Laura Matelda Puppini. In morte di Mauro Saro.
È martedì pomeriggio. Prima di prepararmi per una visita medica programmata, apro distrattamente la posta elettronica ed i miei occhi cadono su una email: «Gentile Signora, non so come avvisarla non avendo il suo cellulare, che il dott. Mauro Saro è morto questa mattina» – questo il succo della comunicazione.
Rimango malissimo. Due o tre giorni prima Mabel, sua moglie, mi aveva detto che si sperava ce la facesse anche se c’erano ancora delle perplessità: mi pare quasi impossibile non vederlo mai più.
Ma chi era Mauro Saro? Non si può descrivere una persona in modo che vada bene per tutti, ognuno ne ha un’esperienza personale. Pertanto parlerò del mio rapporto con Mauro Saro.
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È una giornata di mercato, non so quale, forse fine 2010, forse inizio 2011. Non sto bene, e passo in fretta davanti ad una tenda bianca sorretta da tubi metallici, che mi si dice sia un “gazebo”. Accanto c’è una persona con un impermeabile chiaro indossato sopra ad una camicia ed una giacca, o forse un pullover, e con un pantalone classico, insomma vestita in modo impeccabile e sobrio al tempo stesso. I suoi capelli sono bianchi, la figura normale, un sorriso sul viso.
Mi fermo a parlare con lui, gli chiedo cosa sia questo “gazebo”, ove si trovano anche materiali di vario tipo.
Una parola tira l’altra, e Mauro Saro, (perché di lui si tratta), mi chiede se sia io l’autrice del volume su Vittorio Molinari, che gli è piaciuto soprattutto per alcune parti relative alle centraline elettriche ed ad opere pubbliche, e mi chiede dove si possano trovare alcuni testi che corredano il volume. Poi il discorso scivola su “Cooperare per vivere”. È la prima volta che incontro quello che mi è sempre stato descritto come il burbero direttore della cartiera di Tolmezzo.
Non ci sono molte persone che sostano al “gazebo” quella mattina, e così mi fermo a chiacchierare per una ventina di minuti con Saro, che mi invita a ripassare. Dico che lo farò, ma allora non avrei mai immaginato cosa avrebbe significato quell’incontro per me.
Ripasso al mercato del lunedì successivo, e poi ancora ad un altro: mi fermo per un’ora al “gazebo”, poi sempre di più: l’incontro si trasforma in collaborazione. Però Saro non può, da solo, montare il “gazebo”, e così decide di portare solo un banchetto ed un paio di sedie.
Ogni lunedì, se non mi telefona che non può venire, attendo che giunga in macchina, la parcheggi vicino alla nostra “postazione” di formazione, informazione e contro–informazione ed estragga dalla piccola macchina rossa il banchetto pieghevole, le sedie ed i materiali, per dare inizio alla nostra attività.
Al banchetto del lunedì, come io lo chiamo, (mentre lui continua, caparbiamente a chiamarlo “gazebo”) incominciano ad affluire sempre più persone, a chiedere, a domandare, a parlare. Si parla di problemi generali ma anche particolari: Mauro Saro è molto bravo a spiegare, consigliare, ascoltare, sorreggere singole persone, che talvolta gli narrano anche casi specifici, mentre io svolgo la parte di “volantinaggio” (distribuisco anche 100 o 200 volantini in una mattinata, in tre ore, tanto che Saro, spesso, deve andare a fare nuove fotocopie). Sono per lo più sintesi di consigli comunali, che permettono uno scambio di frasi veloci, una battuta, con tanti, con molti.
E così, piano piano, il banchetto con noi due diventa una presenza costante, tanto che, se manchiamo, quando ci incontrano ci chiedono il perché. Motivi personali ci possono tenere lontano dal comune impegno, o fatti burocratici, come, per esempio, il rinnovo della richiesta dello spazio al Comune, per l’anno nuovo.
Io e Mauro Saro (per me sempre e solo Saro mentre egli mi diceva, quando eravamo entrati un po’ in confidenza ed ero passata al tu, di chiamarlo Mauro) affrontiamo temi caldi tolmezzini, anche con l’assidua raccolta di firme, che egli, consigliere comunale di Nuova Tolmezzo, autentica: al nostro banchetto sono presenti i moduli per richiedere il referendum per l’acqua pubblica e contro il nucleare, per salvare il tribunale di Tolmezzo, fatti firmare e rifirmare per qualche pasticcio organizzativo non nostro, per chiedere un iter maggiormente partecipato da parte dei cittadini per quanto riguarda il progetto di riqualificazione di Piazza XX settembre, eliminando il progetto “copia incolla” di quello per il piazzale della stazione di Heidelberg.
Saro spesso porta anche una lavagna su cui scrivere i temi più scottanti, e il mercato del lunedì si anima ogni giorno di più. Siamo una realtà che diffonde le sintesi dei consigli comunali, i cui argomenti diventano oggetto di incontro con la gente: si parla di piazza, ospedale, risonanza magnetica, elettrodotto, lavoro, si donano libri e copie della Costituzione, si raccolgono firme per abolire la provincia ma anche il porcellum. Piove a dirotto quel giorno, ma non demordiamo: protetti come possibile dai portici della Cassa di Risparmio e dell’edicola “Molinari”, bagnati, parliamo, facciamo firmare, incontriamo velocemente persone.
Mauro Saro è persona schietta ed esplicita: se non vuole prendere posizione su un argomento me lo scrive al cellulare, inoltre mi informa subito che lui, a mezzogiorno, deve andare a buttare la pasta, e non è ora per continuare banchetti o per discussioni politiche, e così so come comportarmi. E talvolta mi lascia sola al banchetto per andare a prendere il pane, o per acquistare qualcosa alla bancarella austriaca. Ama anche andare a sciare e partecipare a qualche sagra estiva, per esempio a Fusea o Caneva di Tolmezzo, di cui poi mi magnifica un cibo o qualche iniziativa.
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Ma non è solo “banchetto” la mia amicizia con Saro, è anche scambio intellettuale, di materiali, di informazioni. Io, per fare solo un esempio, gli regalo l’articolo sulla Cartiera di Tolmezzo, scritto da me e dal mio gemello Marco, e lo apprezza; egli, in compenso, mi invita all’incontro sull’osservatorio del lavoro, a cui tanto tiene. Parliamo di montagna e di futuro per la Carnia: ci accomunano alcune considerazioni, altre no.
E così si giunge a due passi dalle elezioni regionali. Io propongo in tre incontri i 10 punti per la montagna, ma il discorso si impelaga sulle Unioni comunali, che altri vogliono come priorità; e mentre io desidererei che i candidati presidenti regionali firmassero un impegno sui 10 punti specifici sottoscritti insieme, gli altri pensano che sia modo di procedere poco ortodosso, e ci si impantana in logiche di partito.
Poi io e Saro andiamo a sentire Serracchiani ad Arta Terme, per la campagna elettorale. Fa un freddo spaventoso nel locale grande e non riscaldato: viene perso tempo prezioso per parlare dell’importanza della banda larga, problema già noto e trito e ritrito, e ne usciamo ben poco convinti e concordando che così non va proprio bene, che la Serracchiani è stata deludente. Da qui l’invito a venire a Tolmezzo, a cambiare approccio …
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Il banchetto è sempre più raro, per motivi personali anche di Saro: egli è coinvolto in mille problemi familiari, a cui si dedica “anima e corpo”, non dimenticando, però, una parola anche per gli altri.
Così un giorno, mentre parlo con lui, vede passare un signore giovane, che non conosco, e che forse è momentaneamente disoccupato, e gli chiede come va la famiglia. Egli risponde che moglie e figli stanno bene, ed improvvisamente Saro lo guarda e gli dice di stare attento con la moglie, perché non può mantenere altri figli avendone già tre o quattro. Lo dice con l’autorità di un padre, e l’altro non fiata ed annuisce.
Un altro giorno mi colpisce vederlo con la barba lunga, cosa mai accaduta prima, di ritorno dalla casa dei suoceri, e glielo scrivo in forma privata, invitandolo pure a riposare di più, a prendersi un po’ di tempo per sé, ma mi risponde che egli, fra l’altro, deve fare assistenza. Inizia così a concordare con alcune mie critiche alla riforma del sistema socio-sanitario regionale. Si chiede se vi siano sufficienti infermieri territoriali, ritiene che vi sia, negli ospedali e in generale, troppo poco personale medico e paramedico in servizio dal venerdì sera al lunedì mattina, gravando sui parenti degli ammalati; si domanda dove sia finita la risonanza magnetica perorata anche dal comune di Tolmezzo, (tema che ci trova in disaccordo), si preoccupa per il laboratorio analisi del nosocomio locale, anche se è meno critico di me su questo punto e ritiene che la soluzione adottata dai politici non sia la peggiore.
E non è difficile vederlo passare per Tolmezzo con la sua immancabile bicicletta, diretto a vedere del padre invalido, mentre diventa sempre più difficile incontrarlo per scambiare quattro parole o un’idea.
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Al tempo delle elezioni amministrative, io capisco che qui non è cosa per me, e, dopo un breve scambio di idee con alcuni del Pd, e un paio di accenni ad attacchi su facebook, mi ritiro subito dalla politica attiva: non ho tessera di partito, non sono renziana e non amo il pensiero omologato. Inoltre per me il candidato sindaco può essere solo Mauro Saro, ma egli non intende accettare alcuna candidatura, dopo l’esperienza pregressa. E pare, pure, che il Pd voglia fare la grande scalata, e snobbi il prossimo. Facciano pure, penso. Il distacco di Brollo dalla sinistra di Nonino e Lepre, che lo avevano sostenuto alle primarie, sa di scelta imposta, come il suo correre tra le braccia di Gallizia, Nuovo Centro Destra, a fini di recuperare voti. Mauro Saro, precedentemente, aveva tentato di stendere, con altri, un manifesto per la montagna, ma non aveva ottenuto sufficiente seguito. Così, che io sappia, partecipa ad alcuni incontri pre-elettorali della cosiddetta sinistra e poi, dopo il bacio di Brollo a Gallizia, si ritira, perorando il “largo ai giovani”.
Quindi passa a vita privata. Si interessa però ancora di Coralp, Leggimontagna e delle promozione del turismo legato alle piccole chiese ed alla loro valorizzazione. Andiamo pure insieme alla Biblioteca del Seminario, per vedere cosa si trovi ed a parlare all’Università di Udine con due docenti. Ma risulterà tempo perso. Muore suo padre, e lo vedo sempre di meno, mentre Tolmezzo è trasformata in un mortuorio.
Apprezza nonsolocarnia.info, ma non vuole scrivere articoli per il mio blog. Allora lo cito io, in attesa che cambi idea, per i suoi coraggiosi interventi sul gioco d’azzardo. Su questo tema il nostro pensiero è all’unisono. Non ha peli sulla lingua Mauro Saro, pur sapendo come ci si deve esprimere in pubblico. Un paio di suoi veloci commenti compaiono sul blog di Aldo Rossi, poi più nulla. Sua è la frase, detta fra il serio ed il faceto, relativamente ai miei articoli sul mio sito: “Laura, cumò vonde partigiàns!” – dopo due o tre testi dedicati alla Resistenza. Sapeva anche fare una battuta scherzosa, Mauro Saro.
L’ultima volta lo vedo l’estate scorsa, mentre tinteggia la recinzione del giardino di casa. Devo far fare dei lavoretti anch’io e gli chiedo chi posso chiamare: mi dice un nome, ma quello non accetta. Mi parla poi del nuovo garage, dei problemi che si hanno sempre quando “ti lavorano in casa”. Lo invito nuovamente a riprendere l’attività politico- sociale, od almeno a parlare della “stasi carnica”, ma mi dice che si sente stanco, e che desidera vendere la casa dei suoi genitori.
Infine la notizia della sua malattia, mentre mi chiedo perché non risponda più al cellulare, le speranze che possa star meglio, l’isolamento che non permette di incontrarlo, ed infine la morte. Era cattolico Mauro Saro, e credo che Dio lo abbia accolto nel suo Regno dove non dovrà più soffrire. Per quanto mi riguarda non lo dimenticherò e l’incontrarlo ha certamente contribuito moltissimo alla mia crescita personale.
Laura Matelda Puppini
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