La Regione Fvg predispone, finalmente, il piano per la rete oncologica, ma senza valutazione obiettiva di tutte le variabili esistenti, senza simulazioni e ricadute sul ssr, e che poco convince.
Pare che il “Volli, volli, fortissimamente volli” per dirla con l’Alfieri, dell’assessore Riccardi non implichi il suo venir legato ad una sedia da qualcuno seguendo la sua volontà, ma l’andare avanti sulla sua strada senza vedere ed ascoltare nessuno, senza alcuna simulazione di impatto, senza alcuna verifica di fattibilità delle sue idee, e questo in sanità è pericolosissimo e chi ci perderà ancora una volta saremo noi cittadini in salute ed aspettativa di vita. E forse per noi, della Carnia, che viviamo ai confini dell’impero, come dico io scherzosamente, l’avere subito una diagnosi su sintomi presenti e relative cure potrebbe diventare una chimera. E non dimentichiamoci che nel territorio dell’ex- provincia di Udine 80.000 persone (quasi l’intera popolazione della città di Udine) numericamente, risultano senza medico di base, come sottolineato dall’ ordine dei medici di Udine. (Lara Boccalon, In ottantamila senza medico, in: https://www.rainews.it/tgr/fvg/video/2025/01/), mentre le case di comunità, quando venissero poste in essere, come già visto con i centri di assistenza primaria di Teleschiana memoria, non risolverebbero alcun problema ma li complicherebbero ulteriormente, secondo Fabrizio Gangi direttore Ceformed ma anche secondo me, e la Regione si troverebbe, temo, davanti ad una levata di scudi degli ormai rarissimi Mmg che vi dovrebbero prestare servizio (Ivi). Ma qui pare che si sia riusciti a disgregare una sanità efficiente sostituendola con una basata sull’ improvvisazione e che fa acqua da più parti.
Ma senza la base (Mmg), qualsiasi piramide crolla, ed è inutile organizzarne la sommità. Infatti come uno potrebbe giungere ad essere operato, se non ha chi gli dice cos’ ha, se anche le radiologie ospedaliere possono essere in mano a privati di cui non si sa se ci si può fidare o no, come tutti i professionisti sul mercato fossero uguali e ora come ora, con la stessa preparazione, e se la proposta curativa fatta, il luogo di esecuzione ed il chirurgo potrebbero dipendere da fattori meramente politico organizzativi? Inoltre molti denari derivano agli ospedali e quindi alle aziende dalla libera professione intramoenia, che contempla pure le operazioni in regime privato o coperte da assicurazione, perché ormai il sistema pare misto. E con queste ed un polo unico, come la mettiamo?
Ma per ritornare a Riccardi, non si può incidere profondamente, inventandosi di trasformare ospedali in cliniche per affrontare chirurgie specifiche, sul sistema sanitario regionale senza nessuna analisi delle varie e diverse variabili interagenti a supporto, tenendo conto della situazione globale, senza quindi conoscere la realtà su cui si va ad incidere. Per esempio se voi avete una casa, senza cappotto, e chiudete tutti gli infissi ermeticamente, ma poi siete tutto il giorno al lavoro senza rientrarvi, può darsi che si formino nelle stanze condensa e muffa, in particolare in quelle esposte a nord, per la mancata circolazione dell’aria, anche se vi avevano detto che togliere ogni spiffero era la cosa migliore da fare. E questo è solo un esempio banale per sottolineare come prima di intervenire bisogna conoscere.
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Ma se un assessore, mentre un sistema sanitario funziona ancora, almeno in modo minimale, ma sempre peggio e verso il baratro, continua a far da solo, seguendo teorie care peraltro anche a Serracchiani, con l’idea di rivoluzionare tutto trasformando gli ospedali in cliniche chirurgiche specifiche, senza conoscenza alcuna dei problemi singoli e globali che ciò comporterebbe, come politico nel 2025 merita solo di andare di corsa a casa. Ed il riferimento è a Riccardo Riccardi, ma dovrebbe venir chiamato subito in causa anche il suo mentore Massimiliano Fedriga e la giunta regionale Fvg intera che tace ed acconsente ad ogni volere.
Ma un altro problema mi viene alla mente. li ospedali curano tutta una serie di problemi di salute non solo chirurgicamente risolvibili. Ma se un ospedale si configura come clinica chirurgica specializzata in un settore, dove andranno i pazienti a curarsi per le altre patologie, tenendo conto che, fra l’altro, la popolazione anziana, grazie al nuovo codice stradale di Salvini, può vedersi tolta la patente per un nonnulla ed il sistema pubblico di trasporto è straziante, le distanze ampie in Fvg, i traccianti anche autostradali non sempre dei migliori e quasi sempre con lavori in corso, il nuovo ponte sul Fella ancora al di là da venire, i viaggi in ogni caso stancanti e costosi?
Inoltre se vieni operato in un centro, devi andare in quello a fare le visite di controllo, anche perché, al di là dei desiderata assessorili, non ci sarà medico chirurgo che vorrà lavorare in un ospedale diverso da quello del polo specializzato di competenza per la sua preparazione specifica, e quindi vi sarà una incredibile concentrazione dell’erogazione sanitaria chirurgica specialistica anche ambulatoriale in pochi poli che si conteranno sulle dita di una mano, come pare Riccardi vorrebbe, e non può essere che così anche a tutela dei chirurghi, con intorno il vuoto, quando mancano ambulanze e si spacciavano ma credo si spaccino ancora per automediche quelle con solo un autista soccorritore e che non hanno mai visto un medico a bordo.
Ma cosa potrebbe accadere se, per un motivo qualsiasi, ad un paziente sopravvenisse per esempio, un problema cardiologico in corso di operazione, e il polo specializzato non ha un bravo cardiologo presente, perché la cardiologia è stata accentrata a chilometri di distanza? Assessore, Lei che soluzione darebbe quando i minuti sono contati e magari quello sotto i ferri potrebbe essere un suo parente?
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Inoltre non si può poi trasferire sempre e comunque il soggetto operato in altra struttura, (come dicevano anche Serracchiani e Telesca) a chilometri dal centro specializzato, senza che vi sia alcuno in grado di risolvere prontamente una criticità magari post operatoria emergente, e con infermieri più propensi ad attendere e minimizzare che a ‘disturbare’, in particolare di notte, e senza un pronto soccorso che dicasi tale nelle vicinanze.
E, nel corso di una operazione, per cause diverse potrebbe sopraggiungere anche una complicazione o un incidente di percorso, che potrebbero costringere il chirurgo a tenere sotto controllo un paziente nel reparto per magari un paio di settimane. Ma con tutto contato, compresi i rari ormai posti letto, che si fa? Infatti non è la nota realtà che si deve adeguare all’assessore ma è l’assessore con tutti i suoi uffici, dirigenti aziendali ecc. ecc. che dovrebbero studiare la realtà per risolvere i problemi reali e non quelli esistenti solo nell’ iperuranio del sogno. E parlo con cognizione di causa.
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Inoltre ci sono le emergenze di ogni tipo, incidenti con più politraumatizzati e via dicendo: di loro che si fa? E uno potrebbe aver rotto la vescica, ma anche le vertebre o il bacino e via dicendo (caso noto di un giovane anni fa) dove lo si manda? Dove operano la vescica, dove le vertebre, o dal prete se è cattolico, per l’estrema unzione non esistendo più un centro che riesca a valutare ed affrontare più problemi presenti al tempo stesso?
Le emergenze urgenze anche chirurgiche, poi, spesso rappresentano una sfida non prevedibile per i centri ospedalieri, che può mandare a gambe all’ aria tutta una programmazione millimetrica al risparmio di interventi e posti letto. E il calcolo per possibili emergenze operatorie deve venir valutato in ogni suo aspetto, anche sull’ uso delle sale, e così il personale presente che deve godere delle ferie e dei riposi previsti, se vogliamo che resti ancora qualche medico in regione, in una regione che ha perso, dal punto di vista sanitario, ogni attrattività, il che pone qualche domanda su come operino i direttori delle aziende regionali.
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Per quanto riguarda la rete oncologica, e quindi la diagnosi e cura dei tumori, che implica anche reparti collegati di radiologia efficaci ed efficienti, con macchinari di ultima generazione e personale preparato ed affidabile, essa mi dicono sia stata ipotizzata nel 2019, quindi essendo già assessore alla salute Riccardo Riccardi, masolo nel settembre 2024, a cinque anni di distanza, egli ha nominato per la stessa un responsabile, un direttore, che è il dott. Giampiero Fasola che così si è espresso: «La rete nasce con l’obiettivo di perseguire la qualità dei percorsi di cura, l’equità nelle opportunità di accesso per tutti i cittadini e la sostenibilità del sistema, in un contesto caratterizzato da una velocissima innovazione. Anni di ritardo non si recuperano in pochi mesi – ha aggiunto Fasola – ma vanno individuate delle priorità che sono: strutturare il coordinamento della Rete, ricostruire il sistema informativo oncologico regionale, l’allineamento aziendale e regionale sulle attività multidisciplinari e sui percorsi di cura, la riorganizzazione della chirurgia oncologica e la definizione di uno scenario previsionale a 3-5 anni’. L’indicazione contenuta nel Piano è quella di concentrare le prestazioni occasionali o uniche, ovvero interventi chirurgici e indagini diagnostiche speciali, in alcuni centri con competenze e risorse specifiche, mantenendo, invece, quanto più vicine alla residenza del paziente tutte le altre prestazioni per il malato oncologico: dalle terapie, alle visite di controllo, alle cure palliative.
‘La scelta delle strutture in cui concentrare l’attività chirurgica oncologica verrà presa sulla base di criteri trasparenti, che tengano in considerazione non solo la soglia minima per ogni tipologia di intervento ma anche il volume di attività per macroaree e le funzioni specialistiche presenti in ogni struttura’, ha spiegato Fasola.
In sostanze gli interventi per le neoplasie più rare verranno effettuati negli ospedali più grandi, denominati Hub, e per alcuni tumori il piano individua una solo struttura di riferimento in regione. Le patologie a più alta incidenza saranno trattate invece anche in alcuni ospedali più piccoli selezionati, denominati Spoke. La volontà di approcciarsi al documento con responsabilità ha accomunato gli interventi in aula di tutti i consiglieri». (Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia : News 19 dicembre 2024).
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Ma poi quello che successivamente è stato pubblicato sulla stampa e sui siti prepara più a scommesse anche sul come andrà a finire per noi, poveri diavoli, che altro, e pare caratterizzato dalla gran fretta dell’assessore di concludere senza dati proiettivi e di fattibilità in mano. Almeno io ho capito così, e se erro correggetemi, mentre, visti questi chiari di luna, magari qualche altro professionista serio e capace si sta convincendo a prendere la valigia. E questo non fa ben sperare. Inoltre non si capisce chi andrà a fare, negli hub, le visite specialistiche, visto che i medici sono rari quanto le mosche bianche in questa nostra regione.
E la consigliera Simona Liguori del Patto per l’Autonomia-Civica Fvg, ha riportato in aula la richiesta di maggiore coinvolgimento nell’elaborazione del piano espressa dai direttori dei dipartimenti chirurgici (Ivi) ma non solo: alle ipotesi troppo prontamente fatte per l’isontino e Asfo si sono levate le voci dei medici dei nosocomi a chiedere, precisare, voler dire la propria opinione, mai richiesta. E per i chirurghi di Asfo, anche dopo esser stati ascoltati da Fedriga, ha parlato il dott. Paolo Ubiali che, sinteticamente, ha dichiarato che, comunque «il piano così com’è a loro non va bene». (Si allarga la protesta dei medici nei confronti del piano oncologico regionale).
«Dopo Pordenone, anche a Gorizia i professionisti della sanità si mobilitano per chiedere un confronto sul piano per la rete oncologica regionale. – si legge ancora sullo stesso articolo. Una lettera analoga a quella dei colleghi pordenonesi sarà inviata nei prossimi giorni, al più tardi lunedì, ai vertici della regione. La raccolta delle firme tra i primari dell’ospedale di Gorizia è in corso. La grande maggioranza di loro ha aderito, assicura il chirurgo Alessandro Balani. A suo dire ci sono errori di metodo nella stesura del piano che penalizzano alcuni territori, come l’Isontino. Questioni tecniche relative a numeri di interventi e soglie che stanno alla base della scelta di concentrare alcuni tipi di operazioni oncologiche in un ospedale piuttosto che in un altro». (Ivi)
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Questo dà l’impressione che, comunque, per l’assessore tutto debba andare verso la concentrazione e che i poli per operazioni chirurgiche oncologiche debbano essere scelti al più presto, lasciando forse molto alla politica ed all’improvvisazione e poco alla scientificità delle scelte. Ma se erro in questa mia percezione correggetemi. Inoltre sempre il prof. Alessandro Balani, già Direttore del Dipartimento Chirurgico dell’Area Isontina di ASUGI, così si è espresso: «A Udine, i volumi di due Unità Operative vengono sommati, mentre nell’Isontino, dove un’unica equipe opera su due poli (Gorizia e Monfalcone), i numeri vengono suddivisi. Questo criterio differente penalizza l’area isontina. (…). Nell’Isontino e nella Bassa Friulana, i tempi di attesa per le cure oncologiche sono rispettati. Tuttavia, il piano spinge i pazienti verso i centri Hub di Udine e Trieste, dove i tempi di attesa sono più lunghi, causando ritardi di settimane per interventi fondamentali». (“Chirurgia oncologica, Due pesi e due misure nel piano regionale). Inoltre così ha affermato: «Non si possono sacrificare realtà locali e professionisti qualificati basandosi su numeri manipolati o criteri arbitrari» (Ivi), criticando pure il mancato coinvolgimento dei tecnici nella redazione del piano. (Ivi). Assessore, La prego, studi bene i problemi: abbiamo atteso quasi 5 anni perché Lei nominasse un direttore della rete oncologica futura, possiamo attenderne altri quattro o cinque per la realizzazione mirata e a noi funzionale del progetto.
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Poi c’è pure la questione dei macchinari operatori, cioè dei robot Da Vinci, fatto presente anche ora per l’isontino. Infatti ho letto da qualche parte che il reparto che ha tale macchinario e chi lo sa usare non risulta essere quello che è stato scelto come polo per le operazioni oncologiche, ed allora che si fa? Si trasferisce da una sede all’ altra il macchinario, svilendo il polo ospedaliero che lo aveva prima e facendolo perdere in attrattività, costringendo poi chi lo sa usare a trasferirsi, con il risultato prevedibile che lo farà ma fuori regione? Non lo so ditemelo voi.
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Questo è quello che penso io, ma vediamo cosa scrive nel merito Walter Zalukar, certamente più esperto di me.
WALTER ZALUKAR. PIANO ONCOLOGICO CONTESTATO DAI CHIRUGHI – SARÀ ADEGUATA L’ ORGANIZZAZIONE DELLA CURA DEI TUMORI?
«La cura dei tumori sembra essere diventato un teatro di guerra tra i politici che governano questa regione e i chirurghi che i tumori li curano. Il Piano oncologico che la Giunta regionale si appresta a varare è stato duramente criticato dapprima dai chirurghi di Pordenone a cui si sono poi aggiunti quelli dell’Isontino. I professionisti, pur condividendo i principi della sicurezza degli interventi a cui si ispira la revisione della Rete oncologica, contestano i criteri di valutazione e di merito, ritenuti incongrui, che porterebbero a chiudere rilevanti attività chirurgiche nei piccoli ospedali.
Su questo aspetto interviene anche il direttore del Dipartimento di Chirurgia di Trieste, prof. Nicolò de Manzini, secondo cui bisogna non sottovalutare l’esperienza dei singoli centri, poiché chi fa da decenni un tipo di lavoro, anche se poco al disotto di una soglia, è comunque esperto, e non va quindi sminuito l’ospedale periferico. Il prof. De Manzini si mostra ovviamente d’accordo con la razionalizzazione, ma se fatta a ragion veduta, per cui auspica una ridiscussione del Piano oncologico.
In questo contesto sembrano esser stati trascurati gli aspetti relativi all’ organizzazione, ovvero quale sarà l’impatto di questo Piano sugli ospedali interessati e quali le conseguenti ricadute sui malati. È stata fatta una simulazione su questo impatto al fine di predisporre una seria programmazione?
Non dimentichiamo che aumentare l’attività chirurgica di un ospedale significa incrementare l’uso delle sale operatorie, assicurare più diagnostica per immagini, ma anche più letti di degenza, maggiori carichi di lavoro su reparti e servizi di interfaccia, ecc. Ma poi questo Piano che attiene la chirurgia oncologica quale impatto avrà sulla restante attività chirurgica? È stata fatta una simulazione anche su quest’aspetto, per nulla secondario?
Un piano così ambizioso richiede dal punto di vista organizzativo una programmazione assai dettagliata, visto che i reparti e servizi ospedalieri sono già in grande affanno. Non dimentichiamo quanto successo anni addietro con la chiusura dei Pronto soccorso di Gemona e Cividale, che aveva provocato un aumento dei carichi di lavoro nel Pronto soccorso di Udine non adeguatamente preparato, per cui i tempi di attesa si erano ulteriormente dilatati. Né possiamo scordare cosa è successo dopo il taglio di centinaia di posti letto ospedalieri, soprattutto di medicina, che ha determinato tempi di attesa infiniti in barella nei Pronto soccorso per avere un posto letto.
C’è dunque il reale pericolo che senza un adeguamento organizzativo della rete ospedaliera questo Piano invece di aumentare la sicurezza dei malati di tumore potrebbe avere un effetto deleterio sui tempi di attesa delle cure oncologiche.
Walter Zalukar».
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E per ora mi fermo qui, pregandovi di intervenire precisando correggendo se vi sono, nella parte che esprime il mio pensiero errori, e continuando od iniziando a parlare di quello che sarà la sanità futura per noi e per i nostri figli, ammesso non lascino questa terra montana e pedemontana diventata ora ‘amara’. E finiamola solo di soccombere, magari sperando in due beciuz. Ringrazio i medici che si sono apertamente espressi sia di Asfo che di Asugi, chiedendo di diventare protagonisti dell’organizzazione sanitaria e non solo succubi. E ringrazio pure il dott. Zalukar per la sua precisa e lucida analisi del problema, che ha inciso anche sulle mie considerazioni. Senza voler offendere alcuno questo ho scritto anche perché in sanità “non ci siamo proprio”, secondo me, credendo ancora nella democrazia e sperando in altri contributi sul tema.
Laura Matelda Puppini
L’immagine che accompagna l’articolo è quella di presentazione di: https://www.microbiologiaitalia.it/salute/ricerca-oncologica-studi/. L. M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/la-regione-fvg-predispone-finalmente-il-piano-per-la-rete-oncologica-ma-senza-valutazione-obiettiva-di-tutte-le-variabili-esistenti-senza-simulazioni-e-ricadute-sul-ssr-e-che-poco-convince/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/01/ricerca-oncologica-studi.webp?fit=650%2C409&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/01/ricerca-oncologica-studi.webp?resize=150%2C150&ssl=1Senza categoriaPare che il “Volli, volli, fortissimamente volli” per dirla con l’Alfieri, dell’assessore Riccardi non implichi il suo venir legato ad una sedia da qualcuno seguendo la sua volontà, ma l’andare avanti sulla sua strada senza vedere ed ascoltare nessuno, senza alcuna simulazione di impatto, senza alcuna verifica di fattibilità...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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