La Befana fascista.
Voglio ricordare qui essendo il 6 gennaio 2023, la “Befana fascista” che diventò un grande mezzo di propaganda del regime mussoliniano.
Negli anni venti i fascisti di dedicarono ad ammazzare, dileggiare, torturare, mandare in povertà chi non la pensava come loro, ma poi, instaurato il potere assoluto, passarono alla fase di normalizzazione e di ricerca del consenso. Ed a questa fase appartiene l’istituzione della “Befana fascista”.
La prima cosa che si nota è che il regime, anche dopo i Patti Lateranensi, non fa portare doni al Bambino Gesù, non a Santa Lucia, non a San Nicolò: si deve trovare un simbolo laico, non dipendente dalla Sacra Romana Chiesa. Il fascismo vuole mantenere una sua ritualità specifica, che non possa venir da altri utilizzata, e che deve aver luogo all’interno degli spazi di partito.
Così sceglie la befana, senza temo sapere neppure che ella affonda le sue radici nel mito russo di Baba Jaga, (anche Baba Yaga) che è «una vecchia strega che si sposta volando su un mortaio, utilizzando il pestello come timone, e che cancella i sentieri nei boschi con una scopa di betulla d’argento» e vive «in una capanna sopraelevata che poggia su due zampe di gallina, servita dai suoi servi invisibili». (1). In genere è vista come soggetto privo di bontà, ma in alcuni casi dispensa pure utili consigli. Inoltre Baba Jaga compare in tutto il mondo slavo, ma in modo diverso. Ed il legame tra la Befana e Baba Jaga trova riscontri anche su alcuni articoli presenti in rete.
Baba Jaga da: https://tvtropes.org/pmwiki/pmwiki.php/Literature/BabaYaga.
Ma naturalmente i fascisti nulla sapevano di questo, altrimenti avrebbero bruciato la Befana, che si sarebbe trasformata ‘ipso facto’ in una rappresentante del pericolo rosso, ed attinsero la loro ‘Befana’, secondo Nicola Graziani, da un mito romano presente in una fontana della Capitale: «la Befana, che a Roma da secoli dormiva nella Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona», «vecchia e piena di verruche, ma amatissima», e questo era ciò che a Mussolini stava a cuore. (2).
Però io non ho trovato altri riferimenti per questa storia, mentre è noto che a Piazza Navona da decenni si svolge una specie di sagra nel periodo natalizio ed una festa detta “La Befana di piazza Navona”. (3). Però ciò accadde, come racconta pure Gioachino Belli, solo dai primi anni del Novecento, perché nell’Ottocento la Befana, a Roma, veniva festeggiata in piazza Sant’Eustachio con bancarelle di dolci e giocattoli e venne poi trasferita a piazza Navona. (4).
Befana a Piazza Navona. (Da: https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/22_settembre_21/roma-torna-festa-befana-piazza-navona-comune-pubblica-bando-22-stand-18d8ebaa-390f-11ed-82bb-ebbcf266f7f2.shtml)
E «La Befana, la figura che rappresenta l’Epifania, è sempre stata molto amata a Roma, più di Babbo Natale, e la festa riporta a origini lontane e pagane. Il personaggio sarebbe nato dall’unione di numerose tradizioni religiose e culturali, diverse tra loro, mentre la data del 6 gennaio era simbolica perché in quel periodo la luce del giorno cominciava ad avere una durata maggiore della notte: era visto come un momento di vittoria della luce sul buio, di rinnovamento e risurrezione dello spirito […]». (5).
Ma forse a Roma la Befana si rifaceva pure alle feste dedicate all’antica dea romana Strina/Strenua, contraltare femminile di Giano, «le cui celebrazioni avvenivano all’inizio dell’anno, quando i consoli entravano in carica; in quella occasione vi era la consuetudine di scambiarsi doni di buon auspicio per l’anno (nuovo)». (6). Inoltre, secondo una leggenda, al culto della dea erano associati fasci di una particolare varietà di salice, il “salix viminalis” e, col tempo, i sacri fasci si trasformarono nella ben nota scopa, con funzione essenzialmente apotropaica, cioè di allontanare gli influssi malefici. (7).
Ma non solo. Infatti narra un’altra leggenda che, quando Romolo cinse di mura il perimetro di Roma, in segno di riconoscenza e come simbolo di prosperità, i cittadini gli offrirono un fascio di rami verdi, tagliati dal vicino bosco sacro alla Dea Strenua. Al re piacque l’offerta e la fece rinnovare ogni anno nell’anniversario della fondazione di Roma.
Col tempo il rito decadde ma rimase tra i cittadini l’usanza, alle calende di gennaio, cioè nel primo giorno del mese, di offrirsi a vicenda ramoscelli sacri di alloro e ulivo, aggiungendovi doni di fichi e mele con l’augurio che l’anno in arrivo potesse essere dolce come quei frutti. (8).
Strina o Strenua, dea benaugurante, legata anche a Romolo. (Da: https://www.romanoimpero.com/2010/10/culto-di-strenna-o-strenua.html).
Comunque una cosa pare certa: che sia la Baba Jaga russa, che siano quelle polacche e slave, che sia la dea romana, la figura della Befana ha a che fare con i boschi od i boschetti.
Altri ancora collegano la Befana all’ Epifania ed alla dea, anche delle coltivazioni, Diana che si narrava che, proprio dodici notti dopo la festività del Natale, volasse sopra ai raccolti benedicendoli per la prossima fioritura. (9). Infine si giunse ad una versione ‘cristianizzata’ della leggenda: i Magi, in cammino verso la grotta, si fermarono a chiedere ad una vecchia di proseguire con loro, ma ella rispose che aveva lavori da fare, ma poi si pentì ed uscì di casa portando con sé un sacco pieno di cibi rinomati e dolci regalandoli ai più piccoli nella speranza di offrirli anche a Gesù o, in altra versione, che, non avendo trovato Gesù a cui erano destinati, finì per distribuirli ad altri bimbi. (10).
La strina siciliana, che si ritrova nel palermitano ed anche a Cefalù. La dea ‘Strina’ per i romani era anche assimilabile a Diana, e quindi giovane e bella, ma poi è stata trasformata così, nella Strina vecchia. . (Da: https://www.radioluce.it/2016/12/28/siciliani-e-sicilianita-strina-o-vecchia/).
La ‘Befana fascista’.
Naturalmente tutto questo poco interessava al regime fascista.
Sotto il fascismo i dopolavoro languivano, ed i fasci femminili erano ben poco visibili. Per sopperire pure a questo problema, il Partito Nazionale Fascista si inventò la ‘Befana fascista’. L ‘idea «venne da un giornalista, Augusto Turati, bene integrato nel regime, destinato alla direzione de “La Stampa” e grande viaggiatore. Turati (era) allora segretario del Pnf». (11). Egli, previa approvazione del Duce, lanciò l’idea di una raccolta doni fra i commercianti ed una distribuzione ai bimbi poveri il 6 gennaio, su scala nazionale. Così il 6 gennaio 1928, l’Italia ebbe la sua Befana Fascista. (12).
Ma in realtà essa aveva avuto una antesignana a Buenos Aires, dove la sezione argentina dell’Associazione lavoratori fascisti all’estero organizzò una “Befana fascista” il 6 gennaio 1927, che vide una grande partecipazione di emigrati italiani, e dove furono distribuiti ben 1.500 doni. (13).
Un nuovo pezzo di cultura nazional-popolare venne occupato dal Pnf: commercianti, industriali e agricoltori vennero sensibilizzati alle donazioni. La raccolta e la distribuzione dei pacchi fu, da allora in poi, a cura dei Fasci Femminili e dei Dopolavoro; il luogo preposto alla felicità dei piccoli beneficiari fu la Casa del Fascio, e «benignamente il regime a tutti dava, secondo i bisogni di ciascheduno» (14). Il successo dell’iniziativa fu vastissimo tanto che nel 1931 venne donato un milione di pacchi. (15).
Befana fascista della Federazione dell’ Urbe. Roma, 10 gennaio 1932. Archivio Luce. (Da: https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL3000026390/12/bambini-pacchi-dono-durante-befana-fascista-della-federazione-urbe.html?startRelatedPage=9&perPageRelated=9&startPage=$%7BstartPage%7D&query=&jsonVal=%7B%22jsonVal%22%3A%7B%22fieldDate%22%3A%22dataNormal%22%2C%22_perPage%22%3A20%7D%7D).
«A quel punto Mussolini volle intestarsi direttamente l’operazione e, su iniziativa dell’immancabile Starace, trasformò la Befana Fascista in Befana del Duce. Ma non funzionò mica tanto, perché l’accostamento forzato della figura del pater familias alla nonnina non suonò bene all’orecchio di tanti, e la prima denominazione resistette alla seconda, fino al 25 Luglio. Tanto che nei giorni convulsi della Repubblica Sociale si decise di tornare ufficialmente alle origini. Fascista, la Befana, lo rimase comunque per il solo inverno 1943-1944». (15).
Ma «qualcosa resistette alle temperie della Storia». Anche dopo la liberazione, sopravvissero molti dopolavoro specifici, luoghi di incontro per famigliole di iscritti, e questi mantennero, nella loro tradizione, l’arrivo della befana per i figli dei soci: e ci fu la befana per i figli dei tramvieri, quella per i bimbi dei vigili urbani, quella per i piccoli dei ferrovieri fino a quella della Rai. Poi anche i dopolavoro ebbero quasi dovunque fine, e così pure le attività che svolgevano, ma la Befana quella di piazza Navona anche quest’anno ritorna.
Comunque non si può dimenticare che, in una Italia ridotta alla fame dopo la prima guerra mondiale e le azioni squadriste, con gli uomini senza lavoro anche perché arruolati, la trovata della “Befana fascista” sfruttava la povertà di masse di persone, in genere di donne con nidiate di bimbi a carico, per cercare di attrarle nella sua sfera di consenso con dei doni ai bambini, neppure propri, ma imposti al commercio, all’industria, agli agricoltori.
Ed i doni della Befana fascista soppiantavano la carità della chiesa e delle parrocchie, costringendo i commercianti a dare al fascio e non ad altri, ed io credo che al Partito Nazionale Fascista poco interessasse, per dare qualcosa, il grado di stato di indigenza in cui versava una famiglia, ma maggiormente il grado di consenso dato al Partito.
Anche nel Trentino, dove la Befana era sconosciuta, ella, in periodo fascista, sostituì i Re Magi con la stella, che tradizionalmente portavano i doni, stravolgendo gli usi di quel territorio. (Foto da: http://associazione-legittimista-italica.blogspot.com/2017/01/6-gennaio-epifania-o-befana-fascista.html).
Non solo: al contesto ludico del mercatino natalizio o al sogno della vecchietta con la scopa, si sostituì, nel corso del fascismo, la casa del fascio come luogo di distribuzione doni e personale con i simboli del fascio al posto della Befana, nel contesto di quella nuova ‘religione civile’ ricca di simboli sostitutivi dei pregressi che formarono la ‘nuova mistica fascista’. Ma anche ora il significato delle feste tradizionali sta perdendosi insieme al loro fascino, in quanto ogni ‘attimo’ ogni ‘ battere di ciglia’ viene inserito nel contesto del mondo dominato dai mercati, della finanza, del consumismo sfrenato, quasi nuova mistica ‘fascista’ dove però ha di più chi più riesce ad accumulare denaro con ogni mezzo, e dove Dio e l’etica cristiana sono stati cacciati fuori dalle porte di Gerusalemme, che si sono richiuse dietro di loro, per utilizzare una frase presa in prestito dal grande Raniero La Valle. Io credo che si dovrebbe riflettere su questo.
Laura Matelda Puppini
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Note.
1- https://it.wikipedia.org/wiki/Baba_Jaga
2- Nicola Graziani, La Befana fascista compie 90 anni (ma l’idea non fu di Mussolini), in:
3- https://www.agi.it/cronaca/befana_fascista-3334275/news/2018-01-04/.
5- Ivi.
6 – Ivi.
7 – https://costellazioniletterarie.wordpress.com/2015/01/06/streghe-volanti-baba-yaga-e-la-befana/.
8- https://www.romanoimpero.com/2010/10/culto-di-strenna-o-strenua.html.
9 – Ivi.
10 – https://www.lovelystayinrome.com/Leggende-Romane-La-befana-tra-leggenda-e-tradizione/ e https://it.wikipedia.org/wiki/Befana.
11- Nicola Graziani, La Befana fascista, cit.
12- Ivi.
13- https://it.wikipedia.org/wiki/Befana_fascista
14- Nicola Graziani, La Befana fascista, cit.
15- Ivi.
16- Ivi.
L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle che si trovano al suo interno. L.M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/la-befana-fascista/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2023/01/befana-fascista-si-720.jpg?fit=720%2C534&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2023/01/befana-fascista-si-720.jpg?resize=150%2C150&ssl=1ETICA, RELIGIONI, SOCIETÀVoglio ricordare qui essendo il 6 gennaio 2023, la “Befana fascista” che diventò un grande mezzo di propaganda del regime mussoliniano. Negli anni venti i fascisti di dedicarono ad ammazzare, dileggiare, torturare, mandare in povertà chi non la pensava come loro, ma poi, instaurato il potere assoluto, passarono alla fase...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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