Anziani in aumento: quale assistenza, quali problemi ed oneri? Chiediamocelo.
Talvolta trovo nelle lettere che cittadini scrivono al Messaggero Veneto degli spunti interessanti di riflessione e dibattito.
Lamenta il signor Livio Briada (Il business degli anziani, in: lettere al Messaggero Veneto, mercoledì 20 maggio 2015) il costo delle case di riposo in Friuli, secondo lui elevatissimo per un servizio di buona qualità ai non autosufficienti, e che costringe i familiari di questi ultimi a pensare ad una possibile soluzione per i loro congiunti in Slovenia. Ma pare che anche la Germania non stia meglio, dato che detto lettore scrive che i bavaresi tendono a ricoverare i loro cari in Cecoslovacchia, creando una nuova emigrazione fine – vita, prima del trapasso.
L’argomento meriterebbe di essere trattato da più punti di vista.
A fronte dello sforzo dei nostri padri per creare case di riposo comunali, il cui merito va, spessissimo, ai rappresentanti politici locali della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista, ci troviamo oggi di fronte a istituti costosi e talvolta non funzionali o che faticano ad accogliere non autosufficienti, con presidenti amministratori e direttori che reclamano uno stipendio anche pari a mille euro al mese.
Mi è dispiaciuto, lo devo dire, leggere che Mario Cuder, ex U.D.C., cattolico, pensionato non certo senza pensione, e verso cui nulla ho, ha accettato come presidente della casa di riposo di Villa Santina uno stipendio di mille euro lordi al mese per questa sua funzione.
Riporto qui integralmente la notizia, dal Messaggero Veneto del 29 novembre 2014:
« Villa Santina, polemica in casa di riposo
Villa Santina. La casa di riposo Residence Stati Uniti d’America srl di Villa Santina assegna mille euro al mese al presidente. Una operazione legittima, ma che non può non avere un retroscena politico visto che alla presidenza della società dallo scorso mese di agosto siede l’ex consigliere comunale di Tolmezzo Mario Cuder. E questo ha agitato il mondo politico, in particolare del centrosinistra, sia a Tolmezzo che a Villa Santina. Viene fatto osservare che la struttura da oltre 30 anni ospita anziani provenienti dalla Carnia. Le rette pagate dagli ospiti sono a totale loro carico e vengono definite «basse rispetto alle altre realtà regionali». Lo statuto ha sempre previsto un’indennità per i componenti del consiglio di amministrazione, ma «sin dalle origini, dal 1982, i presidenti hanno sempre rinunciato a ricevere questi soldi, svolgendo il loro ruolo con spirito di servizio alla comunità e per il suo bene». Con la nuova gestione un gettone di presenza ai consiglieri viene prima proposto e poi deliberato; quindi, a fine settembre, il cda vi rinuncia e si propone un compenso, pari a mille euro lordi al mese, per il presidente. Proposta che viene deliberata l’8 ottobre, ma con effetto retroattivo, a partire dalla data di nomina del presidente avvenuta il 14 agosto scorso. Gino Grillo».
Non so perché Mario Cuder debba avere a cuore il fatto che in detta struttura vengano ospitati carnici peraltro autosufficienti, e quindi che danno minimo disturbo e lavoro, ma accettare 1000 euro menisili per detta carica, mi pare davvero oneroso, ed a discapito del servizio, che perde 12.000 euro annui da impiegare in altri motivi. La cosa più intelligente da farsi sarebbe stata cambiare presidente, o giocare al ribasso, come negli appalti. Ma può darsi che il lavoro di Cuder e le responsabilità siano immani o che ne so, e non intendo in alcun modo offendere Cuder, solo introdurre ulteriormente l’argomento.
Comunque, in precedenza, nel 2010, il pagamento dei componenti del c.d.a. della casa di riposo della Carnia era stato oggetto di un battibecco fra Mauro Saro e l’allora sindaco Dario Zearo che così viene riportato in Tolmezzo news:
«Acido scambio di frecciate tra Mauro Saro e Dario Zearo. Il primo ha chiesto conto al sindaco del motivo per cui, dal luglio scorso, non sia ancora stato nominato il successore di Renzo De Prato nel Consiglio di amministrazione della Casa di riposo. “Se volete potreste nominare un consigliere di minoranza, che lo farebbe gratis” ha suggerito Saro. “Questo è un leitmotif che per dieci anni avanzava Crosilla, la sua battuta mi lascia indifferente”. Saro: “Non è una battuta, noi siamo persone serie!”. Chiusura di Zearo: “E noi invece siamo dei burattini!”».
(Francesco Brollo, Il consiglio comunale riparte da qui, in: https://tolmezzo.wordpress.com/2009/10/02/).
Scriveva, nel lontano 1981, Romano Marchetti l’ esperienza del “cugino Dino” figlio della zia Dalia e di Pietro Adami, che, avendo una pensione di 250 mila lire al mese, doveva pagare una retta, per la casa di riposo, di 450 mila lire mensili, ponendo un problema che ora si fa sempre più pressante. (Marchetti Romano (a cura di Laura Matelda Puppini), Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, IFSML e Kappa Vu ed., 2013, p. 296).
Comunque il problema non è solo locale. Riporto qui da “Altroconsumo” un articolo datato 6 marzo 2013.
«Lunghe attese, criteri di accesso poco trasparenti, rette alte e personale non sempre gentile. Questo è il quadro che emerge dalla nostra inchiesta sulle case di riposo in Italia. (…).
Diversi tipi di assistenza
Nella categoria case di riposo rientrano diversi istituti e le differenze riguardano due aspetti importanti: il genere di assistenza e la divisione delle spese. Gli anziani non autosufficienti aumentano e le vecchie case di riposo si stanno trasformando sempre di più in Rsa (residenze sanitarie assistenziali). Non si tratta di strutture ospedaliere a tutti gli effetti, ma chi necessita di specifiche cure trova in questi istituti una diversificata assistenza medica. Gli anziani parzialmente autosufficienti, invece, possono trovare assistenza anche in una classica casa di riposo. Queste strutture possono essere pubbliche, convenzionate (le spese sono in parte a carico del Servizio sanitario nazionale e in parte a carico dell’utente o del Comune) o private (a pagare è il paziente).
I criteri di accesso
Il primo passo è quello della scelta. Per entrare, però, scegliere non basta. Molti dei nostri intervistati (63%), infatti, hanno dovuto inserire il proprio familiare in una lista d’attesa. I criteri in base ai quali si decide l’accesso agli istituti sono principalmente due: l’ordine di presentazione della richiesta (51%) e le condizioni di salute del paziente (39%). Il 35% delle persone intervistate giudica insufficiente la trasparenza nei criteri di accesso alla casa di riposo.
Chi paga?
I criteri per la determinazione della retta sono principalmente due: è uguale per tutti nel 48% dei casi; nel 36% invece la differenza è determinata dall’autosufficienza o meno dell’ospite. Il costo medio della retta base mensile (che nella maggior parte dei casi include cibo, consumo di elettricità e consulti del medico generico) è di 1.620 euro. Si alza per gli anziani bisognosi di più assistenza. In Italia solo il 16% dei pazienti riceve un aiuto finanziario da parte delle istituzioni per il pagamento della retta. Nel 69% dei casi le spese per l’istituto superano le entrate dell’anziano».
(Case di riposo: la retta è un salasso, in: http://www.altroconsumo.it/soldi/pensioni/news/case-di-riposo-la-retta-e-un-salasso).
Per quanto riguarda Ferrara, Margherita Goberti scrive che, a fronte di un allungamento della vita, che porta alcuni a raggiungere i 100 anni, dato che rappresenta un segnale di conforto, dall’altro si nota come persone anziane non più autosufficienti oppure non più in grado di provvedere in modo completo a se stesse, preferiscano ritirarsi in una struttura adeguata.
Ma il mondo delle strutture per l’assistenza agli anziani presenta, secondo l’ articolista di La nuova Ferrara, «tante sfaccettature dove si può trovare il servizio che copre tutte le esigenze ma con costi importanti che vanno inevitabilmente ad incidere in modo significativo sulla gestione della struttura e dove ci si può imbattere anche in attività che si avvicinano di più al modello di business. Per verificarlo basta consultare internet o un qualsiasi elenco telefonico per veder apparire un lungo elenco di case di riposo, residence per anziani o case famiglia presenti fra Ferrara e provincia».
Anche ivi contrariamente a quanto si possa pensare, visto l’aspetto concorrenziale, le rette non sono basse e possono raggiungere anche i 2.500 euro al mese, e le spese per l’assistenza possono essere di un certo rilievo. Si salvano, pare, gli istituti gestiti da suore, che presentano costi più contenuti, ma comunque non è sempre facile trovare il posto per l’anziano, tanto che, dato che spesso le strutture pubbliche o gestite da religiose, sono quasi tutte al completo, e le liste di attesa, perché si liberi un posto, spesso a causa solo del decesso di uno degli ospiti, risultano lunghe, i familiari dell’ anziano si rivolgono al libero mercato che essendo “libero” può decidere i prezzi, non potendo affrontare situazioni molto difficili e complicate con l’assistenza domiciliare.
Secondo Margherita Goberti, l’accesso alle strutture convenzionate risulta più facile per chi riesce ad ottenere un assegno di accompagnamento, alcuni tentano la via della badante, ma con assunzione regolare una non basta, e comunque la cifra non è di poco conto, ed ecco, allora, che «una famiglia con stipendi normali di 1200 o 1400 euro può trovarsi nella condizione, per rendere più sostenibili gli ultimi anni di vita dei propri cari, di vendere la casa dei nonni, dare fondo ai propri risparmi o indebitarsi». (Margherita Goberti, Anziani, ecco i costi dell’assistenza, in: lanuovaferrara.gelocal.it/ferrara/cronaca/2014/08/24/news/).
Nel suo articolo: “Anziani in casa di riposo: un salasso per le famiglie. La pensione non basta, serve l’aiuto dei figli”, pubblicato su: http://www.lettera43.it/economia/personal/, Carla Sala parte dal disagio dei giovani, spesso senza lavoro, per toccare quello degli anziani a cui devono badare in un modo o nell’altro. Un’inchiesta, a cui fa riferimento l’articolo citato, parlava di 3 milioni e mezzo di non autosufficienti in Italia nel 2012, e dei problemi già rilevati.
Mancano i posti letto, i costi sono alti, le liste di attesa lunghe.
«Lo Spi-Cgil ha precisato che se il 51% dei costi è sostenuto dalle Asl e il 2,4% dai Comuni, il restante 46,6% è a carico dall’assistito. Peccato che per l’Istat il 52% dei pensionati riceve un vitalizio di 500 euro. E che il contributo dello Stato si fermi a poco più della stessa cifra. Ecco perché il 16% degli Over 65 è costretto a chiedere un aiuto finanziario a figli e nipoti».
Il problema ulteriore è che, però, spesso figli e nipoti non se la passano certo bene, e sono quindi impossibilitati a dare aiuto all’anziano.
« Secondo il rapporto Noi Italia sempre dell’Istat presentato l’11 febbraio una famiglia su quattro si trova in una situazione di «deprivazione». Dunque mettere mano al portafoglio per aiutare il parente Over 65 diventa un vero rebus.
La signora Cesana, che, oltre i due figli piccoli, ha un’anziana a carico, spiega a Lettera43.it: «Dopo una decisione sofferta, abbiamo scelto di mettere mia madre, che ha 85 anni, in casa di cura, perché non si riusciva più a curarla in casa». Il problema? “Sono le rette”. L’anziana “percepisce una pensione di 600 euro più l’accompagnamento”, che però non basta. “Per pagare l’intera retta servono 300 euro al mese”. Un salasso, di questi tempi». (Claudia Sala, Inchiesta. Anziani in casa di riposo: un salasso per le famiglie. La pensione non basta, serve l’aiuto dei figli, 3 marzo 2014, http://www.lettera43.it/economia/personal/anziani-in-casa-di-riposo-un-salasso-per-le-famiglie_43675122372.htm).
Alcune famiglie si affidano a badanti. Secondo una ricerca condotta da Censis e Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità), le badanti sono, in Italia, un milione e seicentomila e della loro collaborazione si avvalgono più di 2 milioni di famiglie.
La maggioranza viene dall’estero (77,3%), l’82,4% sono donne con un’età compresa tra i 36 e i 50 anni, il 27,7% lavora in nero, mentre la fascia cosiddetta «grigia» (non completamente regolari) riguarda il 37,8% dei casi.
«Intorno alle badanti circola inoltre tanto denaro: l’esborso medio per le famiglie è di 667 euro al mese. Anche se ci sono famiglie che offrono appena 200-300 euro mensili per un lavoro 24 ore su 24. Per l’ assunzione di una badante piuttosto che un’altra, ci si affida spesso al passaparola, seguito dall’affidarsi alle associazioni di volontariato (16,9%), agli annunci (11,1%), alle indicazioni delle istituzioni pubbliche (10,2%) e alle agenzie specializzate (solo il 4,6%), che però costano molto».
Meglio allora il passaparola: «Se ci si fa presentare la persona da un conoscente ci si può accordare sullo stipendio e per risparmiare si può pagare in nero». Cosa che non si può fare rivolgendosi a un’agenzia.
Il 4,1% prende oltre 1.000 euro. Il risultato? Il 46% delle famiglie paga alla badante «dai 500 ai 1.000 euro al mese più vitto e alloggio, mentre il 17,8% solo uno stipendio mensile dai 500 a 1.000 euro. Il 15,9% paga meno di 500 euro al mese più vitto e alloggio, infine il 9,5% solo uno stipendio di meno di 500 euro al mese».
Il 4,1% delle badanti ottiene uno stipendio superiore ai 1.000 euro, il 2,8% dei datori di lavoro s’indebita per pagare.
Il 13,6% degli italiani si affida alle badanti perché il costo di una casa di cura sarebbe troppo alto. E circa la metà delle famiglie paga la badante unicamente con i soldi del reddito della persona assistita, ma in oltre il 26% dei casi è necessario un intervento economico dei familiari.
Del resto, secondo la ricerca del Censis-Ismu solo il 31,4% riesce a ricevere un contributo pubblico: addirittura per non rinunciare alle badanti il 48,2% ha ridotto i consumi, il 20,2% ha messo mano ai consumi e il 2,8% si è addirittura indebitato. (Simone Morano, Badanti e anziani: come funziona l’assunzione in Italia. Il 55,4% s’affida al passaparola, il 4,6% alle agenzie, in: http://www.lettera43.it/economia/personal/badanti-e-anziani-come-funziona-l-assunzione-in-italia_43675119907.htm).
Anche in Carnia si inizia a sentire il problema della spesa per l’assistenza agli anziani, e quando i comuni non riusciranno più a pagare le parti di quota a loro carico, anche qui la situazione si farà pesante, a meno che non lo sia già ora. Il consiglio di amministrazione della casa di riposo di Tolmezzo viene ora pagato, a fronte di tanti cittadini che prima svolgevano gratuitamente mansioni amministrative, per esempio il dentista Alfeo Angelin o il maestro Siro Bonutti, per citarne solo due, e del fatto che detta casa di riposo sia sorta grazia a lasciti di alcuni maggiorenti o meno, come Pietro Da Pozzo, il medico Francesco Moro, Maria Caretti, direttrice del giardino d’infazia, che hanno lasciato denaro e terreni per la sua costruzione, in un’ottica di carità.
Serviva quindi, soprattutto volendo seguire le indicazioni dei benefattori, costruire quella specie di mega galattico ingresso, di cui vorrei conoscere il costo, faraonico ed inutile? Chiediamocelo, anche nell’ottica della buona massaia. Inoltre vorrei sapere dove si trovano gli spazi verdi per gli ospiti.
Infine in genere ben poco si sa del servizio che viene reso all’anziano nelle case di riposo; spesso nelle stesse e nelle rsa parenti ottantenni o novantenni accudiscono fratelli, cognati ecc. della stessa età, uscendone pure depressi; dopo cena gli ospiti vengono subito fatti coricare, senza attendere che la già lenta digestione abbia inizio; mancano medici di struttura specializzati in geriatria, essendo gli anziani affidati, anche nelle r.s.a., al medico di base generico. Inoltre spesso vi sono più medici di base che gravitano su di una struttura, ponendo problemi in quanto se un paziente è ammalato ma il medico presente non è il suo, questi potrebbe anche rifiutarsi di visitarlo, non essendo un suo assitito e non conoscendo il caso.
Il problema della solitudine dell’anziano, della continua perdita di identità nelle istituzioni, ove si diventa solo un nome, senza passato, e dei possibili attacchi alla dignità personale anche senza che li si voglia; i furti, che vengono vissuti dagli ospiti come perdita e sottrazione delle loro cose; personale straniero che parla male l’italiano, ed altri aspetti meriterebbero un discorso a parte e riguardano coloro che in una casa di riposo hanno già trovato alloggio. Inoltre Testimoni di Geova, per esempio, che farebbero ore di lezione religiosa, non molto dissimile da quella di un parroco, e con libertà di partecipazione, devono in alcuni casi restar fuori dalle strutture per il potere che pare la chiesa cattolica eserciti sulle strutture per anziani, quando se gli anziani fossero a casa propria nulla osterebbe. E comunque trattasi sempre di momenti di coinvolgimento gratuiti. E scrivo questo non perchè sia Testimone di Geova, ma sulla base del buon senso.
Infine ci si chiede come abbiano potuto la dott. Maria Sandra Telesca ed il dott. Adriano Marcolongo pensare ad una domiciliarietà per l’anziano non autosufficiente, quando è difficile gestire anche l’ autosufficiente.
Inoltre pare di dover convenire che: «Risulta evidente (…) come le famiglie siano lasciate sempre più spesso sole ad affrontare i problemi di cura e a compensare i servizi di assistenza a lungo termine forniti dagli enti territoriali in modo limitato, frammentato, disomogeneo e concentrati in alcune regioni». (“Anziani in aumento ed assistenza inadeguata: Auser lancia l’allarme” in: http://www.disabili.com/aiuto/articoli-qaiutoq/. In tale articolo si possono trovare anche le indicazioni per valutare una casa di riposo, definito il decalogo di cosa verificare).
E scrivo questo solo per porre dei quesiti e iniziare un dibattito su problemi che toccano l’intera penisola, da nord a sud, passando per il centro.
Laura Matelda Puppini
L’ immagine proposta è quella che correda l’articolo: “Anziani in aumento ed assistenza inadeguata, op. cit”.
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