o tre anni, ma ai prossimi vent’anni, ipotizzando come cambierà il mondo del lavoro, altrimenti ci troveremo fra 10 anni, alla 16^ edizione della festa delle resistenze, a discutere su quello che non fatto il sindacato, su quello che non hanno fatto gli imprenditori, su quello che non hanno fatto i governi, ed è preferibile invece, pensare al futuro adesso, per essere pronti alle sfide che ci prepara. Ci saranno cambiamenti importanti, e ci saranno ripercussioni importanti sul mondo del lavoro, dove persone potranno perdere la loro attuale occupazione, ma si deve essere pronti ed abili a pensare alle nuove occupazioni, ai nuovi settori di impiego, ed a come veicolare lavoratori negli stessi.
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Patat dà la parola a Massimo Moretuzzo.
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MORETUZZO.
Moretuzzo dice che vuole partire dalla risposta che ha dato al presidente Fedriga, in consiglio regionale, quando ha illustrato il programma. «Ho detto- continua- che mi sembra una cosa strana che in questo tempo, che ci separa dal 29 di aprile, si sia parlato più di quei quattro o cinquemila richiedenti asilo che sono presenti in regione, piuttosto che delle 5.000 imprese che hanno chiuso dal 2009 ad oggi». E questo appare curioso perché si sa che la campagna elettorale è stata lunga, intensa, e che ha portato evidentemente i suoi frutti a chi ha cavalcato questo tema, ma bisogna affrontare il tema del lavoro e di che tipo di sviluppo vogliamo per il nostro territorio e, per farlo, dobbiamo essere consapevoli di quello che è successo in questo territorio negli ultimi dieci anni. Bisogna essere consapevoli, per esempio, che la crisi che ha colpito ovunque, qui ha colpito più pesantemente che da altre parti. Qui in Fvg, il pil negli ultimi 10 anni è diminuito dell’8, 5%, quindi di quasi due punti e mezzo in più che nel resto della penisola italiana, qui c’è un tasso di emigrazione giovanile, e lo dice in Carnia, dove il tema è più sentito che da altre parti, del 14%, quasi il doppio della media italiana, qui c’è un problema demografico colossale, anche relativo alle persone in età lavorativa. C’ è uno studio interessantissimo, datato 2008, che dice il Fvg sarebbe passato da 800.000 persone in età lavorativa nel 2008, a 600.000 nel 2038. Son passati 10 anni e ne abbiamo già perse 50.000. A questo punto si potrebbe riaprire il confronto tra Salvini e Boeri, per capire come il problema delle persone in età lavorativa verrà affrontato, se con i migranti piuttosto che con altre forme, perché ci vuole una idea per affrontare queste questioni che sono lì in tutta la loro importanza.
E la prima cosa da dirsi è che siamo ancora lontani dall’uscire dalla situazione di crisi, anche dal punto di vista delle persone occupate. Noi abbiamo ancora 70.000 persone disoccupate in regione, di cui metà non cercano più lavoro, sono scoraggiate, e sono il doppio di quelle che erano 10 anni fa, e queste cose dobbiamo metterle sul tavolo, perché si tratta di una situazione straordinaria che non può essere affrontata con modi ordinari, che non può esser affrontata sperando che il mercato e le dinamiche di crescita globali, prima o poi, facciano cadere delle briciole anche qui. E di ciò si deve prendere coscienza, come del fatto che che siamo in una situazione straordinaria. Servono investimenti – prosegue- ma egli dice che ci devono essere anche investimenti pubblici; serve che questa amministrazione regionale faccia partire gli investimenti (e questo è uno dei temi portati in consiglio regionale e che continuerà a portare).
Negli ultimi 10 anni qui si sono dimezzati gli investimenti pubblici, ed allora, a suo avviso, è importante recuperare le risorse spettanti dallo Stato e poi cercare di investirle nell’ ottica e nella direzione di uno sviluppo che non può essere se non uno sviluppo sostenibile. Si devono inventare paradigmi nuovi perché i paradigmi utilizzati negli ultimi anni non sono paradigmi più sostenibili, non danno una idea di futuro che ha a che fare con le peculiarità del nostro territorio.
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Inoltre è importante utilizzare in proprio e valorizzare i beni comuni: acqua, energia, foreste. Non possiamo infatti tollerare il fatto che le nostre centrali siano in mano a delle società che nulla hanno a che fare con il nostro territorio, e che oggi nell’asta della Cellina e del Meduna facciano stare i lavoratori 36 ore di fila in cantiere. Ed i profitti di centinaia di migliaia di euro, che nascono da quelle centrali, non rimangono qui, vanno fuori, vanno a società quotate in borsa che hanno a che fare con i mercati finanziari, e non alle nostre comunità che sono le vere proprietarie di quei beni. E non possiamo pensare che le foreste ed i boschi della Carnia continuino ad essere comperati, pezzo dopo pezzo, dalle imprese boschive austriache, e che non si sia in grado di strutturare delle filiere che siano in grado di sfruttarli, portando poi il legno, per esempio, nel paese dove abita, vicino a Moruzzo, dove esso arriva dalla Bosnia, e che poi si fa qualche analisi dello stesso, si vede che il tema dell’uranio impoverito non appartiene al passato ma che fa parte ancora dell’oggi.
Questo è importante dire, ed è importante dare sostegno agli investimenti, partendo dagli investimenti pubblici, per esempio relativamente alla manutenzione idrogeologica del territorio, dato che, ogni volta che c’è un temporale, una parte del Fvg finisce sott’acqua. E questo non è accettabile. Ma questo aspetto ha pure a che fare con la riqualificazione dei borghi.
Il tema dello spopolamento, poi, è tema che drammaticamente sta coinvolgendo anche vaste aree del Friuli, ed è legato alla presenza o meno di servizi locali, che fra l’altro implicano posti di lavoro. Il fatto che, per esempio, chiudano piccole botteghe nei paesi, fenomeno che sta riguardando anche borghi che si trovano nella cintura di Udine o vicini a Pordenone, è un tema che ha a che fare con la società locale, perché quando chiude un piccolo negozio non chiude solo un posto di lavoro: chiude un presidio di welfare, chiude un luogo dove le persone si riconoscono, dove tessono relazioni, ed è un qualcosa che ha a che fare con la coesione sociale! Fare investimenti in quella direzione, con una sorta di neoprotezionismo attivo, sostenendo piccole attività che non sono solo attività economiche, credo che abbia a che fare con una visione del futuro e del territorio. E su questo egli crede ci sia davvero molto da lavorare.
⸎
Patat chiede a tutti su quali settori puntare per il futuro, dando la parola per primo a Bolzonello.
⸎
BOLZONELLO
Bolzonello dice che i settori economici su cui puntare sono sempre gli stessi. Il settore manifatturiero rimane al centro, ed abbiamo, di qua e di là, agricoltura, turismo e servizi allo stesso modo. Il problema non è quello di su quali settori puntare, il problema è come vogliamo puntare in quei settori, cioè come vogliamo mettere a disposizione del sistema Fvg, la tecnologia e l’innovazione, e come il modo dei saperi intenda interloquire con tutto questo. Perché se il sistema dei saperi continua a restare staccato dal mondo produttivo, se le nostre università non interagiscono con esso, e così i centri di ricerca, senza che nessuno li metta a regime, non si va da nessuna parte.
SERGO
Sergo concorda con Bolzonello, aggiungendo però che esiste sempre il tema dello sviluppo sostenibile, su cui puntare. Ed anche rispetto a questo tema, si deve cambiare marcia, sia a livello governativo che a livello di sistema paese. Prima si parlava di ricatto occupazionale, ma vi è talvolta anche il ricatto sulla salute dei lavoratori: o stai a lavorare a certe condizioni, in certe industrie, che magari ti espongono a rischi per la salute, oppure perdi il posto di lavoro e ci verrà qualcun altro, che rischierà, forse, di dover affrontare in futuro delle malattie date dal luogo di lavoro o dalla professione.
Vi è poi il discorso della digitalizzazione. Noi siamo un paese in ritardo su questo tema, che dobbiamo ancora coprire il territorio con la banda larga, con una rete internet adeguata non solo alle nostre industrie ma anche a chi fa servizi. Siamo ancora indietro su tante cose: basta pensare che con un fulmine si è spenta per mezz’ora la nostra centrale del 118, pochi giorni fa, a Palmanova, su cui la regione ha investito tantissimo. Evidentemente non si è trovato un sistema, che avverte se sta arrivando un temporale, prodotto anche da qualche ditta locale, che potrebbe permettere di utilizzare dei sistemi di corrente alternativa.
Vi è poi tutto il discorso delle fonti rinnovabili. Una può essere sì l’acqua, ma in questo caso bisogna stare molto attenti su quale può essere la ricaduta non solo economica ma anche ambientale sul territorio. E si deve decidere dove vogliamo arrivare e su cosa puntare, mentre se seguiamo vecchi schemi e modelli, saremo poi sempre perdenti.
MAZZOLINI
La cosa fondamentale è far in modo che la rete dsl, posta sotto le strade, sia finalmente funzionante. A Forni di Sotto, a Forni di Sopra, ad Ampezzo, si sta già lavorando con Insiel per dare una svolta determinante su questo aspetto, e si deve portare la rete veloce in tutta la Carnia e questo nostro territorio. Al secondo punto egli pone il completamento dei demani sciabili, al terzo il completamento della ciclabile fino a Grado, portandola poi verso Arta Terme e Villa Santina, e quindi avere il coraggio di rimpinguare, se si avrà la possibilità economica di farlo, perché i bilanci regionali non sono poi così floridi, fin dal prossimo mese di dicembre, quel fondo montagna che dia poi la possibilità al Carnia Industrial Park , di investire sull’artigianato e sulle aziende ed industrie che già esistono, dando la possibilità di crescere e creare occupazione. Infine bisogna abbattere il costo di vita in montagna, per energia e riscaldamento.
MORETUZZO
Mi viene in mente una frase che richiama questo ultimo secolo come quello contraddistinto dalla lotta fra capitale e lavoro, dove la guerra è stata vinta dal capitale, e pare a Moretuzzo concetto significativo.
Egli crede che, invece, il secolo da un po’ iniziato sia il secolo che si caratterizzerà per la guerra fra la degenerazione della globalizzazione da una parte, e le comunità. E crede che in Fvg si giochi una parte di questa partita, e che la chiave di volta stia nelle comunità, che tratteggiano la nostra storia. Il Friuli si basava sulle vicinie, sulle forme spinte di autogoverno e di partecipazione. Da lì si deve partire, dalla capacità delle comunità e dei nostri territori di ritornare a forme forti di autogoverno anche dal punto di vista dei processi economici, riprendendo una parte di quei flussi economici che la globalizzazione ha portato fuori dal nostro territorio e riportandoli qui; facendo sì che il pane che si trova nelle nostre botteghe sia fatto con il frumento dei nostri campi e che le nostre botteghe vendano i prodotti del nostro territorio e valorizzando la parte più bella della nostra storia che è la diversità che ha caratterizzato il Friuli.
L’auspicio è quello di ritornare ad una società conviviale, ad una società che è in grado di decidere sulle proprie risorse.
LANDINI
Landini prende la parola per dire due cose: la prima è relativa alla lotta fra capitale e lavoro, sicuramente persa dal lavoro, perché quelli che lavorano stanno peggio di prima, e basterebbe questo per dire che qualcosa che non torna c’è; la seconda è relativa al fatto che ci si trova di fronte ad una trasformazione del capitale, e questo deve esser tenuto in debita considerazione. Perché se si deve ragionare, non si può negare che il capitale, che si è manifestato con tipologie diverse, ha cambiato forma, ed oggi si è espresso attraverso un capitalismo finanziario, che sta mettendo in discussione molti aspetti, tanto che il potere che hanno la finanza e le grandi multinazionali è talmente grande che sta ponendo in discussione anche gli stati e le nazioni, oltre che far cambiare la geografia del mondo. Cioè se oggi chi difende la globalizzazione è la Cina, e chi pensa che si debba mettere dazi sono gli Stati Uniti, vuol dire che qualcosa sta cambiando, che qualcosa, rispetto al quadro generale pregresso, sta mutando.
E se si guarda questo dal punto di vista finanziario e politico, mentre il capitale e la finanza sono globali, il lavoro a volte non è neanche più locale. Inoltre il numero di persone che per vivere hanno bisogno di lavorare non è mai stato grande come adesso nel mondo, e questo è un aspetto importante, ed il mondo del lavoro non è mai stato tanto diviso, frantumato, contrapposto come adesso, e su questi temi si deve discutere. Quindi egli dice che nell’incontro si è parlato di formazione, di istruzione, ma dato che siamo alla festa della resistenza e delle resistenze, gli pare utile ricordare che se oggi siamo un paese libero e democratico, e con la costituzione, è perché c’è stata la resistenza, e questo è utile ricordarlo sempre.
Aggiunge però, da persona che non è del Friuli, vorrebbe far notare quello che sta accadendo qui: e cioè il provvedimento che ha preso il sindaco di Monfalcone che pensa che il diritto alla formazione ed all’ istruzione debba esser limitato in base al colore della pelle, e dice che esso è inaccettabile, grave e sbagliato, e che l’integrazione parte proprio dal mettere tutti nella condizione di avere istruzione e conoscenza fino alla conoscenza della lingua italiana. Ed a suo avviso ci si deve battere per andare in questa direzione, verso l’integrazione, e scelte come quella fatta dal sindaco di Monfalcone appaiono inaccettabili sia qui che da qualsiasi altra parte, e vanno combattute.
Ed infine dice che, pur non volendo far l’esperto né della Carnia né della montagna, né del Friuli, egli può dire, con l’esperienza che lo porta a girare ora un po’ l’Italia, che questo problema delle cosiddette aree interne è problema nazionale, ed in qualsiasi regione si vada, sia in quelle più sviluppate che in quelle meno, il fatto che nelle aree interne la gente stia peggio di prima, e che ci sia arretramento oltre che spopolamento, è sotto gli occhi di tutti, e deve essere un punto di discussione.
Relativamente a questi aspetti non è sufficiente che ogni singola regione o comune trovi una soluzione agli stessi, anche se è importante che anch’ essi facciano la loro parte, perché, riallacciandosi al confronto fatto tra Friuli, Austria e Slovenia, bisogna ricordare che Austria e Slovenia non sono due regioni ma due nazioni. E pur non volendo assolutamente ridurre il ruolo delle autonomie, delle competenze, delle esperienze regionali, se non vi è un piano nazionale non si va molto avanti, se a livello nazionale non si affronta cosa vuol dire sviluppare le aree interne, a partire dall’estensione delle infrastrutture immateriali (internet, la banda larga, e tutto il resto), non si va da nessuna parte. E la cura del territorio, il rilancio di alcune attività, o è dentro un piano nazionale di ripresa degli investimenti, che aiuti il territorio, o non se ne esce. O noi tutti ci rendiamo conto che non esistono solo e semplicemente un nord ed un sud Italia, e per inciso l ‘Italia è al sud dell’Europa, e che se non si rilancia, a partire dal nostro paese, l’idea di una Europa diversa da quella attuale, non se ne esce.
E termina dicendo che i valori della Costituzione non appartengono ad una parte politica, ma sono di tutti. E per questo ritiene che ci siano una serie di valori di fondo che tutti insieme dobbiamo difendere, altrimenti si indebolisce la democrazia del nostro paese.
⸎
Così, si conclude l’incontro, e mi pare che i temi posti sul tappeto siano molti. Volevo qui scrivere alcune mie considerazioni ma lo farò con articolo a parte perché il testo è già troppo lungo.
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NEWS.
Ricordo che il decreto dignità è stato approvato, come il contratto per i riders; che vi è in atto un contenzioso fra Di Maio e Boeri, a cui sta per scadere il contratto di lavoro, sugli effetti del ‘decreto dignità’, uno dei quali sarebbe, per Boeri, una perdita di migliaia di posti di lavoro, mentre per altri non è così. E nel merito è intervenuto anche Villiam Pezzetta della Cgil regionale, rispondendo agli allarmismi ingiustificati di Confapi, Confartigianato, Confcommercio. Egli ha detto di sentire in giro allarme, di vedere sulla stampa ecc. cifre spesso senza fondamento, di veder sparare senza che nessuno possa realmente e su basi statisticamente attendibili anticipare gli effetti del ‘decreto dignità’ sui contratti a termine. Richiama quindi alle diverse tipologie di contratto già esistenti, e dice che a suo avviso, una azienda sana preferisce scegliere lavoratori con contratto a tempo indeterminato, peraltro già depotenziato dal jobs act, piuttosto che perdere tempo a rinnovare continuamente ed in modo estenuante, contratti a termine. (Cgil a difesa di Di Maio: basta numeri a sproposito, in: Messaggero Veneto, 21 luglio, 2018).
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Per approfondimenti cito solo alcuni articoli da quotidiani e siti:
Per argomenti generali:
Decreto dignità pubblicato in Gazzetta. Stretta su contratti a termine e delocalizzazioni, lotta al precariato e alla ludopatia, in: http://www.altalex.com/documents/leggi/2018/07/03/decreto-dignita
Nicola Corda, Di Maio porta a casa il decreto dignità. Licenziamenti saranno più difficili, in: Messaggero Veneto, 3 luglio 2018.
Caporalato anche al nord.
Quei caporali del “profondo Nord”; Qui Piemonte. Danilo Poggio, Dai mirtilli al kiwi: sei mesi alla ricerca di un contratto vero; Qui Emilia Romagna. Chiara Pazzaglia, Le troppe aree di “lavoro grigio” da far mergere, in Avvenire, 15 luglio 2018.
Marco Omizzolo, Gli invisibili “caporali” dell’Italia del Nord, La Repubblica 23 marzo 2018, online: http://mafie.blogautore.repubblica.it/2018/03/23/1667/
Renzo Sanna, Caporalato alla conquista del nord Italia: ecco i dati, in: https://www.ilgiornaledelcibo.it/caporalato-dati-del-nord-italia/, 19 aprile 2016.
Carmine Gazzanni, La mappa del caporalato nelle campagne del Nord, in: https://www.donnamoderna.com/news/italia/la-mappa-del-caporalato-nelle-campagne-del-nord-italia, 16 luglio 2018.
Riders.
Federica Meta, Gig economy, arriva il contratto per i riders: ecco cosa prevede, in: https://www.corrierecomunicazioni.it/lavoro-carriere/gig-economy-arriva-il-contratto-per-i-riders-ecco-cosa-prevede/19 luglio 2018. Ivi si legge che: «Nel dettaglio il contratto prevede tutte le tutele, salariali, assicurative, previdenziali, tipiche del rapporto subordinato e quelle contrattuali come assistenza sanitaria integrativa e bilateralità. I rider sono inquadrati con parametri retributivi creati appositamente e come “personale viaggiante”.
Lavoro precario.
Michele di Branco, Istat, la disoccupazione è in calo ma il precariato è più aggressivo, in Messaggero Veneto, 3 luglio 2018.
Scuola e formazione:
“dal Fq.: L’ultimo regalo di Gentiloni&C. 160 milioni di tagli alla scuola”, in: https://ettoremarini.com/2018/05/25/dal-fq-lultimo-regalo-di-gentilonic-160-milioni-di-tagli-alla-scuola/. Il blog riprende l’articolo di Virginia della Sala, Istruzione, oltre 160 milioni di tagli a scuola e formazione, in: Il Fatto Quotidiano, 25 maggio 2018.
Job act e articolo 18.
Carlo Baldassi. Sul Jobs Act e l’art.18, in: www.nonsolocarnia.info.
Argomenti regionali.
Giacomina Pellizzari, Nei boschi del Fvg mancano taglialegna, arrivano gli stranieri, imprese a rischio, in Messaggero Veneto, 3 luglio 2018.
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L’immagine che accompagna l’articolo è una parte di una immagine tratta, solo per questo uso, da http://spi.cgilfvg.it/media/download/127_529_files.pdf, e si trova all’interno di Liberetà, n.1 gennaio 2010.
Laura Matelda Puppini.
https://www.nonsolocarnia.info/a-paluzza-si-parla-di-lavoro-con-maurizio-landini-ed-alcuni-politici-regionali-seconda-parte/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2018/07/cgil-.jpg?fit=179%2C174&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2018/07/cgil-.jpg?resize=150%2C150&ssl=1ECONOMIA, SERVIZI, SANITÀIl giornalista Patat chiede a Maurizio Landini cosa ne pensa delle partite iva, e così agli altri a seguire. Aggiunge, poi che spesso le partite iva nascondono situazioni di lavoro dipendente ma senza tutele. È veramente difficile, a suo avviso, dare tutele in queste situazioni. LANDINI Landini inizia chiedendo di precisare...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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