Ogni tanto acquisto il giornale Avvenire perché ha degli articoli interessanti. L’ho fatto anche l’8 dicembre 2017 ed ho trovato ben tre spunti di riflessione: il primo relativo al ‘biotestamento’, (articoli di riferimento: Angelo Piccariello, Biotestamento, ora in senato si ragiona sulle modifiche, Francesco Ognibene, Così la vita umana diventa “disponibile” e “Medici cattolici. Grave preoccupazione va introdotta l’obiezione di coscienza”) il secondo sull’inquinamento ambientale nella terra dei fuochi (articoli di riferimento: Antonio Maria Mira, Terra dei fuochi altro che bufala, e Maurizio Patriciello, Abbiamo aperto una strada per ripulire l’Italia) il terzo sull’aumento del precariato lavorativo (Nicola Pini, Crescono i contratti. Istat: boom di precari. Sono 2,8 milioni).

Vorrei qui trattare il primo problema quello del biotestamento, inteso solo come possibilità di rifiuto di accanimento terapeutico, facendo però notare come, nella pratica e non nella filosofia, gli altri due aspetti possano incidere sullo stesso. 

Il caso di Eluana Englaro ha portato sulla scena un grosso problema etico, che però ha spinto, purtroppo, l’intransigente fondamentalismo cattolico ad azioni riprovevoli e faziose, offensive per un padre il cui dolore doveva venir rispettato e per Eluana. All’opposto la scelta del santo Giovanni Paolo II, papa, di morire nella sua camera solo con antidolorifici, rinunciando ad un’ulteriore ospedalizzazione ed ad accanimenti terapeutici, (Mario Pappagallo, Il cardinale e la morte di Wojtyla: rifiutò l’accanimento terapeutico, in Corriere della sera, 4 ottobre 2007), e quella del cardinal Carlo Maria Martini, che ha comunicato al proprio medico curante di non voler venire sottoposto ad accanimento terapeutico, né sotto forma di ventilazione artificiale, nè tramite applicazione di peg, nè tramite altre modalità di alimentazione forzata (Antonio Ruggeri, Martini su eutanasia, accanimento terapeutico, aborto, fecondazione artificiale, embrioni, in: https://www.leggioggi.it/12 settembre 2012) non sono state così contestate, e semmai sono state immediatamente rimosse, se così si può dire, quasi non fossero state mai fatte.

E dal cardinal Martini prendo questa frase: «la prosecuzione della vita umana fisica non è di per sé il principio primo e assoluto. Sopra di esso sta quello della dignità umana». (Ivi). Lo stesso Papa Francesco ha recentemente affermato che «oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona” (Paolo Rodari, Fine vita, svolta del Papa: “Evitare accanimento terapeutico non è eutanasia“, in: http://www.repubblica.it/ 15/11/ 2017), e, nel 2015, aveva negato l’eutanasia, non la scelta contro l’accanimento terapeutico. (Francesco Antonio Grana, Papa Francesco: ‘No eutanasia, sì cure palliative. Stato non guadagni con medicina’, Il Fatto Quotidiano, 5 marzo 2015).

Ma su questo aspetto non fanno chiarezza né i medici cattolici, nel chiedere la possibilità di obiettare, non si sa su che cosa, né Francesco Ognibene nel suo: “La legge al Senato. Biotestamento: le 10 domande in attesa di una risposta convincente”, in Avvenire 7 dicembre 2017, confondendo anche i lettori. Infatti, relativamente alla proposta di legge in discussione al senato sul biotestamento, la senatrice del Pd Emma Fattorini precisa che la possibilità che si cerca di dare con la dichiarazione anticipata di trattamento, non comporta l’eutanasia a freddo, cioè la decisione di non voler più vivere, che può veramente aprire ancora di più a una “cultura dello scarto”, che finisce per mettere a rischio le persone più deboli, povere e indifese. (Emma Fattorini, “Sì al biotestamento, no all’eutanasia a freddo e alla “cultura dello scarto“, in: http://www.huffingtonpost.it, 7 dicembre 2017).

Così si esprimeva nel merito il Cardinal Martini: «Le nuove tecnologie, che permettono interventi sempre più efficaci sul corpo umano, richiedono un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona». (Antonio Ruggeri, Martini su eutanasia, op. cit.). E aggiungeva: L’eutanasia è «un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte. Come tale è inaccettabile. Diversamente va, invece, considerato il caso dell’accanimento terapeutico, ovvero dell’utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo» (Ivi). Inoltre «nel decidere se un intervento medico sia da interrompere – proseguiva Martini – non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete – anche dal punto di vista giuridico, salvo eccezioni ben definite – di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente proporzionate». Ed infine concludeva che sul tema «è buona regola astenersi anzitutto dal giudicare frettolosamente e poi discutere con serenità, così da non creare inutili divisioni». (Ivi), ove il termine divisione è ancora all’acqua di rose perché in certi casi, come quello di Eluana, si è giunti all’assurdo, con politici e quant’altro diventati di colpo “dotti medici e sapienti” e con Silvio Berlusconi che, non si sa informato da chi che Eluana aveva ancora le mestruazioni, in spregio secondo me alla giovane donna ed alla sua privacy, dichiarava della possibile fertilità della stessa. E fra un turbinare di ‘fiaccole’, bottigliette di acqua e rosari, ci furono molti che accusarono Englaro di uccidere sua figlia…creando scene più attribuibili ad un qualche Ku Klux Klan che ad un ambiente socialmente democratico, e violando anche la sofferenza di un genitore per un figlio, che appartiene alla sfera dell’intimità. Ed Eluana aveva espresso la sua volontà. 

Ma ritorniamo al punto di partenza, cioè al biotestamento. Di per se stesso, se esso rappresenta solo una dichiarazione di volontà di una persona relativamente all’accanimento terapeutico, non credo possa essere contestato. Non hanno scelto per la terapia ad ogni costo né il santo papa Giovanni Paolo II, né il cardinal Martini, che ha anche affermato che, interrompendo le cure, «non si intende procurare la morte; si accetta di non poterla impedire». (Ivi).

Pertanto anche i cattolici più intransigenti, se vogliono essere coerenti e non guerrafondai, dovrebbero decidere uno dei problemi irrisolti nel merito e cioè quello di cosa si intenda praticamente, per accanimento terapeutico. Secondo l’Associazione medici cattolici (Amci), è grave che venga posto, tra i trattamenti che si considerano come accanimento terapeutico, l’idratazione ed alimentazione forzata, ma lo stesso cardinale Martini, che ritengo essere un esperto in dottrina della chiesa, negò per sé l’alimentazione forzata. (Medici cattolici. Grave preoccupazione, op. cit.).

E vi è un altro problema, quello eterno che in Italia non permette poi di fatto che leggi avversate dai cattolici e da chi vuole appoggi dagli stessi, vengano attuate. L’ associazionismo medico di questa matrice religiosa chiede già a gran voce l’obiezione di coscienza però non si sa su che cosa, quasi si ipotizzasse che la legge stesse chiedendo ad un medico di uccidere, e quindi inizia già a criminalizzare chi seguirà la volontà della singola persona, presentandolo come un assassino, senza motivo alcuno, mentre la classe medica farebbe bene pure a valutare i suoi errori e comportamenti che potrebbero aver portato alla morte di pazienti, che decedono anche per mancanza di sanità, per peggioramento del servizio sanitario, per lunghe liste di attesa, per povertà e via dicendo. Inoltre io credo che la tempesta emotiva intorno al caso Eluana sia ancora nell’aria e che alcuni medici cattolici pensino maggiormente a come si sarebbero comportati nello specifico, piuttosto che a cosa avrebbero fatto nel caso del Santo papa Giovanni Paolo II o del cardinal Martini.   

E si dovrebbe pensare anche ad un altro aspetto. In questa società italiana caratterizzata dai tagli enormi alla sanità, dal precariato, dall’accumulare come scopo della vita, i primi a perdere sono i poveri, che dovrebbero essere invece tutelati anche nella loro scelta di vita vegetativa, perché mantenere in vita uno che vegeta non è un problema di poco conto per i familiari, che devono ragionare sulle loro tasche, forze, possibilità economiche. Non sfugge ad alcuno che il padre di Eluana, Beppino Englaro, era una persona che non aveva problemi economici, perché le cliniche private dove fece vivere la figlia, ormai ridotta ad un vegetale, non credo proprio fossero gratuite. E così introduco il legame tra il problema del lavoro precario e della povertà in Italia, con homeless in aumento (Cfr. il dossier: “Italia: poveri si diventa. Sono stato per una settimana uno dei 50 mila senza tetto. Sono sempre di più e vivono così, in: Millennium, dicembre 2017 – gennaio 2018), e la possibilità concreta di mantenere in stato vitale una persona che vegeta.

Il tema non mi pare sia stato sufficientemente affrontato e nel film di Pedro Almodóvar, ‘Parla con lei’ 2002, il problema del mantenimento in clinica delle due donne in coma viene glissato, e sono comunque una torera ed una ballerina, mentre le ripercussioni sulla famiglia, che si deve tenere un soggetto in vita vegetativa con la continua speranza che si risvegli, che comporta oltre a fatica, spese, stress, obblighi, continua frustrazione man mano che ci si accorge che ciò non avverrà, vengono ampiamente toccate in Marco Bellocchio “La bella addormentata”. Pertanto quando si toccano problemi così importanti, non si può eludere dal dare alle situazioni anche scelte sostenibili attraverso hospices, e via dicendo. Ma in Italia nel merito dell’assistenza stiamo ritornando indietro per mancanza di soldi ed organizzazione.

Infatti ad un certo punto, un paziente in stato vegetativo, con i dovuti sorrisi, viene spedito a casa dall’ospedale, e chi è povero ed in difficoltà che fa? Chiediamocelo. Le badanti costano parecchio e comunque ci vuole in ogni caso la presenza attiva dei parenti, e credo che una famiglia media non le possa pagare, le cliniche costano, ammesso si trovi una disposta a prenderlo, e via dicendo. Immaginate se uno ha anche figli precari o disoccupati, o se lavora come precario o è disoccupato … cosa può fare del parente? Va a pregare di corsa che il congiunto se lo prenda Dio, sperando di avere le centinaia di euro per un banale funerale? Di tutto questo il mondo cattolico non parla, come i problemi non esistessero, come tutti potessero porsi solo problemi etici, che nella società della finanza e tecnocrazia e dei nuovi fascismi legali sono un lusso per pochi. Magari si potesse affrontare insieme i problemi di questo tipo, con discussioni anche fra la gente!

Inoltre non vorremmo che, a causa di terre dei fuochi e similari, l’inquinamento ambientale provocasse molti casi limite, a causa del crearsi di malattie progressive invalidanti, o di situazioni a rischio di peggioramento improvviso, perché il ricordo del coraggiosissimo vigile del fuoco Michele Liguori, morto di dovere ed isolamento, come scrive Il Fatto Quotidiano  (Cfr. Enrico Fierro, Terra dei fuochi: Michele, vigile morto di dovere e di isolamento, in Il Fatto Quotidiano, 21 gennaio 2014) ci deve far pensare, e così il caso dei molti tumori presso l’Ilva di Taranto e tanti altri. E per questo invito a leggere su Avvenire del’8 dicembre gli articoli: Antonio Maria Mira, Terra dei fuochi altro che bufala, op. cit., e Maurizio Patriciello, Abbiamo aperto una strada per ripulire l’Italia, op. cit. E si salvano molte vite tutelando ambiente, acqua terra e salute.

Insomma i problemi possono e devono essere analizzati a livello teorico, ma dato che nel caso specifico non sono solo metafisici ma poi devono avere concreta attuazione, si dovrebbe pensare anche alla soluzione pratica per qualsiasi scelta, perché, come dice la senatrice Emma Fattorini, non si finisca per sposare la cultura dello scarto, questa sì nazista e da combattere. Questi sono solo degli spunti, delle mie riflessioni, fatte pensando che su argomenti così seri si deve riflettere, prima di iniziare crociate pro e contro non si sa neppure cosa. E credo ci sia sufficiente materia per riflettere, in una società anche italiana dove i diritti stanno sempre più configurandosi come appannaggio solo dei ricchi e potenti, e ove la politica non vede la realtà presente o non la vuol vedere, chiusa nel suo potere e nei suoi cavilli elettorali. E questo mi riporta all’articolo di Francesco Ognibene: Così la vita umana diventa ‘disponibile’, in Avvenire, 8 dicembre 2017 ed al concetto di ‘disponibilità’ della propria vita, primieramente per viverla pienamente, nel vero senso del termine, non solo in relazione alla morte, cosa che pare impossibile in questo mondo ed in questa società, se non si appartiene all’ ‘Olimpo degli dei’.

Scrivo queste righe per dare degli spunti di riflessione a chi li vorrà cogliere, senza voler offendere alcuno e senza essere un’esperta in materia.

Laura Matelda Puppini

 

 

 

 

 

 

 

 

Laura Matelda PuppiniETICA, RELIGIONI, SOCIETÀOgni tanto acquisto il giornale Avvenire perché ha degli articoli interessanti. L’ho fatto anche l’8 dicembre 2017 ed ho trovato ben tre spunti di riflessione: il primo relativo al ‘biotestamento’, (articoli di riferimento: Angelo Piccariello, Biotestamento, ora in senato si ragiona sulle modifiche, Francesco Ognibene, Così la vita umana...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI