Io credo che le donne, in Italia, abbiano risentito notevolmente della situazione creata dal Covid, trovandosi chiuse spesso tra le mura domestiche, o non sapendo a chi lasciare vecchi e bambini.

«Chi ha visto all’opera padri e soprattutto madri che lavorando da casa hanno dovuto coordinare una “amministrazione” divenuta molto più complessa e complicata – accompagnare la didattica online, fare code divenute lunghissime per la spesa e magari seguire genitori lontani o in una struttura residenziale… – se ha guardato bene ha improvvisamente visto il contributo essenziale dato dalle famiglie, dalle donne alla gestione e al superamento di questa crisi inedita» (Luigino Bruni, Il lavoro, veramente. Questo tempo e questo Primo maggio, Avvenire, 30 aprile 2020).

E se, come scrive sempre Bruni nello stesso articolo: «Precipitati in questo enorme rallentamento collettivo abbiamo visto diversamente e meglio anche il lavoro. Non potendo, molti, lavorare – o non potendo lavorare come sapevamo e volevamo fare –, in questo letargo dell’homo faber e dell’homo oeconomicus si è liberato spazio ad altre dimensioni della vita. L’economia è stata costretta a ritrarsi – non lo avrebbe mai fatto spontaneamente –, obbligata a diventare una tra le molte parole della vita (non più l’unica né la prima né l’ultima, ma solo una parola accanto ad altre). E in questo spazio liberato ci siamo accorti di quanta vita avevamo immolato e sacrificato a una economia cresciuta troppo, velocemente e in maniera squilibrata. Non lo dimentichiamo», è anche vero che il peso pagato dalle donne, anche per il prolungarsi della pandemia, non è di poco conto.

Smart working, per chi il lavoro lo ha mantenuto, disoccupazione e povertà per chi non l’ha più, dad o casa per i figli, rischi di convivenza forzata e ravvicinata con uomini violenti ed instabili, con aumento dei femminicidi, questo il prezzo che hanno pagato e stanno pagando le donne. E su 110.000 persone che hanno perso il lavoro a causa dell’emergenza covid, il 98% è femmina. (Viviana Daloiso, Donne, è un 8 marzo senza festa, in Avvenire 7/3/2021).

In questo modo, sostiene sempre Viviana Daloiso nel suo articolo, l’universo femminile fatto sempre più di donne uccise, maltrattate, disoccupate, sottopagate e sottostimate, povere e stressate, rischia di fare molti passi indietro, a causa del virus. (Ivi), mentre le stesse continuano ad essere «le supplenti di un welfare monco». (Mariapia Garavaglia, Escludere metà del mondo è dimezzare vita e sviluppo, in Avvenire 7 marzo 2021).

Immagine da: https://www.google.it/url?sa=i&url=http%3A%2F%2Fwww.meteoweb.eu%2F2020%2F03%2Fcoronavirus-smart-workers-lavoro-casa%2F1410363%2F&psig=AOvVaw1W__o6moIq4EY19-jh1QPL&ust=1615276291196000&source=images&cd=vfe&ved=0CA0QjhxqFwoTCIjpg6-boO8CFQAAAAAdAAAAABAf. Elaborazione in b/n.

Inoltre lo smart working si sta rivelando una risorsa solo per le imprese, che spendono di meno.

E così sostiene Mirko Lami, segretario Cgil Toscana: «Curiosamente fino a poco tempo fa, molte imprese consideravano lo smart working come uno strumento per vagabondare da casa. Spesso veniva richiesto da donne per poter accudire i figli piccoli e vi era pregiudizio che chi ne godesse rendesse meno all’azienda. Ora il mondo produttivo ha scoperto che questo metodo può funzionare e garantire un risparmio economico. Per questo il sindacato deve interrogarsi sui suoi vantaggi e rischi». (Leonardo Filippi, 4 maggio, il ritorno, in Left, 1- 7 maggio 2020, p.10).

E così si esprime Nicola Atalmi, segretario Slc Cgil Treviso, in merito allo smart working: «I rischi sono molti. Tante madri lavoratrici, in lavoro agile, non scelto ma “forzato” con le scuole chiuse […], si sono trovate a svolgere un triplo lavoro in condizioni impossibili. Se ne parla ancora troppo poco. Inoltre il nostro timore è che, avendo il capitale verificato che con lo smart working si possono tenere alti controllo e produttività del personale contenendo i costi, si apra una nuova fase di precarizzazione ed esternalizzazione di alcuni ruoli». (Ivi).

E così afferma Maurizio Brotini, sempre della Cgil: «Non c’è dubbio che molte aziende manterranno il lavoro a distanza. Col quale possono ottenere riduzione dei costi aziendali (spazi, riscaldamento, elettricità, mensa, connessioni) aumento delle ore lavorate e ancor più difficile separazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, controllo costante, atomizzazione ulteriore, con ancora più difficile sindacalizzazione». (Ivi). Per superare almeno qualche problema, Brotini chiede un diritto di disconnessione per il lavoratore in smart working, realizzabile con la creazione di una fascia oraria di connessione lavorativa ed una di disconnessione e riposo, e di una revisione delle maggiorazioni orarie per lavoro notturno, festivo, straordinario a turni, e domanda di recupero delle spese scaricate dall’azienda sul lavoratore. (Ivi).

Inoltre siamo in un mondo economico ove sia la formazione lavorativa sia quella permanente non trovano più spazio, e per alcuni settori anche le ferie non sono più un diritto: infatti prendersi un periodo di riposo per chi fa il rider comporta conseguenze negative per il futuro, essendo i rider classificati per mezzo di un algoritmo che colloca il lavoratore in una posizione sulla base di un punteggio che, se alto, gli permetterà poi di ottenere più turni di lavoro. Ma non lavorare per una settimana, per esempio per andare in ferie, comporta un abbassamento del punteggio e un precipitare in una posizione più bassa. (Ivi, p.11).

Ma pure alcuni lavoratori autonomi non stanno benissimo, ed è un dato di fatto che il capitale abbia spinto a fondo, in questi anni, «sulla precarizzazione del lavoro, cercando di aggirare continuamente le normative per trovare sempre nuove formula di flessibilità e ricattabilità» – sostiene sempre Atalmi (Ivi), ed a suo avviso ciò che disarma è «l’incessante lavorio del capitale per trovare sempre diverse forme contrattuali di sfruttamento della prestazione lavorativa». (Ivi).

«Lo smart working […] con tutte le chat e le videochiamate dei colleghi, l’aiuto scolastico e l’accudimento dei figli, l’organizzazione della spesa tra negozi di prossimità e gli ordini on line con consegna a domicilio, gli attriti per la convivenza forzata, le ansie del momento e le relazioni familiari a distanza, magari con i genitori anziani lontani: la vita al tempo del coronavirus è cambiata per tutti certamente, ma tanto anche alle mamme italiane chiuse a casa da settimane ma certo non con le mani in mano». (#iorestoacasa tra bambini e smart working il triplo salto mortale delle mamme italiane, in: https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2020/03/26/).

«La chat con i colleghi, e in sottofondo il delirio. “Mamma, posso ripeterti storia? Nell’800 a.c, in Etruria si sviluppò la civiltà degli Etruschi…”. Il capo sollecita la mail e il più piccolo “mamma, ho fame”. Sta per iniziare la web conference, “cara, ma i calzini posso metterli in lavatrice a 40 gradi?”. O peggio: “Papà, dov’è la mia maglietta del calcio?”. “Chiedilo a mamma”. E peggio ancora: “Papà, puoi chiamare mamma?”. Che intanto scrive, risponde e si affanna tra le richieste dentro casa e fuori. Quasi quasi c’è da rimpiangere la scrivania, la luce al neon e il caffè della macchinetta». (“Smart working e famiglia, una donna su tre lavora più di prima”, https://www.ilmessaggero.it/italia/).

Chiuse fra le pareti domestiche, magari formate da locali piccoli ed angusti, con marito insofferente ed anche lui forse in smart working, figli a carico da portare all’asilo od alle scuole elementare, o da tenere a casa senza preavviso per un caso di covid, o da collocare da qualche parte per la dad, le donne rischiano di uscire dall’esperienza covid lockdown e dintorni distrutte fisicamente e psicologicamente, e di essere nuovamente catapultate in un mondo patriarcale e maschilista, sempre più privo di quei servizi essenziali che permetterebbero una esistenza più umana alla componente femminile dell’Italia, tanto per parlare solo della penisola.

E con queste considerazioni mi fermo qui, chiedendovi di pensare e riflettere su quanto altri hanno scritto ed io vi ho qui proposto relativamente al lavoro ed alla vita domestica nell’era dominata dal covid- 19.  

Laura Matelda Puppini

 

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