Non vorrei scrivere ancora di sanità/salute, ma dopo aver letto due articoli su “Il Fatto Quotidiano” del 16 novembre 2015, oltre ad: Elena Del Giudice, “Fvg modello per la sanità. Bocconi promuove la riforma”, in Messaggero Veneto, 2 dicembre 2015, molto chiaro sulle spese di noi cittadini, mi sento quasi costretta a farlo. Per quanto riguarda Il Fatto Quotidiano, sotto l’occhiello: “Pro & Contro Come sopravvivere alla riduzione del fondo sanitario?” compaiono due articoli: Bruno Tinti, “Le assicurazioni private possono compensare i tagli” e  Roberto Satolli, “I sistemi pubblici restano migliori, ma ci sono sprechi”.
Bruno Tinti è un ex- magistrato e scrittore italiano, Roberto Satolli è un medico e giornalista.

Leggo gli articoli e quello che subito compare alla mia mente è che i due scrittori stanno parlando come fossero la diplomata ministro Lorenzin, né più né meno, e come i tagli si dovessero subire, da parte del popolo italiano, senza batter ciglio e senza che si riformi realmente il sistema sanitario, che pare sconosciuto ai più nelle sue dinamiche, linguaggi, scelte, invasioni di campo da parte aziende che vendono prodotti di ogni tipo, senza vera prova del loro valore terapeutico, che riempiono farmacie e para farmacie, e che anche medici, in buona fede, possono prescrivere, od i pazienti liberamente acquistare. Vi è una vera e propria inflazione di cosiddetti farmaci omeopatici, allopatici da banco, erboristici, ecc. che possono avere anche effetti nocivi. E le persone, che sempre più ascoltano radio e tv, ed i vari spot, tendono a comperarli. Io, tanto per fare un esempio, mi sono sempre chiesta a che servano tutti i prodotti che si dovrebbero inserire in vagina, e quali eventuali cattivi odori vaginali dovrebbero togliere.

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Per quanto riguarda le assicurazioni sanitarie, secondo Altroconsumo, (News Altroconsumo: Polizze sanitarie: come scegliere quella giusta, 14 settembre 2015, in: http://www.altroconsumo.it/salute/assicurazioni-sanitarie/news/), che ha preso in considerazione 19 contratti assicurativi relativi alla salute, di altrettante compagnie diverse fra loro, « […] gli alti premi e le troppe cure non coperte non le rendono un buon affare. […] le cose stanno sostanzialmente così: nonostante alcuni miglioramenti rispetto agli anni precedenti, rimangono prive di copertura per alcune spese di routine. Un esempio? I problemi dentali, le visite specialistiche e i check up preventivi. Coprono soltanto gli esami e le visite dovute a malattia o infortunio e, nella maggior parte dei casi, non quelle preventive, se non diversamente specificato, senza considerare affatto quelle situazioni non coperte o coperte male dal servizio pubblico. Inoltre, le spese sono direttamente a carico della compagnia, senza bisogno di anticipare denaro, solo se ci si fa curare nelle strutture convenzionate con l’assicurazione».(Ivi).

A questo punto mi chiedo: chi pagherà le costosissime cure dentali, che il Ministro Lorenzin pare non intenda vengano mantenute nel sistema sanitario nazionale?

Inoltre dieci compagnie, fra le 19 prese in considerazione da Altroconsumo, «prevedono ancora limiti di età entro i quali stipulare la polizza (dai 55 ai 75 anni). In molti casi si rischia quindi di non avere la copertura proprio quando serve di più. Solo due prevedono la formula a vita intera, cioè fino alla morte dell’assicurato. UnipolSai, Unisalute, Sara e Allianz prevedono una clausola di aggravamento del rischio. In pratica, l’assicurato deve comunicare immediatamente alla compagnia qualsiasi elemento che faccia variare il suo rischio malattia, e l’assicurazione avrà la possibilità di recedere entro un mese. Sono inoltre previste precise categorie di persone che non sono assicurabili: tossicodipendenti, malati di Hiv, alcolisti e, solo per Zurich e Alleanza, anche chi è insulinodipendente: se un cliente lo diventa durante il contratto l’assicurazione recederà restituendogli il premio al netto delle imposte». (Ivi).

«Le polizze sanitarie coprono: spese di ricovero, degenza, cure, fisioterapia e riabilitazione; acquisti di medicinali durante il ricovero; accertamenti diagnostici legati a una malattia o a un infortunio, successivo alla stipula del contratto. Non sono, invece, incluse le spese per :cure dentarie (tranne qualche contratto che prevede l’ablazione del tartaro e, più in generale, gli interventi ai denti derivanti da infortuni e tumori maligni); gli interventi estetici; le cure dietologiche; le correzioni di difetti fisici; gli infortuni derivanti da abuso di alcol, stupefacenti, allucinogeni e psicofarmaci». (Ivi). Ma TUA Assicurazioni, per esempio, precisa che «Non sono assicurabili, le persone affette da dipendenza da sostanze psicoattive (alcool, stupefacenti, allucinogeni, farmaci, sostanze psicotrope), sindrome da immunodeficienza acquisita (A.I.D.S.), siero-positività da H.I.V., da Parkinson, nonché le persone affette dalle seguenti infermità: schizofrenia, forme maniaco depressive o stati paranoidi, altre infermità mentali caratterizzate da sindromi organiche cerebrali.  L’insorgenza di tali affezioni costituisce causa di risoluzione del contratto. In questo caso TUA restituisce al contraente la parte di premio versata, relativa al periodo di premio di garanzia non goduto». (http://www.tuaassicurazioni.it/public/prodotti/tua-salute-condizioni-di-polizza).

Infine bisogna stare molto attenti nel compilare il questionario per adire all’assicurazione, cosa da fare dopo aver parlato con il proprio medico, e bisogna dichiarare tutta la verità riguardo ultimi accertamenti, malattie diagnosticate e curate, eventuali infortuni e ricoveri. Le malattie presenti prima del contratto non sono tutelate e le dichiarazioni inesatte o le reticenze, anche incolpevoli, possono comportare la perdita totale o parziale del diritto all’indennizzo. (News Altroconsumo: Polizze sanitarie, op. cit.).
Infine altre condizioni potrebbero venir imposte dalle assicurazioni, private, in futuro.

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Per quanto riguarda l’articolo, a firma di Elena Del Giudice, quello che impressiona un attento lettore è il fatto che, grazie al triplicarsi della spesa del cittadino per la sanità, i conti non sono poi malvagi. Che c’entrano l’assessore Telesca e la Bocconi con detto miglioramento? Pare nulla.
La Bocconi ha fornito solo alcuni dati, non si sa da chi commissionati e pagati, visto che è Università privata, a carattere commerciale. E le Università pubbliche non sanno dare due dati? Mai che facessero valutare all’utenza o ai medici stessi la bontà di una riforma della sanità nazionale o regionale;  si chiede solo una valutazione e stima commerciale, quasi non si parlasse di gestione della salute, ma di una azienda che vende patate, o sedie, si fa per dire.

Ma entriamo nel dettaglio dell’articolo, lasciando perdere il titolo, che a me appare propagandistico.
Alle prime righe si può leggere che «Dal rapporto Oasi del Cergas Bocconi, (non si sa firmato da chi, n.d.r.) arriva una sostanziale promozione per la riforma della Sanità del Friuli Venezia Giulia. Quantomeno perché ha generato effetti sui conti, sulla spesa, sulla riorganizzazione e semplificazione del sistema». (Ivi). Tolto il fatto che non si sa se detti effetti siano positivi o negativi, e dal punto di vista di chi, proseguiamo nella lettura dell’articolo.

« […] dal 1990 a oggi la spesa sanitaria pro- capite anche in Friuli Venzia Giulia è triplicata, passando dai 730 euro medi a testa del ’90, ai 2 mila 12 dello scorso anno […]». (Ivi).
I continui disservizi, dati da lontananza dai punti di cura ecc. potrebbero essere, poi, alla base di quel 3,4% in meno di spesa regionale registrata dopo la riforma Marcolongo Telesca, non certo relativa solo ai posti letto. Inoltre io non so come si faccia a conteggiare la spesa nel settore privato, che potrebbe aumentare. Meno pubblico più privato potrebbe celarsi dietro questi dati.
Nella realtà essi potrebbero, quindi, nascondere una specie di “fai da te”, un cercare qualche buon medico, che magari poi lavori anche nel pubblico, e qualche buon laboratorio analisi magari privato, ormai, senza prescrizione medica, più a buon prezzo di quelli pubblici, e più veloce nelle risposte.

La Bocconi, poi, certifica non si sa come, che la sanità del Sud, “arranca” come quella del Nord penso io, e che dal Sud si emigra per la sanità anche in Fvg., nascondendo i dati di possibili migrazioni di friulani e giuliani per esempio verso il Veneto. Dati? Nessuno. Opinions? Se sì di chi? Per carità io credo all’Assessore incarico esterno, laureata in scienze politiche Maria Sandra Telesca, pare proprio abituata a far da sola o con il dirigente Adriano Marcolongo, quando dichiara alla stampa che aveva in mente una gran riforma in partenza, ma non lo abbiamo mai saputo, e a me pare, ma posso sbagliarmi, che con detta riforma si tenda a privatizzare la sanità, come del resto a livello nazionale, ed a far cassa, tagliando letti, ospedali risorse. Un taglio “Zac” qui uno là, ridimensionando la montagna e sostenendo il polo udinese, costosissimo nel nuovo ospedale, che non si tocca. Ma visti i limiti presentati dall’edificio del nuovo nosocomio, come da lettere al Messaggero Veneto ed articoli sullo stesso, e non da ora, perché l’Azienda universitario-ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Udine non chiama almeno la ditta costruttrice a rispondere?

Che servisse ridimensionare il numero di Ass lo scrissi io ai tempi della giunta Tondo, ed è pensiero comune condiviso anche dai Codacons Fvg. (Cfr. Laura Matelda Puppini, Sanità Fvg, carrozzoni e semplificazioni, in Messaggero Veneto, e, con data 13 ottobre 2011, in: http://www.codacons.it/articoli/). Ma se a fronte di ciò si aumentano gli amministrativi in altro modo … Nessuno ci ha dato la ripartizione, nel servizio sanitario regionale, fra amministrativi e camici bianchi. Con il passaggio dalle Usl alle Ass, pare sia aumentato moltissimo il personale amministrativo, sia a causa della burocrazia moloch, che a causa  del blocco del turn over medico e paramedico, tanto che gli amministrativi rischiano di superare, numericamente, medici ed infermieri, in alcune realtà. Inoltre sulla spesa sanitaria incidono i costi per i manager, top- manager ecc., troppi e troppo pagati. Si limitino i burocrati e le strutture burocratiche e la sanità, a livello di spesa, ne trarrà giovamento. La salute deve essere in mano ai medici che fanno i medici, coadiuvati da personale infermieristico, non ad amministratori anche se diligenti.

Insomma, quello che si capisce dai dati dell’Università privata Bocconi, non si sa da chi commissionati e come, cioè su quale tipo di quesito (così funziona in genere nelle commesse, si ricerca e valuta in base al quesito), è che il Sud in fin dei conti sta peggio del Fvg, che spendiamo anche in Fvg molto di più in sanità che nel 2009, che forse il dato del 2014 potrebbe dipendere dal fatto che guadagnando nel 2014 meno che nel 2013, si tende a contrarre, anche in sanità la spesa, ed a curarsi, se non si è ricchi, sempre di meno, che non si sa se sia stata valutata la spesa presso cliniche private, esulando dal sistema sanitario regionale e statale.

Ed ancora, come nascondersi che:

La politica è massicciamente entrata in ambito sanitario, tanto che, almeno pare, si guarda prima a quale tessera ha un primario, o, ultimamente, un sindaco, per sapere la fortuna di un medico, di un reparto, di una struttura sanitaria?

In Italia, e non solo, la salute è diventata oggetto di business, e che ci sono case farmaceutiche che hanno prezzi esorbitanti per i farmaci, tanto che la testata cattolica Avvenire, pubblicava, on line, (http://www.avvenire.it) il 27 agosto 2015, un articolo del medico Vittorio Alessandro Sironi, che invito a leggere, intitolato: “Farmaci se il prezzo sacrifica i malati al profitto”? E come mai le case farmaceutiche indiane producono gli stessi farmaci della Novartis, per esempio, a prezzi di gran lunga inferiori e non sono ancora fallite?
E perché non possiamo acquistare dall’India, chemioterapici per la leucemia e nuovo farmaco per la cura dell’epatite C, con grande risparmio, e senza tagliare sui piccoli ospedali? Forse a causa dell’Europa? Per accordi non si sa di chi con chi?

I medici potrebbero seguire, attualmente, più di quanto appaia, scuole di pensiero e ipotesi diagnostiche date anche dalla specializzazione. La medicina, attualmente, è divisa in troppe branche specialistiche, e va a finire che il medico potrebbe perdere una visione di insieme e di gravità. Ed ogni operatore di settore tende ad interpretare un sintomo in base alla sua preparazione specifica. Così stessi sintomi possono esser riportati a varie cause. Qualsiasi specialista è in primo luogo un medico, e dovrebbe conoscere aspetti generali della disciplina medica e fare il numero maggiore di accertamenti possibili, nel corso di una visita. Per esempio una donna dovrebbe andare dal proctologo, dal ginecologo, dall’urologo, quando un bravo medico chirurgo, sia esso proctologo, sia esso ginecologo, sia esso urologo, se segue una paziente, può valutare in una sola visita il pavimento pelvico.

Si seguono linee generali senza un po’di buon senso. Dal 2006, a livello europeo, si è iniziata una campagna per limitare l’uso di antibiotici a causa dei ceppi resistenti, con il finale che si rischia di sottovalutare  le infezioni o non curarle adeguatamente, mentre pare ci si sia dimenticati di lottare contro il mercato abusivo e meno abusivo degli antibiotici per uso ingrasso animale negli allevamenti e di calcolare comunque l’uso degli stessi in zootecnia. («Antibiotici, usati per curare gli animali malati ma anche a scopo preventivo. Negli allevamenti industriali gli animali vivono in spazi ristretti che favoriscono lo sviluppo e la diffusione rapida di eventuali epidemie», in: Sicurezza della carne di pollo, manzo e vitello – Ormoni antibiotici beta agonisti, http://www.cibo360.it/alimentazione/cibi/carne/sicurezza.htm).

Ogni nuovo Governo, come espressione del potere politico, in Italia, vuole fare delle riforme a sua detta epocali, in ambito socio – sanitario, educativo, dei servizi, all’egida del risparmio forzato, costi quel che costi, spendendo in ogni passaggio magari di più di quanto si spendesse prima, senza progettualità, uno straccio di dato, verifica della funzionalità dell’esistente, suoi punti critici e possibili adeguamenti, senza due conti, senza uno studio di fattibilità, senza piena attuazione della riforma precedente.
Si trascura ormai, di sentire le parti in causa e gli addetti ai lavori: basta che contabili e politici dicano “Volli, fortissimamente volli”. Per questa/e riforma/e della sanità non si sono sentiti i medici ed i paramedici, si è andati avanti, da parte dei politici, così molto a caso, legiferando ed ipotizzando prima, senza dato alcuno, cercando di far attuare poi, seguendo quindi una logica di imposizione dall’alto, che fa a pugni con quello che dovrebbe essere il metodo democratico.

Non si può negare, infine, che all’interno delle troppe università o di istituti di ricerca ed affini, si possano produrre ricerche che potrebbero portare più a finalità di visibilità sociale che altro, ed atte ad avere, magari, qualche soldo in più. Così si sacrificano tempo e forze in malattie rare, (ammesso che i sintomi descritti da un paziente non celino altre patologie di base), e va a finire che, magari, si vede le stesse anche dove i sintomi celano altra causa. A fini diagnostici, sarebbe quindi auspicabile, secondo me, che i medici rifissassero l’attenzione diagnostica sulle malattie più diffuse, sintomi, localizzazione, dolore e sua valutazione, sui farmaci assunti dal paziente e con che esiti, e, solo dopo aver scartato con certezza un quadro diagnostico comune, prendessero in considerazione le malattie cosiddette rare.

Per chiudere ospedali, secondo me, non basta il criterio dimensionale, cioè che siano piccoli. Quando essi servono una vasta zona montana retrostante devono restare aperti perchè svolgono servizi essenziali per chi abita nel territorio di riferimento, permettono ai parenti di seguire più facilmente il malato, possono dare cure senza far spostare il paziente, magari oncologico. ( Si vedano i grafici in: dott. Flavio Schiava, Demografia e salute in Alto Friuli, www.nonsolocarnia.info, sui tempi di percorrenza degli utenti che abitano in montagna per rendersene conto). Men che meno si può pensare di limitare il servizio di pronto soccorso o di far intervenire sempre l’elisoccorso. Inoltre l’elisoccorso prevede che l’elicottero atterri anche per caricare il malato e questo è difficilissimo nei centri abitati, ma paradossalmente anche sul Cansiglio, da che ho potuto notare l’anno scorso.

La nuova situazione venutasi a creare nel mondo del lavoro e con la centralizzazione dei poli ospedalieri, implica che persone ammalate vadano a lavorare o raggiungano l’ospedale erogatore di servizi, facendo del male a sé, oltre che rischiando incidenti stradali, e riempiano gli ambulatori medici, dato che il medico non va molte volte a casa, con la possibilità di infettare altri pazienti. Così può accadere che persone con diarrea di origine ignota, usino bagni pubblici, senza mezzo di disinfezione del water, pazienti possano vomitare in strada od in ambulatorio, possano diffondere microbi con tossi e catarri, ecc. ecc. contagiando.

Medici e pazienti pare abbiano talvolta perso il concetto di cosa significhi essere ammalati, identificando la malattia solo con quella gravissima ed urgente; manca la fase della convalescenza, manca la cognizione del concetto di igiene pubblica. Inoltre la prevenzione non puó esser fatta solo dal paziente, ma deve avvenire a livello generale, ambientale, evitando smog, contaminazioni ecc… E senza interventi generali nessuna azione individuale sarà efficace. Se la terra è malata, l’uomo è ammalato.

I politici devono pagarsi la sanità, visti i loro stipendi, come i comuni mortali e così i loro parenti, senza continuare ad essere una classe di privilegiati, che dice agli altri cosa devono pagare, vivendo in una specie di Olimpo.

Ieri o ieri l’altro, poi, ho tornato a sentire, alla televisione, qualcuno che sosteneva che si è sicuri che vi siano 10 miliardi di euro, in Italia, spesi per la cosiddetta medicina difensiva, che potrebbe essere anche cautelativa per il paziente, dico io.  Ma questi dati – mi chiedo –  da che studi fuoriescono? Siamo proprio sicuri che sia così, o è una ipotesi buttata là?

Secondo me, comunque,  se non si riuscirà a pensare in modo nuovo il sistema sanitario nazionale, conoscendolo e non nascondendosi le criticità dello stesso, se esso diventerà solo un sistema da distruggere per far brutalmente cassa, se non si riuscirà, attraverso i medici, a valutare spese necessarie e superflue, mode e metodologia diagnostica, se non si riuscirà a mandare a casa gli incapaci, se quei medici che si considerano “padri eterni”, non accetteranno di sbagliare e di correggersi, (aspetto che anche il paziente deve valutare) il che è umano, se alcuni medici non cercheranno di superare i pregiudizi personali ( p.e. verso  pazienti obesi), e se non si renderanno conto che ciò che firmano potrebbe essere un cappio al collo del paziente, con cui il medico anche specialista  deve iniziare a parlare, in qualche modo,  allora non so che si voglia o debba riformare.

Naturalmente queste sono mie considerazioni,  con cui voglio trasmettere il mio pensiero su alcune criticità, non offendere alcuno, e se erro correggetemi.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che correda l’articolo è presa, solo per questo uso, da: www.comunisti-italiani.it. Laura Matelda Puppini

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