‘Fremasons’ del Gran Oriente d’Italia. Cenni di storia della massoneria fino alla prima guerra mondiale.
Non sapevo cosa fosse la Massoneria, ma me ne parlò positivamente mio padre, per l’importanza che dava all’educazione, allo studio ed al miglioramento delle condizioni di vita dei più poveri; non sapevo cosa fosse la Massoneria, ma poi incontrai la figura di Vittorio Cella; non sapevo cosa fosse la Massoneria, ma poi Romano Marchetti mi parlò di suo zio, Mario Agnoli; non sapevo cosa fosse la Massoneria, ma poi lessi che vi era affiliato anche Giovanni Cleva … Le associazioni si leggono attraverso le loro finalità e l’impegno concreto di uomini che ve ne fecero parte, penso fra me e me.
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Ho letto, perché interessata all’argomento, l’articolo di Franco Cardini: Le origini segrete della Massoneria, in Il Fatto Quotidiano 9 luglio 2017, tratto dal suo articolo Storia della Massoneria tra segreti e anticlericalismo, in: Vita e Pensiero, n.3/2017, rivista dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, fonte forse non proprio neutrale nello scrivere su questo argomento, e francamente ho capito poco e nulla perché mi pare un guazzabuglio. Eppure volumi sulla storia della Massoneria non mancano, e vanno da: Carlo Francovich, Storia della massoneria in Italia, dalle origini alla rivoluzione francese, La Nuova Italia, 1974, da alcuni ritenuto, però, per certe parti superato; AA.VV., La Massoneria. La storia, gli uomini, le idee, (a cura di Zeffiro Cioffoletti e Sergio Moravia), Mondadori ed., 2011; Fulvio Conti, Massoneria e religioni civili, cultura laica e liturgie politiche, il Mulino saggi, 2008; Fulvio Conti, Storia della massoneria italiana: dal Risorgimento al fascismo, Bologna, Il mulino, 2006; Aldo A. Mola, Storia della massoneria italiana, Bompiani ed., 1992, Valentina Maria Melfa, Massoneria e fascismo. Dall’interventismo alla loggia partigiana, Bonanno editore, 2010, solo per citarne alcuni, che presentano pure una ricca bibliografia a corredo.
E bisogna star molto attenti a non confondere qualsiasi gruppo iniziatico con la Massoneria, ed anche la stessa, in Europa, ebbe vari volti. Attualmente in Italia si trova divisa tra il G.O.I., Grande Oriente d’Italia, di Palazzo Giustiniani, e la Gran Loggia d’Italia, Obbedienza di Piazza del Gesù, Palazzo Vitelleschi. Infine non deve meravigliare il fatto che la Massoneria fosse associazione segreta ai tempi dei Papa re, di Sovrani ed imperatori, in quanto il professare idee libertarie nate anche dall’Illuminismo, poteva portare dritto al patibolo. Quindi per riconoscersi e non lasciare tracce che potessero cadere in mano a terzi, ed al fine di creare un reale “spirito di corpo”, i massoni utilizzavano un rituale preciso, che ancor oggi caratterizza i lavori delle logge. Ma anche la chiesa cattolica, in particolare dopo il Concilio di Trento, si è arroccata su rituali e arredamenti peculiari, che fecero spendere non poco alle comunità di villaggio, già oberate da ben altri problemi. Inoltre la Massoneria aveva preso origine dalla corporazione degli architetti, ove si entrava per diritto ereditario, trasmettendosi il mestiere ed i segreti dello stesso da padre in figlio, ed a cui fanno riferimento i simboli della Massoneria, che si era mutata in associazione che prevedeva la libera adesione ad alcune condizioni più di carattere materiale che altro. Semmai, invece, non era ed è possibile abbandonarla, ma esiste la possibilità, per gli adepti, di essere messi in sonno, cioè di uscire dalla partecipazione attiva, mantenendo però la qualità di iniziato, e quindi di richiedere, in seguito, di essere riammessi ai lavori della Loggia. (http://www.grandeoriente.it/che-cosa-e-la-massoneria/glossario/).
Attualmente, quando in Italia si riportano dati anche sugli affiliati, ci si riferisce, in genere, alle logge del G.O.I., Grande Oriente d’Italia, come farò in questo mio articolo, ma in Italia vi furono e sono altre logge, di diversa obbedienza e rituale. (Fulvio Conti, La Massoneria e la costruzione della nazione italiana dal Risorgimento al Fascismo, in: AA.VV., La Massoneria. La storia, gli uomini, le idee, op. cit., p. 156). Inoltre all’interno di una stessa obbedienza possono essere praticati diversi riti, senza che questo comporti uno scisma. (http://www.cesnur.com/appendice-i-massonerie-e-religione/obbedienze-e-riti-massonici/).
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Finalità.
La massoneria è nata come associazione iniziatica e di fratellanza che propone un patto etico-morale tra persone libere ed una tensione collettiva fra tutti gli affiliati tendente al perfezionamento delle più elevate condizioni dell’umanità.
La massoneria ufficiale dichiara di non avere barriere etniche, religiose, ideologiche e politiche, ed ha come riferimento normativo le “Costituzioni di Anderson”, scritte nel 1723 dal fratello e pastore presbiterano James Anderson, (Il testo è reperibile sul sito del Grande Oriente d’ Italia – Palazzo Giustiniani, http://www.grandeoriente.it/chi-siamo/antichi-doveri/), anche se esistono alcune differenze dovute a tradizioni locali e storiche. Sin dal suo sorgere, la massoneria è costituita da logge, cioè gruppi organizzati di persone che operano insieme con gli stessi scopi e ideali, seguiti da ogni massone del mondo. In questo senso è considerata dai suoi aderenti “universale”, pur nelle sue complesse diversità interne.
Ancor oggi sul sito del Grande Oriente d’Italia si può leggere che esso è un Ordine iniziatico i cui membri, senza distinzione di razza o di ceto sociale, operano per l’elevazione morale e spirituale dell’uomo e dell’umana famiglia, che la natura della Massoneria e delle sue istituzioni è umanitaria, filosofica e morale, e che essa lascia a ciascuno dei suoi membri la scelta e la responsabilità delle proprie opinioni religiose, ma nessuno può essere ammesso in Massoneria se prima non ha dichiarato esplicitamente di credere nell’Essere Supremo. Inoltre la Massoneria non è una religione né intende esserlo; non pratica riti religiosi, non valuta le credenze religiose, non si occupa di nessun tema teologico, non consente ai propri membri di discutere in Loggia di argomenti religiosi. Inoltre afferma l’alto valore della singola persona umana e riconosce ad ogni uomo il diritto di contribuire autonomamente alla ricerca della Verità. La Massoneria lavora con propri metodi, mediante l’uso di rituali e di simboli coi quali esprime ed interpreta i princìpi, gli ideali, le aspirazioni, le idee, i propositi della propria essenza iniziatica. Essa stimola la tolleranza, pratica la giustizia, aiuta i bisognosi, promuove l’amore per il prossimo e cerca tutto ciò che unisce fra loro gli uomini ed i popoli, per meglio contribuire alla realizzazione della fratellanza universale. Il Massone è tenuto ad osservare scrupolosamente la Carta Costituzionale dello Stato nel quale risiede o che lo ospita e le leggi che alla stessa si ispirano.
La Massoneria non permette ad alcuno dei suoi membri di partecipare o anche semplicemente di sostenere od incoraggiare qualsiasi azione che possa turbare la pace e l’ordine liberamente e democraticamente costituito della società. (http://www.grandeoriente.it/chi-siamo/identita-del-grande-oriente-d-italia/, 2013, http://www.grandeoriente.it/chi-siamo/costituzione-e-regolamento/ novembre 2017).
Qualcuno potrebbe dire che sono solo buoni propositi, ma poi… ma anche la Chiesa cattolica ha buoni principi ma poi non tutti i suoi seguaci li mettono in pratica.
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Da quelle lontane origini …
La Massoneria viene definita da Carlo Francovich la «figlia primogenita dell’intellettualismo settecentesco» e nacque sotto il contrastante influsso del razionalismo e del preromanticismo, legato alla tradizione occultista. (Carlo Francovich, Storia della massoneria in Italia, dalle origini alla rivoluzione francese, La Nuova Italia, 1974, nota introduttiva, p. XIII).
Storicamente la sua origine viene fatta risalire all’incontro di quattro logge di liberi muratori, tenutosi a Londra nel 1717 il giorno di San Giovanni Battista, da cui scaturì la Gran Loggia d’Inghilterra, che abbandonando gli antichi scopi corporativi, si dette finalità umanitarie e filantropiche. (Ivi, p.1).
Va pure detto che il termine fremasons, da cui liberi muratori in lingua italiana, deriva dal fatto che gli aderenti alla Confraternita dell’arte muratoria, spesso itineranti, avevano ottenuto, grazie alla Chiesa, l’affrancamento dai tributi e dalle soggezioni alle autorità locali. (Ivi, p. 2). Fra di loro gli adepti si chiamarono e si chiamano fratelli.
Le logge massoniche si caratterizzarono, sin dal loro inizio, vista la loro composizione variegata, per lo spirito di tolleranza sia dal punto di vista religioso che politico. Il massone non era obbligato a praticare una religione precisa, anche se si riteneva buona consuetudine seguire quella del paese d’origine. (Carlo Francovich, Storia, op. cit., p. 9).
Dall’Inghilterra la Massoneria si diffuse in Francia e negli Stati Imperiali, in particolare nel mondo germanico. Intorno al 1730 sorsero le prime logge anche in Italia, composte, inizialmente, prevalentemente da stranieri. (Ivi, p. 37). Una della Logge più importanti fu quella di Firenze che, nel 18° secolo, fu caratterizzata dal razionalismo, con tendenze deiste e materialiste. I suoi adepti appartenevano alla minoranza borghese formata da professionisti, intellettuali, proprietari e nobili imborghesiti. Nel 1700, logge sorsero anche a Milano, Verona, Padova e Vicenza, nonché a Venezia, Napoli, Livorno, Genova, Ferrara, Torino, a cui, poi, seguirono altre. (Ivi, pp. 133-149).
Dopo il 1740, con la calata, degli eserciti francese ed austriaco, e con l’insediarsi di sovrani borbonici ed asburgici, si formarono, nella penisola, anche nuovi ordini massonici. Sotto Maria Teresa d’ Austria la Massoneria prese piede anche a Vienna, mentre già fioriva a Praga, (Ivi, pp.238-239), ed alla fine del 1700, anche all’interno della Libera Muratoria italiana, iniziarono ad affermarsi in modo preponderante le idee razionaliste. (Ivi, p. 299).
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La Massoneria nel periodo napoleonico e risorgimentale.
Durante il periodo napoleonico la Massoneria, che presentava diverse obbedienze anche in disputa tra loro, attuò una svolta conservatrice e filogovernativa, mentre in epoca risorgimentale essa conobbe un certo affiatamento con la Carboneria. «Il rapporto di filiazione diretta della Carboneria dalla Massoneria o meglio da quelle logge informate agli ideali democratici ed egualitari […] viene dichiarato in modo esplicito ed inequivocabile. Ma nello stesso tempo risulta chiaro il superamento e il distacco che la Carboneria aveva operato», non solo a causa del conformismo massonico in epoca napoleonica, che condusse la Massoneria alla scomparsa dalla scena pubblica, ma anche per la diversità di pensiero, essendo la Carboneria maggiormente legata alla religione ed ai suoi simboli. (Fulvio Conti, La Massoneria, op. cit., pp. 146-149). Inoltre la composizione sociale delle logge massoniche era aristocratica ed elitaria, mentre invece la Carboneria era a maggioranza medio e piccolo borghese. (Ivi, p. 144).
Nel periodo risorgimentale, la Massoneria non ebbe più coordinamento nazionale, rimase in vita solo in qualche isolata località e riprese brevemente vigore fra il 1847 ed il 1849, durante la stagione riformistico-rivoluzionaria per chiudersi di nuovo nell’oscurità fino alla definitiva ricomparsa all’immediata vigilia dell’unificazione e dell’indipendenza nazionale. (Ivi, p. 149).
E l’organizzazione libero muratoria in Italia, fino al 1856, fu assai labile e la conservazione di vincoli associativi e di eredità culturale fu affidata principalmente alle tipologie aggregative formate da esuli politici emigrati in Europa, in America Latina e in altri paesi, e furono loro che, al rientro in Italia, rifondarono la Massoneria nella penisola. «Ciò nondimeno – scrive Conti- per tutta l’età liberale la Massoneria italiana rivendicò energicamente il contributo dato al movimento risorgimentale soprattutto accreditando la tesi della filiazione diretta della Carboneria e delle altre sette segrete, ma poi anche della Giovane Italia e del mazziniano Partito D’Azione» (Ivi, p. 151), forse esagerando il suo ruolo e creando una specie di ‘religione civile’ incentrata, per esempio, intorno al figura di Giuseppe Mazzini, che non consta fosse stato mai massone, anche se aveva accettato diplomi onorifici conferitigli da varie logge. (Cfr. nel merito, Fulvio Conti, Massoneria e religioni civili, cultura laica e liturgie politiche, il Mulino saggi, 2008).
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Dopo l’Unità d’Italia
Dopo l’unità d’Italia la Massoneria «fu una delle poche strutture organizzative diffuse sia pure in modo disomogeneo sull’intero territorio nazionale, nelle quali, all’indomani dell’Unità, si raccolsero tutte le anime politiche ed ideologiche del Risorgimento», e i costruttori della futura nazione italiana scelsero di preferenza questa forma associativa per farne un luogo di elaborazione di un progetto politico centrato su di una cultura laica, che veniva vista come la premessa per offrire al paese prospettive di progresso e modernizzazione. (Ivi, p. 153).
Le logge si diffusero ovunque, tanto che nel 1911 solo la provincia di Udine ne era priva. (Ivi, p. 155). Ma più la Massoneria diventava prendeva forza e pareva capace di influenzare la politica e la vita italiana, anche se peccava ancora per essere associazione frammentaria e disomogenea sul territorio della penisola, più si moltiplicarono infuocate campagne antimassoniche, che caratterizzarono la vita della penisola dall’Unità d’Italia. (Ivi, p. 156).
La Massoneria fu, inoltre, uno straordinario agente di moltiplicazione dell’associazionismo di matrice laica, e i suoi esponenti furono artefici di una intensa attività finalizzata alla costruzione di un reticolo associativo molto esteso e ramificato, che andava dalle società di mutuo soccorso alle cooperative, dalle banche popolari alle biblioteche, dalle scuole agli asili, alle società per le onoranze funebri e per la cremazione. (Ivi, pp. 156-157).
Il 21 maggio 1864 i massoni del Grande Oriente d’Italia si incontrarono a Firenze, ed iniziarono a definire le loro linee organizzative ed operative, che però non portarono all’ unificazione delle logge sotto un solo Ordine, tanto che un gruppo delle stesse, nello stesso periodo, si incontrò a Milano, dando origine ad una nuova obbedienza di Rito simbolico, mentre il Supremo Consiglio di Palermo viaggiava per conto suo, dopo aver nominato Gran Maestro Giuseppe Garibaldi. (Fulvio Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, il Mulino, 2003, pp. 55-59).
Ed allora la composizione della Massoneria era così eterogenea che vi faceva parte pure Michail Bakunin, portatore di un progetto per volgere l’associazione liberomuratoria verso ideali rivoluzionari, ma solo successivamente, al suo interno, iniziò a far capolino anche la linea democratico-operaista. (Aldo A. Mola, Storia della massoneria italiana, Bompiani ed., 1992, pp. 68-69).
In occasione del Congresso pacifista di Ginevra, nel 1867, i vertici della massoneria italiana iniziarono a mostrare vivo interesse per la pace e per il movimento pacifista internazionale. E l’anno seguente, in occasione del congresso pacifista di Berna, essi “fecero del pacifismo democratico e della richiesta di organismi di arbitrato a livello internazionale uno dei temi caratterizzanti il loro impegno politico e sociale.” (Fulvio Conti, Storia, op. cit., p. 76). Ma poi, di fatto, non sempre si mossero su questa strada.
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Fini della Massoneria. Gli statuti del 1867 e l’assemblea del 1869.
Negli Statuti, corpo normativo, del GOI, stesi nel 1867 la Massoneria veniva definita un’istituzione essenzialmente filosofica ed avente per scopi: il miglioramento dell’uomo che si consacra allo studio della natura nell’intento di essere utile ai propri simili; la promozione del perfezionamento dell’umanità e quindi “il progresso infinito dell’universo”. (Conti p. 71). E si sottolineavano l’importanza dell’impegno quotidiano dei fratelli massoni per la beneficienza e la filantropia ed il perfezionamento dell’umanità, e per l’educazione ad una morale conforme agli eterni principi della scienza. (Ivi, p. 73). Allora i principi dell’associazione massonica vennero riassunti in 3 punti: la ricerca del vero; la filantropia; la tolleranza. (Ivi, p. 74). Inoltre si chiariva che i fini esclusivi della massoneria erano lo studio della filosofia, l’educazione ad una morale conforme agli eterni principi della scienza.
In quella sede si sottolineò come la massoneria fosse «superiore a tutte le elucubrazioni e passioni dipendenti da umani interessi, e quindi alle questioni politiche e religiose», e si definirono, pure, “i delitti contro l’onore” contemplati dal suo codice morale che consistevano nell’attuazione di comportamenti atti a svilire il massone e la massoneria; nell’infrazione del segreto massonico; nell’attuazione di comportamenti atti a causare pregiudizio volontario alla fama ed alle altrui sostanze; nell’agire in modo considerato infamante dalla società. (Ibid.).
Nel 1869 i massoni italiani si riunirono a Firenze. Nel corso dell’assemblea si definirono alcuni punti fermi dell’impegno dei fratelli in ambito sociale e cioè l’adoperarsi per: la creazione di scuole popolari ed agricole e di ricoveri per i vecchi, gli infermi, gli ex – carcerati; il soccorso da portare “all’indigenza impotente e vergognosa”; il perfezionamento dell’educazione della donna. Inoltre venivano ribaditi alcuni principi fondamentali per il massone: il non essere né materialista, né deista né panteista, ed il restare legato alla ragione nell’ammettere un fatto; l’essere tollerante; Il professare, in politica, la libertà di pensiero ed azione, entro il imiti consentiti dal contesto sociale; il promuovere la solidarietà fra le classi sociali. (Ivi, p. 77). Infine si precisava che: “il massone esecra la violenza da qualunque parte essa provenga e chiede ai fratelli di essere buoni cittadini e di adempiere attivamente ai doveri”.
E sempre nello stesso contesto, Niccolò Lo Savio, sostenitore della lotta agli squilibri sociali, proponeva di porre a fondamento dell’impegno sociale della massoneria: “non la beneficienza tradizionalmente intesa, ma “l’emancipazione del lavoro dai privilegi e dalla tirannide del capitalismo.”. (Ivi, pp. 76-77. Per Niccolò Lo Savio cfr. http://www.treccani.it/enciclopedia/niccolo-lo-savio_(Dizionario-Biografico)/). In quegli anni fu largamente seguita nel GOI la linea propria del Gran Maestro Lodovico Frapolli che impegnava la Massoneria nella soluzione della questione sociale sposando una politica interclassista e solidaristica. (Ivi, p. 77).
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La ricerca di una unione con la sinistra.
Dopo la presa di Roma, nel dicembre 1870, si veniva formando, nel GOI, l’idea di una costituente massonica dei vari ordini e logge, atta a cercare un’unificazione, una coordinazione, una nuova vita comune. Dopo un periodo di febbrili trattative, il GOI e le logge siciliane firmavano, nel 1871, un documento concordato, a cui non aderì, però, il Supremo Consiglio di Palermo, sorto in antitesi all’Oriente di Torino. (Ivi, pp. 43-45). E da quel momento le vicende della massoneria cominciarono ad intrecciarsi con quelle della sinistra democratica italiana e del movimento operaio, che proprio in quei mesi stavano vivendo una fase di intensa fibrillazione, dominata dallo scontro fra l’ala mazziniana e quella internazionalista. (Fulvio Conti, Storia, op. cit., p. 88).
Nel novembre 1871 si riunì a Roma il congresso delle Società Operaie che segnò la netta separazione fra le associazioni che si riconoscevano nelle posizioni di Mazzini e quelle che seguivano, invece, la linea di Bakunin. (Ivi, p. 89).
Nel 1872, Giuseppe Garibaldi chiamò a raccolta tutte le forze democratiche, repubblicane, massoniche di libero pensiero della penisola che approvarono un documento noto come il primo ‘Patto di Roma’. In esso si indicava una serie di riforme civili e politiche su cui mobilitare la democrazia italiana e cioè: il suffragio universale; l’istruzione laica gratuita e obbligatoria; la libertà di coscienza; il decentramento e l’estensione delle autonomie locali; l’applicazione dell’imposta unica progressiva, legata cioè al reddito; l’abolizione della tassa sul macinato; l’abolizione della tassa sul sale e del dazio sul consumo; la riforma del codice penale; l’eliminazione della pena di morte. (Ivi, p. 89). Secondo Fulvio Conti alcuni di questi temi figuravano già da anni nell’agenda della massoneria italiana e si giunse, più avanti, ad una sostanziale uniformità di vedute fra il mondo libero muratorio e le varie articolazioni del movimento democratico, in particolare con la componente radicale che raccolse maggiormente il “lascito politico” garibaldino. (Ibid).
Il 28 aprile 1872 si riuniva, presso il teatro Argentina di Roma, la “Costituente massonica”, promossa da Giuseppe Mazzoni. Per l’occasione Giuseppe Garibaldi gli inviò una lettera nella quale esprimeva il suo appoggio alla causa della riunificazione delle ‘diverse anime’ presenti all’interno del movimento libero-muratorio e lasciava chiaramente intendere di ravvisare, in tale unificazione, il passaggio fondamentale verso una più generale aggregazione delle forze laiche, operaie e democratiche presenti nel paese. (Ibid.). Nel corso della stessa, la massoneria si dette un nuovo statuto, ove fu messa in risalto la finalità della massoneria e cioè «il miglioramento ed il perfezionamento morale, intellettuale e materiale dell’umana famiglia, col mezzo dell’educazione, dell’istruzione, della beneficienza moralizzatrice». (Ivi, p. 92). Inoltre si stabilì che la massoneria avesse quale scopo pure lo studio delle questioni sociali «senza restrizione di specie o di grado» e che si occupasse di risolverle «colle sole forze intellettuali, tanto individuali che collettive». (Ivi, p.92). Venne pure abolito il giuramento, sostituito da una ‘promessa sull’onore’ e negli atti venne ripristinata l’antica formula: ‘Libertà, Eguaglianza, Fraternità’. (Ivi, p. 93).
Detta Costituente sancì, di fatto, anche l’unificazione delle Logge Massoniche di diverso rito sotto il G.O.I, che si concluse nel 1880. «Il decennio 1870-80 – scrive Fulvio Conti – si chiuse dunque all’insegna di una relativa stabilizzazione della comunione massonica nazionale, che riuscì sostanzialmente ad assorbire le aree di dissenso ed a presentarsi più coesa e omogenea sia sulla scena interna che su quella internazionale». (Ivi, p. 103). Invece per quanto riguarda il pensiero politico, la Massoneria Italiana ed europea, a fine ‘800, si presentava – come scrive Aldo Mola – lacerata tra tendenze internazionalistiche e rivoluzionarie, ispirazioni teistiche e prassi di moderato riformismo. (Aldo A. Mola, op. cit., p.101).
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Impegno massonico verso le classi lavoratrici.
Nel 1879 ebbe luogo una nuova Costituente, che approvò nuove costituzioni, che rafforzavano, pure, il potere del Gran Maestro.
La Costituente del 1879 votò una mozione con la quale vincolava l’obbedienza ad un maggiore impegno in favore delle classi lavoratrici, in modo che alle stesse fossero assicurati, «secondo i dettami della giustizia, i benefici del lavoro, del risparmio e della famiglia». (Ibid.). Ciò avrebbe dovuto avvenire attraverso un forte impegno, nella sfera pubblica, per la lotta alla povertà e per un miglioramento delle condizioni di vita delle classi sociali più disagiate» aspetti che rappresentavano punti di contatto con il socialismo. (Fulvio Conti, Storia, op. cit., p. 103).
Si iniziarono allora a porre le premesse per l’impegno politico e civile di massoni anche socialisti, quali in Carnia Vittorio Cella, (cfr. Laura Puppini, Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le Cooperative Carniche [1906-1938] Gli Ultimi, 1988) Giovanni Cleva, e forse Riccardo Spinotti, ma per ora non ci sono conferme. E si deve ricordare che senza l’apporto della borghesia “illuminata”, cooperative, società di mutuo soccorso, asili, ecc. non avrebbero potuto né sorgere né svolgere la loro opera. Le prime ricerche condotte su alcune realtà locali – afferma Fulvio Conti – dimostrano che la massoneria ebbe un rapporto di osmosi con varie altre forme associative – corporative, mutualistiche, filantropiche, politiche – dalle quali trasse stimoli e risorse umane ed alle quali li dette a sua volta. (Fulvio Conti, Storia, op. cit., p. 10).
Ed a fine Ottocento primi del Novecento, furono innumerevoli le aggregazioni sociali di carattere laico e solidaristico, anche di nuova concezione, che videro la luce per iniziative di logge massoniche: scuole per il popolo, biblioteche circolanti, banche popolari, università popolari, cooperative di consumo e di produzione, asili infantili, associazioni di pubblica assistenza e soccorso, società di cremazione e per le onoranze funebri, società per la pace e per gli arbitrati internazionali, associazioni per sostenere campagne in favore di temi di rilevanza civile come l’abolizione della pena di morte, l’introduzione del suffragio universale e del divorzio, la lotta contro la prostituzione e l’alcolismo. (Ibid.). Ed a ragione o torto, l’opinione pubblica ebbe allora la netta percezione che molte associazioni di matrice laica e solidaristica sorte nella penisola fossero una diretta emanazione della massoneria. (Ibid.).
Quindi, a partire dal 1907, le logge del GOI furono in prima linea nel promuovere la costituzione di Blocchi Popolari, cioè di alleanze di partiti progressisti, che portò in molte città alla nascita di amministrazioni innovative. Fra queste va ricordata quella di Roma diretta da Ernesto Nathan, sindaco della capitale dal 1907 al 1913, e Gran Maestro del GOI prima e poi. (Fulvio Conti, Storia, op. cit., p. 179).
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Massoneria e femminile.
Nel corso della nuova costituente del 1879 si sancì il divieto alle donne di aderire alla massoneria pur affermando l’obiettivo del «miglioramento morale, intellettuale ed economico della donna». (Ibid.).
E nel respingere l’affiliazione femminile, allora venne votata la seguente mozione: «L’educazione impartita fino ad ora alle nostre donne non permise ancora al Grande Oriente di fare un passo avanti in questa via di progresso. (…). Buoni padri di famiglia, educhiamo le nostre figlie ai nobili sentimenti della beneficienza, togliamole dall’incubo del pregiudizio, apprendiamo loro a sapersi condurre nel mondo, diamo loro l’esempio del rispetto alla donna, e verrà tempo che saranno buone ausiliarie dell’ordine nostro. Ammettendole ora a parte dei nostri lavori verrebbero facilmente a screditare, colla loro leggerezza, la più pura delle istituzioni. Però non si perda di vista la questione, e la si studi per arrivare allo scopo». (Ivi, p. 68). L’emancipazione della donna non era ancora possibile, ma si sarebbe raggiunta con il progresso dell’umanità, essendo spontaneo per lei non ricercare ma subire, così che «diventa utopia il pretendere che essa possa o voglia emanciparsi di per sé stessa al punto da far parte della massoneria senza l’appoggio dell’uomo, che sta a capo della famiglia, sia esso il padre, il fratello, il marito». (Ivi, nota 26, p. 368). Ma in altre logge estere, in Francia come in Inghilterra, essa fu permessa, e si crearono sia logge miste che femminili.
Attualmente La Grande Loge Symbolique de France e altre giurisdizioni che alla stessa fanno riferimento concedono pieno riconoscimento alle donne che sono equiparate agli uomini. Le donne non sono ammesse nelle officine del Grande Oriente d’Italia e in quelle della Gran Loggia Regolare d’Italia ma nei capitoli di un ordine parallelo paramassonico chiamato Ordine delle Stelle d’Oriente e ufficialmente riconosciuto dal Grande Oriente d’Italia, del quale però possono far parte solo donne legate da vincoli di parentela con gli appartenenti al Grande Oriente d’Italia. Dal 1955 sono ammesse donne nella Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M., fondata nel 1910 ed aderente alla massoneria di rito scozzese di piazza del Gesù, e nelle logge miste della Gran Loggia Federale d’Italia. Entrambe le Istituzioni riconoscono alle Sorelle pari dignità iniziatica ed eguali possibilità elettive all’interno delle logge.
La Gran Loggia Massonica Femminile d’Italia è l’unica obbedienza femminile regolare operante in Italia, con statuto e regolamenti riconosciuti a livello internazionale. (Il ruolo delle donne, in: https://it.wikipedia.org/wiki/Massoneria), mentre il Grande Oriente d’Italia precisa che «I Massoni hanno stima, rispetto, considerazione per le donne. Tuttavia essendo la Massoneria l’erede della Tradizione Muratoria operativa, non le ammette nell’Ordine. (http://www.grandeoriente.it/chi-siamo/costituzione-e-regolamento/).
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La fine dell’unificazione a causa della laicità della scuola.
Non credo personalmente che l’unico problema della nuova e definitiva scissione della Massoneria italiana, prodottasi nel 1908, sia stato quello dell’approvazione o meno del testo sulla laicità della scuola, ma piuttosto che esso abbia rappresentato il punto di frattura di due modi diversi di intendere la società ed il ruolo della massoneria al suo interno, che si scontrarono mostrando l’impossibilità di trovare temi comuni di azione politica. Infatti uno dei punti di convergenza fra i partiti della sinistra e il GOI fu la battaglia per una scuola totalmente laica intesa come chiave di volta della lotta per la creazione di uno stato laico e per la modernizzazione del paese. Un referendum interno al GOI, proposto nel 1907, aveva evidenziato un sostanziale appoggio totale degli affiliati all’ipotesi di una scuola elementare da cui l’insegnamento confessionale fosse abolito, mentre molti ancora dissentivano sull’appoggio da concedere al suffragio universale. (Fulvio Conti, Storia, op. cit., p. 180). Pertanto piena adesione venne data dalla Massoneria alla proposta del deputato socialista Leonida Bissolati, di togliere qualsiasi forma di insegnamento confessionale nella scuola elementare, in quanto non obbligatorio per legge.
Ma il voto contrario di alcuni deputati massoni fece mancare il numero previsto per far passare la stessa in Parlamento, e ciò andò ad alimentare il fuoco della scissione, che già covava sotto la cenere in particolare per l’ipotesi di fusione tra il rito simbolico e quello scozzese. (Ibid.).
Così un gruppo di Logge aderenti a quest’ultimo, capitanata da Saverio Fera, pastore protestante, si allontanò dal GOI e formarono una nuova obbedienza, che successivamente prese il nome dal luogo ove si trovava la sua sede a Roma, e cioè Piazza del Gesù.
Inoltre, come non bastasse, Fera accusò il GOI di aver trasformato la Massoneria in una società politica sovversiva, che professava l’ateismo ed era asservita al partito socialista. In questo modo egli ed i suoi fratelli massoni cercarono di spostare l’asse politico italiano a destra, screditando il Grande Oriente agli occhi dell’opinione pubblica, e frenando i suoi propositi democratici. (Valentina Marica Melfa, Massoneria e fascismo. Dall’interventismo alla lotta partigiana, Bonanno ed. 2010, pp. 19-20).
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La separazione, le critiche, l’avvio verso la prima guerra mondiale.
Con la separazione in due tronconi, si creò, all’ interno della Massoneria italiana, secondo Valentina Marica Melfa, «una rivalità continua che spinse spesso i rappresentanti dell’una a fare il contrario dell’altra, solo per spirito di contraddizione e di opportunismo». (Ivi, p. 20). E «questo costante antagonismo – sempre secondo la stessa studiosa – fu alla base di tante confuse interpretazioni che sono state date sul ruolo della Massoneria nello svolgersi dei fatti». (Ibid.). Inoltre dopo lo scisma, la Massoneria si trovò al centro di una serie di attacchi spesso violenti ed assurdi sia da parte della Chiesa Cattolica che da parte dei socialisti e dei nazionalisti. (Ivi, p. 21). Benedetto Croce, nel novembre 1910, sosteneva che l’ideologia massonica democratica era semplicistica e pressapochista, e recava danno allo spirito della cultura del paese, (Ivi, nota 36, p. 21), i cattolici avevano già scomunicato i massoni nel 1738 e nel 1751, i nazionalisti incominciarono ad accusare gli affiliati al GOI di «potenziale slealtà verso gli interessi nazionali», dato che praticavano uno spirito pacifista ed internazionalista, fino a giungere a parlare di un vero e proprio «complotto massonico internazionale», senza prove. (Ivi, pp. 21-22).
Ma al di là di quanto sostenuto con accuse senza fondamento, l’azione del Grande Oriente d’Italia fu, nella seconda decade del Novecento, «permeata da una forte ispirazione patriottica, che trasse alimento anche dalla partecipazione alla lunga serie di manifestazioni celebrative del cinquantenario dell’unificazione nazionale. Ma anche allora frizioni interne percorsero l’associazione, che univa più anime, e con l’adesione alla guerra di Libia, il GOI ruppe pure con i socialisti, dopo aver tributato un caloroso saluto ad Andrea Costa, deceduto il 19 gennaio 1910. (Fulvio Conti, Storia, op. cit, pp. 214- 215).
Infatti subito dopo, settori del movimento socialista iniziarono a proporre la questione della incompatibilità fra l’appartenenza alla Massoneria e quella al Partito Socialista. (Ivi, p. 215). Nel corso dell’undicesimo Congresso Nazionale del Partito, vennero presentate due mozioni: una che sosteneva che i socialisti non dovevano più aderire ad una organizzazione fortemente gerarchica come la Massoneria, l’altra che, invece, riteneva che l’adesione alla Massoneria fosse da impedire solo ai dirigenti sindacali. L’argomento fu quindi sottoposto dal partito socialista a referendum, che non dette risultati ritenuti validi per la scarsa partecipazione al voto. (Ivi, pp. 215-217). E quindi i rapporti tra GOI e socialisti continuarono ad essere buoni.
Quindi l’impresa libica rappresentò in Italia «il definitivo indebolimento dell’umanitarismo paternalista, e pacifista e del positivismo progressista […]», mentre il socialismo si spaccava in riformisti e massimalisti, e il Grande Oriente d’Italia, anche per limitare gli attacchi da parte dei nazionalisti ma non solo, dava la sua piena adesione alla guerra di Libia. (Ivi, p. 218). Il 29 settembre 1911, Ettore Ferrari, Gran Maestro, inviava alle logge una circolare nella quale formulava l’auspicio che il “nostro tricolore” fosse, nell’ impresa libica, «baciato dal sole della vittoria». (Ivi, p. 219). L’abbandono del pacifismo da parte dell’obbedienza di Palazzo Giustiniani, e il suo sostegno ad una guerra coloniale, segnarono indelebilmente, allora, la Massoneria e riaccesero le divergenze con il Partito Socialista. Infine, nel 1913, si giunse, con la sconfitta dei Blocchi popolari, alla fine del progetto giolittiano, e dell’Amministrazione Nathan a Roma, ed ad un’ulteriore crisi in seno al GOI, che lo portò ad avvicinarsi ai radicali, ed a sostenere l’entrata nella prima guerra mondiale dell‘Italia. (Per le motivazioni a detto sostegno cfr. in particolare, ivi, p. 240). E certamente appare credibile quanto disse, nel 1913, nel corso di una giunta dell’obbedienza di Palazzo Giustiniani, Achille Ballori: «Senza dubbio si combatte la massoneria perché si sa che essa si occupa di elezioni politiche». (Ivi, p. 232).
Non sapeva allora la Massoneria che avrebbe perso ben 2000 ‘figli della vedova’, sul campo di battaglia, in quel tragico conflitto che per l’Italia andò dal 1915 al 1918.
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Alla continuazione della storia della Libera Muratoria del G.O.I. forse dedicherò un altro articolo. Ho scritto questo testo perché sono interessata all’argomento, per precisare, e per chiarire, in scienza e coscienza, stanca di leggere commenti negativi su facebook e per vincere certi pregiudizi. Inoltre se si vuole conoscere la storia di un certo tipo di borghesia italiana, ma anche quella del Movimento Cooperativo e solidaristico dell’Italia post- unitaria, e lo sviluppo del pensiero laico, non si può esulare dal leggere la storia della Massoneria.
Laura Matelda Puppini
L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da http://www.grandeoriente.it/. Laura Matelda Puppini
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