Contardo Pietro, nel mondo degli operai di sinistra, che lavoravano alla Cartiera di Tolmezzo tra mille difficoltà, era considerato un mito, perché era salito su quella torretta, aveva fatto suonare quella sirena … per far uscire i suoi compagni di lavoro, nonostante il divieto della direzione, per invitarli ad uno sciopero programmato, o forse in occasione dell’attentato a Togliatti. Era stato un gesto importante, simbolico, pieno di emotività e coraggio … Ed era chiamato ‘Pieri precis’ per la precisione estrema che metteva nel lavoro prima in cartiera e poi quando, pensionato, si mise a realizzare lavori in ferro battuto e cancellate anche di valore. Insomma Pieri era un saldatore di tutto rispetto. Ed era uno dei pochi che aveva imparato il mestiere fuori e uno dei primi che ,a Tolmezzo, sapeva usare la saldatrice elettrica.

Mi sono recata da lui nel 1980, mi ha ricevuto nella sua casa, e senza tanti preamboli mi ha detto: «Da dove vuole che incominci?» – infatti era lunga la sua storia. Ed io gli ho risposto di iniziare da quando aveva incominciato a lavorare in cartiera, ma per lui, come per altri, era importante la sua attività nella commissione interna. 

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Noi della Cgil, in Cartiera, eravamo in maggioranza. Ma subito dopo la scissione (1) cosa è accaduto? È successo che Petzalis (2) ha fatto un passo contro la Commissione interna. Egli ha chiamato uno ad uno i suoi componenti e li ha chiamati per parlar loro della situazione e sconvolgerli, per far loro cambiare rotta … E c’erano due miei compagni che erano davvero di sinistra, estremamente di sinistra, erano comunisti, ed hanno cambiato rotta.
Avevano paura di essere licenziati. Io sono salito dal direttore per ultimo. E dopo quella convocazione, siamo rimasti solo in due sulle nostre posizioni (della Cgil): io ed il segretario della Commissione Interna, che era A. D. (nome e cognome omesso per quanto si narra poi ndr.), ed in Commissione interna siamo diventati la minoranza.

In seguito, A. D. è passato a dirigere la Camera del Lavoro. Poi, non so perché, ha smesso di rivestire tale ruolo ed è andato con la Uil. Io, invece, sono diventato, subito dopo, il segretario Cgil dei poligrafici e cartai, nel 1951-1952, e successivamente segretario della Camera del Lavoro. E lavoravo in cartiera e poi svolgevo questa mansione, questo incarico, che nessuno voleva accettare.

Presso la Camera del Lavoro della Carnia svolgevamo, principalmente, attività di assistenza ai lavoratori attraverso l’Inca (Istituto Nazionale Confederale di Assistenza) ma anche altro, solo che non ricordo bene ora tutte le mansioni che svolgevo. So solo, però, che ho fatto molte cose e l’ho spuntata spesso. E, come segretario della Camera del Lavoro, ho cercato in tutti i modi di tirare avanti il più possibile ed eravamo, allora, in situazione precaria.

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Mi chiede se avevamo rapporti con la Camera del Lavoro di Udine. Certamente avevamo rapporti, ma sa… non era che ci aiutassero molto e ci lasciavano a noi stessi. Comunque a me è successo un caso …prima ancora che A. D facesse il voltafaccia …

Cosa è successo allora? Si doveva fare uno sciopero generale per problemi salariali, indetto per tutte le industrie e quindi anche per la Cartiera. Ed io avevo l’ordine di far suonare la sirena per invitare tutti ad uscire dalla fabbrica. Ed avevano paura, tutti, indistintamente. Prima che uscissi a farlo, sono stato chiamato a rapporto da Coppadoro, che era il direttore generale della fabbrica, che mi ha vietato tassativamente di uscire a suonare la sirena. Ma io gli ho risposto: “Guardi, io ho il massimo rispetto per Lei, ed io, d’altro canto, il mio dovere l’ho fatto sempre in Cartiera, ma noi operai, la situazione in cui ci troviamo noi operai come lavoratori, ora, è precaria ed abbiamo disposto, attraverso la Camera del Lavoro di fare uno sciopero generale. Ed io suonerò la sirena». E l’ho fatto e mi hanno licenziato in tronco, mi hanno sbattuto fuori.

«Poi però sono intervenute sia la Camera del Lavoro di Udine sia alcune autorità e, in sostanza, grazie al mio merito, grazie a come sapevo lavorare anche in Carriera … ho ripreso a lavorare. Sa, mi chiamavano in Cartiera ‘Pieri precìs’ già ai tempi dei tedeschi (3). Insomma è andato a finire che hanno telegrafato a Petzalis, che si trovava in Belgio, hanno elencato i miei meriti, e la Cartiera ha ritirato il licenziamento, dandomi solo una sospensione di una settimana.  Quindi sono ritornato al lavoro e ho continuato a fare il Segretario dei poligrafici e della Camera del Lavoro».

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Laura chiede se era vero che la direzione della Cartiera avesse promesso 100.000 lire a chi, di sinistra, comunista o socialista, si licenziava spontaneamente, come ha sentito raccontare.

Contardo: «No, guardi, e io dico la verità, non è c’entravano i partiti. Qualsiasi poteva licenziarsi e riceveva in cambio 100.000 lire di premio. E c’erano anche compagni che magari lo avrebbero fatto, ma io ho detto loro di non accettare, perché mi pareva una cosa un po’ così, fuori contrattazione. E infatti tanti non hanno accettato la proposta della fabbrica, altri l’hanno accettata e se ne sono andati via, tanti no… cosa vuole…
Certamente anche qualcuno di sinistra ha accettato la proposta delle dimissioni volontarie in cambio di 100.000 lire, ma non tanti, e qualcuno è andato via perché non si trovava bene sul lavoro o perché voleva andare all’estero o perché aveva trovato un posto migliore.
Allora, vede, c’era una crisi generale, ma noi, in Cartiera, abbiamo lavorato sempre e la fabbrica immagazzinava, ed aveva i suoi motivi per fare questo. E la Cartiera era piena zeppa di cellulosa, ma poi l’ha smerciata tutta, quando è venuto il momento buono».

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E guardi, io ho provato a indire scioperi in Cartiera ma, dico la verità, io avevo la responsabilità degli stessi, ma se uscivano dalla fabbrica, aderendovi, 10 o 12 persone era già tanto, perché tutti avevano paura di perdere il posto. E in cartiera gli scioperi non sono mai stati compatti per questo motivo. E in Cartiera avevano messo uno, alla Cisl, che lei conoscerà bene: ‘Talot’, (4) il famoso ‘Talot’ con cui ho combattuto tante volte, ed ho combattuto pure contro quei compagni che sono passati con lui, con la Cisl. E ho avuto delle lotte strepitose con lui, e come Cgil gli ho portato via anche la maggioranza in Commissione interna qualche volta.  E devo dire che alcuni operai sono passati dalla Cgil alla Cisl, ma poi i più restavano come dire, ‘agnostici’. Ma io ho continuato ad andare avanti comunque. E raccoglievo in fabbrica i contributi degli iscritti per il sindacato, o gli interessati me li venivano a portare, e posso dire, come Cgil, di esser riuscito benissimo a far fronte alla situazione. E c’erano quei 70- 80 compagni su 250- 300 operai in Cartiera, che seguivano la Cgil.

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Ma poi c’è stato però un problema, quando A. D.  se ne è andato via. Lui aveva l’amministrazione del sindacato anche di categoria e noi si aveva, per modo di dire, una cassa interna a disposizione degli associati. E c’erano anche i poligrafici, con noi.  Ma cosa ha fatto A. D.? Al momento della consegna e del mio subentro, ha preso tutto, tutto quello che c’era. E c’è stato per questo anche un processo. Ed ha portato via proprio tutto quel che c’era, oltre mezzo milione di lire. A noi quei soldi servivano per l’assistenza. E noi si dava qualcosa a chi ne aveva bisogno, per l’assistenza, ed eravamo rimasti con la cassa vuota. Ed ho dovuto chiamarlo a processo, ed ho vinto la causa, l’ho spuntata. E ho riavuto il denaro sottratto, ma gli ho abbuonato gli interessi. E non ci siamo guar dati per molto tempo».

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Laura chiede come era organizzata la Camera del Lavoro.

Pieri: «Io ero il segretario e mi toccava far tutto da solo. Ne ho passati di anni duri, mi creda. Ma io, non per vantarmi, ma in cartiera, nonostante questo incarico, ero considerato non dico il numero 1 ma quasi, ed ero e sono un socialista, ed ho tenuto sempre duro. Ed ho fatto, in fabbrica, sempre il mio dovere. Ed ai miei compagni di lavoro dicevo: “Per essere credibili bisogna fare il lavoro che si deve fare, e dopo pretendere”.  Questo è il mio sistema. Ma invece là, in cartiera, era un caos, dico la verità. C’era tanta gente che … uno andava qui, uno là. Era un caos. E c’era un clima ….
Però, che io sappia, gli operai non si univano in gruppi di paese, di provenienza, piuttosto vi era chi voleva far carriera o avere dei benefici e chi la carriera non voleva farla.

Quando ho lasciato la Cartiera per la pensione, e per inciso sono andato un anno prima di quando avrei dovuto andare, perché ho avuto una broncopolmonite e sono stato un anno e mezzo ammalato, con la pensione che mi davano non potevo vivere, mi davano infatti solo 25.630 lire, ed era il 1960, e così ho messo su un’officina, grazie ad un contributo ottenuto per l’interessamento di un deputato, Fermo Solari. (5). E appena ho aperto l’officina, mi ha subito chiamato la Cartiera a far lavori per lei come artigiano. Ed è stata per me una bella soddisfazione.
Ed anche l’ingegnere che guida adesso la Cartiera come direttore generale si è complimentato con me per i lavori che ho fatto per la fabbrica come artigiano.

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Ma per ritornare alla Camera del Lavoro di Tolmezzo, è venuto su uno della Camera del Lavoro di Udine a fare il segretario, ma è stato solo una settimana o due, e dopo se ne è andato perché non riusciva a svolgere questo lavoro, ed ho dovuto prendermi io questo compito sempre. Perché bisognava tener duro. Ma avevo però sempre qualche compagno che mi aiutava. Ed ero d’accordo con quelli della Cgil che lavoravano nella cartiera di Ovaro e con quelli della cartiera di Moggio. E se devo esser sincero avevano un po’ più di adesioni in questa altre due cartiere che in quella di Tolmezzo.

Per Ovaro avevo contatti con uno che era della Commissione interna, per Moggio con il segretario della stessa, e collaboravano molto insieme. E i segretari dei poligrafici e cartai mi corrispondevano i contributi per i loro iscritti al sindacato ed io li inviavo direttamente alla Camera Generale del Lavoro. Ma qualcosa restava anche per la cassa interna da utilizzare in assistenza. Insomma io operavo per tutta la Carnia e Canal del Ferro fino a Moggio. Solo che mancava un’organizzazione capillare sul territorio e mancava tutto. Ora invece è cambiato molto. Poi, sei mesi prima che andassi in pensione, nel 1959, sono stato affiancato da Guerrino Gabino.

Certamente andava meglio prima della scissione sindacale. Poi ci sono stati tre segretari: uno per la Cgil, uno per la Cisl ed uno per la Uil. Io facevo parte anche del Direttivo della Camera del Lavoro e poi, dopo la crisi, come le ho raccontato, ne sono diventato il segretario. E noi della Cgil si tendeva a fare sciopero per migliorare il contratto di lavoro, in particolare a causa delle paghe misere che avevamo, che erano ancor più basse di quelle di coloro che lavoravano alla ‘Chimica’ (6)! Ci pagavano proprio una miseria! Però c’erano molti che venivano a lavorare ma avevano un po’ di campagna e qualcosa, e allora con quello arrotondavano. Invece quelli che non avevano campagna o animali stentavano a comperare il necessario e facevano più facilmente sciopero. E l’avere qualcosa o meno era un aspetto che discriminava.

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Era dura in quei tempi lì, ed io sono stato anche segretario del Partito Socialista qui, a Tolmezzo per 10 anni. Ed ho incominciato subito dopo la scissione (7). Erano iscritti al partito 4 vecchi e qualche giovane. Ma io tiravo avanti, avevo “quello stampo lì”, avevo una idea fissa nella testa, e prendevo cariche che allora nessuno voleva. Ed ho rimesso di persona più di una volta. Ed adesso esser socialisti o comunisti non è tanto difficile, ma allora…

Per esempio anche Lei mi ha ricordato Cinausero (8), che era della Commissione interna e lo hanno licenziato. Anch’io ero allora della Commissione interna, ed erano gli ultimi tempi di cui ne feci parte. Non ricordo bene cosa sia accaduto, ma mi pare che lui avesse le chiavi della stanza dove si riuniva la Commissione interna, ma che uno la tenesse era abitudine e lo facevano tutti.
Ma la Fils aveva paura che venissero resi pubblici alcuni documenti che si trovavano all’ interno della stanza, e così i suoi rappresentanti hanno agito in ogni modo per poter ottenere quella chiave. Ma io no sapevo nulla. E stavo lavorando in officina, in cartiera, quando è giunto uno che mi ha portato un foglio da firmare. Io prima di firmare ho chiesto cosa fosse, e mi è stato risposto che, in sintesi era questo e questo (era un foglio contro Cinausero che lo accusava di aver mandato un telegramma contro la Cartiera, di cui Cinausero ha sempre detto di non saper nulla, e che alcuni chiedevano agli altri operai di sottoscrivere come atto di accusa plurimo. (9).

Allora io gli ho detto: «Ouh ma date ai numeri?» e, guardando meglio ho visto che avevano sottoscritto anche compagni comunisti quel foglio contro Cinausero. Ed ho pensato:” Vergognatevi! Mettersi contro un operaio ….” Ma solo una ventina di noi non ha firmato. Mi creda ho preso una rabbia, quella volta! Ed ho detto a quello che è venuto da me per la firma: “Ricordati bene che un domani cadrà anche a te sulla testa quello che fai!». Perché anche se un operaio sbaglia, non ci si deve mai mettere, da operai, contro di lui. E io so, fra l’altro, che il Cinausero non aveva sbagliato, e lo so personalmente. E so che il segretario della Commissione interna aveva sempre tenuto la chiave della stanza della Commissione Interna, e Cinausero ricopriva allora quel ruolo, e non era obbligato a lasciarla in portineria. E si era sempre fatto così.

Ma si trattò allora di una ripicca per mandarlo via. Poi so che la storia è continuata, ma non so come è andata a finire. (10). Mi pare che gli abbiano dato un risarcimento in denaro, e che la storia sia finita lì.

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Laura chiede come è stato assunto.

Contardo: «Tanti sono andato in Belgio ad imparare. Invece io mi trovavo a Torino e, dico la verità, lì stavo bene. E già nel 1928 avevo avuto già una proposta di lavoro qui ma io ho rifiutato appunto perché stavo bene a Torino, mi sono sposato là, e facevo il fabbro prima e il meccanico alla Fiat poi. Ma dopo è venuta la crisi generale del 1929, e sono ritornato qui alla fine del 1931, ed ho lavorato, in un primo tempo, assieme al padre di Ervé Lupieri e poi, tramite lui, sono entrato in cartiera perché qui nessuno sapeva saldare ad ossigeno ed elettrico, mentre io avevo imparato a farlo addirittura prima di andare a Torino, nel 1921 o 1922, perché anche quando ero militare sapevo saldare. E quando ero a Torino sapevo già saldare bene il ferro ad elettrico. E così sono entrato in cartiera ai primi del ’33, prima ancora che iniziasse la produzione vera e propria».

«Però – ribadisce sua moglie – le paghe erano misere, ma si viveva, ed avevamo anche bambini piccoli, uno nato nel 1930 ed uno nel 1931, e ci si doveva affannare per quadrare il bilancio. E talvolta dovevano lavorare anche le donne, perché con quei quattro non si riusciva ad andare avanti. E se uno restava disoccupato era una tragedia. Ed anch’io, appena rientrato, per un periodo sono rimasto disoccupato, forse per un anno, ma poi mi sono arrangiato a lavorare, non appena ho trovato lavoro. Perché non era così facile allora qui trovarlo. Invece a Torino era diverso. Ma ormai non si poteva più ritornare lì. Però poi, nel 1934-1935, sono stato premiato dalla cartiera come operaio scelto».

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Quindi Pietro Contardo accende, fra le ire della moglie una sigaretta e dice: «Io ho incominciato a fumare ai tempi della prima guerra mondiale, nel 1917 o 1918, quando imperversava la spagnola. Sa, i dottori dicevano allora, per scongiurare la malattia: o fumare o alcol! (11). Ma io: alcol no, perché non sono abituato a bere! E così ho incominciato a fumare. E sa, di spagnola è morta a Cremona una mia sorella, che era lì profuga!». Ma la moglie dice che anche lei aveva visto la guerra, la spagnola, il tifo, ma non per questo si era messa a fumare.

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Quindi Pieri Precis ha ripreso a raccontare la sua vita lavorativa in cartiera. «Quando ho vinto il premio, nel 1934 o 1935, mi hanno invidiato tutti i compagni che lavoravano con me in officina! Erano stati tutti ad imparare a saldare in Belgio, ma io sono riuscito a fare dei lavori di saldatura ‘impossibili’, quella volta! E io ero socialista, e lo sapevano, e mi facevano sgobbare, ma facevo il mio dovere ed anche più del mio dovere. Ed io ero operaio specializzato, in cartiera.

E quando è stata montata la macchina 1 per far la carta, nel 1941 o 1942, il mio capo officina mi ha detto che ero l’unico che potevo lavorare con i tedeschi al montaggio ed a renderla operativa. Ed i tedeschi avevano mandato due uomini: uno era un giovane e l’altro un anziano, per fare questo lavoro. Ma io conoscevo perfettamente il disegno, avendo frequentato oltre 5 anni qui, e una scuola serale a Torino. Così ho incominciato a guardare i disegni e ad iniziare a montare i basamenti della macchina, che è la cosa più difficile che ci sia e, mentre il capo stava a guardare.
Sa se il montaggio del basamento non è perfetto, il macchinario non va avanti.

E prima di presentare al tedesco anziano, al capo, il lavoro fatto, l’ho controllato due o tre volte al centesimo di millimetro, così da essere certo del mio operato. E fu allora che il tedesco mi definì “Pietro preciso”, in friulano: “Pieri precis”, soprannome che mi è rimasto. E dopo il basamento ho continuato a costruire il resto del macchinario».

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«Per quanto riguarda i vari aspetti del lavoro in cartiera, li conoscevo tutti, io. E oltre al lavoro con macchinari, vi era anche il lavoro artigianale delle riparazioni e per modificare certe cose.

Comunque, quando sono giunto, i macchinari erano ancora da montare ed allora sono venuti anche degli svedesi per farlo, ma noi eravamo bravi quanto loro. Poi, se un pezzo di una macchina si rompeva, si doveva vedere se si poteva riparare o meno. Per esempio al reparto due, quando si rompeva l’ingranaggio, bisognava intervenire subito. Ed io ero del mestiere, e riuscivo, saldando, a rimettere i denti come prima. E poteva succedere che mi venissero a chiamare anche di notte a casa, per risolvere qualche problema. E mi è accaduto anche di alzarmi due o tre volte di notte per andare a lavorare. E in cartiera noi operai intervenivamo anche sui motori, da soli. E pensi che ero io alla manutenzione in cartiera per i diversi settori.

Poi la cartiera è andata allargandosi. Con la macchina 1, posta in tempo di guerra, si è iniziato a produrre la nitrocellulosa che era un prodotto ad uso bellico. Però era costruita in modo di poter produrre anche carta. E c’erano taglierine, e dove giungevano i rotoli c’era una taglierina grande. Infine, quando hanno iniziato a fare la carta, hanno chiamato a lavorare donne, ed anch’ io avrei potuto far entrare una mia figlia ma non ho voluto, perché io ho cercato di far assumere persone che erano proprio in miseria».

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«Deve sapere che il lavoro era organizzato, in cartiera, in reparti, ed ogni reparto aveva un capo-reparto, e poi c’era un capo anche sopra di loro che dipendeva dall’amministrazione. Naturalmente venivano nominati capo reparto coloro che erano più vicini all’ amministrazione. Ed anche fra loro ce n’erano di migliori e di peggiori. Ed io, prima che mettessero su la carta, giravo tutti i reparti, come Le ho detto. E lavoravo in genere di giorno, non turnando, occupandomi della manutenzione, con altri dieci, dodici. Ma anche noi avevamo un capo officina. Avrei potuto fare anch’io il capo officina, ma non mi è mai piaciuto. Avevano messo uno che era bravo come tornitore, ma che, come capo, era un po’ strambo ed aveva paura che gli portassi via il posto.

E un giorno l’ingegnere torinese … non mi ricordo però il nome, quello che è morto ed il cui figlio lavora pure lui come ingegnere alla Seima, mi ha fatto chiamare perché facessi una attività non indifferente. Dovevo controllare il lavoro degli operai per la costruzione di un impianto, ma io ho declinato perché un capo officina c’era già. Non è che io non sapessi fare il capo, e l’ho fatto anche prima di venire in cartiera, ma non volevo avere problemi perché il capo officina era legato alla direzione, mentre io ero contrario alla direzione stessa. Mi capisce, vero»?

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Comunque, nel 1946 ed in generale prima della scissione, vi era pure un buon numero di operai che scioperava, ma dopo la scissione, la Cisl non promosse in cartiera sciopero alcuno, perché era l’anima della direzione. Inoltre in Cartiera si lavorava con il premio di produzione. Era una somma in denaro che variava da ottomila a diecimila lire, a seconda di quanto si produceva. E io ero uno che lavoravo sempre, dico la verità, come un facchino.

E un giorno, come altre volte, sono andato a prendere la busta paga, rassegnato già ad avere il minimo di premio di produzione. Ed infatti mi avevano dato 2000 lire. E sono ritornato in officina. “Quanto hai preso?” E ho risposto che mi avevano dato 2000 lire. “Ma è impossibile!” – hanno detto i miei compagni di lavoro. “Impossibile? – ho ribadito. “Guardate! – E ho mostrato loro la busta paga. Ed ho aggiunto: “Io non protesto, ma so quanto mi merito”. Insomma il premio di produzione era una cosa un po’ così, poteva esserci uno che faceva ben poco e glielo davano comunque, ed a me 2000 lire! Inoltre è anche accaduto che, se uno non faceva sciopero, lo pagassero per quella giornata, il doppio! Ed era un incentivo a non scioperare.

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Ma senta questa. Una volta uno sciopero è caduto in un giorno in cui ero ammalato. Ed ero sindacalista assieme a Guerrino Gabino, ed erano gli anni sessanta. Ero già praticamente fuori, ma facevo ancora parte della commissione interna. Ed andavano impiegati a cercare gli operai in casa, e c’era Finzi e me lo sono trovato di fronte. E ci ha fatto chiamare dai carabinieri, ci hanno denunciato, perché avevamo insultato gli impiegati che andavano a cercare a casa gli scioperanti per portarli a lavorare. E io ho detto ai carabinieri come stavano le cose e le nostre ragioni. E non era vero che stavamo davanti alla portineria, eravamo lì della ‘Dia’ che si guardava, e avevamo visto gli operai ritornare al lavoro, dopo aver aderito allo sciopero. Ne ho conosciuti tanti che sono ritornati indietro dopo aver ricevuto la visita in casa di qualcuno della Cartiera, ed era facile convincerli, perché quel giorno venivano pagati di più, come ho detto.

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E devo dire che io, per il sindacato, ho lavorato molto, ma ho anche rimesso molto pure economicamente. Perché come sindacalista mi dovevo muovere ed andare su per la Carnia o ad Udine, e tutto a mie spese, quando ero libero o dopo aver chiesto un permesso sindacale. Poi è giunto Gabino, che voleva che i contributi passassero attraverso la cartiera, ma io preferivo che me li dessero in mano, perché molti non volevano far sapere alla fabbrica che pagavano la tessera Cgil, ed erano pure operai che non aderivano frequentemente agli scioperi. Ed era difficile, anche negli anni ’60, esser di sinistra, e mi chiamavano pure ‘Pietro Nenni’, in cartiera. Ed ho fatto anch’io delle battaglie»!

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A questo punto io, che intervistavo, ho espresso la mia opinione circa il fatto che la Carnia, già allora pareva emarginata a livello sindacale, e che ci fosse ben poca volontà di potenziare anche con nuovi quadri di supporto, il sindacato, nonostante la Carnia avesse allora molti socialisti. E così uno come Contardo si trovava a fare l’operaio, mantenere la famiglia, fare il segretario della camera del lavoro, essere membro della commissione interna della cartiera, fare il segretario dei poligrafici e cartai ed anche quello della sezione locale del Partito Socialista, ed esser ancora con ben pochi soldi…  E Pietro Contardo annuisce. «E pensi, signora – aggiunge – non si aveva neppure i soldi per pagare la luce qualche volta! E vivere così era un affare non indifferente per tutta la famiglia!». Ed ho lavorato poi anche in proprio, come artigiano, ma solo 8 ore e poi basta, e se ho realizzato qualcosa è stato grazie al mio lavoro. Ed ho fatto sacrifici enormi per poter realizzare qualcosa: ed ho costruito la casa ed anche l’officina. Ed ora faccio solo qualche lavoro artistico. (12). Sa, non si può stare con le mani in mano. E prima di entrare in Cartiera, ho fatto pure i cancelli del Municipio di Rigolato.

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E così termina questa intervista che ci parla anche di valori di altri tempi, come quello del ‘dovere’ da svolgere per essere un uomo retto e stimato. E questo valeva per molti operai ma anche per alcuni borghesi. Ora il senso del dovere e la parola d’ onore non esistono più, come altri valori etici quali per esempio la solidarietà operaia ma anche comunitaria del paese o del rione, e davvero dispiace.

Laura Matelda Puppini

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Note. 

(1) Inizialmente vi era solo la Cgil che univa i lavoratori, e che promosse un grande sciopero nel 1947 contro la disoccupazione, essendo presidente del consiglio De Gasperi. Con lo sciopero del novembre ’47, però, iniziò un periodo difficile contrassegnato da scontri violenti tra polizia e manifestanti. Purtroppo la situazione peggiorò ulteriormente e la tensione tra operai e forze di governo si fece altissima. Ci furono tre incontri tra Cgil e Governo per risolvere in modo definitivo le questioni sul tappeto, ma si giunse solo al terzo giorno ad una intesa, che pose fine agli scioperi ed alle manifestazioni. Inoltre su molti temi le diverse anime della Cgil erano di opinioni contrastanti, per esempio sul piano Marshall. Così andò a finire che la componente cattolica uscì dal sindacato formando la Lcgil (Libera Confederazione Generale Italiana del Lavoro), filo americana, poi divenuta la Cisl, nel 1950. (Il sindacalismo cattolico dall’unità sindacale alla nascita della Cisl, a cura di Simone Galgano, in: http://www.storiaxxisecolo.it/larepubblica/repubblicasindacad.htm). Il contenuto di questa nota, con il n.2,   è già stata da me riportata in Intervista a Fabio Cinausero. Le peripezie di un operaio carnico, sindacalista, attivista comunista, … Seconda parte. In: www.nonsolocarnia.info. La Cisl sorse dalla LCgil, dalla Fil e dall’ Ufail. Nel novembre 1951 venne celebrato il primo congresso della Cislpreceduto dai congressi categoriali e territoriali. (http://www.fim-cisl.it/wp-content/uploads/2015/09/Friuli-VG-Carlo-Bravo.pdf, p. 15).

(2) La Cartiera era stata creata da Aristide Petzalis, ebreo, che era anche il direttore generale della cartiera Naejere a Willebroek, in Belgio, che era di proprietà di una società di cui faceva parte lo stesso Petzalis oltre che De Naeyer e Le Croix. Così nel 1929 uomini e donne della Carnia vennero mandati a Willembroek per imparare a lavorare e per seguire corsi di qualificazione.  (Testimonianza di Virgino Spiluttini raccolta da Dino Zanier a Verzegnis il 7 settembre 1979, pubblicata a stralci in: AA.VV., La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980, pp. 95- 98 e 214 -215). Aristide Petzalis era di origine ebraica e venne allontanato dalla cartiera a causa delle leggi razziali nel 1938. Così la fabbrica rimase in mano al direttore generale Marpillero, sino al 1939, quando entrò nella società proprietaria la Pirelli, inizialmente con quota azionaria minoritaria. (Cfr. Laura e Marco Puppini, Movimento operaio, op. cit., p. 70). Dopo la fine della guerra, Petzalis ritornò a dirigere la Cartiera per un breve periodo, ma quanto basta per mandar via l’ing. Pettinau, presumibilmente di origine sarda. Cfr. note n.5 e n.7 in: Marino Ambrosio: la mia vita alla cartiera di Tolmezzo. Intervista di Laura Matelda Puppini, 15 aprile 1980, su: www.nonsolocarnia.info.

(3) La cartiera, dopo l’8 settembre 1943, era passata, come tutte le industrie in Ozak, sotto il dominio dei nazisti occupanti. Ma qui pare che Contardo si riferisca a un paio di anni prima, se bene egli ricorda, e che i tedeschi fossero stati due inviati magari dalla ditta produttrice a montare la macchina.

(4) Trattasi di Vinicio Talotti, nato ad Arta Terme il 25 aprile 1925, partigiano osovano, nome di battaglia Ettore, democristiano, commissario di battaglione, tardivamente. Dopo la Liberazione diventò sindacalista della Cisl presso la cartiera di Tolmezzo, ove non si fece amare da tutti. Politico democristiano, fu presidente della Comunità Carnica dopo Libero Secondo Martinis, consigliere dell’Ente Friuli nel Mondo e fondatore dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione. Fece pure parte del consiglio di amministrazione del CO.S.IN.T. dal 1971 al 1983 e fu presidente dello IACP Udine. Venne insignito del titolo di commendatore. Morì il 29 marzo 2000.

(5) In realtà Fermo Solari fu eletto nel 1958 senatore, non deputato. Fermo Solari, socialista, imprenditore, politico e dirigente partigiano del CVL nazionale, era nato a Prato Carnico, il 22 settembre 1900 ed è deceduto ad Udine il 25 giugno 1988. Discendente di una famiglia carnica di orologiai, si diplomò ingegnere in Svizzera ed avviò un’impresa edile operante in Somalia. Rientrato in Italia, nel 1942 prese parte alla fondazione a Milano del Partito d’Azione. Nel 1943 si laureò in Scienze economiche a Roma e dopo l’8 settembre prese parte alla Resistenza tra le formazioni partigiane di Giustizia e Libertà di cui divenne commissario politico nelle Prealpi friulane col nome di battaglia di Somma. Nel 1944 sostituì alla carica di vice-comandante del Corpo Volontari della Libertà Ferruccio Parri, prigioniero dei nazisti. Nello stesso anno, ferito e catturato dai militari della Repubblica Sociale Italiana, venne ricoverato all’ospedale Niguarda e successivamente liberato da un’azione partigiana. Nel dopoguerra prese parte ai lavori della Consulta nazionale e nel 1947 dopo lo scioglimento del Partito d’Azione confluì nel Partito Socialista Italiano. Negli stessi anni fondò ad Udine, assieme al fratello Remigio, la Solari R. e C., ditta che, sulla base del sapere tramandato dalla famiglia, iniziò a produrre orologi non meccanici e sistemi d’informazione al pubblico. Con le elezioni politiche del 1958 venne eletto al senato della repubblica. (https://it.wikipedia.org/wiki/Fermo_Solari). Per una scheda più analitica, cfr. https://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/solari-fermo/.

(6) Veniva chiamata “La Chimica” una fabbrica a Tolmezzo, proprietà della Società Chimica Carnica di Antonio Corbellini, presente anche durante la seconda guerra mondiale. Forniva sostanze chimiche anche alle cartiere. (https://www.carniaindustrialpark.it/it/media-press/acquisizione-exChimicaCarnica/). Da “La chimica” veniva preso il sale che poi veniva distribuito alla popolazione che non ne aveva nel corso della Resistenza. (https://www.nonsolocarnia.info/uomini-e-donne-che-scrissero-la-storia-della-democrazia-in-italia-vittorio-pezzetta-comunista-e-anna-de-prato-pezzetta-sua-moglie-dal-racconto-di-anna/).

(7) Ritengo che qui Contardo si riferisca alla scissione del Partito Socialista Italiano.  Denominato, dal 1943, ‘Psiup’, «Il 10 gennaio 1947 il PSIUP riprende la denominazione di Partito Socialista Italiano (PSI). Il cambio di nome avviene nel contesto della scissione della corrente socialdemocratica guidata da Giuseppe Saragat (scissione di palazzo Barberini), il quale darà vita al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), e marcherà una profonda distanza dai comunisti», mentre il Psi continuerò a collaborare con il Pci. (https://www.partitosocialista.it/psi-pagine/la-storia/). Pertanto Contardo fu segretario pure del Partito Socialista tolmezzino dal 1947 al 1957 circa.

(8) Cfr. su www.nonsolocarnia.info:  Intervista a Fabio Cinausero. Le peripezie di un operaio carnico, sindacalista, attivista comunista, come da lui narrate a Laura Matelda Puppini alla fine del 1979. Prima parte,  e Intervista a Fabio Cinausero. Le peripezie di un operaio carnico, sindacalista, attivista comunista, … Seconda parte.

(9) L ‘accaduto è stato descritto da Fabio Cinausero nel corso dell’ intervista che gli ho fatto il 30 dicembre 1979 e si trova in:  Intervista a Fabio Cinausero. Le peripezie di un operaio carnico, sindacalista, attivista comunista, come da lui narrate a Laura Matelda Puppini alla fine del 1979. Prima parte, su www.nonsolocarnia.info.

(10) Ivi. si trova anche prosieguo della storia, che finì per vie legali.

(11) Per la verità non credo proprio che i medici dicessero questo, ma forse qualcuno lo aveva raccontato a Contardo allora ragazzino.

(12) Pietro Contardo, detto Pieri precis era un bravissimo artista e realizzava bellissimi lavori in ferro battuto, cancellate ed altro.

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Rimando alla lettura anche degli altri articoli che qui riportano mie interviste a lavoratori della Cartiera:

Marino Ambrosio: la mia vita alla cartiera di Tolmezzo. Intervista di Laura Matelda Puppini, 15 aprile 1980.

Carlo e Susanna Capiaghi. Storie operaie alla cartiera di Tolmezzo. Intervista di L. M. Puppini 6/9/1980.

Intervista a Fabio Cinausero. Le peripezie di un operaio carnico, sindacalista, attivista comunista, come da lui narrate a Laura Matelda Puppini alla fine del 1979. Prima parte.

Intervista a Fabio Cinausero. Le peripezie di un operaio carnico, sindacalista, attivista comunista, … Seconda parte.

Ricordo pure che mi è stato detto che più di un lavoratore è rimasto intossicato dal cloro mentre lavorava in cartiera nel reparto cellulosa, ma più di questo io non so relativamente ad incidenti sul lavoro perchè davvero pochi ne parlavano.   

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L’immagine che accompagna l’articolo che ritrae una particolare della caldaia della Centrale termoelettrica della Cartiera di Tolmezzo, è stata scattata dal fotografo G. D’ Orlando di Tolmezzo l’8 gennaio 1966, e si trova presso Sesto San Giovanni (MI), Fondazione ISEC Istituto per la Storia dell’Età Contemporanea, fondo Sezione fotografica dell’Archivio Storico Breda, C_SC_254. Laura Matelda Puppini.

 

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