Talvolta leggo alcune riflessioni su “Il dialogo”, periodico cristiano di Monteforte Irpino, che presenta il suo desiderio con queste parole: «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra.»(Isaia 2,4). Direttore di Il dialogo è Giovanni Sarubbi, che per la Santa Pasqua 2018 si pone pure il problema se abbia ancora un senso scrivere il proprio pensiero in questa società, concludendo, però, che non si deve mai gettare la spugna. Riprendo alcuni pensieri dal suo editoriale pasquale per la loro importanza, rimandando chi volesse leggere l’articolo intero, che presenta anche molti spunti sulla politica italiana, a: Giovanni Sarubbi, Il lucignolo fioco che ci indicherà la strada, in:  http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/editoriali/direttore_1522602473.htm. Giovanni Sarubbi è nato in Lucania nel 1951. Giornalista, diplomato in teologia, si occupa di dialogo ecumenico ed interreligioso, e oltre che direttore di ‘Il dialogo’, punto di riferimento nazionale del dialogo cristiano-islamico, è membro della redazione di ‘Tempi di Fraternità’, e collabora con vari giornali locali e nazionali sui temi della pace e del dialogo. (http://www.emi.it/sarubbi-giovanni).

Il lucignolo fioco che ci indicherà la strada.

«“Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.“
“Il fascismo si è presentato come l’anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo, con la sua promessa di impunità, a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. Il fascismo è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia barbarica e antisociale di alcuni strati del popolo italiano, non modificati ancora da una tradizione nuova, dalla scuola, dalla convivenza in uno Stato bene ordinato e bene amministrato.“ Antonio Gramsci.

Due frasi di Antonio Gramsci scritte all’incirca un secolo fa. Descrivono la situazione di quegli anni con l’Europa devastata dalla Prima Guerra mondiale e la nascita da un lato del primo stato socialista al mondo, e dall’altro della nascita del fascismo e del nazismo in Italia e Germania. Due frasi che però descrivono ancora bene la situazione attuale […]. La radice è la stessa, il male da cui provengono i fenomeni attuali e quelli di un secolo fa è lo stesso.

È un male che si chiama “sistema capitalistico”, giunto al suo massimo sviluppo e alla sua massima degenerazione, che è in agonia, sta morendo e si dibatte diffondendo morte e distruzione attorno a sè. Morte e distruzione che si realizza con la guerra mondiale attualmente in corso dall’11 settembre 2001. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Il male si ripete nella sua eterna banalità. E riviviamo il male che l’umanità ha già vissuto: questa la pena a cui siamo oggi condannati dalla cancellazione della memoria collettiva che troppi anni di ignavia, di revisionismo storico e di martellanti pubblicità edonistiche hanno prodotto nella società. Morte e distruzione che si realizza con la guerra mondiale attualmente in corso dall’11 settembre 2001.
Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Il male si ripete nella sua eterna banalità. E riviviamo il male che l’umanità ha già vissuto: questa la pena a cui siamo oggi condannati dalla cancellazione della memoria collettiva che troppi anni di ignavia, di revisionismo storico e di martellanti pubblicità edonistiche hanno prodotto nella società». (…).

[…]. rullano i tamburi di guerra. Drammatiche sono le notizie che arrivano dal confine tra la striscia di Gaza e lo Stato di Israele. Si contano già diverse decine di morti e diverse migliaia di feriti fra i palestinesi ad opera di un esercito israeliano elogiato dal premier Netanyahu per quella che è unanimemente considerata come un’azione indegna.
Ed è guerra anche la raffica di espulsioni di diplomatici fra i paesi della NATO e la Russia, scatenata dall’Inghilterra che ha preso lo spunto dall’avvelenamento dell’ex-spia russa doppiogiochista Sergej Skripal i cui contorni non sono affatto chiari come pretenderebbe invece la prima ministro inglese Theresa May. Caso Skripal che sembra anch’esso creato ad arte per soffiare sul fuoco della guerra. E della guerra fanno parte anche i dazi decisi da Trump contro la Cina, ma lo sono anche le sanzioni economiche nei confronti della Russia decisi dall’Unione Europea.
E siamo oramai in guerra da quasi 17 anni, dall’11 settembre del 2001, ma tutti temono “la guerra che potrebbe venire fuori dopo questi ultimi provvedimenti”. “Si avanza verso la guerra”, scrivono i commentatori e ripetono le TV, ma nella guerra ci siamo immersi completamente.
La cecità è totale. Non vediamo e non comprendiamo quello che stiamo vivendo. Le TV e tutti i mass-media mainstream oscurano, mistificano, fanno carte false per distruggere le oramai minime capacità di analisi della maggioranza del popolo italiano, a cui si propongono continuamente “programmi fognatura” e argomenti di “distrazione di massa”. (…).

E c’è chi si consola con il “prima gli italiani” e con le promesse elettorali fatte nelle recenti elezioni politiche. Pochi comprendono che quelle promesse elettorali significano guerra. E a pagare la guerra sono sempre le classi povere mentre i “capitani di industria” si ingrassano. Come per i terremoti, dove c’è chi piange e chi ride per i lauti affari che farà con la ricostruzione. Ed è la 17ma Pasqua di guerra che oggi celebriamo e nel mentre parliamo di resurrezione siamo in mezzo ad un mare di morti e di distruzioni. Poveri, donne e bambini, affamati e uccisi. E i migranti uccisi, ed il razzismo montante, e la disumanità che trionfa sui social network e alle TV. E le chiese cristiane tacciono con l’unica eccezione di Papa Francesco che è sempre più isolato nella sua stessa chiesa.

Che dire ancora? Su cosa impegnarsi, quali argomenti proporre ai nostri lettori? Oppure buttare la spugna e chiudere questo nostro spazio informativo? Giammai è la risposta! Mai perdere la speranza. Anche nei momenti più bui un lucignolo fioco ci indicherà la strada. Ed eccomi ancora qui a ripetere cose già scritte e a tentare di analizzare cosa ci aspetta e a provare a promuovere pace, dialogo, incontro, solidarietà e lotta decisa contro tutti coloro che promuovono la guerra e sostengono le ingiustizie sociali. Dalla parte degli ultimi, sempre! (…)».

Giovanni Sarubbi. (Giovanni Sarubbi, Il lucignolo fioco che ci indicherà la strada, in:  http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/editoriali/direttore_1522602473.htm).

Quale fu lo spartiacque fra il sogno di un mondo di dialogo e l’instaurarsi di un mondo che si regge sulla guerra e sul terrore? La guerra contro l’Iraq.

Le rovine di Baghdad

Correva l’ anno 2003, e l’Unità pubblicava un volumetto interessantissimo, che acquistai non so dove: “Le rovine di Baghdad. Diario di una guerra preventiva” con prefazione di Furio Colombo, edito da Nuova Iniziativa Editoriale S.p.A., di cui Furio Colombo era il direttore responsabile e Antonio Padellaro il condirettore, poi diventati firme prestigiose di Il Fatto Quotidiano ed in precedenza insieme a L’Unità. Il libro raccoglie una serie di articoli sulla guerra contro’Iraq”, e veniva venduto assieme al noto quotidiano della sinistra.

Il libretto inizia con una riflessione di Furio Colombo sulla guerra in Iraq, che allora non si sapeva ancora a quali risvolti avrebbe portato, guerra che per Colombo fu condotta con molta distruzione e con molta violenza, e le cui ragioni non erano nè l’eliminazione delle terribili armi di distruzione di massa nè la lotta al terrorismo. Allora si parlava dell’eliminazione del feroce dittatore Saddam Hussein e di ‘liberazione dell’ Iraq” da parte dei sostenitori dell’ occupazione di quello stato, e cioè i governi americano ed inglese. (Furio Colombo, Per non dimenticare la guerra, in: Le rovine di Bagdad, op. cit., p.5). Ma è andata proprio così?

«La guerra è iniziata la notte scorsa, alle tre e mezza, con l’attacco dei missili a Baghdad. – scrive il 21 marzo 2003, da Baghdad Piero Sansonetti – . Gli americani danno sempre un nome alle loro guerre. Questa si chiama ‘Shock and awe’, che vuol dire colpisci e terrorizza. (…). Ieri sera alle 7 e dieci minuti, mentre iniziavano anche le operazioni di terra, cioè l’invasione dell ‘Iraq, c’è stato un nuovo attacco aereo a Baghdad. due missili hanno colpito il Palazzo presidenziale di Saddam e lo hanno incenerito. (…). Abbiamo vista in diretta l’esplosione, le fiamme. l’edificio distrutto. Una sequenza televisiva improvvisa, agghiacciante. Che ha messo davanti a tutti noi la realtà vera della guerra, che non è fatta di parole, dichiarazioni, analisi, valutazioni, distinguo e dibattiti in Tv: è fatta di bombe, dinamite, fuoco, è fatta di gente che viene bruciata viva». (Piero Sansonetti, L’Iraq brucia, il mondo insorge, in: Le rovine di Baghdad, op. cit., p. 11).

Ed in Iraq era andato, a seguire la guerra, anche Enzo Biagi, che ricordava i tempi della seconda guerra mondiale a Bologna, le fughe nei rifugi per evitare i bombardamenti, gli adulti che non si svestivano neppure, per non dover poi rivestirsi, e che al calar della notte guardavano il cielo nella speranza che fosse nuvoloso, e si scambiavano un “Troppo buio. Forse non vengono”. Ed in quelle cantine – rifugio «riservatezza e pudore della piccola borghesia venivano messe a dura prova». (Maurizio Chierici, Biagi. torna il rantolo della sirena, in: Le rovine di Baghdad, op. cit., p. 15). Uomini con cappotti indossati sopra pigiami, ragazzi addormentati avvolti in coperte, ragazze in vecchi scialli, anziani sonnacchiosi e donne con il rosario in mano venivano accolti in quei ricoveri caratterizzati dagli «odori indiscreti di una umanità strappata al riposo dalla sirena». Ora la guerra è diventata moderna, razionale, intelligente: gli esperti ne sono soddisfatti. Missili lanciati da chissà dove piombano sulla città». Neppure il rumore delle fortezze volanti a preavvisare un missile. (Ivi, pp. 16-17). 

Via Abu Taleb era piena di pedoni ed automobilisti quando -scrive Robert Fish – il pilota americano si è avvicinato fendendo la fitta tempesta di sabbia che avvolgeva la parte nord di Baghdad. (…). Due missili di un jet americano li hanno uccisi tutti.». (Robert Fish, Strage al mercato di Baghdad, in: ‘Le rovine di Baghdad’, op. cit., p. 45). Era un quartiere sporco e povero, quello di via Abu Taleb … Ma «quanti civili stanno morendo […], anonimamente, nel silenzio di tutti, perchè non ci sono giornalisti a registrare le loro sofferenze?» a Baghdad, come a Bassora, Nassariya, Karbala- si chiedeva allora sempre Robert Fish. (Ivi, p. 46). Un uomo in via Abu Taleb, stava preparando il pranzo per i clienti del suo ristorante, quando la sua vita è stata spezzata ed egli si è trasformato in un “effetto collaterale inevitabile” della guerra,  una donna con i tre figlioletti erano rimasti intrappolati nella loro auto in fiamme, dovunque scene da film dell’orrore … il proprietario del negozio di materiale elettrico era morto dietro al bancone … (Iv, p. 47). E vi furono civili che cercavano di correre in aiuto ad altri civili e non capivano assolutamente il perchè di quei massacri, di quelle bombe, che avevano trasformato la loro città in una rovina ….

E poi l’embargo. «Siamo prostrati- diceva allora Slamon Warduni, vescovo di Baghdad.- L’embargo ci ha prostrati. Un paese che vi ho descritto così ricco si trova costretto a mendicare dall’estero acqua pulita, medicinali, asssitenza di ogni genere. Non credo che questa umiliazione, questo freno posto alla nostra legittima autodeterminazione rispecchi un piano di giustizia Io non so se l’Iraq costruisce o nasconde armi: se sì, non sarebbe una cosa buona; ma certa è l’ingiustizia subita dal nostro popolo per così tanto tempo». (“Dio non vuole la guerra in Iraq. Intervista con Slamon Warduni vescovo di Baghdad, a cura di Riccardo Caniato e Aldo Maria Valli, medusa ed., 2003, p. 29). «Noi, non solo io ma tutta la chiesa irachena siamo contro la guerra, assolutamente contro la guerra». (Ibid.). «Ricordate? Nei primi anni ottanta gli occidentali erano tutti schierati con Saddam Hussein contro l’Iran, e gli hanno fornito anche le armi per combattere. Ora, invece, Saddam è diventato un pericolo pubblico, un mangiatore di uomini, un nemico dichiarato. Che strana contraddizione». (Ibid.).

«Sapete che gli americani, con la scusa della sicurezza internazionale, durante la prima guerra del Golfo sono penetrati nel paese, hanno raggiunto le montagne, e sequestrato tonnellate di minerali , di oro e di pietre preziose che facevano parte del nostro patrimonio nazionale? Forse oggi loro non temono molto l’Iraq, ma vogliono ritornarci perchè sono attratti dalle ricchezze che contiene. Tutte le guerre fatte dall’uomo rispondono ad una sete di potere, a interessi particolari di alcuni uomini che violano l’interesse generale degli altri. Per questo il Papa ci richiama sempre alla pace, che è un sentimento e un valore che supera ogni tipo di interesse materiale».  (Ivi, p. 28).

Cosi allora, da allora in vari luoghi, guerre hanno portato a distruzione, fame, morte, orrore e terrore, nel disinteresse sempre più generale, fatti salvi alcuni giornali cattolici come Avvenire, perchè ormai non si pagano più neppure corrispondenti di guerra, ma ci si rifà alle note di agenzia Ansa. «Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri» – scriveva Antonio Gramsci. «Ed è la 17ma Pasqua di guerra che oggi celebriamo e nel mentre parliamo di resurrezione siamo in mezzo ad un mare di morti e di distruzioni. Poveri, donne e bambini, affamati e uccisi. E i migranti uccisi, ed il razzismo montante, e la disumanità che trionfa sui social network e alle TV». – sostiene Sarubbi. Riusciremo a  vedere: “Il lucignolo fioco che ci indicherà la strada” per non finire come umanità, sepolti, lacerati, abbrutiti, stravolti,  da bombe ed inquinamento? 

“Chi potrà rassicurare il mondo”? – si chiede in chiusa di “Le rovine di Baghdad” Pierluigi Castagnetti, aggiungendo che aveva ragione Mubarak quando sosteneva di temere molto più il dopoguerra della guerra in Irak. (Pierluigi Castagnetti, Chi potrà rassicurare il mondo”?, in: “Le rovine di Baghdad”, op. cit., p. 220). E c’è chi dice che in quella guerra si sia giocato tutto il prestigio delle Nazioni Unite. (Staffan de Mistura. Intervista a cura di Umberto De Giovannangeli. “Ma l ‘Onu non è solo il Consiglio di Sicurezza, in: Le rovine di Baghdad, op. cit., pp. 223-227). Ora di organi di arbitrariato tra i popoli non si parla quasi più. Eppure erano nati da una guerra … (Nel merito degli argomenti qui trattati, vedi anche: Laura Matelda Puppini, Pace e Pacificazione: dell’ambiguità dei termini, dei concetti e dei contesti, nella lettura di fatti storici, in www.nonsolocarnia.info, e Laura Matelda Puppini, Migration. Europa: un gigante dai piedi di argilla, in: www.nonsolocarnia.info).

L’immagine che correda l’articolo è parte della copertina, da me scannerizzata, del libro “Le rovine di Baghdad, op. cit.

Laura Matelda Puppini

 

 

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