Fvg. Caporetto sanitaria.
Non è difficile capire quando qualcuno annaspa, quando ha il fiato grosso, magari perché non riesce più a fare il tappabuchi ed il gioco delle carte: apro, chiudo, chiudo apro ….
Diciamocelo pure, senza voler offendere alcuno: il nostro sistema sanitario regionale annaspa, e non perché al vertice della giunta regionale ci sia un politico della Lega per Salvini, perché la Lega guida anche il Veneto, ma perché non si è programmato nulla, e le due persone che si sono succedute alla carica di assessore alla sanità e salute in regione: Maria Sandra Telesca e Riccardo Riccardi hanno voluto fare tutto da soli, senza ascoltare, senza uno straccio di programmazione, così, solo con un occhio alla spesa, quasi allergici a qualsiasi consiglio ed anche critica da qualsiasi parte provenisse, quasi che un assessorato fosse una cosa personale.
Certamente, dal loro punto di vista, hanno fatto il meglio possibile, ma magari noi, che siamo l’utenza, non la pensiamo proprio così, solo che nessuno ci ascolta. Ma il problema è che, in questo mondo liquido ed aziendalizzato da: “non ti curar di lor ma guarda e passa”, neppure chi lavora in sanità viene sufficientemente ascoltato e qualsiasi osservazione, dopo il 2014, viene vissuta come una offesa personale, quasi che il diritto di critica fosse stato tolto. E se magari vorresti che in consiglio regionale parlassero della reintroduzione del 118 a Trieste, senza passare per Palmanova, ove siede la Protezione Civile e vi è la centrale unica, inventata ai tempi di Serracchiani, si persiste a discutere del gelato artigianale ed a finanziarlo, facendo rabbuiare i volti. Ed anche il Messaggero Veneto deve capire che la sua funzione di mediazione è finita, che non si può più dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, senza prendere mai posizione. E dico questo non per offendere, ma per narrare ai miei lettori quello che penso io nel merito.
LA CRISI DEI PRONTO SOCCORSO.
I pronto soccorso sono in crisi, e qui non siamo in Usa, e non esistono Pronto Soccorso privati, e quello che si vede in alcune serie televisive è fiction. Ed un efficiente sistema dell’emergenza – urgenza garantisce la vita agli abitanti di un territorio e, senza di esso, potremmo anche dire che la morte ci sovrasta, ma non per colpa nostra. Ed a questi problemi certamente non si può rispondere con la politica di “una scarpa ed uno zoccolo” o arrampicandosi sui vetri, o spostando qui e là personale che diventa un eterno tappabuchi, o sponsorizzando la telemedicina, che, che ci sia ciascun lo dice, cosa sia nessun lo sa, e che, per me, è un’ invenzione ‘virtuale’. Ma dovremmo incominciare a chiederci oggigiorno, cosa appartenga alla realtà e cosa no, perché ciò che è possibile al computer, non lo è nel mondo in cui viviamo.
Leggo, nel merito, un recente articolo pubblicato dal Messaggero Veneto il 26 ottobre 2021 intitolato: “Nessuna sala di attesa per la guardia medica ‘Si monti un gazebo’”, a firma P.C che ritengo sia Piero Cargnelutti. Veniamo così a sapere, per esempio, che il punto di primo intervento a Gemona del Friuli non è stato ancora riaperto, e presso lo stesso ospedale non esiste ancora eli- piazzola pur essendo stata prevista.
Inoltre, credo causa/scusa covid, presso lo stesso nosocomio, quello che fu il glorioso San Michele, bisogna attendere la guardia medica all’addiaccio, quando in quello di Tolmezzo neppure in piena pandemia, per fortuna, si doveva star fuori, e vi garantisco che non vi erano nel corridoio davanti all’ambulatorio folle tali da far supporre un assembramento, come invece davanti a qualche bar. Siamo alle porte del mese di novembre, e si pretenderebbe, in un clima che comunque sta diventando sempre più ‘continentale’, che bambini, vecchi, donne gravide, ragazzi ammalati e residenti nel gemonese non dovessero aspettare una guardia medica in piedi ed al freddo. E non si pensa che così, magari, uno si potrebbe beccare una bronchite, un mal di gola, una broncopolmonite, una polmonite non da coronavirus, come del resto può accadere nelle case di riposo che, nonostante il Ministero abbia dettato norme chiare, continuano, quando i buoi sono già scappati dalla stalla, a far il ricevimento parenti programmato in sale gelide e con la porta o finestra aperta? E lo dico con cognizione di causa, e se scrivi questo alla direzione della casa di riposo come ho fatto io, fanno orecchi da mercante, come anche altre volte, quasi che la persona ospite fosse una loro proprietà privata e che anche tu debba essere a loro asservito. E per questo dobbiamo anche ringraziare i no vax, ma in particolare un governo che non intende prendersi le proprie responsabilità, mettendo il vaccino obbligatorio. Comunque, per ritornare alle guardie mediche, con buona pace di tutti fra l’altro, scarseggiano, e così si rischierà di restare pure senza di loro, in particolare se la politica non si muove a cercare di coprire il servizio.
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Inoltre vai tu a sapere, con il nuovo corso, in che mani vai a finire. Infatti i punti di primo intervento (balzello di Serracchiani/Telesca, poi riproposto da Fedriga/Riccardi) di Maniago e Sacile sono in mano ad una ditta privata: la cooperativa Arkesis, di cui nulla si sa tranne che fornisce ambulanze belle a vedersi, (https://www.ambulanzearkesis.com/) e, attualmente, personale privato non si sa come realmente formato, con quale anzianità di servizio specifico e con quali competenze. (https://pordenoneoggi.it/provincia/sanita-il-1-settembre-riaprira-punto-primo-intervento-maniago/).
Ed il 24 maggio 2021, detta società privata cercava urgentemente «medici, infermieri, O.S.S. ed Autisti-Soccorritori», (https://www.ambulanzearkesis.com/arkesis-ricerca-personale-per-servizio-di-urgenza-emergenza-territoriale/), facendo intendere che sino ad allora o non ne aveva avuti proprio o ne aveva avuti ben pochi, richiedendo però competenze tali, da non avere avuto certamente molte risposte, temo.
Almeno diteci, perché è nostro diritto saperlo, se le ambulanze hanno solo l’autista o qualcosuccia in più, quanti lavorano in detti punti privati di primo intervento, chi sono e che competenze hanno … che cosa possono o non posso fare … Perché, con il nuovo corso, anche le informazioni a me pare che tendano a sparire.
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E non caso Simona Liguori, medico oncologo ed anche consigliere regionale di “Cittadini”, nel mese di settembre 2021 presentava una interrogazione volta a sapere come mai il punto di primo intervento di Maniago, che era stato un pronto soccorso di fatto, fosse stato affidato per tre anni ad una cooperativa, mentre questa soluzione doveva essere temporanea e fino ad indizione di concorsi, come legge vuole. E continuava dicendo che colpiva il fatto che la cooperativa che aveva vinto la gara di appalto fosse riuscita, in poche settimane, a trovare personale sanitario: medici, infermieri, OSS e autisti soccorritori, necessari al servizio, mentre la Regione non riusciva mai ad indire concorsi per trovarne uno od a stabilizzare i precari.
E così concludeva: «La Giunta si dimostra miope perché è costretta a rincorrere i problemi creandone degli altri: in questo modo infatti il rischio è un progressivo indebolimento del servizio pubblico […]». (https://friulisera.it/punti-di-primo-intervento-affidati-a-cooperative-liguori-cittadini-dopo-maniago-tocchera-a-gemona-e-cividale/).
La paura è che anche gli ancora chiusi punto di primo intervento di Cividale e Gemona del Friuli, (che meriterebbero di ritornare pronto soccorso a pieno titolo, come del resto gli altri, in un’ottica di tutela della salute dei cittadini della regione e dei foresti) finiscano privatizzati, e quando si tratta di salute ed emergenza-urgenza non si può pensare a soluzioni da “azzeccagarbugli”. Inoltre le case di riposo hanno insegnato che, appena uno può, fugge dal privato in mano a cooperative e si getta nel pubblico, portando le strutture sanitarie private a diventare luogo di apprendistato, ed a dover ricorrere a qualsiasi soggetto abbia un titolo, senza chiedere null’altro, trasformando così un servizio che dovrebbe essere continuativo e ben organizzato, in una eterna palestra di precariato, sottopagato e sottodimensionato, ed ove stabili restano solo le rette, quando non aumentano. (Per le R.S.A. e case di riposo, cfr. Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni, Panorama, Prigionieri delle Rsa. 20 ottobre 2021). Inoltre il cambio di personale continuo impedisce che, fra lo stesso, si crei affiatamento, che la comunicazione diventi agevole, e favorisce lo svilupparsi di un modus operandi e di una etica molto personali. E se erro in questa mia visione delle cose e degli accadimenti, per cortesia correggetemi.
Non solo: nessun sistema sanitario può funzionare senza un efficiente ed efficace sistema dell’emergenza- urgenza, che la giunta Serracchiani ha iniziato a demolire, perché il rischio è di giungere morti in ospedale.
MA A COSA SERVONO GLI OSPEDALI SE RISCHIAMO DI GIUNGERVI MORTI?
Ho letto le promesse dell’arch. Riccardi a Gemona, ove egli vuole fare un reparto regionale, legato al Gervasutta di Udine, di riabilitazione cardiologica. Ma se non esiste, sul territorio regionale, un numero adeguato di pronto soccorso e aree di emergenza, con personale sufficiente e preparato, se le ambulanze deficiano e se, qualora presenti, non hanno neppure un medico a bordo, chi ha avuto un infarto od un ictus, chi ha una cardiopatia ischemica importante o altro finirà non nel reparto sognato dall’assessore ma direttamente nella tomba. E non si può avere tutto ma che funziona a metà, un po’ sì ed un po’ no, e non si può avere “tutto o niente” in nessun settore, men che meno in quello che salvaguardia la nostra salute.
Infine non si può far finta di non ascoltare chi segnala che le ambulanze C.R.I. in territorio montano hanno solo il guidatore, che manca personale, che i letti della medicina di Tolmezzo, che tutto copre, sono scarsissimi per un territorio che va dal comune di Forni di Sopra (che però verrà abbellito dal nuovo Municipio – 5 milioni di euro – quando si poteva aggiustare il vecchio) ad Artegna, e di fatto con scarsi collegamenti dati da trasporto pubblico. E non si può non ascoltare i numerosi appelli a riaprire il reparto di medicina di Gemona, per alleggerire Udine e Tolmezzo. Ma, come dice il proverbio, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
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Inoltre pare che Liguori e Zalukar, medici ed anche consiglieri regionali, perdano il loro tempo a cercar di far ragionare qualcuno della maggioranza sulla sanità che affonda, senza risultato alcuno perchè assessori e consiglieri, nello specifico, sembrano i membri di un consiglio di amministrazione di una ditta che affonda e che cerca di fare investimenti come può e senza aver mai avuto un piano programmatico. Ma siamo nel 2021, e si possono fare proiezioni e ipotesi, strutturare variabili facendole interagire e costruendo quadri prospettici, e via dicendo. O forse gli uffici regionali sono ancora all’anno 0? Credo proprio di no. Intanto l’assessore se la prende con i vigili del fuoco, a cui spero almeno ora abbia rinnovato la convenzione; promette, dichiara, spera di risolvere con 100 milioni di fondi, le riconversioni di 7 ospedali detti ora di comunità (https://www.regione.fvg.it/rafvg/comunicati/comunicato.act?dir=/rafvg/cms/RAFVG/notiziedallagiunta/&nm=20210921183436005) che, per inciso, sono sempre quelli mezzi aboliti, che staranno fra le Case di comunità, che nessuno sa cosa siano, e gli ospedali veri, riproponendo i teleschiani Aft e Cap, (cfr. il mio, su nonsolocarnia: “Nuova sanità: fra Aft, mission aziendale e sanità come prodotto. Quale futuro per noi cittadini?”; http://www.quotidianosanita.it/friuli_venezia_giulia/articolo.php?articolo_id=34199, e “Gianni Borghi su: “La nuova proposta per la salute in territorio montano”, sempre in: www.nonsolocarnia.info), ma pare destinati pure a fare altro, e via dicendo. Almeno questo io ho compreso dagli articoli di stampa. E se ho capito male correggetemi. E credetemi, Liguori e Zalukar non criticano e propongono per fare sgambetti, ma perchè vorrebbero per la salute di tutti qualcosa di migliore, come anch’io, per me, per la mia famiglia e per tutti.
CONTRO LA TELE-MEDICINA, CHE È SOLO UNA PAROLA DEL MONDO VIRTUALE.
Infine ci si è messo pure il dott. Fedriga, Presidente della Giunta Regionale, che due giorni fa ha sostenuto che il Fvg si reggerà sulla telemedicina (ascoltato alla radio), facendo pendant con quella pediatra del Pd, da cui mai avrei fatto curare un mio figlio o nipote, che, appena salito il duo Serracchiani – Telesca al potere, pontificava dalla Tv sui benefici di far curare i piccoli con la telemedicina. Ma credetemi, miei lettori, io ad un certo punto ho pensato che non sapessero neppure di cosa stessero parlando.
Perché se un bimbo, che magari è piccolo, e pure la mamma fa fatica a capirlo ancora, indica la pancina, piange etc. come volete che capisca qualcosa un medico virtuale, che si presenta, ammesso che la mamma o la nonna abbiano un cellulare che permetta una videochiamata, allo schermo come si presentano Bing o l’Ape Maia, e, cercando di farsi passare per qualcosa di reale, chieda al piccolo dove ha male e tenti di capire, in tal modo, cos’ha e di quale farmaco ha bisogno o se deve andare in pronto soccorso o che? Ma dove siamo finiti?
E lo stesso vale per un anziano, che magari parla poco o che tende, per scaramanzia, a dire che sta sempre bene, ed ha telefonato solo perchè sta male davvero, temendo prima di disturbare! E che dire, poi, se uno, in difficoltà respiratoria, non riesce a parlare bene? Non solo: pensate a quel marito o compagno che, all’insaputa della sua partner o, peggio con peggio, della madre o della sorella nubile con cui vive, ha avuto qualche scappatella, o si è consolato in una casa di piacere per soli uomini (sulla funzione consolatoria dei bordelli infine qualcuno scriverà qualcosa), e si è beccato così un accidente, vuoi una infezione, vuoi una forte infiammazione, e via dicendo. Secondo voi non va dal medico o dall’urologo, ma ne parla candidamente in cucina al telefono, quando pensa di trovare lo specialista al di là del filo, con il rischio di esser ascoltato dal/dalla convivente, dalla madre, dai parenti e magari anche dai vicini? E ne parla così, quando tutti hanno un certo imbarazzo nel parlare di cose intime, senza entrare quasi in contatto con chi lo ascolta, che può essere uno/una ignoto/a, una specie di ectoplasma, una immagine incorporea? Perché tali diventano anche i medici di base, se non vi è relazione umana. E poi uno che non fa il contorsionista, se magari ha mal di schiena, come fa a mostrare esattamente dove gli fa male? E secondo voi uno riesce a mostrare al telefono il sedere, se ha un dolore anale magari per una ragade o i genitali? Ma per cortesia! Ma chi si è inventato questa?
Insomma, esercitare la medicina al di fuori del contesto relazionale umano, è pura follia, credetemi. E vi invito a pensare a qualche altra situazione come quelle da me descritte.
E in questo modo uno, per farsi curare, non deve chiamare il medico ma avere un cellulare o un computer efficiente, comperato e mantenuto a spese sue. E se manca la corrente? E se non vi è copertura di rete, e se … ? Inoltre come non continuare a pensare che, in questo modo, i sanitari, per dirla con triesteprima.it, si stiano trasformando in “fattori di produzione”o in ‘protocol doctors? (https://www.triesteprima.it/cronaca/esclusi-da-ogni-decisione-i-sanitari-da-eroi-a-fattori-della-produzione-che-eseguono-ordini.html?fbclid=IwAR3p26JqiOZC1SRtzghXJMlurWEAlAJFkv53B6KRIPrlB1d5Nqe6AjTVMI4).
Il mondo della produzione non ha nulla a che fare con il rapporto umano, come non lo ha la finanza, ed a questi mondi appartengono le aziende. Per questo la sanità non doveva essere aziendalizzata. Quindi regione Fvg, per cortesia ritorniamo con i piedi per terra, prima che la gente si dimentichi persino che esistono i medici, e li viva solo come esseri che vivono lontano, in un universo parallelo.
E poi che fa il signor dottore? Sta nel suo ambulatorio, chiuso, sigillato, 4 o 5 ore a rispondere a chiamate e videochiamate, in un rapporto virtuale con uno che non sa neppure più, di fatto, chi sia, tranne che risulta nel numero dei suoi utenti? E magari, se uno sta male e per questo si angoscia, il che è normale, data la mania attuale anche da parte di alcuni medici di psicanalizzare tutti, non accadrà che il paziente, anche con problemi di spessore, si sentirà rispondere: “Stia tranquillo” – come direbbe la mamma ad un bimbo che ha avuto gli incubi? Sapete non siamo tutti uguali, e un medico per curarti talvolta deve sapere chi sei e cosa fai, che malattie si sono presentate nella tua famiglia e via dicendo, ed il ‘protocol doctor’ è un altro che non esiste se non in un mondo irreale.
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Per cortesia assessori e politici Fvg, ritornate con i piedi per terra, e ricordatevi che la salute, che dipende anche dal sistema sanitario, è obiettivo prioritario, rispetto ad altri. E la buona massaia spende prima nel super necessario che nel superfluo. E se vi interessa il gelato artigianale, vi dico pure che la sua bontà dipende dagli ingredienti e dalle tecniche usate, e dai sistemi di refrigerazione, che potrebbero differire. Me lo ha spiegato un giorno uno del mestiere. Ma critiche, da parte di Chiara Da Giau – Pd – alla legge sulla promozione del gelato artigianale in Fvg. sono anche reperibili in: https://www.consiglio.regione.fvg.it/pagineinterne//Portale/comunicatiStampaDettaglio.aspx?ID=720556.
Scusate l’ardire, ma è quello che penso dopo aver letto articoli su articoli, e non vedendo profilarsi nulla di nuovo all’orizzonte, tranne una fine prevista per la sanità targata Fvg, senza però voler offendere alcuno. E chi non la pensa come me è libero di commentare o di scrivermi.
Laura Matelda Puppini
La vignetta di Vauro, è una di quelle già da me utilizzate. L.M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/fvg-caporetto-sanitaria/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2021/10/Immagine1.jpg?fit=581%2C456&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2021/10/Immagine1.jpg?resize=150%2C150&ssl=1ECONOMIA, SERVIZI, SANITÀNon è difficile capire quando qualcuno annaspa, quando ha il fiato grosso, magari perché non riesce più a fare il tappabuchi ed il gioco delle carte: apro, chiudo, chiudo apro …. Diciamocelo pure, senza voler offendere alcuno: il nostro sistema sanitario regionale annaspa, e non perché al vertice della giunta...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
Commentare o scrivere cosa ? Accurato e minuzioso riassunto di inefficienze, idee confuse degli addetti al settore, nefandezze talvolta. Conclusioni nessuna. Neppure la constatazione che un macrosistema come quello sanitario, nato e cresciuto sulla base di esigenze locali molto spesso clientelari, non può essere gestito nel 2021 con provvedimenti estemporanei che rispondono il più delle volte a promesse elettorali. Nessuna idea o proposta su come uscire dalla drammatica situazione in cui versa il servizio sanitario; anche perchè ciò comporterebbe l’emarginazione della politica e la sottrazione del potere decisionale a politicanti che ne fanno trampolino di lancio per le loro carriere. Solo la generica condanna del fatto che un azienda sanitaria possa essere gestita con con criteri aziendalistici. Vero questo ! Un settore come quello sanitario non può essere gestito come un azienda, ma come una holding con un management e un CEO che si avvalga in primo luogo di un modello interno. Ma competenze di questo non esistono in regione, su questo si può convenire. E quelle esterne non sono disponibili a farlo in cambio della retribuzione di un dirigente regionale. Ne deriva che il comparto resterà in mano alla politica; finchè dura. Finche i cittadini inferociti non andranno a prelevarli nei loro uffici per impalarli in piazza Unità d’Italia.