I grandi fiumi sono sempre stati considerati la fonte della vita e uno era quello che scorreva nell’Eden, il Paradiso perduto, da cui originavano il Pison (che circondava la terra di Avila), il Tigri, l’Eufrate e il Gihon (che circondava la terra di Kush). Ed il mito dei grandi fiumi è sempre stato presente anche nell’arte: basta vedere la loro rappresentazione nelle due fontane ai 4 cantoni a Roma o ai quattro canti a Palermo. In Friuli abbiamo un grande fiume ed è il Tagliamento, che è stato saccheggiato delle sue acque montane per produrre energia, sfruttando pure i suoi rii affluenti. Produrre energia, sembra essere il fine della società italiana senza pensare all’acqua dolce come bene indispensabile e comune per la vita.

Correva l’anno 2018, ed era appena terminato l’alluvione chiamato poi Vaia, che aveva fatto ingentissimi danni al territorio in particolare montano con sradicamento di interi boschi e notevoli danni al territorio, quando pubblicavo su www.nonsolocarnia.info un articolo intitolato: “Discorsi vecchi per l’alluvione nuovo, ed alcune considerazioni sugli interventi in Carnia e bellunese”, in cui riportavo pure qualche considerazione di Giacomo Pellegrini sul Polesine, che rimandava in me le celebri immagini di don Camillo che fuggiva con la barca dopo l’allagamento di terre e terre, oltre che del paese. Ma vi sono anche immagini reali in rete di quel disastro. (1).

Una immagine del film “Il ritorno di don Camillo” da: https://cremonasera.it/cronaca/don-camillo-peppone-e-la-grande-alluvione-di-settant-anni-fa-novembre-1951-le-madonnine-votive-tra-roccabianca-e-polesine.

E così scrivevo sempre ivi, riportando dalla: “Relazione del compagno sen. Giacomo Pellegrini, in: Giacomo Pellegrini, G. Carlo Pajetta, Per la rinascita ed il progresso della valle padana. Discorsi pronunciati all’ Assemblea dei Comunisti della Valle padana, Rovigo, 8-9 febbraio \1958: «La popolazione in montagna vive in condizioni di estrema difficoltà, – sottolineava allora Pellegrini, citando anche un documento della Comunità Carnica – sia per quanto concerne l’organizzazione della vita sociale, sia per le condizioni tristissime della sua vita, anche di quelle estremamente elementari». Da qui il fenomeno emigratorio, particolarmente accentuato in Carnia e Canal de Ferro, che andava privando di persone vigorose ed intelligenti i territori, creando «una selezione alla rovescia». E già allora la Comunità Carnica segnalava come si venisse delineando un quadro sociale di vasta portata e patologico. (2).

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Inoltre per far in modo che i disastri non si ripetessero anche in pianura, bisognava effettuare tutta una serie di opere, non solo il rimboschimento delle montagne. E risultava già allora necessario “legare i montanari ad un’attività di difesa del suolo” attraverso il miglioramento dei pascoli, l’intensificazione dell’agricoltura ed il perfezionamento dell’ordinamento produttivo agrario, ed era giunto il momento, improcrastinabile, di porre “da un punto di vista dell’interesse nazionale, il problema della montagna”». Ma invece «prati e pascoli vengono progressivamente abbandonati e la zootecnia praticamente declina». (2). Cosa è mutato da allora? – mi chiedo io. Mi pare che in sessant’ anni la montagna abbia perduto ancora in risorse, servizi, popolazione, possibilità, mentre si continua a costruire, in Italia, quasi all’ interno dei greti dei fiumi, togliendo agli stessi la possibilità di avere un’ area naturale di espansione quando piove molto. Ed anche le recenti riflessioni sul comportamento dei corsi d’acqua, a causa pure di pessime politiche urbanistiche, che ha causato gli straripamenti di fiumi e rii tra Marche ed Emilia Romagna  il 3 e 4 maggio 2023, sono state accantonate, seguendo il motto “Tiremm innanz”.

Comunque la prima cosa da fare per evitare disastri naturali è prendersi cura del territorio dai monti al mare e rispettare i greti e gli spazi di esondazione non trasformandoli in terreni edificabili o coltivabili. E non a caso nel 1921, trent’ anni prima dell’alluvione del Polesine, persone illuminate avevano pensato di realizzare l’“Istituto di Economia Montana” con compiti ben precisi, concretizzando pure un’idea cara al Ministero delle terre liberate e con compiti di manutenzione e cura del territorio montano. (3).  Perché anche così si evitano i possibili ‘Polesini’.

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Quindi il problema delle esondazioni è problema importante e presente sin dagli anni cinquanta, e così scrivevo riportando: «le drammatiche alluvioni dei […] fiumi, il Po, il Reno, il Mincio, i fiumi del Piemonte e della Lombardia, le minacce dell’ Adige di questi anni, […] sono là ad indicarci la fragilità delle strutture elementari in cui deve svolgersi la vita delle popolazioni di questa terra» (4). E nel merito riprendevo anche il parere di un ingegnere idraulico Antonino Cancelliere, il quale sottolineava come, a differenza di quanto sostenuto da Fedriga, già all’ epoca Presidente della Giunta regionale Fvg (5), non bastasse solo sghiaiare. Infatti il noto docente universitario del Dipartimento di Ingegneria civile ed ambientale dell’Università di Catania mostrava, nel suo lavoro, considerando ormai alcuni fiumi trasformati in torrenti,  pure danni da erosione di sponda a strade, che parevano proprio similari a quelli visti concretamente subito dopo Vaia nel territorio montano, e quindi tecnicamente prevedibili.
Dove il letto è stretto e pendente, come nei tratti montani da noi, l’agire dell’ingegnere idraulico  deve avere come finalità, sempre secondo il prof. Cancelliere,  la stabilità dei versanti, attraverso interventi volti a ridurre i fenomeni erosivi sul bacino, specie quelli localizzati, attraverso terrazzamenti, seminagione di essenze adeguate, opere di drenaggio ed intervenendo con muri di sponda, scogliere longitudinali, protezioni in pietrame, gabbionate, etc. e briglie ed altre opportune soluzioni (6).

Paratoie manuali per regolare il flusso dell’acqua (Da: https://www.x2solutions.it/paratoie-manuali-motorizzate-regolazione-flusso-liquido-canale/).

«Per la verità – scrivevo allora- non è che la facoltà di ingegneria dell’Università di Udine non abbia analogo corso per la specialistica, e forse lo ha anche l’Università di Trieste, ma non si possono leggere online i materiali. E dato che i fiumi carnici si stanno comportando come i torrenti, ed hanno fatto danni analoghi a quelli che fanno i torrenti negli esempi portati dal prof. Cancelliere, vale davvero la pena di prendere in considerazione quanto scrive». (7).

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Sulle sue considerazioni interveniva successivamente Mario Di Gallo con un testo in cui proponeva soluzioni di tipo ambientalistico per evitare i danni da erosione in montagna, da me pubblicate con titolo: “ Mario Di Gallo. Sulle sistemazioni idraulico forestali. in: www.nonsolocarnia.info.

E così egli sosteneva, evidenziando alcuni problemi: «Le sistemazioni classiche, che mantengono comunque la loro validità, si sono fatte prendere la mano dai “cementieri” che pian piano hanno fatto riempire di cemento anche opere di difesa longitudinale, come le scogliere a secco, che garantivano la “filtrabilità” e la flessibilità adattandosi ai naturali movimenti delle sponde fluviali. Ma questi sono dettagli tecnici. Ciò che ancora non si vuole capire è che da decenni abbiamo rubato (e continueremo a rubare: vedi sistemazioni in Valcanale e Canal del Ferro dopo l’alluvione 2003) lo spazio agli alvei canalizzandoli, costringendo le portate di piena a correre sempre più veloci, con più trasporto solido, con pelo d’acqua sempre più alto. La conseguenza è un impatto tremendo di masse fluide (acqua e detriti) su spalle e pile di ponti mal progettati o mal mantenuti (che riducono la sezione di portata), su argini deboli e bassi e presso strettoie (erosioni e allagamenti). E allora non resta che restituire agli alvei la loro più ampia sezione, eliminando opere idrauliche inutili, ri-naturando il fondo dei torrenti montani eliminando le briglie e soglie (risultate in certi casi superflue) con il riposizionamento delle grandi pietre (spesso asportate a fini commerciali), aumentando quindi la scabrosità del fondo, allungando il percorso delle acque e ricostituendo le naturali “casse di espansione” di fiumi e torrenti». (8).

Questo per dire che, se una giunta regionale ardentemente vuole creare qualcosa per contenere possibili piene, che si spera siano state quantomeno previste, del più grade fiume della regione, magari perché si è costruito fin dentro il greto a suon di varianti dei piani regolatori, e si è trasformato un fiume in una specie di torrente, almeno a tratti, non lo può fare così, con il solito sistema del ‘Volli, volli, fortissimamente volli’  ma, nel 2024, bisogna avere non uno studio di un esperto magari foresto scelto dalla politica senza bando di gara alcuno, ma un pool tecnico che studi possibilità degli eventi, che non sempre sono eccezionali ed imprevedibili,  e ipotesi per affrontarli sulla base della mole di studi ingegneristici prodotti, tenendo conto del materiale che potrebbe esser trascinato dal fiume, servendosi di geologi ed altri esperti di ambiente, territorio  etc. etc..

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Il ponte di Dignano. (Da: https://rete.comuni-italiani.it/foto/2012/54737/view).

Inoltre vi è il problema della Cimpello Gemona, autostrada che da anni viene ritenuta inutile ed impattante e che trasformerebbe la nostra regione in un asse viario a servizio di terzi, con aumento possibile dell’inquinamento da polveri sottili in una delle zone più belle del Friuli.  E sia la cosiddetta ‘traversa’ di Dignano, sia la nuova autostrada, (quando i tir possono benissimo passare per le autostrade già esistenti) vanno a toccare lo stesso territorio, ma pare che, come il solito, la giunta li viva come problemi separati. (9). Fra l’altro quando sono passata non certo una sola volta sul ponte di Dignano, il fiume era sempre praticamente in secca. Pertanto anche l’andamento delle portate rappresenta un dato fondamentale, che dipende dal prelievo di privati per uso idroelettrico.

E già nel novembre 2023, Patto per l’autonomia civica aveva sottolineato come questa «fosse una soluzione sbagliata, di efficacia non certa e che va a interferire con la naturalità del Tagliamento nel suo punto più prezioso, (nata) dai lavori, nel 2011, di una commissione regionale chiamata Laboratorio Tagliamento». (10).  Quindi la Regione, come per la Cimpello – Gemona, era andata a pescare un vecchio progetto di ben 13 anni fa, per riproporlo, dicendo però, nel contempo, che esso non c’era ancora, che però c’era ma non era una diga, e via dicendo, e ho già riportato come lo difendeva l’assessore Scoccimarro, avverso chi contestava il progetto, esistente, non esistente, a suon di insulti con la mano a mo’ di megafono. (11).

Ma ritorniamo all’alluvione di Latisana del 1966, da cui deriva la storia attuale.

Da anni si parla in Friuli delle casse di espansione a Latisana per contenere eventuali piene del fiume Tagliamento ed evitare allagamenti come quelli avvenuti nel 1966. (12). Ma nel 1966 il regime del fiume ritengo fosse diverso da quello attuale.
E così si legge su: Casse di espansione sul Tagliamento – La storia si ripete: «Non pensiamo però che sia un idillio: studi effettuati tra il 1500 e l’inizio del 1900 testimoniano che le alluvioni sono il terzo flagello del Friuli dopo carestie ed epidemie e il Tagliamento ha fatto la sua parte. Tra il 1965 e il 1966 si susseguono a distanza di un anno due alluvioni distruttive, che interessano sia l’alto bacino che la bassa pianura. Latisana è particolarmente colpita.
Gli enti preposti alla difesa idraulica si mettono in moto e già nel 1970 uno studio milanese consegna alla Regione friulana un progetto di massima per una diga posta a livello della strettoia di Pinzano, considerata opera cardine tra gli altri interventi migliorativi della regimentazione del fiume.

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Le comunità del basso corso sospirano di sollievo alla proposta della grande opera a monte, ma il comune di Pinzano non ci sta e chiede ripetutamente alla Regione un confronto che non sarà mai accolto. Nel 1978 si dimettono per esasperazione il Sindaco e 7 Consiglieri.
Del 1979 è la presentazione del progetto definitivo: uno sbarramento di laminazione in cemento armato alto 20 metri sulle grave, lungo 166 metri alla base e 226 metri alla sommità.
Comincia ad animarsi una complessa partita tra comunità del basso e del medio corso, tra Comuni e Regione. Uno scontro che si protrae per anni.
Alla sordità della Regione fa eco la risposta sempre più determinata dei Comuni che si coagulano attorno al primo, e delle popolazioni che si organizzano in numerosi Comitati, che vogliono sapere, approfondire, soprattutto condividere le scelte che riguardano il proprio luogo di vita». (13).

A fronte della forte opposizione dei Comuni interessati, si fa strada a livello istituzionale una proposta per un’opera ritenuta “alternativa” alla diga: il Piano Stralcio adottato dall’Autorità di Bacino nel 1998 e approvato nel 2000, ipotizzando un’onda di piena centenaria di 4600 mc/s di cui solo 4000 mc/s contenibili all’altezza di Latisana, fermando a monte i restanti 600 mc/s entro 3 casse di espansione di capacità 30 milioni di metri cubi complessivi, da realizzare nel tratto di fiume che va dal ponte di Pinzano a quello di Dignano. La motivazione addotta a giustificazione della scelta recita: “… per tale opera esiste il consenso sociale…”  Ma non è vero.

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Le comunità del medio corso reagiscono con tutti gli strumenti democratici disponibili. Fin dal 1999 sorgono Associazioni e Comitati popolari; si inviano petizioni contro la realizzazione delle casse alla Regione e alla Comunità Europea; nel 2001 viene fondata l’Associazione ACQUA (Associazione Controllo Qualità Urbanistico Ambientale) che, presieduta da Renzo Bortolussi, non abbandonerà mai la scena fino al suo epilogo: “…l’opera è inutile, rischiosa e rappresenta uno scempio ambientale. Ci siamo riuniti in gruppo per opporci al nefasto progetto delle casse di espansione sul fiume Tagliamento. I “bacini” prospettati in tale progetto, infatti, sono stati ritenuti, oltre che inutili, anche ad alto rischio per le popolazioni a valle, nonché uno scempio ambientale, un’alterazione del microclima e uno sciupio scriteriato di centinaia di milioni di euro”». (14).

«Nel 2002 oltre 700 scienziati, ricercatori, studiosi, con circa 8.000 cittadini europei e decine di Organizzazioni Non Governative e Centri Studi di tutta Europa sottoscrivono una petizione internazionale WWF per la salvaguardia del fiume Tagliamento; nel 2005 vengono raccolte 19.000 firme da inviare alla Regione, al Ministero dell’Ambiente e alla Comunità Europea e sedici Comuni si associano per chiedere alla Regione una vera soluzione alternativa.

Fiume Tagliamento a Pieve di Rosa. Ph Frto. (da wikimedia commons, condiviso con licenza creative commons Attribution 3.0 unported)

Nel contempo cinque Comuni, i più coinvolti dalla devastazione annunciata, commissionano ad una ditta olandese di fama internazionale uno studio scientifico per valutare se le casse progettate siano effettivamente necessarie e se siano l’unica soluzione possibile per prevenire le esondazioni a Latisana. Lo studio evidenzia che, senza gli interventi da effettuarsi nella bassa friulana, già peraltro proposti nel Piano Stralcio, le sole casse non sono sufficienti, e, per contro, se venissero effettuati tali interventi, le casse di espansione non servirebbero. L’iter regionale avanza però implacabile e nel 2007 viene approvato il progetto preliminare delle casse di espansione. (…).

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A questo punto l’opposizione si irrigidisce. A nessun costo è disposta a pagare la devastazione irreversibile di un territorio di grandissimo pregio ambientale: il tratto di fiume Pinzano – Dignano è stato riconosciuto come Sito di Importanza Comunitaria “Greto del Tagliamento” (tutelato ai sensi della Direttiva Habitat 92/43 CEE) ed è considerato il più prezioso segmento naturalistico dell’intero fiume dai ricercatori stranieri che lo studiano assiduamente per imparare a rigenerare i corsi d’acqua antropizzati.

Va maturando una consapevolezza sempre più profonda: voler entrare nel merito della questione, ovvero pretendere la partecipazione attiva nella gestione del territorio in cui si vive, non è velleità ma un “diritto” riconosciuto dalle Leggi, principalmente la Convenzione di Århus, Danimarca 1998 – Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale. Viene ratificata dall’Italia con legge n. 108 del 2001 e successivamente integrata dalla DIR 2000/60/CE, recepita con decreto legislativo n.152 del 2006. Denominata “Direttiva Quadro Acque”, quest’ultima affronta il tema dell’acqua con un’ottica globale e molto avanzata rispetto alla normativa precedente, valorizzando le molteplici funzioni del bene acqua e riconoscendo la coesistenza di esigenze diverse: sociale: la protezione delle persone dai rischi per la salute e la sicurezza; economica: la possibilità di accesso da parte della popolazione e delle imprese; ambientale: la conservazione della risorsa e dei servizi ecosistemici anche per le generazioni future.

Ha inizio la battaglia legale. I cinque Comuni più interessati, S. Daniele, Ragogna, Pinzano, Dignano e Spilimbergo, con il WWF e l’Associazione ambientalista ACQUA ricorrono al Tribunale Superiore delle Acque di Roma per impugnare la Delibera Regionale di approvazione del progetto preliminare ed è già pronto anche il ricorso al Parlamento Europeo e alla Commissione Europea nel caso la Regione persista sulla volontà di realizzare il progetto nel SIC.

Vinceranno nel 2012. Vinceranno anche nel 2013 in Corte di Cassazione, che respinge per vizio di forma il ricorso avverso alla sentenza del Tribunale delle Acque presentato dall’Autorità di Bacino.

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Nel 2008 irrompe un clamoroso colpo di scena: viene dissepolto dall’oblio uno studio, commissionato nel 1983 dalla Regione Friuli Venezia Giulia all’Università di Udine e alla ditta SERTECO, per la modellizzazione di un tratto di fiume a monte e a valle di Latisana. Lo studio, costato 5 miliardi di lire, riteneva che una serie di interventi sul basso corso potesse garantire la città dal rischio di allagamento. È una tesi che ricalca gli esiti di più recenti perizie tecniche indipendenti, pagata profumatamente e inspiegabilmente mai palesata, un’ulteriore autorevole proposta alternativa alle casse di espansione. ACQUA allega lo studio ai documenti del ricorso e denuncia, in un’audizione richiesta alla Commissione Parlamentare Antimafia, l’esistenza di interessi economici alla base del pervicace sostegno alle casse da parte delle istituzioni.

Il 2009 è l’anno della svolta: il nuovo Assessore regionale è contrario alla soluzione casse. Ormai il loro destino è segnato, i tempi sono finalmente maturi per una composizione equilibrata e condivisa della complessa questione. Nel 2010 la Regione FVG costituisce la Commissione denominata “Laboratorio Tagliamento”, un tavolo tecnico dove siedono rappresentanti della Regione, dell’Autorità di bacino, delle Università di Trieste e Udine, dei Comuni del medio e basso corso del fiume, delle Associazioni ambientaliste WWF e ACQUA. Dopo decenni di civili ma strenui combattimenti e alluvioni di carte, gli scopi dichiarati dell’iniziativa sono confortanti; vengono considerate: Le problematiche emerse nel corso dell’iter pregresso; le soluzioni tecniche più condivise per la messa in sicurezza del medio e basso corso del fiume; le esigenze dei vari portatori di interesse, istituzionali e non; le delicate tematiche ambientali; le implicazioni inerenti gli impegnativi aspetti finanziari.

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Dopo aver esaminato 13 progetti (ma NON lo studio sopra citato Università di Udine – SERTECO, dettaglio che scatenerà un’ulteriore denuncia da parte di ACQUA), la Commissione “Laboratorio Tagliamento” presenta le sue conclusioni: per mettere in sicurezza la parte finale del fiume, in grado di supportare una portata di soli 1400-1500 mc/s, i restanti 2500 metri cubi dell’ipotizzata onda di piena centenaria andranno convogliati nel canale scolmatore Cavrato, che si diparte dal fiume 8 km a valle di Latisana e sfocia dopo 18 Km nel porto di Baseleghe, nella laguna di Bibione:“… la Commissione ha ritenuto prioritari e inderogabili i seguenti interventi: adeguamento e rinforzo degli argini da Latisana fino al canale Cavrato; sistemazione dell’opera di presa del canale scolmatore Cavrato e del canale stesso (interventi quest’ultimi di competenza della Regione Veneto); adeguamento e rinforzo dell’ultimo tratto del Tagliamento per renderlo idoneo al transito delle portate residue, in condizioni di sicurezza…

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“Le soluzioni proposte per la laminazione dell’onda di piena all’altezza della stretta naturale di Pinzano sono state molteplici, ma una è stata ritenuta risolutiva: la realizzazione di una traversa di moderna concezione che riesca a limitare la portata in transito a 4000 mc/s contenendo il volume di invaso a 18.000.000 di mc con una quota di massimo livello raggiungibile inferiore a 145,00 m. s.l.m.m.. Il volume di invaso e il costo dell’opera (stimato in 30 milioni di euro) sono notevolmente inferiori ai corrispondenti valori del progetto originario delle casse di espansione. Ancora una volta questo progetto è contestato da ACQUA, per 3 motivi: la difficoltà di realizzazione (già considerata dalla Commissione De Marchi del 1970), la non consonanza alle Direttive europee delle costruzioni sui fiumi, l’inutilità di una traversa lontana dal temuto pericolo, come già aveva evidenziato la ditta olandese citata sopra. Nel gennaio 2020 Telefriuli intervista Renzo Bortolussi. Titolo del video: Casse di espansione sul Tagliamento, opere solo a valle: “Evitato il Mose friulano”… soddisfazione dell’Associazione ACQUA». (14).

Casse di espansione. (Da: https://www.parmatoday.it/eventi/casse-di-espansione-servono-davvero-6645570.html).

Ma dopo Vaia si riprende a parlare di casse di espansione a Latisana, con la solita politica dei corsi e ricorsi ‘storici’. Intanto il 24 febbraio 2022, compariva sul sito della Regione, un comunicato dell’Assessore Scoccimarro (15) in cui si legge: «La Regione ha profuso in questi anni un impegno intenso per proseguire nella messa in sicurezza del basso corso del Tagliamento utilizzando i finanziamenti che originariamente erano stati stanziati per le casse di espansione”.  Lo ha affermato l’assessore regionale alla Difesa dell’ambiente Fabio Scoccimarro, annunciando che “nei primi giorni di aprile saranno consegnati i lavori di diaframmatura delle arginature a difesa di Gorgo di Latisana, per i quali sono stanziati 11 milioni di euro, non appena concluse le operazioni di gara d’appalto”.

Per quanto riguarda il ponte di Latisana, individuato quale criticità idraulica dall’Autorità di bacino, “sono allo studio più soluzioni che, nei prossimi mesi saranno presentate in particolare alle Amministrazioni comunali di Latisana e San Michele al Tagliamento“. L’opera può contare su 18 milioni di euro. Gli uffici della Direzione ambiente, nel corso del 2019, hanno altresì evidenziato al Soggetto attuatore-Assessore regionale alla Protezione civile per gli interventi di cui all’Ordinanza 558/2018, “Vaia”, la necessità di realizzare ulteriori tratti di diaframmatura delle arginature a valle del centro abitato di Latisana e in prossimità all’abitato di Ronchis. “Buona parte dei lavori di diaframmatura a Latisana sono stati completati – ha reso noto Scoccimarro – mentre quelli nella zona di Ronchis saranno realizzati nel corso del 2022”. Per il rialzo e la diaframmatura del tratto terminale ci sono a disposizione 9 milioni di euro. (…). Per riunire tutti i sindaci e i Comuni allo stesso tavolo abbiamo promosso l’iter Mab Unesco per il Tagliamento perché è necessario trovare una soluzione in accordo con tutti gli attori coinvolti, superando conflittualità e divisioni storiche tra basso e medio corso. Il punto di partenza – così Scoccimarro – deve essere dato dalla mitigazione del rischio e dalla tutela del patrimonio naturale del bacino idraulico dell’ultimo vero fiume naturale d’Europa». (16).

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Pare quindi, da questa fonte, che non sia assolutamente vero che o si fa l’opera voluta dall’Assessore però a Dignano, dove il fiume è spesso in secca, o tutti moriranno, perché per mettere in sicurezza si sono già spesi da parte della vecchia- nuova amministrazione ben 18 milioni di euro, ed altri ne sono stati chiesti a Riccardo Riccardi tra quelli per Vaia, mentre i bellissimi boschi di Rigolato mostrano i danni da bostrico dilaganti, e fanno davvero pena. Inoltre per impedire le sempre minori piene a valle (l’assessore Scoccimarro ha infatti citato l’alluvione del 1966 che fu un caso però eccezionale per l’Italia, vedasi cosa accadde a Firenze, ma nessuno ha previsto di circondare con una diga la città, per fortuna), bisognerebbe ritenere che il lavoro già svolto non sia sufficiente, ma allora perché buttar via 18 milioni di euro? Bisognerebbe studiare le caratteristiche attuali del fiume, le dinamiche previsionali in base all’attuale conformazione del territorio intorno allo stesso, che non è quello degli anni ’70, le modifiche climatiche, le caratteristiche dei diversi tratti del fiume e il suo possibile andamento torrentizio in alcuni tratti, gli aspetti geomorfologici, geologici e quant’ altro utilizzando un appoccio sistemico. Ma l’impressione è che ora che si sta decidendo dall’alto la Cimpello Gemona, con il favore del Sindaco di San Daniele, e che la giunta intende rifare il ponte di Dignano, allora essa pensa a una nuova enorme opera in loco, una specie di diga, tra Dignano e Spilimbergo, il cui progetto è stato riassunto su ilpassogiusto.eu n. 14 nell’ articolo intitolato “Di traverso al Tagliamento” di Giorgio Damiano, corredato da numerose foto. (17).

Immagine a computer del progetto. (Da: https://ilpassogiusto.eu/di-traverso-al-tagliamento/).

Ora con delibera n. 530 dell’11 aprile 2024 la giunta regionale ha già deciso «gli interventi per la prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico lungo il corso del fiume Tagliamento» che verranno realizzati con i nostri soldi, ed è stata prevista «la realizzazione di un’opera finalizzata alla laminazione delle piene nel medio e basso corso del fiume Tagliamento denominata “Costruzione di una traversa laminante, con luci mobili a paratoie piane, adiacente al ponte di Dignano per la creazione di un bacino di espansione in linea, in alveo attivo”». (18). Quindi un progetto di massima c’è, quanto valido non è dato sapere, ma si presume molto impattante. Il progetto deve contenere approfondimenti tecnici e amministrativi (19), ma io non credo siano elementi sufficienti per un mostro di questo genere, che distrugge, in compagnia con  la Cimpello – Gemona, un paesaggio bellissimo. Non solo, a me pare che qualcuno pensi che il paesaggio debba adattarsi ai mega progetti e non questi, ormai obsoleti, debbano adattarsi al territorio. Insomma vige una progettualità calata dall’alto sulle nostre terre, senza considerare le stesse, noi, e le comunità globali che le abitano, senza studi geologici, idraulici, e strutturali e senza avere tutta una serie di informazioni che interesserebbero anche noi, che paghiamo. Perché ditemi voi, nel mondo della finanza, quale investitore vorrebbe non sapere nulla su un grossissimo investimento propostogli, prima di spendere, ma solo che per 6 o 8 persone, di uno stesso gruppo, esso è bello, buono e che chi lo osteggia è un pazzo? In questo caso, allora, forse dovremmo applicare l’elogio della pazzia.

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Infine lo stesso Presidente della giunta regionale Fvg (20) ha precisato che trattasi di traversa e non diga, ma io vi garantisco che sul dizionario italiano di Google fornito da Oxford Languages, alla parola ‘diga’ si trova: “opera idraulica di sbarramento costruita a scopo di protezione (per es. di terre basse litoranee o di opere portuali)”.  Ed allora ditemi un po’ voi, se l’alta politica deve fare questioni di lana caprina, con il rischio di avere torto, invece di parlarci del progetto? Inoltre questa giunta pare presa dalla frenesia del fare, ma bisogna pensare e studiare prima di stravolgere tutto facendo o facendo fare non si sa a chi. Ed allora è inutile dire in 18 mesi ci sarà il progetto, un progetto così complesso, ma è preferibile che gli uffici lo seguano e ne valutino validità e opportunità, perché quando sarà fatto, nessuno potrà più tornare indietro.

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Senza voler offendere alcuno, questo ho scritto, e per partecipare al dibattito in corso. Infatti bisogna pensarci bene prima di toccare un grande fiume invidiato in Europa, perché secondo la comunità scientifica il Tagliamento è un esempio piuttosto raro di un fiume che ha mantenuto le proprie caratteristiche morfologiche naturali ed è in grado di convogliare una grande quantità di acqua. Studiato anche da università estere è rimasto “a scorrimento libero”, a differenza di altri fiumi che sono interessati da dighe o traverse. In questo caso il progetto regionale riguarda la costruzione di una “traversa” a Dignano. Ed è contro questa opera – considerata una diga – che si sono schierati gli ambientalisti. La protesta è stata veicolata in consiglio regionale dai gruppi all’opposizione, a partire dal Movimento Cinque Stelle che ha avuto nella consigliera Rosaria Capozzi la prima firmataria di una mozione per avviare “un dibattito e un percorso partecipato per la prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico lungo il corso del Tagliamento”».

Invito infine  tutti a leggere su il passogiusto.eu n. 14 l’articolo intitolato “Di traverso al Tagliamento” di Giorgio Damiano che illustra ampiamente il progetto ed ad intervenire sul dibattito in corso.  E ricordo che il 20 giugno 2023 avevo pubblicato un testo intitolato: Come si fa a non dare ragione a Massimo Moretuzzo quando sostiene che bisogna togliere a Scoccimarro l’assessorato regionale per la difesa dell’ambiente? E concludo con la famosa frase di Cicerone: “O tempora o mores!”

Laura Matelda Puppini

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Aggiornamento del 12 luglio 2024.

Oggi, 12 luglio 2024, è comparso sul Messaggero Veneto un articolo intitolato “Traversa – ponte a Dignano. Sindaci e Legambiente insieme contro il progetto”, di Guglielmo Zisa, in cui si legge che potrebbe profilarsi uno scontro con la giunta regionale da una parte ed i Comuni di Dignano e Spilimbergo dall’ altra, uniti contro il progetto della cosiddetta “traversa – ponte che la Regione vorrebbe costruire, secondo gli assessori Amirante  e Scoccimarro, per contenere, con opere laminanti,  le piene del medio e basso Tagliamento, in unione al progetto della Cimpello – Gemona.  Ma in idraulica io non ho trovato una definizione di “opere laminanti”, ma invece esistono degli “invasi di laminazione”, detti anche “casse di espansione” che così pare siano uscite dalla porta per rientrare dalla finestra. Ma si sa che le casse di espansione non risolvono nulla ed erano già state bocciate.  Ma digitando opere di laminazione si trova pure ‘vasche di laminazione’ cioè  opere idrauliche progettate per immagazzinare temporaneamente l’acqua in eccesso durante forti precipitazioni, che riportano comunque alle casse di espansione ed a serbatoi temporanei. Ma allora di che trattasi? Inoltre ad un incontro organizzato da Legambiente Fvg, i sindaci di di Spilimbergo, dove l’incontro ha avuto luogo, e di Dignano hanno espresso la loro volontà di firmare un ordine del giorno da inviare alla Regione per far sospendere l’iter progettuale, manifestando il loro appoggio «ad un approccio che privilegi le esigenze del fiume come strategia generale per risolvere anche il problema puntuale della laminazione delle piene» (Guglielmo Zisa, op. cit). Ed anche gli orientamenti europei recenti puntano all’ecoidraulica ed all’ ecologia fluviale. Inoltre nel corso dell’ incontro, l’ingegnere Giorgio Damiano ha messo in evidenza come «l’opera in delibera sarebbe diversa da quella annunciata, e si presenterebbe come una ‘colata di cemento’. Laura Matelda Puppini

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Note.

1) Il film a cui mi riferisco è “Il ritorno di don Camillo”, uscito nel 1953, diretto dal regista Julien Duvivier con Fernandel e Gino Cervi. Inoltre vi sono diversi filmati che mostrano immagini d’epoca delle zone allagate, ed uno è intitolato “alluvione 1951” in: https://www.youtube.com/watch?v=6emhDgtuJ4g; un altro è intitolato: “1951: l’alluvione che devastò il Polesine”, in: https://www.youtube.com/watch?v=HZ-K-dOWaek, ma non sono i soli.

(2)   Cfr. su www.nonsolocarnia.info Discorsi vecchi per l’alluvione nuovo, ed alcune considerazioni sugli interventi in Carnia e bellunese.

(3) Per ‘L’ Istituto di economia montana’ cfr.: Laura (Matelda) Puppini, Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le Cooperative Carniche 1906-1938, Gli Ultimi, 1988, pp. 193-196. Il primo consiglio di amministrazione era formato da: Ravà gr. Uff. Mosè; Fabris Comm. Dott. Luigi; Cella geom. Vittorio e Mazzolini Francesco. L’ente finiva con il fascismo.

(4)   Discorsi vecchi per l’alluvione nuovo, ed alcune considerazioni sugli interventi in Carnia e bellunese. , in: www.nonsolocarnia.info.

(5) Stati generali della montagna. Sabato 24 novembre 2018. Sintesi dell’intervento conclusivo del presidente Massimiliano Fedriga.

(6) Antonino Cancelliere, “Sistemazioni idraulico-forestali dei corsi d’acqua a carattere torrentizio”, in: http://www.dica.unict.it>. Attualmente queste slides non sono da me state ritrovate in rete.

(7) Laura Matelda Puppini, Discorsi vecchi, op. cit.

(8) Mario Di Gallo. Sulle sistemazioni idraulico forestali. In: www.nonsolocarnia.info. Ma basta cercare: in rete si trovano anche altri materiali in proposito, per esempio un testo relativo all’attività svolta nel 2014 del servizio bacini montani del territorio, della Provincia Autonoma di Trento. (file:///C:/Users/User/Downloads/sbm_attivita2014.pdf), accessibile a tutti.

(9) Dossier Cimpello- Gemona. Una vecchia storia sempre nuova, su una sovrastruttura per la regione inutile ed impattante.

(10) Post sul profilo facebook di Stefania Garlatti Costa, 13 novembre 2023.

(11) Ho riportato la reazione spropositata dll’ Assessore Scoccimarro nel mio: “Un paio di riflessioni sulla società italiana odierna e non solo così, divagando..

(12) Ho riportato la reazione spropositata dll’ Assessore Scoccimarro nel mio: “Un paio di riflessioni sulla società italiana odierna e non solo così, divagando.

(13) https://immaginidelnovecento.fondazionegramsci.org/photo/detail/IT-GRAMSCI-FT0001-0062071/l-alluvione-latisana-1.

(14) “Casse di espansione sul Tagliamento – La storia si ripete”, a cura di Alessandra Tura e Lucia Poloniato in: https://graveciano.com/2022/09/20/casse-di-espansione-sul-tagliamento-la-storia-si-ripete/.

(15) Ibidem.

(16) Ambiente: Scoccimarro, su basso Tagliamento impegno intenso Regione, in: https://www.regione.fvg.it/rafvg/comunicati/.

(17) Ibidem.

(18) Giorgio Damiano, Di traverso al Tagliamento”, In: https://ilpassogiusto.eu/di-traverso-al-tagliamento/.

(19) Ibidem.

(20) https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/06/23/diga-no-traversa-il-progetto-di-intervento-idraulico-sul-tagliamento-spacca-la-regione-friuli-su-costi-e-impatto-ambientale/7597896/.

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La fotografia che accompagna l’articolo ritrae l’alluvione di Latisana, ed è tratta, solo per questo uso, da: https://immaginidelnovecento.fondazionegramsci.org/photo/detail/IT-GRAMSCI-FT0001-0062071/l-alluvione-latisana-1. L.M.P.

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/07/Senza-titolo.jpg?fit=92%2C92&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/07/Senza-titolo.jpg?resize=92%2C92&ssl=1Laura Matelda PuppiniSenza categoriaI grandi fiumi sono sempre stati considerati la fonte della vita e uno era quello che scorreva nell’Eden, il Paradiso perduto, da cui originavano il Pison (che circondava la terra di Avila), il Tigri, l'Eufrate e il Gihon (che circondava la terra di Kush). Ed il mito dei grandi...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI