Gregorio Piccin. Bombardamento climatico: necessario ripensare i concetti di “difesa e sicurezza”.
« Reti idriche, elettriche e stradali saltate contemporaneamente, oltre centomila persone colpite direttamente dagli eventi calamitosi e/o isolati completamente per giorni, decine di morti e poi i dispersi ed i feriti. Sembrano gli effetti di un massiccio bombardamento. Questo il bilancio, per il momento, dei nubifragi che hanno colpito il Paese dalla Sicilia al Friuli passando per quasi tutte le aree interne (già in crisi strutturale). Emergenze multiple che si sono scaricate sui territori lasciando dietro di sé danni enormi. Fronti franosi si sono già abbattuti su strade e abitazioni mentre altri incombono e sono in movimento. Le immagini dei boschi del Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli, abbattuti dalla trebbia di un vento spaventoso stanno facendo il giro del mondo. Si parla di migliaia di ettari schiantati, milioni di metri cubi di legname a terra.
Già solo questa si prefigura come una catastrofe economica e ambientale. Mentre si pensa alla piantumazione (che richiederà ingenti risorse e nuovi piani forestali), bisognerà rimuovere tutto il materiale a terra. Se questi milioni di metri cubi di legname verranno gestiti secondo le regole del mercato deprimeranno inevitabilmente il prezzo della materia prima mandando a gambe all’aria il già sofferente comparto delle attività boschive. C’è poi il rischio concreto che buona parte di questo materiale si trasformi, a causa del suo rapido deperimento, in un “rifiuto speciale” e quindi in un ulteriore pesantissimo costo. Ed è quello che succederà se inopinatamente si deciderà di scaricare sui singoli enti locali la responsabilità della gestione di questa partita.
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Questa situazione inedita, sia per la scala del disastro che per le diverse realtà territoriali coinvolte, richiederebbe un immediato commissariamento di tutta la filiera del legno da parte delle Regioni. Solo una soluzione drastica come questa potrebbe agire concretamente contro la caduta verticale del prezzo della materia prima, coinvolgere ordinatamente nei lavori tutte le imprese boschive disponibili sul territorio, organizzare le vendite degli stock, gestire in maniera organica l’opera di ripristino boschivo. È da incoscienti, irresponsabili ed infine idioti non rendersi conto che i molteplici e devastanti segnali che ci arrivano da ogni parte del mondo e non solo dal nostro Paese, ci parlano chiaramente di cambiamenti climatici epocali. Su questo tema c’è peraltro un consenso della comunità scientifica globale che è preciso, allarmato, inequivocabile: manutenzione, prevenzione, conversione energetica e industriale, rivoluzione della mobilità, stop al consumo di suolo sono le linee di intervento che dovrebbero essere messe in campo a partire da domani, secondo gli scienziati (e il buon senso).
Un Paese fragile come il nostro dovrebbe essere tra i primi a fare i conti con queste evidenze ma né il governo del cambiamento (climatico?) né quelli che lo hanno preceduto sembrano concretamente interessarsi alla questione. E lo dimostra, tra le altre cose, la strutturale e gravissima insufficienza nella gestione delle crisi ambientali acute, le così dette “emergenze” che ogni anno colpiscono sempre più pesantemente e contemporaneamente i territori come alluvioni, terremoti, nubifragi e grandi incendi. Questa insufficienza, è doveroso precisarlo, esiste al netto della ammirevole reattività degli abitanti delle zone colpite e della generosità dei volontari della Protezione Civile (espressione dei territori), dei Vigili del Fuoco e dei Forestali (presenti solo nelle Regioni a statuto speciale ossia dove sono sopravvissuti all’infausta legge Madia targata Renzi-PD). Molto semplicemente mancano i mezzi adeguati e mancano gli uomini.
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Forse è per questo che i sindaci del centro Italia, travolti quasi due anni fa insieme ai loro cittadini dal terremoto e dalle bufere di neve, invocarono l’intervento dell’esercito (che fece giusto qualche comparsata ad uso per lo più d’immagine). Probabilmente quei sindaci avevano in mente il “modello Friuli” dove, in occasione dell’esteso e devastante terremoto del 1976, l’esercito fu per lungo tempo insostituibile nei soccorsi e nella rimozione delle macerie (che infatti fu rapidissima) restituendo un proprio senso d’esistenza ad una Regione che ne sopportò oltremodo l’elefantiaco sovradimensionamento da guerra fredda. Fu da quella esperienza che nacque poi la Protezione Civile. Ma ancora oggi la Protezione Civile vive una cronica carenza di mezzi ed una capacità operativa/logistica nemmeno paragonabile a quella delle forze armate di allora. Nel frattempo, invece di ridimensionare l’elefantiasi e di concentrarsi sull’unico senso che può avere un esercito in tempo di “pace”, si è trasversalmente deciso di trasformarlo in un costosissimo corpo di spedizione hi-tech impegnato a supportare le guerre statunitensi post ’89 oltre confine. Per far fronte a questa nuova funzione neocoloniale è stata organizzata la professionalizzazione della truppa e necessariamente sospesa la leva costituzionale, l’obiezione di coscienza e il servizio alternativo nei Vigili del Fuoco. Il risultato è che l’esercito oggi (al modico costo d’esercizio di 70 milioni di euro al giorno) è un’organizzazione pressoché inutile per affrontare emergenze acute come quella che abbiamo sotto gli occhi nè tantomeno è in grado di offrire un supporto logistico massiccio ed efficiente in cui inserire sinergicamente anche le altre risorse.
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Oggi le forze armate sono impegnate in Iraq, Afghanistan, si apprestano a partire per il Niger, oppure le troviamo in Norvegia, proprio in questi giorni, per partecipare alla più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda, la miliardaria Trident Juncture 2018. Aggiungiamo a questo quadro desolante l’aziendalizzazione del comparto elettrico ed idrico che da servizio pubblico strategico si è convertito alla massimizzazione del profitto cessando di destinare risorse alla manutenzione nelle zone periferiche con poche utenze e perdendo conseguentemente capacità di intervento. Ecco spiegato il disastro nel disastro ed il comprensibile e terribile senso di abbandono vissuto dai sindaci e dalla popolazione colpiti da emergenze multiple. E se agli eventi calamitosi di questi giorni si sommasse un’altra emergenza, magari causata da un terremoto in una qualunque delle tante zone sismiche del nostro Paese? Considerato che il massimo dell’operatività è quella dimostrata in centro Italia le conseguenze sarebbero definitivamente catastrofiche.
Si impone come urgente una riforma organica che riporti l’esercito alla sua funzione costituzionale difensiva/territoriale, puntando sulle specializzazioni genieristiche e mediche e su concrete sinergie con Protezione Civile, Vigili del Fuoco e Corpi Forestali regionali. In questa prospettiva (e solo in questa) acquisterebbe senso l’abbandono della “professionalizzazione” della truppa delle forze armate e il ripristino della leva militare e civile affinché queste possano diventare strumenti attivi ed integrati di un efficace sistema di gestione delle crisi e delle grandi manutenzioni ambientali, che sia popolare e diffuso, preparato ad affrontare e/o alleviare le conseguenze del caos climatico montante. In questo senso sembra urgente ripensare alla radice i temi della “sicurezza” e della “difesa”: oggi più che mai non abbiamo bisogno di un costosissimo corpo di spedizione “professionalmente” belligerante, impegnato all’estero in una non meglio precisata “difesa” della patria” e dell’interesse nazionale. Non abbiamo bisogno di seguire la Nato nella sua guerra fredda 2.0. Abbiamo bisogno che tutte le risorse potenzialmente disponibili vengano organicamente impegnate nella difesa dalle vere minacce alla sicurezza dei cittadini (terremoti, grandi incendi, alluvioni, dissesto idrogeologico.
Gregorio Piccin».
Prima pubblicazione dell’articolo: sia su FriuliSera, sia su: pressenza.com il 5 novembre 2018. Richiesta di pubblicazione da parte dell’autore. L’ immagine che corrada l’articolo è tratta da: https://www.ilfriuliveneziagiulia.it/legambiente-friuli-venezia-giulia-sui-disastri-del-maltempo-non-sottovalutare-i-cambiamenti-climatici/.
Faccio notare come le immagini sinora viste di boschi distrutti pare evidenzino che erano in generale peccete, probabilmente non sempre naturali, ma se mi sbaglio precisate. Mi ricordo che anni fa vidi sulla strada di Verzegnis degli abeti, mi pare nel caso specifico di piantagione, caduti sulla strada e sul pendio retrostante, ed allora si diceva che i pecci cadono come i birilli: basta che la furia del vento prenda i primi … Laura Matelda Puppini.
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Chi è Gregorio Piccin.
Inizia la sua militanza pacifista nel 1991, a diciassette anni, all’epoca della prima guerra del Golfo. Nel 1992, appena diciottenne, vede per la prima volta la guerra in faccia a Mostar (Bosnia Erzegovina) seguendo come volontario civile una carovana della campagna Dai Ruote alla Pace. Colpito dal “mal di Jugoslavia” segue per il Consorzio italiano di Solidarietà vari progetti rivolti alla popolazione colpita dalla guerra nella riva est della città dove ha vissuto a più riprese e in pianta stabile tutte le condizioni dell’assedio Ustascia: assenza di elettricità e acqua corrente. Lavora per l’Unhcr tra Belgrado e Budapest nel quadro di un programma per il rifornimento di combustibili verso campi profughi ed ospedali nel lungo periodo dell’embargo sulla Serbia. Studia la storia ed acquisisce il metodo materialista dialettico che gli fa comprendere come la guerra stessa sia un articolato e lucroso processo produttivo. Abbandona quindi il campo umanitario per impegnarsi nella lotta aperta al neocolonialismo e a quella che definisce “privatizzazione della guerra”. E’ stato co-redattore della rivista telematica Intermarx e del bollettino di controinformazione Quemada. Dal 2009 al 2014 è stato assessore all’ambiente, attività produttive e politiche sociali del comune di Tramonti di Sotto (PN) per cui ha seguito interventi di sostenibilità ambientale e rilancio di produzioni locali di qualità. Ha pubblicato vari articoli e saggi sulle riviste Giano, Guerre e Pace, AlternativeEuropa sui temi della corsa agli armamenti, dei nazionalismi, delle multinazionali, della storia della Jugoslavia socialista. Ha collaborato con Il Manifesto e Le Monde Diplomatique e scrive per il quotidiano on-line FriuliSera. Per l’editore KappaVu ha curato i libri “Se dici guerra…basi militari, tecnologie, profitti” “Frammenti sulla guerra. Industria e neocolonialismo in un mondo multipolare”. Attualmente segue per Rifondazione Comunista le questioni legate alla corsa agli armamenti, all’industria bellica, alla belligeranza permanente. E’ stato carpentiere, pizzaiolo, conducente di scuolabus, operaio edile, gestore di attività ricettive. Le sue passioni sono l’alpinismo, la pesca in apnea, la falegnameria e la fotografia. Crede fermamente che la vera utopia sia pensare, come umanità, di poter sopravvivere all’attuale modo di produrre e consumare. In questo senso si sente un inguaribile anticapitalista. (Da: https://www.pressenza.com/it/author/gregorio-piccin/).
https://www.nonsolocarnia.info/gregorio-piccin-bombardamento-climatico-necessario-ripensare-i-concetti-di-difesa-e-sicurezza/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2018/11/Piccin-Immagine1.png?fit=960%2C532&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2018/11/Piccin-Immagine1.png?resize=150%2C150&ssl=1AMBIENTE« Reti idriche, elettriche e stradali saltate contemporaneamente, oltre centomila persone colpite direttamente dagli eventi calamitosi e/o isolati completamente per giorni, decine di morti e poi i dispersi ed i feriti. Sembrano gli effetti di un massiccio bombardamento. Questo il bilancio, per il momento, dei nubifragi che hanno colpito il Paese...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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