Eugenio Caneva ed Arturo Magrini, uomini di altri tempi che cercarono di ‘portare il progresso’ in una piccola comunità come quella di Collina e Collinetta.
Anche in luoghi dove non era ed è facile vivere quotidianamente per le difficoltà allora presenti, come Collina e Collinetta di Forni Avoltri ai piedi del Cogliàns, queste hanno portato pure i loro abitanti ad avvicinarsi al mondo cooperativo, che presentava, in particolare agli inizi del Novecento, un modo efficace per risolvere situazioni comuni.
Ed anche in Carnia, guardando al vicino Bellunese e ad altre esperienze, abitanti del luogo riuscirono a fondare la prima Cassa Rurale a Forni di Sopra nel 1885, per vincere la piaga del prestito ad usura, e la prima latteria cooperativa a Collina di Forni Avoltri, teorizzata nel 1880 ma funzionante dal 1881, che è la prima istituzione sociale di questo tipo in provincia di Udine, promossa dal maestro Eugenio Caneva (1), a cui ne seguirono altre fino al grande complesso delle Cooperative Carniche.
Luca Caneva, bisnipote di Eugenio Caneva, descrive il suo avo come una persona caparbia e curiosa, che aveva spinto la comunità di Collina verso scelte epocali anche nella ricerca teorica e nella pratica, cercando una soluzione ai problemi generali che il suo paese si trovava ad affrontare. (2).
Eugenio Caneva era figlio di Leonardo che, come molti, aveva studiato anche in Austria, ai tempi in cui il paese era sotto l’Impero Austro- Ungarico, giungendo ad acquistare la capacità di svolgere il lavoro di perito, (anche agrimensore presumibilmente) uno dei più ricercati nella Carnia di allora. E non pareva passarsela poi male se riuscì a far studiare Eugenio, il primo di 10 fratelli. Il mondo in cui Eugenio nacque, nel 1842, era caratterizzato dalla restaurazione ed al tempo stesso dai movimenti nazionalistici, a cui, da giovane, Eugenio Caneva aderì indossando, in pubblico, la coccarda tricolore, finché non giunsero i gendarmi a fargli cambiare idea. (3).
Collina di Forni Avoltri. Immagine senza data e presumibilmente soggetta a pittografia. (Da: http:// digilander.libero.it/forniavoltri/images/passato10.jpg). Foto da Collezione Privata di Giacomo Pinna.
Eugenio Caneva, maestro elementare, insegnò dal 1969 fino al 1910 a Collina, dal 1877/78 al 1904 nei locali della nuova canonica (4), litigando pure con il sacerdote, ed infine, dal 1905 al 1910, nella nuova scuola (5). Ma sappiamo pure che esisteva in Collina una scuola serale ove egli prestò la sua opera, ed a quei suoi scolari, ormai giovanotti, inizialmente illustrò l’idea di fondare una latteria sociale incontrando la loro approvazione. (6). Era quella una generazione che guardava alle esperienze cadorine ed estere, come lo stesso Eugenio Caneva, e sognava il progresso. Ed appare anche dal ‘Promemoria per i posteri’ di Caneva come gli anni di fine Ottocento e primi Novecento fossero segnati da forti contrasti fra chi diceva: “Abbiamo fatto sempre così” e non accettava novità alcuna, e coloro che, invece, cercavano di migliorare la vita del paese (7).
Ma Caneva non era il solo istruito ad essere attivo in quella piccola comunità. Vi era anche il medico Arturo Magrini, padre di Aulo morto nella Resistenza, e nonno di Giulio e dei suoi fratelli, per un periodo anche consigliere provinciale. Il medico Magrini, più volte citato nel promemoria dal Caneva, era di stanza a Luint di Ovaro ma si occupava anche della salute dell’alta Val di Gorto ed aiutava la popolazione sia calmando gli animi se troppo accesi, sia in questioni di carattere amministrativo, esercitando egli un’autorevolezza indiscussa fra la popolazione. Ma era anche un buon suggeritore e proponeva al Caneva pure utili consigli. Inoltre fu l’elemento propulsore per la realizzazione della latteria di Forni Avoltri, almeno secondo Luca Caneva. (8).
In sintesi anche il piccolo nucleo abitativo formato da Collina e Collinetta allora unite, non era del tutto isolato ma risentiva delle esperienze trasmesse in loco dagli emigranti che, al loro rientro, portavano informazioni e conoscenze maturate all’estero, dell’introduzione, successiva al passaggio all’ Italia (1866), dell’obbligo scolastico, della presenza ed influenza in loco di persone istruite ed al passo con i tempi, che univano conoscenza e desiderio innovativo e filantropico, come Eugenio Caneva, Arturo Magrini ed altri. Naturalmente come in ogni paese della Carnia e non solo, anche a Collina vi erano un paio di ricchi e molti che riuscivano a malapena a sbarcare il lunario, vi era buoni e cattivi, vi erano invidie e gelosie, vi erano profittatori e persone che cercavano di operare solo per il loro tornaconto, vi erano, per la gran parte dell’anno, tante donne e pochi uomini.
Ex – voto presenta al museo Carnico di Tolmezzo, donato da Zuane Michise, cramaro di Ludaria di Rigolato, che si era trovato, nel 1792, in gran pericolo di vita perché, mentre alloggiava in una osteria, qualcuno aveva messo troppa polvere per schioppo nel fuoco, e per il gran calore, egli e la sua mercanzia si erano trovati in gran pericolo. Ma per intercessione della Vergine Maria, si era salvato sia lui che la sua roba. (Immagine di un ex voto presente in http:// museocarnico.it/it/esplora/cramars/).
E fino al periodo napoleonico, quando leggi restrittive misero fine a questa attività, gli emigranti furono Kramars, venditori ambulanti, che si portavano negli imperi centrali e fino all’attuale Romania, con diversa fortuna. Quindi essi ‘si riciclarono’, per usare quanto detto da Luca Caneva, quali addetti alla silvicoltura e operai nell’edilizia (9) fino alla prima guerra mondiale, che trasformò tutti in soldati al fronte, dopo che, nel 1914, gli emigranti erano stati respinti alla frontiera austriaca, e questo lo dico io. (10).
Quanti erano gli emigranti solo nella zona di Collina? Nel 1815 i ‘collinotti’ che si spostavano per lavoro all’estero, partendo in marzo (a San Giuseppe) e rientrando ad ottobre, erano 56 su 220 abitanti, quindi un residente su 4. Fra questi vi era anche uno dei fratelli di Eugenio, Alberto che, nel 1876, risultava emigrante in Istria, allora sotto gli Asburgo. Ed il gran numero di emigranti nella Carnia tutta, stava ad indicare che le risorse locali non erano sufficienti neppure per la mera sussistenza. Inoltre, anche all’epoca, vi era un avanzare dei boschi ai danni dei pascoli, ma vedremo come questo aspetto avesse più cause: l’emigrazione maschile che toglieva braccia all’allevamento ed alla cura dei boschi, e la mancanza di una strada che permettesse facilmente il trasporto a valle del legname tagliato e messo all’asta. (11). A questo, secondo Luca Caneva, si doveva aggiungere l’invasione di prodotti agrari provenienti dal Nord America che fecero, allora, crollare i prezzi e portarono l’Italia ad una importante crisi economica. (12).
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In questa situazione si inserì l’opera di Eugenio Caneva, maestro, che favorì la realizzazione di opere pubbliche e della latteria cooperativa indispensabili per migliorare la vita del paese. Ma questo accadde, a fine Ottocento inizi Novecento in Carnia, grazie alle rimesse degli emigranti, alla presenza di Banche che permettevano di chiedere un prestito, alla creazione di istituti di credito cooperativi, agli aiuti di Stato.
A Collina la prima ad essere costruita fu la canonica, a cui seguirono la fontana e la scuola oltre che l’apertura della strada ‘Fulin Tors’ ed alla realizzazione di alcune migliorie nella viabilità esistente.
L’edificio della scuola fu realizzato nel 1904 – 1905 dalla ditta di Amedeo Zanier fu Pietro di Rigolato, che aveva fatto l’offerta migliore, dopo uno studio meticoloso dell’occorrente da reperire anche in loco. I lavori per costruirlo iniziarono il 19 luglio 1904 con la posa della prima pietra e terminarono solo nell’ ottobre 1905, a causa di avverse condizioni atmosferiche ma anche di problemi pratici inimmaginabili. (13).
«La fondazione dei muri a mezzodì e quasi metà della parte a ponente, si dovette fondare di oltre 3,50 metri e ancora mettere uno zatterone di legni di larice. Sorprendente fu trovare dei carboni di legna a metri 3 di profondità ed un ferro di bue, alla profondità di metri 2,50». (14). Inoltre il tetto era stato fatto con lamiera zincata, ma iniziò a “spandere’” cioè a lasciar filtrare acqua sin dal primo anno di scuola, mentre il parafulmine fu rovesciato dalla neve al secondo anno di utilizzo, ma si era dovuto metterlo perché obbligatorio. (15). Inoltre l’ingegnere mandato dal governo a controllare i lavori, essendo un terzo della spesa coperto dal Governo stesso, così si era espresso: «Non firmo il collaudo se prima non viene spostato il muro dietro alle latrine ed intonacate queste interamente in cemento e fatti gli sfori per l’acqua piovana». (16). Comunque alla fine i nuovi locali per la scuola vennero inaugurati e poterono iniziare a funzionare nel 1905 accogliendo pure come maestro Eugenio Caneva, allora non più giovanissimo, infatti aveva già 63 anni. Egli insegnò per ben 8 lustri (40 anni) e andò in pensione con l’assegnazione del diploma di benemerenza. (17). Ed aveva prestato pure il servizio militare in qualità di sergente come attesta la copia del documento pubblicato a p. 98 del suo “Promemoria”.
Collina di Forni Avoltri 1886. In alto a sinistra, in piedi, il maestro Eugenio Caneva. (Da: Eugenio Caneva, Promemoria ai posteri, op. cit. in note, particolare, p. 98).
Benché nel lasciare il Promemoria ai posteri, Eugenio Caneva volesse esser ricordato per tutte le attività svolte nel paese, egli è ora ricordato principalmente per aver promosso la creazione della prima latteria sociale della provincia di Udine.
Per il maestro non fu impresa facile: infatti i cosiddetti ‘bastian contrari’ erano molti, ma infine egli ed i sostenitori della realizzazione della latteria sociale ebbero la meglio, visti gli indubbi aspetti positivi che avrebbe portato alla popolazione.
Secondo Paolo Braida, prima del 1880, data di creazione della latteria di Collina, erano già operative latterie turnarie spontanee, che producevano formaggi. E vi sono documenti che già nel XVIII secolo, un capitano delle Milizie, un Savorgnan, convinse gli uomini di Osoppo a costituirsi in latteria cooperativa con funzionamento turnario. Per essere precisi, però, io ho trovato sull’articolo di Lara Zilli intitolato “Le latterie sociali in Friuli”, in: “Tiere Furlane” n. 23 del dicembre 2015, pp. 48 – 56, che, verso la fine del XVIII secolo, nella zona di Osoppo sorsero delle “compagnie del latte” per iniziativa dell’allora capitano della milizia appartenente ai conti Savorgnan, che erano strutturate su di un sistema di tipo itinerante che prevedeva, sulla base di accordi privati tra alcune famiglie, la lavorazione a turno del latte nelle proprie case e con i propri attrezzi. Tuttavia questo tipo di lavorazione non seguiva nessuna tecnica e nessuna regola d’igiene e ciò andava a detrimento della qualità dei prodotti realizzati. (Lara Zilli, op. cit., p. 48).
Solo dopo il 1870 comparvero in tutta Europa i primi segni di modernizzazione ed in Italia, alla fine dell’‘800, primi del ‘900, sorsero non solo Società di Mutuo Soccorso e Cooperative, ma anche latterie sociali cooperative, che non furono però «emanazione spontanea del mondo contadino, ma piuttosto la fase più moderna di un’antica attività artigianale gestita e controllata dalla classe dirigente e colta della comunità» (Ivi, p. 49)» (18).
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L’iniziativa del Caneva, secondo il nipote Luca, poteva pure rispondere anche alle esigenze di un repentino aumento della popolazione locale che poteva però sempre contare solo su un numero limitato di risorse. Quindi ecco il maestro Caneva proporre la latteria sociale come forma di sfruttamento più razionale dei pascoli, con selezione dei capi bovini e, quindi una migliore qualità dei prodotti caseari. (19).
Ma dal suo ‘promemoria’ sappiamo che il maestro Caneva, come tutti gli abitanti di Collina, era interessato direttamente ad una produzione migliore di latte, sia scegliendo le vacche che i tori da monta, ed egli stesso si era iscritto per parteciparvi con una sua mucca di razza ‘Alpina Carnica’ alla “Mostra bovina del Canale di Gorto che si sarebbe tenuta ad Ovaro il 14 aprile 1907, come altri. Ma «Non fu possibile condurre gli animali da Collina, causa la distanza, le strade ed il tempo che pioveva e nevicava» (20).
Quindi, ritornando un momento indietro alla realizzazione della latteria sociale di Collina di Forni Avoltri, essa partì da una idea del maestro Caneva mutuata dalla lettura del ‘Trattato’ (21) scritto dal famoso agronomo lombardo e divulgatore scientifico, diremmo oggi, Gaetano Cantoni e dalla conoscenza delle esperienze in proposito iniziate in Svizzera, nel bellunese, in Lombardia. Infatti era allora buon senso comune, in Carnia, di non investire danaro alcuno in nuove realizzazioni se non ci fossero stati studi, eventuali esperienze pregresse e dati di base a conforto, su cui valutare la bontà di una proposta. Mica come ora …. Ca baste che lu assessor, un governant ….
Eugenio Caneva. (Da: http://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/caneva-eugenio/).
Ed ecco nel fiore degli anni, il maestro Eugenio Caneva, trentottenne, dopo aver coinvolto prima di recarsi nel bellunese, i suoi giovani allievi della scuola serale nell’impresa, stendere nel 1880 una bozza di Statuto per la nuova latteria sociale di Collina e quindi riunire i 28 nuclei familiari proprietari di vacche per una prima proposta, seguita poi dall’ incontro ove 32 collinotti decisero di passare alla stesura di uno statuto per la nuova società cooperativa. (22).
Inoltre prima di rendere operativa la latteria sociale, il maestro Eugenio Caneva, pare a sue spese, si portò nel bellunese assieme a Michele Tamussin di Pasquale, per «visitare quei caseifici e per avere istruzioni all’ uopo». (23).
Quindi una cosa appare chiara leggendo questa storia ma anche quella del gruppo delle Cooperative Carniche e della Creazione della Comunità Carnica: i proponenti, persone istruite e piene di coraggio, di dette istituzioni alla teoria unirono la pratica andando a vedere, studiando da più punti di vista i problemi, in modo da non avere paura a sostenere le proprie tesi davanti a chi alle stesse si opponeva. Bisognerebbe che certi nostri politici imparassero dagli avi, penso fra me e me.
Una volta redatto e registrato lo statuto della nuova latteria sociale, bisognava però trovare una sede per la nuova latteria, formata da 38 soci, che fu inizialmente collocata nella ‘casa di Giutta’, che fu presa in affitto il primo marzo 1881. All’inizio l’attività andò bene, tanto che i soci salirono a 39, ma il terzo anno qualcosa non funzionò, tanto che a critica seguì critica da parte di coloro che, secondo il maestro Eugenio Caneva, «non hanno le mani in pasta» (24). Infatti «certi messeri si credono necessari, […] e ci sono di quelli che vogliono speculare su tutto; dopo usati mezzi leciti ed illeciti per mettere il zampino e non riusciti, seminarono la discordia per abbattere la società (latteria n.d.r.), non avendo potuto avere il monopolio». (25).
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Ed accade che «per vendicare la tenacità del presidente della società Eugenio Caneva, nel far valere il contratto (del) 15 ottobre 1880, lo tacciarono di appropriazione indebita, non solo a parole, ma l’accusarono alla polizia. L’ 11 maggio 1884 venne fatta un’inchiesta dall’ onorevole sindaco Vidale Giacomo, segretario Asti, assistiti dalla benemerita Arma dei regi Carabinieri». (26). Tale inchiesta riuscì infruttuosa, e chi aveva denunciato Eugenio Caneva rimase con un palmo di naso, ma poi egli perdonò. Però due continuarono ad averlo nel mirino, e dissero male di lui all’ osteria, ma questa volta fu il maestro Caneva a sporgere querela. Ma, dico io, i detrattori, gli esperti dei lavori già fatti, gli invidiosi esistono dovunque ed in ogni contesto. Quindi i due vennero chiamati a comparire a giudizio, ma questa volta si intromise a fare da pacere il medico Arturo Magrini, ed ancora una volta Eugenio Caneva perdonò ma a patto che essi pagassero le spese processuali e facessero pubblicare, a loro spese, una ritrattazione sui giornali della Provincia. (27). E un anno dopo, nel 1883, la latteria riuscì persino a vincere la medaglia di bronzo all’esposizione delle latterie friulane.
Nella primavera del 1885, iniziò la costruzione della nuova sede per il caseificio in località Vidulis, che andava bene sia agli abitanti di Collina che a quelli di Collinetta, un locale di ben 190 mq. che comunque costò molto anche se i soci collaborarono lavorando gratis all’impresa. Dal testo del Promemoria, pare che venisse lavorato, in detto locale, anche latte di capra, se ho ben compreso. (28). Si sarebbe però potuto produrre di più se gli uomini si fossero decisi a rimanere a coltivare i fondi del paese, ma invece emigravano, e più di tanto non si poteva fare, dato che tutto il lavoro dello sfalcio e del fieno era affidato alle donne che dovevano sobbarcarsi mille attività.
Vittorio Molinari. Foto scattata in zona Collina. (Da Archivio Molinari).
I soci inizialmente si avvalsero, per migliorare il bestiame, anche della stazione di monta taurina del paese, costruita con l’aiuto finanziario di Tommaso Sottocorona (29), e di una malga che poi, però, abbandonarono. (30). La latteria sociale di Collina ebbe lunga vita e terminò solo dopo la seconda guerra mondiale a causa dell’emigrazione diventata definitiva, della meccanizzazione, e di questioni di mercato. E ci fu anche chi, come il presidente della provincia Candolini, allora, sosteneva che i montanari facevano bene ad abbandonare i paesi ed a spostarsi in luoghi più vivibili. (31).
Luca Caneva ci racconta, poi, che venne creata pure, nel 1881, una società di mutuo soccorso tra allevatori proprietari di bovini, con lo scopo di sostenere i soci i cui capi di bestiame fossero morti per malattia od altra causa. Allora la morte di una mucca era una tragedia per le famiglie locali. Ai primi Novecento, ma presumibilmente anche alla fine dell’Ottocento, inoltre, alcuni comperavano vacche in Svizzera, tramite un intermediario, ma spesso questi aveva i soldi contati, e non sempre riusciva ad acquistare i capi migliori. (32). E così non era difficile che le bestie si ammalassero, anche a causa del toro. Per questo nel secondo dopoguerra si passò, anche per selezionare la razza, alla inseminazione artificiale. (33).
Alla fine dell’Ottocento, parallelamente al sorgere delle latterie sociali, in Carnia iniziò anche la sperimentazione agricola, con l’introduzione della canapa e del mais. (34). Ma non mancavano riviste specializzate e non dobbiamo dimenticare che a Collina, nel 1909, si era recato pure Giovanni Bubba, titolare della Sezione di cattedra ambulante di agricoltura di Tolmezzo ed attivo anche in Friuli, a fare una conferenza (35).
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Infine in un paese così piccolo e con nuclei familiari per lo più dediti a sopravvivere, bisognava sfruttare ogni ricchezza e quindi anche il bosco. Ma c’era il problema, a cui ho già accennato, di portare al fiume la legna, perché altrimenti, senza riuscire a farlo, i tronchi avrebbero avuto un valore misero, come spesso accadeva, e ben pochi compratori.
Ed ecco muoversi il maestro Eugenio ed altri, fra cui il benemerito medico Arturo Magrini, per cercare di far realizzare una via tra la località ponte Fulin di Collinetta e la fontana di Tors di Rigolato, , il cui progetto fu affidato al geometra Giovanni Battista Puntil di Rigolato, che lo produsse nel 1898, onde sopperire pure al problema che la frazione di Collinetta risultava «segregata e chiusa, nel difetto cioè di una via di estradizione del legname, estradizione che oggi riesce possibile solo in date epoche dell’anno e sempre malagevole faticosa e costosa, con rotture che hanno raggiunto il 28%». (36).
Detta strada, una volta costruita, avrebbe permesso un accesso a valle autonomo anche per Collinetta, sino al allora unita solo a Collina da una strada considerata “non molto comoda” realizzata nel 1889, su idea sempre del maestro Caneva Eugenio e progetto dell’ingegnere Zamparo di Udine, che era, allora, sorvegliante stradale provinciale da Ovaro a Sappada. Dopo la sua realizzazione si notarono degli inconvenienti, come un ponte troppo basso ed un tombino che era franato al collaudo, che furono risolti con aggravio di spesa. (37).
Ma ritornando alla progettazione della strada: ponte sul rio Fulin- fontana di Tors, essa avrebbe permesso pure, portando liquidità alle famiglie grazie alla vendita a prezzi normali del legno e non a sottocosto, di acquistare più facilmente qualcosa e portarlo in loco, perché, come in molte località montane, «dove l’inverno dura da settembre ad aprile e dove a stento non si produce che patate, cavoli, orzo e segala» (38) una ulteriore via di accesso avrebbe favorito una vita meno caratterizzata da “stenti e privazioni”. (39).
Risultando però il progetto di detta nuova via redatto dal geometra Puntil con qualche errore, esso fu corretto dallo stesso geometra assieme all’ing. Giovanni Battista Zozzoli di Gemona. Non solo: venne presentato anche un progetto alternativo, firmato dall’ ing. Milesi, che univa Collina a Forni Avoltri passando per Sigilletto e Frassenetto. Quest’ ultimo però, a detta del maestro Caneva, poneva allora grossi problemi di realizzazione che avrebbero portato ad una spesa eccessiva sia per la sua realizzazione sia per la manutenzione del tracciato. (40).
Quindi iniziò il lunghissimo iter per farlo approvare presso il genio civile, per superare i diversi problemi presenti, per recuperare il denaro per la sua realizzazione. Infatti correva l’anno 1897 ed era l’88 giugno, quando fu deliberato di costruire una strada che congiungesse il ponte Fulin di Collinetta con la fontana di Tors, sobborgo di Givigliana ed in comune di Rigolato, e il 15 settembre 1898 il progetto fu consegnato dal geometra Puntil, ma poi passarono altri due anni prima che i collinotti, esasperati, facessero istanza al sindaco di Forni Avoltri perché si adoperasse al fine di far cedere i terreni per la realizzazione dell’opera. (41).
Pagina da ‘Promemoria …’ di Eugenio Caneva con i calcoli per il mutuo contratto con la Banca Carnica.
E si giunse al 1905 per iniziare a cercare un istituto di credito che permettesse il finanziamento alle migliori condizioni, mentre restava aperto un problema tecnico per l’acquisizione di parte del bosco gestito dal Consorzio “Vizza Collina”, che dalla strada non avrebbe avuto che vantaggi, non ancora risolto nel 1906. (42). L’anno seguente il problema del finanziamento dell’opera non era ancora del tutto risolto, mentre si tentava di coinvolgere nello stesso anche il Ministero della Guerra, con esito positivo. Alcune personalità vennero coinvolte nell’impresa e fra queste il medico e cavaliere Arturo Magrini che apprendiamo dal Caneva, non era in buoni rapporti con l’amministrazione comunale di Rigolato, per motivi non specificati. (43).
Infine la nuova strada fonte Fulin – fontana di Tors nel 1908 trovava pure un finanziamento sopportabile, con interesse al 5% presso la Banca Carnica, con cifra da rendersi, compresi gli interessi, entro il 1915, e si passava alla realizzazione dell’opera. (44).
Quindi, il 24 luglio 1908, circa 12 anni dopo la consegna del progetto, veniva affidata la realizzazione del tronco di strada dal Ponte Fulin alla forcella Tors alla impresa edile di Fridolino Romanin detto ‘Brigidin’ di Forni Avoltri ed unitamente ai suoi compagni di lavoro Romanin Valentino e Pietro Nadich (45). Ed infine, il 25 gennaio 1909, si iniziavano i lavori per la seconda parte: quella dalla forcella Tors a Tors, ma essi furono fermati da tale Zanier Lugi che, pur avendo concesso prima il permesso di passaggio per un suo fondo al comune, poi si oppose. Infine anche questo problema fu risolto mentre a Forni Avoltri circolavano le solite dicerie e cioè che la strada era stata fermata dai banchieri e dalle autorità militari che non ne permettevano la costruzione, il che era totalmente falso. (46). E sul lavoro anche allora potevano accadere degli incidenti, tanto che Toch Giovanni il 23 novembre1908, nel costruire il tratto di strada da Forcella a Tors era ‘rovinato’ a causa di una mina. (47).
Infine la strada venne costruita, mentre, nel 1910, si ipotizzava un suo prolungamento da ponte rio Fulin fino a Collinetta (48), e nel 1909 era iniziata pure la realizzazione della strada che da Rigolato portava a Comeglians, i cui lavori erano stati affidati all’impresa Tonini di Udine. Ma il 1910 è anche l’anno in cui fu inaugurata la ferrovia stazione per la Carnia Tolmezzo – Villa Santina, che apriva il territorio montano alla pianura con una via più moderna ed alternativa ai carri condotti dai carradori.
Ma poi venne la guerra ed i tempi cambiarono. Collina si era dotata di una latteria vanto per i tempi, di una nuova scuola, di una viabilità funzionale allo sfruttamento del bosco che favorisse la fluitazione dei tronchi lungo il Degano e nel 1906 era stato appaltato un servizio di posta da Comeglians a Forni Avoltri da effettuarsi con una corsa al mattino ed una di notte ogni giorno. Infine era stato costruito il nuovo cimitero mentre la realizzazione di una cella mortuaria risaliva al 1880 e il prete potò trovare, già nel 1877, 1878, alloggio nella nuova canonica. Ed il ponte sul Fulin risaliva al 1883. Nel 1906, invece, Collina fu dotata di un telefono pubblico.
Umberto Antonelli. Collinetta. (Da: AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980, p. 169).
Era dunque una rivoluzione epocale per Collina quella portata avanti dal maestro Eugenio Caneva ed altri con l’aiuto pure del bravo medico Arturo Magrini, ma il progresso sognato si infranse con tro le armi le morti, l’orrore ed il terrore della prima guerra mondiale, combattuta per Trento che non aveva mai chiesto di diventare italiana come la sue provincia e men che meno l’Alto Adige, e Trieste, che vide la sua fortuna sotto l’impero Austro- ungarico per poi economicamente deperire vorticosamente.
Questa storia si chiude con la morte del maestro Eugenio Caneva, avvenuta il 3 marzo 1918, con il suo paese, come la Carnia, invasa dagli austriaci.
Cosa ci insegna questa storia? Che certi cambiamenti in meglio e necessari si possono fare, ma solo se vengono discussi insieme e se vengono progettati dopo ripetuti sopralluoghi. E certamente dal progresso giunto nel piccolo paese trasse vantaggio il maestro, che viveva a Collina con la moglie Cristina Di Sopra, che aveva sposato nel 1871 e da cui ebbe ben 5 figli, ma anche l’intera comunità. Inoltre chi va ora a Collina di Forni Avoltri per raggiungere il rifugio Tolazzi ed il monte Coglians, se ha letto questa storia potrà vedere i luoghi ove essa ha avuto luogo e chi non è mai stato a Collina potrebbe essere interessato a vistarla. E per inciso, quando il 5 dicembre 2020 cadde una frana che bloccava il transito da Collina a Forni Avoltri, i collinotti ripresero il transito per la via del Fulin, allora non sicurissima, di cui il sindaco di Rigolato D’ Andrea chiese la sistemazione definitiva, dopo la riattivazione della viabilità normale per non tagliar fuori nuovamente Collina riportandola a fine ‘800. (49). E leggendo questa notizia come si può non pensare al maestro Caneva ed alla fatica che egli fece e fecero gli abitanti di Collina per costruire quella via?
Quindi il mio invito è a visitare Collina e Collinetta, ricordando pure il maestro Eugenio Caneva, il medico Arturo Magrini ed altri che, sulla base delle analisi delle necessità del paese, (il Caneva pure abitandovi), concorsero in scienza e coscienza’ a migliorare le condizioni di vita degli abitanti di quei piccoli borghi ancora pieni di vita. E ricordiamoci: i paesi non erano e sono solo contorno alle montagne.
Laura Matelda Puppini.
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Note.
- Intervento di Tonassi, presidente di Confcooperative Fvg all’incontro promosso da Confcooperative a Collina di Forni Avoltri il 2 novembre 2019.
- Luca Caneva, “Un maestro prestato (anche) alla zootecnia”, sulla figura di Eugenio Caneva, suo avo, Incontro tenutosi a Collina il 2 novembre 2019. Registrazione di Laura Matelda Puppini.
- Ibidem.
- Eugenio Caneva, Promemoria ai posteri, ed. Confcooperative, 2020, p. 30.
- Cfr. sulla costruzione della nuova canonica, Ivi, pp. 42-44.
- Ivi, p. 50.
- Cfr. ivi l’esempio della nuova strada, che qualcuno non voleva percorrere, dicendo che egli sarebbe andato solo per la vecchia via, come sempre fatto, a p. 49. Ed ivi, a p. 47, si legge che vi erano a Collina, come in ogni paese, ‘ben pensanti’ e ‘retrogradi’.
- Più volte viene citata la figura di Arturo Magrini, medico, nella sua positività per Collina da Eugenio Caneva, per esempio a p. 47; 52; 120; 122; 123; 124; 126 e 127. A p. 47 il Caneva fa notare che Arturo Magrini era anche consigliere provinciale. Luca Caneva, op. cit.
- Luca Caneva, op. cit.
- Laura Matelda Puppini, O Gorizia tu sei maledetta. Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, e non solo, la Prima Guerra Mondiale, detta “la Grande Guerra”, Andrea Moro ed., 2016, pp. 9-16.
- Più volte, motivando la scelta di costruire la strada ‘Fulin -Tors’, Eugenio Caneva scrive che così si sarebbe potuto trasportare i tronchi dei boschi di Collina fino al Degano, facendone aumentare il valore.
- Luca Caneva, op. cit.
- Sulla costruzione dei nuovi locali scolastici, cfr., Eugenio Caneva, op. cit., pp. 152-154.
- Ivi, p. 153.
- Ibidem.
- Ivi, p. 154.
- Ivi, p. 30.
- Udine, 18 novembre 2019. Per i 100 anni di Confcooperative… Parte seconda. Storia di latterie e cooperazione cattolica. In: www.nonsolocarnia.info.
- Luca Caneva, op. cit.
- Eugenio Caneva, op. cit., pp. 60-61.
- Trattasi verosimilmente del ‘Trattato completo di agricoltura’ in 2 tomi, edito a Milano da Vallardi nel 1852-1853 e completato con un terzo volume nel 1885, di Gaetano Cantoni, milanese, laureatosi in medicina ma dedicatosi all’ agronomia, direttore della Regia Scuola Superiore di Agricoltura di Milano. Suoi sono numerosi scritti riguardanti viticoltura, bachicoltura, gelsicoltura, enologia, rotazioni agrarie, zootecnia, industria lattiero-casearia, ed altro. (http:// edu.it/chi-era-gaetano-cantoni/).
- Eugenio Caneva, op. cit., pp. 50 – 51.
- Ivi, p. 50.
- Ivi, p. 51.
- Ivi, p. 51.
- Ivi, p. 52.
- Ibidem.
- Ivi, p. 57.
- Luca Caneva, op. cit.
- Eugenio Caneva, op. cit., p. 53. Per Luca Caneva le malghe erano due.
- Luca Caneva, op. cit.
- Laura Matelda Puppini, Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne Culture, 2007, p. 100.
- Romano Marchetti, (a cura di Laura Matelda Puppini) Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona. Una vita in viaggio nel ‘900 italiano, Ifsml e Kappa Vu ed. 2013.
- Luca Caneva, op. cit.
- Eugenio Caneva, op. cit., p. 65.
- Ivi p. 72.
- Ivi, pp. 45-46.
- Ivi, p. 92.
- Ibidem.
- Ivi, p. 95.
- Ivi, p. 106.
- Ivi, pp. 106-107 e p. 114.
- Ivi, p. 123.
- Ivi, p. 125.
- Ivi, p. 132 e pp. 142-143.
- Ivi, pp. 132-133.
- Ivi, p. 134.
- Ivi, p. 137- 138.
- Cfr. “Un ordine del giorno per mettere a posto la strada del Fulin, in www.messaggeroveneto.it/cronaca/un-ordine-del-giorno-per-mettere-in-sicurezza-la-strada-del-fulin-brzfc1u9. L’articolo è datato 8 luglio 2021 e parla di una frana caduta il 5 dicembre 2020 lungo la strada Collina di Forni Avoltri – Forni Avoltri che aveva isolato gli abitanti di Collina, Collinetta, Sigilletto e Frassenetto, costretti, se non dotati di fuoristrada e abili a percorrere la strada ‘del Fulin’ a rimanere a casa fino ad un mese dopo, quando la Protezione Civile trovò una soluzione provvisoria per riaprire la viabilità. (Forni Avoltri. Frazioni isolate, si passa solo con i fuoristrada, in: http://www. rainews.it/tgr/fvg/video/2020/12/fvg e http://www.studionord.news/frazioni-di-forni-avoltri-in-700-chiedono-di-ripristinare-la-strada-del-fulin/. Ben 700 persone chiesero allora di ripristinare la via Fulin Tors e si formò pure un comitato ‘Strade del Fulin’, percorsa solo da fuoristrada a senso unico alternato, ma che almeno aveva permesso al paese di sopravvivere. (http://www.studionord.news/frazioni-di-forni-avoltri-in-700-chiedono-di-ripristinare-la-strada-del-fulin/).
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L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle utilizzate al suo interno. L.M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/eugenio-caneva-ed-arturo-magrini-uomini-di-altri-tempi-che-cercarono-di-portare-il-progresso-in-una-piccola-comunita-come-quella-di-collina-e-collinetta/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/04/collina-Immagine1.png?fit=666%2C513&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/04/collina-Immagine1.png?resize=150%2C150&ssl=1STORIAAnche in luoghi dove non era ed è facile vivere quotidianamente per le difficoltà allora presenti, come Collina e Collinetta di Forni Avoltri ai piedi del Cogliàns, queste hanno portato pure i loro abitanti ad avvicinarsi al mondo cooperativo, che presentava, in particolare agli inizi del Novecento, un modo...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia

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