Il 26 marzo 2025 ho acquistato “Avvenire” che trovo per la mia sensibilità un buon giornale anche se non condivido sempre il contenuto di ogni suo articolo. In prima pagina mio marito mi ha segnalato un testo di Mariapia Garavaglia: “Salute pubblica. Dovere di Stato” preceduto dalle parole: “Sanità, vecchi nodi e nuovo allarme”. “Leggilo, Laura” – mi ha detto. L’ho fatto e ho deciso di riportarlo parzialmente qui perché riprende dei concetti espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 195 del 2024.

L’articolo inizia così: «Vorrei che alcune persone che hanno le stesse possibilità di chi scrive, sperimentassero in incognito, un giorno qualsiasi, di chiamare un Cup o il medico di famiglia per capire in cosa consiste la povertà sanitaria: non sapersi difendere da risposte evasive, burocratici invii.

I dati di diverse ricerche segnalano che sono milioni le persone che si curano di meno e si ammalano di più o, peggio, non si curano affatto, con conseguenze inimmaginabili. Senza contare la discriminazione causata dall’ impreparazione ad affrontare prescrizioni che un call center od una voce registrata provocano in cittadini e pazienti meno provveduti.

La salute è un diritto umano e per la nostra Costituzione è un diritto “fondamentale” (articolo 32).

La sanità è da tempo argomento di confronto politico – da ultimo anche per la copertura delle spese sanitarie assistenziali per le persone non autosufficienti o con disabilità – tuttavia mai assunto come impegno che obbliga lo Stato a rendere la salute esigibile perché diritto fondamentale.

Ci ha pensato la Corte Costituzionale con una sentenza sobria, chiara e non contestabile, la n. 195 depositata lo scorso dicembre proprio mentre si discuteva il Bilancio. A proposito del continuo richiamo alle scarse risorse che costringono a contenere la spesa pubblica, quella sentenza sollecita i legislatori a evitare tagli lineari alla sanità. Ha richiamato, a proposito di autonomia differenziata, la necessità di garantire il coinvolgimento della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica per la parte dei contributi che devono essere versati dalle Regioni».

E «la Corte sollecita a trasferire alla sanità capitoli di spesa indistinti e procrastinabili perché il diritto alla tutela della salute non può essere sacrificato “fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono il medesimo carattere di necessità riguardo “le primarie esigenze della persona umana”».

Quindi l’importanza di investire nella tutela della salute dei cittadini e nella cura è stata da parte di una Istituzione così importante come la Corte Costituzionale ampiamente sottolineata, e nessuno può far finta di non vedere, di non sapere …

Parallelamente, in Fvg abbiamo assistito alla frantumazione di un modello che, pur essendo migliorabile, ai cittadini andava bene e poteva restare com’ era, anche spendendo davvero di meno, con la sostituzione, passo dopo passo, con un altro, retto parzialmente sulle privatizzazioni (nel senso di introduzione di società private nella gestione della sanità pubblica) ed esternalizzazioni ad incominciare dall’area dell’emergenza-urgenza, il settore più importante, dove tutto dovrebbe funzionare con la massima velocità ed efficienza.

La crisi della sanità in Fvg deriva, secondo me e se erro correggetemi, dalla fissità del pensiero dei politici di destra, che ritengono ogni soluzione che volga al welfare, al sociale, allo star bene della popolazione pure con funzione partecipativa nelle scelte, una forma di comunismo, una spesa inutile, sapendo ben poco in Fvg sia di medicina sia di sistemi sanitari sia di teoria. Ma allora …. E sono stati i regimi totalitari, quelli contrari all’ascolto ed impositivi che hanno speso ‘per arricchire i ricchi e le multinazionali’ non interessandosi di elettori, elettrici donne uomini, bambini. E se erro correggetemi.

E, pensando al nostro assessore ed ai direttori generali della sanità Fvg, penso che, se un alunno svolge un compito in modo pessimo, qualsiasi professore penserebbe che non si è impegnato abbastanza, anche se il giovane tende a scusarsi magari dicendo che la colpa è del professore che non ha spiegato bene.

Ora c’è un soggetto, in Fvg, che dichiara un giorno sì e l’altro anche che la debacle della sanità regionale è colpa di noi cittadini, che utilizziamo troppo i Pronto Soccorso, magari solo perché siamo ansiosi, quando mancano medici di base, guardie mediche e quant’ altro, quando per caduta dall’alto, senza consultazione alcuna, si sono accentrati servizi sanitari rendendo la sanità territoriale una chimera, e chilometri ormai dividono i paesi periferici dai centri di cura, perché, nonostante tutti i problemi che abbiamo, siamo sempre lì pronti a far fallire i suoi fulgidi disegni per la nostra sanità, ed è l’assessore Riccardi, a cui compete l’organizzazione del ssr. Ma si sa che uno dei meccanismi psicologici per autoassolversi da gravi errori è quello di proiettarne la colpa su altri.

Guardate infatti cosa ha dichiarato solo ultimamente il nostro assessore mai eletto, mai laureatosi in medicina, che non ama ascoltare ma solo dichiarare e che si era occupato di ben altro prima che Fedriga gli desse la comoda poltrona di assessore alla salute e delegato alla Protezione Civile, senza capire che la competenza non deriva dall’appartenenza ad un partito: «L’incrocio tra la stabilità del bisogno sanitario e la crescita del bisogno sociale si traduce in inappropriatezza degli accessi ai pronto soccorso, solo un terzo dei quali sarebbe necessario. (http://www.telefriuli.it/cronaca/troppi-accessi-al-pronto-soccorso-in-fvg-due-terzi-non-sono-necessari/ 25 gennaio 2025) dimenticando che in moltissimi casi mancano i medici di base ed i pediatri, le guardie mediche sono state sotto di lui ridotte, e la sanità pare quasi svanita, puff … in un soffio, e questo aumenta il bisogno sociale della popolazione, sempre più anziana, di recarsi in Pronto Soccorso, l’ultima spiaggia rimasta prima di soccombere. Eppure antecedentemente al 2014 non era così anche se la giunta non aveva davvero tanti soldi da spendere.

Dato che questa giunta e l’assessore alla salute mai eletto ci governano da 7 anni, riporto qui quanto scritto in un comunicato di Anaao Assomed intitolato: “Sanità 2019: Troppi tagli poco sviluppo”, per far capire la visione politica che sta dietro questa sanità Fvg: «[…] quello delineato dalla giunta regionale non pare un piano di sviluppo, bensì un programma di tagli della sanità pubblica». E «così rimarrà lo sconcio di un sistema di emergenza fino a pochi anni fa eccellente ed ora ridotto allo sfascio. Ritardi delle ambulanze, indirizzi sbagliati, soccorsi approssimativi, file estenuanti al triage, soste interminabili in barella per carenza letti, ecc. ecc., che sono ormai routine, nonostante le denunce quotidiane degli operatori sanitari e dei cittadini di tutta la regione».  

 

L’IMPORTANTISSIMO E PIÙ CHE MAI ATTUALE DOCUMENTO DI AAROI EMAC, CONDIVISO DA ANAAO ASSOMED, DA ANPO, DA CGIL E FASSID.

Il 13 aprile 2022, la segreteria di AAROI EMAC emanava un comunicato, condiviso anche da Anaao Assomed, da Anpo, da Cgil e Fassid in cui si leggeva: «A due anni da quando l’Assessore alla Salute e Politiche Sociali ha iniziato a rassicurare gli operatori, utenti ed organizzazioni sindacali, promettendo che la riforma del Sistema di Emergenza Urgenza del FVG, fiore all’occhiello degli ultimi 30 anni di sanità regionale, doveva essere quanto prima attuata e che un tanto era una delle priorità della nuova gestione regionale, siamo ora nella deprecabile situazione del NULLA è stato fatto ed il sistema dell’ emergenza urgenza del nostro SSR si presenta arretrato, carente, inadeguato, incompiuto ed inefficiente sotto molti aspetti.

Il PEU (Piano Emergenza Urgenza 2015), le “tavole della legge” del sistema emergenza urgenza, di fatto a distanza di 7 anni non solo non è stato attuato completamente, ma addirittura negli ultimi due anni in alcuni passaggi essenziali è stato chiaramente violato (numero di automediche previste, requisiti del personale che può fare soccorso, numero di operatori presenti in ambulanza … per citarne alcuni) e rappresenta un documento datato, superato e mai riformato. Sembrerebbe che qualche teorico di Arcs lo stia arbitrariamente riscrivendo, ma nessun professionista del territorio è stato consultato e nessuna forma di coinvolgimento dei veri attori dell’emergenza è stato fatto».

E qui il documento evidenzia un reale problema: il calare dall’alto delle decisioni, spesso magari frutto di una concertazione fra un avvocato e un dirigente, come pare nei contratti di esternalizzazione dei pronto soccorso Asufc, (e se erro correggetemi), senza voler sapere, senza confronto con le rappresentanze di chi lavora nel settore, senza coinvolgere altri, in una visione del mondo retto da un’auto attribuzione di potere totalitario in materia delicatissima e ritenendo medici, infermieri e tecnici della sanità alla stregua di operai a catena di montaggio senza che sia nota la loro reale preparazione e formazione, potendo essere anche stranieri.   

Inoltre «il CREU (Comitato Regionale Emergenza Urgenza) l’organo di governo del sistema emergenza urgenza, in realtà mai abrogato, da due anni ormai non si riunisce e non delibera più, molti componenti se ne sono andati, evidenziando di fatto da un lato il ruolo inutile ed incompiuto di tale organismo e dall’altro l’assenza totale da due anni di un ente di analisi, controllo, verifica e decisione, ed il fallimento di questo modello regionale» – continua il documento dell’ Aaroi Emac.

E «la SORES (Sala Operativa Regionale Emergenza Sanitaria) di fatto una mera centrale telefonica, ha dimostrato, nonostante la buona volontà e professionalità degli operatori, di essere una vera cattedrale nel deserto dell’emergenza regionale, ente completamente slegato, decontestualizzato, mai integrato ed in assoluta non continuità con l’emergenza territoriale.

La decisione di aver voluto tenere questa cruciale struttura all’interno di una azienda (ARCS) ben poco sanitaria, ha determinato l’isolamento completo del personale e della struttura stessa dal resto del sistema, allontanando il personale di Centrale dall’attività sul campo e facendogli perdere skilling (capacità di acquisizione di nuove competenze N.d.r.), vision, esperienza, contatto con il resto del 118 e con la realtà del territorio». E queste osservazioni sulla Sores mi paiono più che mai calzanti. In Sores gli operatori lavorano sganciati dai Pronto Soccorso, e quindi dalla medicina operativa e di fatto direi dalla sanità, pur dando anche consigli sanitari. 

«Il cambio continuo di Direttori a tempo, Direttori pensionandi, Direttori senza concorsi, la demotivazione e fuga del personale,  la conseguente assunzione di nuovi operatori senza profili di esperienza e adeguata formazione, l’assenza di rapporti collaborativi e costruttivi con le altre Strutture territoriali, il legame- dipendenza obbligato ma non obbligatorio con il NUE 112 realtà con numeri ignoti e mai condivisi, i ritardi continui nell’ attivazione del soccorso territoriale dovuti a questo connubio gestionale, alle carenze strutturali ed umane, all’inesperienza ed all’ utilizzo di un sistema dispatch (invio N.d.r.) ottimo per risponditori laici e per inviare ambulanze su qualsiasi chiamata … tutto questo ha contribuito e confermato il fallimento di questa organizzazione e di questo modello con una Centrale incompiuta, collocata in una Azienda non sanitaria (la Sores si trova presso la sede della Protezione Civile a Palmanova N.d.r.) ed isolata da tutto il sistema operativo delle 3 aziende sanitarie principali della Regione».

Ed anche AAROI EMAC sostiene, in questo documento, che in questi anni contrassegnati pure dalla pandemia, la politica ha evocato a sé il controllo su tutto, con i risultati catastrofici che si vedono aggiungo io.

Alla Sores è stato poi tolto anche il ruolo importantissimo – continua il testo sopraccitato – di gestione del flusso dei pazienti e dei posti letto in area intensiva e semi intensiva, di filtro negli accessi al Pronto Soccorso, dell’integrazione con l’USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) e del trasporto di pazienti fra i vari ospedali della regione. «Il tutto è avvenuto sempre in maniera slegata, scoordinata, incontrollata e con procedure disomogenee e differenti nelle 3 aziende della Regione».

È mancata, quindi, «una regia unica autorevole, competente, titolata, aggiornata, integrata espressione del sistema 118 regionale in toto e non solo di una centrale telefonica e di una Direzione Strategica di una sola azienda», senza produrre, come ha fatto per esempio la Regione Toscana, dico io, percorsi e linee di indirizzo regionali omogenee e comuni, mantenendo uno status quo che nulla ha innovato. Inoltre io non oso neppure pensare cosa accadrà quando i Pronto Soccorso di Asufc saranno divisi in due, con due primari diversi e a Latisana anche i mezzi di soccorso saranno in mano a privati che non hanno elisoccorso, tanto per incominciare. E questo accade quando la Regione Fvg è piena di soldi ma pare che i sanità continui una politica di tagli e svilimento della qualità.

Inoltre nelle periferie della regione è stata «avvallata e in ultima analisi incentivata la svendita progressiva dello storico sistema di emergenza urgenza territoriale con appalti milionari a Enti, Cooperative e Croci private con la farlocca scusa della carenza di personale», si è accettata progressivamente la trasformazione di un sistema di emergenza territoriale» in uno senza linee guida, controllo e verifica centralizzata, trasformando il sistema di pronto soccorsi in un sistema a macchia di leopardo ed interessandosi più al privato che ai propri dipendenti.  

Infine ben poco è stato fatto, sempre secondo detto documento di AAROI EMAC, per la standardizzazione di materiali e mezzi di soccorso, settore pure sotto finanziato, per un sistema efficiente di informatizzazione e i flussi del Sistema informativo per il monitoraggio dell’emergenza urgenza, obbligo di legge, risultano (il documento è datato 13 aprile 2022) incompleti, carenti, non controllati da alcuno. Figurarsi con i privati di mezzo.

Secondo la nota Associazione di anestesisti, vi è una unica via per iniziare a migliorare questa situazione: quella di affidare alla tre aziende sanitarie ed ai dipartimenti di Emergenza, la riorganizzazione e gestione dei rispettivi ambiti territoriali. Perché gli operatori del sistema Emergenza Urgenza sono stanchi di essere completamente e continuamente esclusi ed inascoltati e di dover ascoltare le solite promesse incompiute ed i soliti teatrali rimpalli tra politici e Direttori Generali e viceversa, «nella ingannevole farsa di dare la responsabilità delle scelte gli uni agli altri ma con il risultato finale di non voler prendere nessuna decisione e lasciare il sistema andare alla deriva». E così è stato.

E QUINDI E POI ….

Naturalmente l’analisi di AAROI EMAC risulta più che mai realistica tre anni dopo, i grossi problemi proposti dal documento relativamente al sistema di emergenza urgenza, almeno in Asufc, vengono continuamente elusi mentre ben poco ci si occupa, ancora, di incentivare il personale, di ascoltarlo, di ricevere i sindacati. Chiusi nelle loro ‘torri di avorio’, pare che i politici lascino andare il sistema dell’emergenza urgenza alla deriva, forse neppure conoscendolo, limitandosi a tapparne i buchi ora tagliando, ora accorpando, ora esternalizzando a ditte private, ora ricorrendo a medici argentini senza previsione che conoscano bene l’italiano, e via dicendo …. Fino alla esternalizzazione dei codici bianchi e verdi nel Pronto Soccorso di Udine, il più grande di tutti ed il primo a venir suddiviso in due da una banda, a mio avviso, di incompetenti. E poi da qui a là, ed ecco venir esternalizzati e suddivisi in due tutti i pronto soccorso della provincia di Udine, senza capir nulla senza conoscere nulla, senza ascoltare nessuno. Ed all’epoca della privatizzazione della diagnosi e cura per i codici bianchi e verdi veniva pubblicato su: http:// www.aaroiemac.it/notizie/?p=35651, un articolo intitolato: “AAROI-EMAC FVG. Pronto Soccorso dell’Ospedale di Udine: “Cronaca di una fine annunciata”, datato 27 aprile 2024. 

Cosa è accaduto ad Udine (proprio fra l’emanazione del decreto legge 30 marzo 2023 n. 34 e la sua trasformazione nella legge del 26 maggio 2023 n. 56) nell’ importantissimo settore dell’emergenza urgenza? Il Pronto Soccorso di Udine è stato affidato in parte a soggetti privati esterni (in tal senso, lo ribadisco, si parla di privatizzazione) spaccandolo in due, togliendo la unitarietà di un sistema che dovrebbe funzionare come un balletto corale, ed ora sta accadendo in ogni pronto soccorso di Asufc, e ne vedremo delle belle, mentre loro signori si dilettano a sognare intelligenza artificiale, a organizzare incontri su neuroscienze e vita, a indire appalti in ogni dove per la sanità ed opere edili che resteranno vuote o verranno riempite di persone dipendenti da privati con altro contratto (grazie Cgil per averlo precisato denunciando questo aspetto), a parlare, parlare e dichiarare… mentre la efficienza del ssr continua ad andare in rovina assieme alla nostra fiducia di esser adeguatamente curati . Eppure anche il documento primo qui citato di AAROI EMAC precisava come la carenza di personale fosse una scusa farlocca perché: «Laddove si è voluto questo non è avvenuto».

Ma ritornando a quest’ ultimo testo, relativo al Pronto Soccorso di Udine al tempo della dimissione della dottoressa facente funzioni di direttore dopo che lo stesso se ne era volontariamente andato, esso è lo sfogo accorato di chi in quel Pronto Soccorso ci lavorava prima della grande svolta del 2023, che così si è espresso: «Gli operatori dell’emergenza urgenza di questa regione, le società scientifiche e questa Organizzazione Sindacale da più di un anno avevano pesantemente denunciato la drammatica ingravescente situazione dei Pronto Soccorso di ASUFC e messo in guardia l’amministrazione e l’Assessorato sul possibile rischio di collasso del più grande PS della Regione, quello di Udine. Dopo 5 anni di scelte strategiche completamente sbagliate e fallimentari, di nessuna programmazione, di nessun investimento-fidelizzazione sul personale dipendente, di nessun coinvolgimento di Dipartimenti ed Università, di tante inutili parole e false promesse e con l’unico scellerato, miope, degradante obiettivo di privatizzare selvaggiamente tutti i PS di ASUFC compreso quello di Udine, PS nevralgico, strategico e con una storia passata indiscutibile, dopo le dimissioni lampo di qualche mese fa del Direttore del PS, ora giungono anche le dimissioni della collega facente funzioni, dimissioni per nulla inattese ed assolutamente condivisibili che evidenziano l’insostenibilità di questa aberrante situazione.

Turni massacranti per mancato governo dei flussi aziendali, più di metà organico medico licenziatosi nell’ultimo anno, personale residuo assolutamente insufficiente ai volumi di attività e sempre meno valorizzato e fidelizzato, entrata di cooperative e gettonisti completamente decontestualizzati dalla realtà aziendale, incontrollati e senza alcuna verifica di titoli e capacità, conseguente inevitabile perdita di qualità del setting clinico, ritardi, segnalazioni, denunce ed avvisi di garanzia, operatori in burn out, alto tasso di assenze stress correlate, stanno inducendo ormai anche gli ultimi medici eroici rimasti, ennesime vittime di un sistema allo sbando totale, ad andarsene da ASUFC». Notate che questo documento è datato 27 aprile 2024.

E non crediamo a Riccardi, Caporale e c quando dicono che è ‘Saturno contro’ , si fa per dire, che fa andare male le cose non facendo trovare medici che vogliano venire a lavorare qui tramite concorso pubblico: se non trovano medici con i concorsi è magari perché nessuno vuol venire in questa baraonda, è perché si disinteressano del problema ed intendono privatizzare parti consistenti della sanità regionale e tutti i pronto soccorso facendo far pratica ai ignoti ma siamo noi che, per il loro disinteresse, potremmo rischiare di morire, perché pensano che pubblico e privato siano la stessa cosa, perché poco sanno e poco si informano, perché amano il privato, perché  fanno tutto loro con una visione centrata sul potere politico. Mandiamoli subito a casa.

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Senza voler offendere alcuno questo ho scritto e riportato, e non credo ci siano molti errori, dato che i documenti sono prodotti da persone ben informate. Almeno parliamone e prendiamo posizione, e chi può vada il 4 aprile a manifestare a Trieste.

L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle già da me utilizzate. 

Laura Matelda Puppini

 

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