Coronavirus in rapporto ai miti e valori della società contemporanea.
Certe volte penso a come il covid – 19 abbia mostrato tutti i limiti di questa nostra società, evidenziandone i disvalori. Guardiamo per esempio il caso del giovane di Codogno, quello che si pensava essere il caso 1, Mattia, di 38 anni, atletico, sportivo e sano, come sottolinea anche l’anestesista che ha intuito che aveva qualcosa di diverso dall’influenza o da una polmonite nota. (Coronavirus, l’anestesista di Codogno che ha intuito la diagnosi di Mattia: “Ho pensato all’impossibile, in. La Repubblica, 6 marzo 2020).
Ma se era: atletico, sportivo, maratoneta, giovane, sano in precedenza, come mai si era ammalato? Lo sconcerto sociale per questa situazione veniva ben palesata in un articolo intitolato: “Ma se è un maratoneta, perché il 38enne di Codogno, il ‘paziente 1’, sta ancora così male?” (https://primabergamo.it/rubriche/topnewsregionali/ma-se-e-un-maratoneta-perche-il-38enne-di-codogno-il-paziente-1-sta-ancora-cosi-male/)? E «lascia naturalmente sconcertati» – si legge ivi, che Mattia, atletico e giovane, sia in così gravi situazioni cliniche «per un virus che – almeno fin’ora – ha messo in ginocchio solo anziani e/o con precedenti patologie in circolo», trasformando uno sportivo nel simbolo del Coronavirus.
Ci hanno riempito la testa dei comportamenti che avrebbero dovuto garantirci una specie di eterna giovinezza, e che sono pure comportamenti da seguire, con intelligenza però: non fumare, fare sport, fare ginnastica, mangiare ‘sano’ (che però non si sa nel concreto, con l’inquinamento imperante, cosa voglia dire, e che alimenta un mercato ben poco sotto controllo di bio, erboristerie, bacche varie ed altro ancora); ci hanno detto e ripetuto, senza tener conto di età, metabolismo, farmaci, condizioni di lavoro e ereditarietà, che se siamo grassi, anzi, peggio con peggio schifosi obesi, è tutta colpa nostra, e i grassi, che sicuramente se le vanno a cercare, dovrebbero ammalarsi perché mangiano giorno e notte schifezze impossibili, come dato apriori. Ma nessuno ha pensato che, invece, il cibo cosiddetto spazzatura è quello che costa meno e che si consuma nei veloci spuntini concessi dalle pause del lavoro. Ed a mettere in crisi la teoria del ‘grasso’ che se l’è andata a cercare, è comparso uno strano articolo, intitolato: “Gli inglesi in spiaggia nel 1976 erano più magri: non mangiavano meno, ma in modo diverso”, in: https://ilfattoalimentare.it/sovrappeso-obesita.html, in cui si sostiene che le cause dell’obesità giovanile potrebbero anche essere insite nella composizione di ciò che si consuma maggiormente ora, rispetto ad allora.
Ma già il 7 novembre 2015, ‘Repubblica’ aveva pubblicato, su ‘Donna’, un interessantissimo articolo di Claudio Bortolato intitolato: “Com’eravano magri gli 80, (leggibile in: https://d.repubblica.it/beauty/2015/11/09/news/divi_magri_come_erano_i_divi_negli_anni_80_look-2837098/) in cui si ipotizza che l’aumento degli obesi sia dovuto a modifiche importanti nella flora batterica intestinale, all’uso di farmaci, all’esposizione ad agenti inquinanti, ad interferenti endocrini. Inoltre l’alimentazione dovrebbe essere funzionale al lavoro svolto, e lavorare 5 giorni alla settimana tutto il giorno, per far risparmiare energia alle ditte per due giorni, ha comportato che ci siano persone dal lavoro sedentario che stanno cinque giorni immobili al computer, con i prevedibili e successivi guai al sistema muscolo-scheletrico, alla vista, ai sistemi escretori e riproduttivo oltre che alle mani, e due liberi per i figli, la casa, il centro commerciale, lo sport, il fitness, facendo solo qualche strappo per andare ad una sagra dove riempirsi di salsicce, formaggi, vino e di tutto un po’, e questo senza chiedersi che ne pensi il fisico.
Ma ormai siamo ad una nuova – vecchia etica. Nuova perché pone il fisico sopra il resto nella vita personale, vecchia perché attraverso l’esaltazione dell’attività fisica, che però comporta anche dolore, fatica, sfinimento, eterna solitudine, si fustiga la carne per raggiungere una vetta, ritornando all’antico.
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I miti attuali sono quelli della giovinezza e bellezza e del fisico bestiale, e sono rappresentati da Barbie e Ken. E per poter cercare di raggiungere questi nuovi ‘ideali’ e rincorrere quello dell’eterna giovinezza, bisogna sottoporre il fisico a esercizi ed allenamenti continuativi, speranzosi di superare limiti personali e non, di trasformarsi in superuomini pure provando dolore, sacrificando la carne, senza pensare al poi, pur di elevarsi verso il successo individuale almeno per un attimo. Ma il Covid – 19 è entrato prepotentemente, con Mattia e non solo, a mettere in dubbio questi miti con i loro riti, ad impedire, con la sua contagiosità, allenamenti e tifoserie.
Perché non avete pensato che anche io esisto, che esistono i virus, anche mutanti quando lo sapevate? – pare ci abbia detto questo ‘parassita’ umano, che sta mettendo in bilico una serie di valori fondamentali, oltre la nostra economia del profitto. Perché non vi siete attrezzati in previsione che io facessi la comparsa nel vostro mondo, quanto era già preventivato? Mistero.
Ma certamente questo ha a che fare più con aspetti psicologici anche collettivi che con quella ragione che dovrebbe, qui sì, condurre i passi dei politici, di cui solo pochi hanno compreso cosa si dovesse fare. Ogni volta abbiamo rimosso il virus precedente, sicuri che fosse solo un errore di natura, e cercando di riprendere a vivere come prima, come nulla fosse accaduto, per poi trovarci di fronte all’eterna emergenza. E ci sono stati anche politici, nel mondo ed in Italia, che si sono interessati, anche davanti a questa tragedia, più della loro immagine e del loro elettorato che di altro, ed un plauso va in Italia a Conte, non certo a chi ha fatto mille balzelli per apparire o ha dato mostra di sé in modo increscioso quando la popolazione si trovava ad affrontare un problema serio che andava e va pari passo con quello della catastrofe ambientale, anch’essa esorcizzata in qualche modo, come se non esistesse, come se non ci fosse, o fosse un problema solo per Luca Mercalli. E la giornata per la terra pare che sia diventata quasi una giornata come quella della sagra dei vincisgrassi o quella dei panzerotti (ambedue peraltro buonissimi), si fa per dire.
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E ancora sulla società odierna: Massimo Cacciari ci precisa, nel suo “Etica del sapere” pubblicato su: Micro Mega 1997, che: «Oggi il ‘senso comune’ ritiene vera quella teoria che si dimostra praticamente utile – e cioè che si realizza nella crescita economico-produttiva. La ‘religione’ oggi dominante è quella dell’illimite produrre. L’identità di teoria e prassi costituisce la ‘fede’ contemporanea. (…). Se vi è oggi un dovere del pensare è proprio questo: criticare quell’idolatrica religione che asservisce la teoria alla dimostrazione pratica della sua utilità». (Ivi, p. 68).
E cosa ha fatto in covid-19? Ha messo in crisi l’odierna religione, ha costretto a spostare l’attenzione dal mondo del produrre ad un’altra dimensione, creando uno sbilanciamento, che molti hanno cercato di superare all’interno dell’ottica produttiva.
Così gli anziani ( e già qui si è aperto un capitolo a parte su chi dovesse esser considerato anziano), esseri improduttivi e con già una vita alle spalle, sono stati subito ritenuti dalla Siaarti, Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, quelli da sacrificare, lasciandoli fuori dalle terapie intensive con pochi posti letto per i tagli su tagli, come si evince da “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, leggibile in: http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato2675063.pdf), ricevendo subito la stroncatura di Filippo Anelli, della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, che così si è espresso: «Abbiamo letto con estrema attenzione il documento diffuso dalla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia intensiva (Siaarti), che definisce criteri di scelta per l’ammissione alle terapie intensive, ove le risorse non fossero disponibili per tutti a seguito di un precipitare dell’emergenza dovuta al Covid-19. Lo recepiamo come un grido di dolore. Nessun medico deve essere costretto a una scelta così dolorosa. La nostra guida, prima di qualunque documento che subordini l’etica a principi di razionamento, e che dovrebbe in ogni caso essere discusso collegialmente dalla Professione, resta il Codice di Deontologia medica. E il Codice parla chiaro: per noi tutti i pazienti sono uguali e vanno curati senza discriminazioni». (Coronavirus. Fnomceo sul documento anestesisti: “Nostra guida resta Codice deontologico. Non dobbiamo metterci nelle condizioni di applicare questi inaccettabili triage di guerra”, in: http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=82263, 8 marzo 2020).
E poi, dico io, se in generale chi è anziano e con pluripatologie dovrebbe avere, in teoria, meno aspettativa di vita di un giovane, sappiamo davvero in che condizioni di salute sono ora ‘i giovani’, categoria assoluta come non ci fossero differenziazioni, dopo aver letto del consumo di droghe, non certo da parte di ottantenni, dello sfruttamento intensivo sul lavoro, dello stress, dei sempre più casi di cancro giovanile, dello sperma che sempre più pare non essere fecondo e via dicendo? E questo solo per dire che certi ragionamenti semplicistici dovrebbero restare fuori della porta di una società civile e democratica.
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Ci siamo illusi che il Covid-19 aiutasse qualcuno a pensare la società in modo nuovo, a ridurre i rischi climatici, guardando pure quegli animali che si riprendevano per un attimo il nostro ambiente che era stato anche il loro, ora super cementato ed impoverito, ma forse ci siamo sbagliati, perché, come ci dice Sergio Labate, il capitalismo sfrutta anche il virus. (Sergio Labate, Politica e paura: così il capitalismo sfrutta il virus, in: Il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2020).
E Labate scrive che non è, a suo avviso, la politica dell’emergenza a spaventare di più ma il progetto futuro per l’emergenza, dove vi è chi persino chiede che gli operai vadano a lavorare ma poi restino serrati in casa. Non solo, vi è anche chi vorrebbe ‘governare’ la nostra paura. E mentre noi, soggiogati dal virus, non vediamo che macerie, il capitalismo vede già un nuovo mondo da cui trarre profitto, nell’ottica della “teologia politica della produzione”, che non tiene conto degli esseri umani se non come esseri produttivi o portatori di valenza economica.
In sintesi, secondo questa nuova religione, una persona umana ha solo un valore economico, come lo aveva un tempo lo schiavo, e anche il sistema sanitario deve organizzarsi in modo di spendere solo per salvare chi ha un alto valore economico, non i vecchi, non gli handicappati, vissuti come ‘parassiti improduttivi’, ed è meglio sfruttare al massimo tutti per poi abbandonarli la loro destino. (Cfr. Stefano Feltri, Qual è il prezzo delle nostre vite, in: Il Fatto Quotidiano, 14 aprile 2020).
Invece saremmo felici se qualcuno imparasse, come scrive Mauro Magatti nel suo: “Riconoscere le fragilità. Il virus, la nostra realtà, la giusta risposta, in: Avvenire, 19 maggio 2020″ da questa emergenza virus, che non doveva essere una tragica emergenza ma una situazione preventivata, che la fragilità è una dimensione ineliminabile della condizione umana con la quale è necessario fare seriamente i conti, e che la Sanità va ripensata per far fronte alle nuove esigenze della popolazione tutta. E se servono ospedali di eccellenza per curare le acuzie, «è urgente attrezzare ovunque una ‘sanità di territorio’ che sappia intervenire in modo rapido e diffuso, che sia capace di unire la necessaria assistenza medica con un accompagnamento umano e sociale». (Ivi).
«E la nuova Sanità – che è fondamentale resti un bene pubblico a cui tutti possono accedere al di là delle risorse economiche di cui dispongono – deve sapere integrare il ruolo dell’ospedale (statale e convenzionato) con la medicina territoriale, l’aspetto sanitario con quello sociale, valorizzando il contributo del Terzo settore organizzato e delle reti sociali, a partire dalla famiglia. Perché la fragilità – che la pandemia aggrava anche perché aumenta isolamento e solitudine – ha, sì, bisogno di più risorse economiche, ma anche di più vicinanza e più ascolto». (Ivi).
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Insomma dobbiamo cercare di ritornare ad essere umani, a viverci come esseri umani, mentre invece, come dice Emanuele Severino nel suo: “Etica della buona fede”, in Micro Mega 1997, pp. 62-63, siamo caduti in una morale della tecnica, ove essa è diventata potenza non più mezzo, è diventata scopo dell’esistenza. Ma l’uomo non ha solo bisogno di tecnica, e il mondo reale non è soggetto alla tecnica ed al suo divenire, ma ha delle sue leggi ed un suo equilibrio, che nessuna tecnica potrà rigenerare, una volta rotto.
Così un piccolo virus, che pare quasi venuto dal nulla, ma nella realtà frutto della distruzione di habitat naturali, ha preso il sopravvento anche in questo mondo ‘tecnologico’, limitando quelle che ritenevamo le nostre libertà soggettive, mettendo in crisi la nostra visione del mondo e le nostre certezze, il concetto di potenza come legato all’acquisizione di tecnica (Ivi, p. 65), ma anche il nostro pensare il territorio come spazio con poli di accentramento ove il coronavirus ha avuto buon gioco. Speriamo che sia servito almeno a farci ripensare qualcosa, anche se, pure in questo caso, la valenza e l’universalità dei diritti umani sono state cancellate dal principio utilitaristico dell’uomo produttivo, unico da salvare, mentre la chiarezza comunicativa ha lasciato il posto ad una accozzaglia di comunicazioni, con forse, in molti casi, come unico obiettivo quello di mettersi in mostra da parte di alcuni soggetti.
Non solo: in un mondo che tende a negare la diversità, che tende a creare, per dirla con Cacciari, l’affermazione di un unico spazio- tempo, forma a priori di ogni agire o prassi che dir si voglia, (Massimo Cacciari, op. cit., p. 69), la configurazione di una politica autoritaria tende sempre più a prendere il sopravvento, ed è una tendenza che anche la situazione generata dal Covid-19 ha portato a proporre non in Italia ma per esempio in Ungheria, assieme alla medicalizzazione della vita personale e sociale già in atto, mentre molti non seguivano neppure, nella nostra penisola, le semplici regole del buon senso dettate dal governo e dai suoi esperti, mostrando una situazione ‘anarchica’ in contrapposizione a norme per tutti. Ma ormai pare che molti pensino solo a se stessi ed all’io faccio quello che voglio, e chi se ne frega … e non agli altri. Pertanto diventa imperativo riproporre il concetto di bene comune, uscito dalla porta e dalla finestra delle nostre vite.
Io credo che questo piccolo virus ci obblighi a pensare e ripensare ai nostri modelli di vita, all’etica corrente, al voler apparire di alcuni prima che essere, all’umiltà che ben poco caratterizza questa nostra società, e ci abbia posto molte domande a cui dovremo cercare sin da ora ed in futuro di dare una risposta, non dimenticandoci di lui, perché se non sarà Covid – 19 sarà sicuramente un altro virus o battère a riproporci le stesse situazioni e domande, mentre la terra, inesorabilmente, continua a surriscaldarsi e l’acqua potabile a scarseggiare, preludendo a ben foschi futuri per ricchi e poveri, per tecnocrati ed efficientisti, per l’umanità intera, se non si corre ai ripari.
Laura Matelda Puppini
L’immagine del coronavirus è tratta, solo per questo uso, da: https://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/2020/maggio/coronavirus-laggiornamento-26-796-i-positivi-in-emilia-romagna-dallinizio-della-crisi-77-in-piu-rispetto-a-ieri-fra-gli-aumenti-piu-bassi-mai-registrati. LMP.
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L’impatto devastante di COVID-19 nel mondo ha aumentato il dibattito tra accademici, analisti e politici sulle possibili tendenze globali che caratterizzeranno il mondo a breve e medio termine, nonché quali sono le opzioni per affrontare il prossimo ambiente internazionale. . In sostanza, qualsiasi discussione seria su questo argomento implica lo sviluppo di uno degli esercizi intellettuali più impegnativi in termini di analisi politica, che sta proprio cercando di anticipare cosa accadrà e come affrontare le sfide.