Spesso quando parliamo di truppe collaborazioniste ci dimentichiamo delle SS italiane, che non erano di questo tipo, ma formate da militari facenti parte dell’esercito tedesco. Per esempio sarebbe interessante studiare, a 70 anni dai fatti, la figura di Eugenio Gibilaro, forse di stanza con le SS ed operativo in Carnia, ma il suo fascicolo, presente nell’ Archivio di Stato di Udine è, per motivi ignoti, secretato e non visibile. (1). Qualcosa di questo soggetto si può sapere attraverso il fascicolo di Dionisio Bonanni, ma è davvero troppo poco.

Alle SS italiane, a mio avviso, sembra riportare anche la storia di Giuseppe Ocelli, non si sa perché salvato dagli alpini tolmezzini della destra cattolica quando a me consta, dal suo rollino paga, fosse di fanteria, e comunque condannato a fine guerra per i suoi crimini e poi subito amnistiato e quindi svanito nel nulla. Egli, invischiato anche nei fatti che seguirono a quelli di Malga Promosio, fu salvato da una condanna pesante pure perchè la sua ricca famiglia aveva potuto pagare, in particolare, un avvocato famoso che seppe giocare ogni carta, anche quella del tempo atmosferico, per prendere tempo, sapendo che il suo assistito innocente proprio non era. Su di lui ho predisposto una scheda che pubblicherò a breve. E per tutti, in Friuli, pagò Odorico Borsatti, quando ognuno avrebbe dovuto pagare per i crimini commessi. Ma non fu così, anche a causa dell’amnistia Togliatti.  E qui «il procedimento contro Odorico Borsatti fu l’unico fra quelli aperti dalla Commissione di Giustizia e giunti sulla scrivania del procuratore di Stato a compiere l’intero iter procedurale dalla fase istruttoria, al dibattimento, al pronunciamento del verdetto, alla formulazione e all’esecuzione della sentenza» (2).

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Non tutti coloro che, però, decisero di aderire alle SS italiane sapevano a cosa sarebbero andati incontro, e vediamo perché dal volume di Ricciotti Lazzero, “Le SS italiane. Storia di 20.000 che giurarono fedeltà ad Hitler”, Rizzoli ed., 1982.

Lazzero apre questo suo interessantissimo volume con le parole di giuramento a Hitler che ogni SS doveva fare: «Davanti a Dio presto questo sacro giuramento: che nella lotta per la mia Patria italiana contro i suoi nemici sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler, supremo comandante dell’esercito tedesco, e che, quale soldato valoroso, sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento». (3)

Ora il giuramento allora era una questione importantissima, tanto che molti carabinieri si rifiutarono di giurare fedeltà ad altri perché il loro corpo prevedeva di giurare davanti a Dio di essere fedeli al Re. Questa la formula: «Giuro di essere fedele a Sua Maestà il Re ed ai suoi Reali Successori, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato e di adempiere tutti i doveri del mio Stato, con il solo scopo del bene inseparabile del Re e della Patria» (4).

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Ma non dobbiamo pensare che 20.000 italiani fossero tutti dei fanatici filonazisti perché non è così. Lo furono una parte, non tutti.

«Nelle loro file – scrive Ricciotti Lazzero – ci fu di tutto: idealisti, illusi, fanatici, profittatori, gente di buona e malafede, persone che colsero l’occasione per rientrare in Italia dai campi di concentramento, individui violenti, altri che credevano in un nuovo ordine europeo all’ombra della svastica e ne volevano essere i forgiatori, e quindi, ad un certo momento i privilegiati, ed anche prigionieri messi di fronte all’alternativa o con noi o al muro. I disertori furono molti: alcuni passarono alla Resistenza e diventarono noti combattenti partigiani». (5). Molti di coloro che, italiani, aderirono al reclutamento nelle SS, volevano andare al fronte, ma furono di fatto utilizzati sul suolo italiano contro i loro connazionali che però avevano aderito alla resistenza. E questo accadde anche a coloro che si erano arruolati nella X Mas di terra.

Ma qui vi parlerò in particolare delle SS italiane reclutate nei campi di concentramento fra i militari italiani catturati dopo l’8 settembre 1943, e condotti nei campi di concentramento nazisti con l’accusa di essere traditori e dei fascisti che accorsero nel Reich per cercare nuovo potere e visibilità all’ ombra del Reich.

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Quelle SS italiane che anche Mussolini aveva chiesto ad Hitler.

I primi a voler passare con i tedeschi, dopo il 25 luglio 1943, sono militi fascisti (della MVSN) di stanza a Zagabria, ed i nazisti sono ben felici di aumentare le proprie truppe: «Apprestare subito (per loro) la migliore accoglienza ed il miglior vitto nella caserma a Graz. Appena possibile inviarmi subito notizie sul numero e sulla composizione della compagnia» (6) – dicono gli ordini.  Ma come non bastasse, poco tempo dopo Himmler veniva informato che altri militi fascisti si stavano presentando come volontari ai centri di emigrazione tedeschi del Sud Tirolo, cioè agli uffici preposti al passaggio verso il Reich degli altoatesini che richiedevano la cittadinanza tedesca.

A questo punto Himmler dava queste indicazioni: «Tutti questi volontari devono esser aiutati a passare in confine ed inviati a Monaco. Nella caserma SS di Monaco si possono formare compagnie di volontari. Prego Dietrich di mandare a Monaco l’Obersturmbannführer Leinter per incaricarsi della formazione di questi reparti» (7).

E che i miliziani, dopo il 25 luglio ed ancor di più dopo l’8 settembre, fossero favorevoli a passare con i nazisti o a collaborare con loro, lo racconta anche la storia di Ermacora Zuliani e del suo Reggimento ‘Tagliamento’ che nulla ha a che fare né con la Legione Tagliamento né con il corpo degli alpini. Ed anche su di lui pubblicherò una scheda, redatta sulle fonti reperite. Tra l’altro, sia Ricciotti Lazzero nel testo di riferimento citato, sia Primo De Lazzari nel suo “Le SS italiane, Teti ed. 2002, sostengono che il gruppo guidato da Ermacora Zuliani, formato da volontari friulani non si sa quanto obbligati, faceva parte delle SS.

Così scrive infatti Ricciotti Lazzero: «Il reggimento di volontari friulani ‘Tagliamento’ creato dal console della Milizia Ermacora Zuliani a Udine, conterà 824 uomini nel febbraio 1944, diventerà uno ‘Sturmregiment’ (reggimento d’assalto) con 1500 militi il 5 marzo e si trasformerà poi in ‘1. Legione d’assalto Tagliamento’ (Pol.) e infine In ‘ Pol. Freiw. Geb. Jäger- Btl. Tagliamento’». (8). E già il fatto che il Tagliamento di Zuliani fosse un Reggimento, inizialmente, potrebbe essere un indizio del suo partecipare alle truppe tedesche di invasione.

Primo De Lazzari scrive invece che il Reggimento volontari Alpini friulani Tagliamento, formato dal console Ermacora Zuliani a Udine, fu «trasformato, in seguito in agglomerato di SS italiane alle dipendenze operative delle SS germaniche nelle valli dell’Isonzo e del Vipacco» (9).

Non solo: Ricciotti Lazzero ci narra anche che la 24. Waffen-Gebirgs (Kartsjäger) Division der SS ad un certo punto fisserà il suo quartier generale a Moggio Udinese. (10).   

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Inoltre Himmler ordinava pure che i militi fascisti che fossero passati ai nazisti dovevano esser inquadrati nell’esercito sotto Dietrich mentre invece, se i richiedenti fossero stati dell’Esercito Italiano, dovevano esser spediti nei campi di lavoro. Ed infine, ascoltato si presume anche Hitler stesso, i vertici militari tedeschi giungevano a questa decisione: «La posizione da assumere verso i profughi ed i disertori italiani è la seguente: 1) la Wehrmacht radunerà nei campi di raccolta tutti i militari dell’esercito; le SS raduneranno, invece, tutti i membri della Milizia e del Partito fascista. Dopo un attento esame, parte della gente può essere ammessa subito nelle divisioni SS (o messa a loro disposizione); il rimanente potrà farne parte poi, in seguito». (11).

Questi nuovi arrivi da terra italiana, crearono un clima di euforia nell’ esercito tedesco, già ricco di volontari lettoni, olandesi, danesi norvegesi, croati, galiziani, fiamminghi, valloni e francesi e fecero volgere i nazisti al sogno di un nuovo gruppo, questa volta italico, pronto a battersi per la Nuova Europa del Führer. Ai nazisti era anche chiaro che una buona zona di approvvigionamento per le loro truppe poteva essere l’Alto Adige, di cultura e lingua tedesche, ma i fascisti avevano già riempito detto territorio con calabresi, siciliani, e abitanti del Sud, che non volevano sostenere le sorti e le ideologie del Terzo Reich, (12) ma semmai, come la maggior parte degli italiani, volevano che la guerra finisse.

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Monaco divenne, così, il nuovo centro di reclutamento di italiani pronti a battersi per il Terzo Reich, a cui veniva chiesto di arruolarsi nelle SS. Invece anche un gruppo di gerarchi fascisti, in fuga dall’ Italia dopo il 25 luglio, si rifugiò a Rastenburg (ora Polonia allora Terzo Reich), dove si trovava il quartier generale di Hitler, detto ‘La tana del lupo’. Tra questi, sempre secondo Lazzero, si trovavano: Roberto Farinacci, che si faceva allora chiamare ‘avvocato Silva’, Alessandro Pavolini, detto ‘il conte Pini’, Renato Ricci, capo della Gioventù Italiana del Littorio, Giovanni Preziosi, che guidava i razzisti italiani più fanatici, Vittorio Mussolini, figlio del Duce, con Ruberti, fratello di Gina Ruberti, moglie di Bruno Mussolini, un corrispondente dell’agenzia Stefani, che fu la prima agenzia di stampa italiana e che durò fino alla fine della seconda guerra mondiale, il corrispondente dell’ EIAR, la radio fascista da Berlino, Cesare Rivelli, ed altri esponenti minori del regime. (13). I tedeschi però non si fidavano di loro, e forse avevano ragione.

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All’ indomani dell’8 settembre 1943, questo gruppetto di alte sfere del Pnf si riunisce a Rastenburg, cercando di organizzarsi per prendere in mano le redini dell’Italia, portandola, sotto la loro egida, ancora una volta a lottare a fianco dei nazisti. Non sanno che Hitler ha già deciso di liberare Mussolini e di farlo portare in Germania per ordinargli di creare la Repubblica Sociale Italiana, lo stato fantoccio sotto il comando nazista, e così, il 10 settembre 1943, tempestivamente, preparano una lettera indirizzata al Ministro degli Esteri del Reich e, per conoscenza, a Himmler. Chi la scrive è Renato Ricci, un fedelissimo del Duce e all’ ideale fascista ed un sansepolcrista. La lettera indica il disegno dei gerarchi giunti a Rastenburg per creare una nuova Italia a fianco dei nazisti. Ma questi temporeggiano. Infatti il disegno del Führer non li contempla, e la liberazione di Mussolini è questione di pochi giorni.

Il 14 settembre, dopo la sua liberazione dal carcere del Gran Sasso, Mussolini si trova a Rastenburg (secondo Lazzero, a Monaco secondo altri) per incontrarsi con Adolf Hitler e prendere ordini per creare la Repubblica Sociale Italiana, che lotterà al fianco dei tedeschi. Nel frattempo l’esercito del Reich sta già penetrando in Italia per occuparla, mentre altre truppe naziste sono già presenti sulla penisola, e Roma sta per cadere dopo una strenua resistenza di coraggiosissimi popolani e militari delle Forze Armate italiane, rimaste senza un capo.

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Dopo l’8 settembre 1943, ogni soldato e militare italiano è considerato un traditore dai tedeschi e «le Wehrmacht e le SS catturano centinaia di migliaia (di appartenenti alle FF.AA. italiane) e li trasportano, chiusi nei vagoni merci, verso i campi di concentramento della Germania e della Polonia. […] la gran massa traversa il Brennero come un gregge e va verso l’ignoto. Nei Balcani certi reparti oppongono una resistenza feroce e si fanno massacrare, altri, […] passano in blocco ai nazisti. Tutto il resto finisce negli ‘Stalag’ (14) e negli ‘Oflag’(15)». (16).

I tedeschi non rispondono alla lettera che Ricci ha scritto a nome anche degli altri gerarchi rifugiatisi a Rastenburg, ma attendono, mentre permettono che i latori della stessa inviino appelli radiofonici agli italiani, perché si organizzino per rimanere al fianco dei tedeschi sotto il loro comando. Poi Hitler, come ho già scritto, fa liberare Mussolini e lo fa accompagnare a Rasteburg (o Monaco), dove gli dà una serie di ordini precisi fra cui quello di creare la Repubblica Sociale Italiana, mentre Himmler si muove per formare reparti di volontari italiani da inquadrare nelle SS da utilizzarsi poi in funzione antipartigiana. Mussolini propone quindi un accordo fra lui ed Hitler che permetta di arruolare volontari fra gli internati italiani nei campi di prigionia e di far passare sotto le SS anche i battaglioni ‘M’ della Milizia, dopo adeguato addestramento.

Inoltre il Duce precisa che i fascisti si metteranno a disposizione per questi arruolamenti e che i soggetti che sceglieranno di entrare nelle SS verranno dirottati verso l’Obergruppenführer Berger, e chiede che le SS italiane siano guidate da ufficiali italiani, dopo adeguato addestramento, ma pare che poi non sia andata così, dato che il comandante in capo fu sempre un ufficiale nazista, e solo in vice- comando fu dato semmai ad un ufficiale italiano (vedi Occelli).

Infine Mussolini chiede che le SS italiane portino anche un simbolo che richiami il fascismo, per esempio il fascio littorio, che vengano armate con armi moderne, che almeno 10.000 lavoratori internati in Germania vengano messi a disposizione subito per formare questi nuovi corpi di SS, a disposizione di Renato Ricci. Ma il disegno nazista è diverso. (17).  Vedremo poi anche che, in particolare in Ozak (18), zona cuscinetto a guida tedesca, spesso i desideri dei fascisti e repubblichini cozzeranno contro quelli dei tedeschi, ferreamente determinati a tenere ogni aspetto della vita civile e militare sotto il loro ferreo controllo.

A Mussolini invece, «ll Führer chiede, talvolta ordina, il Duce annuisce, tranquillizza, obbedisce. Di lì a poco, dopo alcuni giorni trascorsi fra Berlino e Monaco, durante i quali ha l’opportunità di tornare a parlare via radio agli italiani, Mussolini può rivestire i panni del capo. Nasce la Repubblica sociale italiana, il Paese è spaccato in due e l’alleato è diventato occupante». (19). E chi sta con i tedeschi diventa un collaborazionista di chi ha invaso ed occupa l’Italia non ancora liberata.

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Infine il 2 ottobre, giunge la risposta, alla lettera stesa da Ricci, tramite una circolare inviata agli “SS Obergruppenführer Jütter, Wünnenberg, Berger, Wolff, Pohl e Kaltenbrunner siglata ‘Tgb Nr. 35/143/43 g’, con oggetto: “Programma per la formazione di unità della milizia” firmata da Himmler e recapitata in copia anche al Duce tramite i suoi intermediari. Si noti, per inciso, come i nazisti non prendano direttamente contatto con Mussolini almeno per questo aspetto specifico, ma Himmer scriva a chi guida le forze armate naziste. (20).

La circolare prevede la creazione, nell’ immediato, seguendo la volontà del Duce, di battaglioni della Milizia «da impiegare “il più presto possibile in combattimento contro banditi, paracadutisti e comunisti nel Nord Italia”» (21) i cui componenti, solo poi, una volta stabilizzata l’Italia del Nord, verranno trasferiti in centri di addestramento tedeschi per formare reggimenti da usare in combattimento. Questi reggimenti formeranno poi la prima Divisione SS italiana a cui se ne aggiungerà una seconda. Quindi Himmer dice che questi militari inquadrati nelle forze armate naziste manterranno l’uniforme italiana con le spalline corrispondenti a quelle delle Waffen SS, però rosse, mentre ufficiali e sottoufficiali porteranno le spalline tedesche, e formeranno la “Waffen Miliz”, milizia armata. (22).

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Vista l’urgenza di creare questi nuovi reparti di italiani, Himmler decide che la preparazione e la responsabilità di questi nuovi gruppi saranno del capo dell’ufficio centrale delle SS, appoggiato dal capo della Polizia; che a capo del gruppo di addestramento venga posto l’SS brigadeführer und Generalmajor der Waffen: Hansen, che la sede del gruppo di addestramento delle SS sia Münsingen. (23). Come si vede, nel Terzo Reich tutto è stabilito e nulla lasciato al caso. Infine se servirà al Reich, potranno venir arruolati tutti quelli che vorranno passare sotto le SS, senza limiti di numero.

Mentre accade tutto questo, Renato Ricci, all’oscuro di tutto e della creazione di una Waffen Miliz, con il beneplacito di Mussolini, rincorre ancora il sogno di diventare il capo di un nuovo esercito di miliziani in camicia nera che sostituirà il disciolto regio esercito. D’ altro lato le SS, che conoscono il disegno hitleriano, «non vedono di buon occhio la nascita nel loro seno di un nuovo esercito fascista e «seguono con attenzione e sospetto sia le mosse del duce che quelle del Maresciallo Rodolfo Graziani, diventato ministro della Difesa nazionale nel governo satellite di Salò». (24).

Inoltre si teme che avvenga come per volontari desiderosi di combattere al fianco dei tedeschi provenienti da altri paesi annessi o gravitanti sul Terzo Reich presentatisi ai Comandi della loro zona: essi erano stati inviati senza preavviso verso il Wüttenberg, scaricati di fatto dai comandi locali delle zone di provenienza, muniti di un foglio di via. Ed a Münsingen si trovavano già 700 od 800 soldati da addestrare, giunti senza che alcuno ne sapesse nulla. Venivano così a mancare, a causa di questi nuovi afflussi, addestratori per nuovi soldati italiani da inserire nelle SS con un minimo di preparazione per vivere in detta branca delle forze armate tedesche. Ed a Münsingen era stato persino respinto un treno con 1700 volontari provenienti da Dresda. (25).

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Nel frattempo, non conoscendo i fascisti presenti queste difficoltà per i reclutamenti, all’ambasciata italiana di Berlino si incominciava a rendersi conto dello sfacelo delle Forze Armate italiane e del fatto che migliaia di soldati italiani erano stati fatti prigionieri e tradotti nei campi di concentramento del Reich dopo l’Armistizio. Così i fascisti presenti nel Reich in quel momento, decisero di incontrarsi per formare un comitato italo tedesco formato da ufficiali fascisti, comandanti della Wehrmacht, ed altri collaboratori per vagliare se fra gli internati vi fossero persone disposte a passare con l’esercito nazista, pur essendo consapevoli che molti non avrebbero mai aderito alla proposta. Questo comitato aveva sede a Berlino e, per operare a questo fine, alcuni ufficiali, di sicura fede, presenti nei campi di concentramento e lavoro furono liberati, mentre si chiedeva ai tedeschi di migliorare le condizioni di vita degli altri soldati italiani catturati dopo l’8 settembre, cercando pure di farseli ‘amici’ e di aumentare, al tempo stesso, la propaganda per l’arruolamento volontario.

Inoltre i gerarchi affluiti a Berlino, che sapevano di non contare nulla e di non poter far nulla che i nazisti non volessero, decidevano di contattare pure Gottlob Christian Berger, sperando di ritagliarsi uno spazio di comando nell’Italia occupata dai tedeschi, e sottolineando gli scopi del Comitato da loro formato. In risposta ricevevano, almeno da quanto scrive Berger stesso a Himmler, che ai nazisti non serviva formare un grosso esercito di italiani, ma «di mettere  assieme solo alcuni battaglioni con uomini particolarmente fedeli e attivi e soldati senza macchia, e poi ampliare questi battaglioni» (26), e che si sarebbe provveduto a migliorare le condizioni di vita dei militari nei campi di concentramento. Ed anche questa storia che vede il periodo dal 25 luglio all’ 8 settembre e poi i fascisti protagonisti e timorosi di perdere il potere acquisito è poco o per nulla nota in Italia.

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Ma altre figure si muovevano sullo sfondo ed una di queste è il colonnello Emilio Canevari, giornalista con sede presso Farinacci che poi diventerà segretario generale dell’esercito repubblicano comandato da Graziani che asseriva, allora, di avere in mano un contratto firmato dai vertici della Wehrmacht, per creare un esercito italiano parallelo filotedesco, da addestrare e formato da 4 divisioni.

Ma di fatto, prima ancora che la neonata Repubblica Sociale si dotasse, a fatica, di un esercito, Himmler ordinava che venissero create le SS italiane, che interessavano al Reich, organizzate in battaglioni di marcia e che venissero subito portate nell’ Italia settentrionale a lottare contro i partigiani. (27). Ed alcuni soldati, graduati e non, prigionieri nei campi aderirono al reclutamento nelle SS proprio con il sogno di ritornare sul suolo patrio. Però ci furono, fra i volontari SS italiani, anche militari e militi che avevano apertamente parteggiato per il fascismo: alpini, bersaglieri, fanti che si erano pure guadagnati decorazioni germaniche al fronte ed aderenti alla MVSN, ai cui ufficiali superiori venne affidata la guida dei nuovi battaglioni delle SS italiane. (28).

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I ‘volontari’ SS italiani, anche quelli reclutati nei campi, vengono concentrati a Münsingen e da lì partono verso l’Italia. Essi vengono caricati sulle tradotte e portati a Verona. È soltanto al loro arrivo nella città veneta che molti incominciano a capire che il loro rientro in Italia, tanto agognato, non è proprio come se lo erano immaginato. Ed hanno giurato, prima di partire, fedeltà ad Hitler.  Ma hanno la promessa, oltre che di cibo più abbondante e migliore, di una licenza di 14 giorni dopo i due di viaggio, e questo li rincuora. Non solo: essi vestono ancora gli abiti militari italiani con cui sono stati catturati, solo successivamente verranno a loro fornite divise con simboli che li inquadrano nelle forze armate tedesche. Infatti essi, quando varcano il confine e rientrano in Patria, fanno parte a tutti gli effetti delle forze armate naziste ed i loro nomi sono già stati incasellati alla centrale SS di Berlino. (29). Le uniformi tedesche giungeranno poi. Si tratta, per lo più, di uniformi prese nei magazzini dell’ex- regio esercito italiano che, dopo l’8 settembre ’43, vengono saccheggiati. I nazisti così recuperarono tre milioni di capi di vestiario che, adattati, vestiranno la Wehrmacht ma anche SS italiane, i cui abiti vengono rinnovati con mostrine e segni adeguati. (30).

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Ma non ci sono solo questi italiani che passano sotto i tedeschi. Un gruppo si trova a Débiza, vicino a Cracovia, e verrà portato in Italia solo un paio di mesi dopo, e tre battaglioni di fascisti della milizia, comandati dal console Paolo De Maria, dopo l’8 settembre passano immediatamente con i tedeschi. Questi tre battaglioni vengono inquadrati nella Polizei Freiwilligen – Verbänden della Ordnungspolizei ma non rientrano subito in Italia e vengono spostati prima a Belgrado e poi a Praga.  Infine questo gruppo di camice nere agli ordini di Himmler viene spedito a Mestre e qui, giungendo via Innsbruck e Bolzano, a loro si aggiungono gli uomini scelti dal Reichsführer delle SS fra gli italiani da far entrare in quel corpo che aveva compiti di protezione, sia come SS generali che combattenti. (31).  
Successivamente il ‘Miliz Regiment De Maria, il primo ad avere un inquadramento in un corpo molto simile alla SS, diventerà- sempre secondo Lazzero- il nucleo centrale della Waffen- Grenadier – Brigade der SS, trasformandosi da unità di polizia SS in unità SS combattente vera e propria, e verrà inviato a Milano e nella pianura padana.

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Si vengono quindi a formare ben ventinove centri di arruolamento per le SS italiane, e molti si lasceranno attrarre anche dalle promesse, andando a formare una vera e propria ‘legione SS italiana’ in funzione antipartigiana operativa dal Piemonte alla Lombardia, che ucciderà anche poveri ostaggi, in un crescendo di brutalità. (32).
Un’altra parte di volontari italiani disposti a combattere per i tedeschi viene reclutata per operare nella polizia tedesca, come già scritto, e viene fatta affluire a Mestre dove viene sottoposta ad un breve corso di addestramento. Alcuni di questi verranno inviati in Piemonte e quindi, successivamente, spostati a Bologna, Lecco, Novara e Trieste. I due battaglio spostati in Ozak (I e II Pol. Freiw. Btl. Italien) avranno come sedi Pravisdomini nel pordenonese e Capriva nel goriziano. (33). Ed a Trieste furono stanziate direttamente, secondo Primo de Lazzari, pure le Forze armate fasciste FAF. (34).

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Ma non tutto filò liscio come l’olio, stando a Primo de Lazzari, che ricorda come le adesioni all’ esercito dell’R.S.I. fossero state scarse rispetto alle previsioni, tanto da impedire la ricostruzione, sotto la Repubblica mussoliniana, delle FF.AA. abbandonate e di fatto sciolte. Inoltre c’erano problemi anche tra le formazioni direttamente dipendenti dai tedeschi: il caos, le disparità di competenze e di ordini emanati, la rivalità tra i numerosi esponenti di Salò ed i diversi centri di potere sono enormi. In un rapporto al Capo della Polizia, il ten. Pietro Koch (35) afferma che ci sono “molte polizie ma nessuna polizia”. Reduce da alcune ispezioni, il console Edmondo Leppo osserva che: «i corpi armati e con ciò intendo la Guardia, la Polizia, la SS italiana e i vari battaglioni Nembo, San Marco, Barbarigo, Roma o morte, Muti eccetera eccetera, creano nell’ animo della massa con le loro molteplicità e con i loro metodi di arruolamento, un vero smarrimento. Sembra infatti di essere ad un mercato vecchio stampo ove i vari rivenduglioli ebrei cercano di accaparrare il compratore magnificando ognuno la bontà della propria merce”. (…). […] il magg. Sergio D’ Alba afferma che “… le SS italiane, con denaro sonante ed allettanti promesse, arruolano tutti quelli che possono, lamentando il fatto che “ognuno sottrae agli altri gli uomini”. Da esperto sul campo, con funzioni ispettive, precisa che “…esistono oltre all’Esercito, alla Marina, all’Aviazione, GNR, le Brigate Nere, le SS italiane, la X Mas, oltre alle bande tutt’affatto particolari, come ad esempio la Legione E. Muti di Milano.
Tutti questi corpi rivaleggiano fra loro con giornali, manifesti, propaganda più o meno lecita strappandosi gli uomini l’un l’altro”». (36).

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Ma, da che si legge, tutti quei corpi riuscirono a mostrare una ferocia senza precedenti verso altri italiani che volevano cacciare i nazisti e riportare l’ Italia intera sotto il tricolore. E non a caso Nuto Revelli, ufficiale reduce di Russia e poi comandante partigiano, scrive: «Non sono i fascisti che ci preoccupano. I fascisti – lo grido ben forte, perché li ho visti con i miei occhi- non sono dei combattenti. I fascisti li temiamo e li odiamo, sottolineo “li odiamo” perché arrivano sempre dopo le operazioni di guerra arrivano sempre dopo i rastrellamenti, al seguito dei tedeschi. I fascisti sono feroci nelle rappresaglie contro la popolazione, contro gli inermi. I Fascisti della “Muti” di Borgo San Dalmazzo li temiamo perché sono dei torturatori, crudeli, spietati, che terrorizzano la popolazione, incolpandola di connivenza, di essere amica dei partigiani. Ne hanno combinate di tutti i colori, torturando i congiunti dei partigiani o supposti congiunti, portandoli nei loro comandi, bastonandoli a sangue per farli parlare. Rientrava proprio nel loro compito, quello di terrorizzare la popolazione. Anche i tedeschi ci tenevano a questo “lavoro sporco” perché terrorizzando speravano di far diventare nemica la popolazione nei nostri confronti. Questo era il gioco. 
Sono i tedeschi che ci preoccupano come combattenti, i fascisti no. Sono i tedeschi che ci preoccupano perché, nei rastrellamenti in grande stile, impiegano dei reparti particolarmente addestrati per la lotta antipartigiana. Fanno arrivare reparti dal Veneto, da altre zone, reparti di “Alpenjäger” di truppe di montagna, gente esperta, gente che sa combattere in montagna». (37). E questi feroci reparti tedeschi, utilizzati nelle attività antipartigiane con funzione anche di terrorizzare popolazione, famiglie e povera gente,  erano anche quelli formati dalle SS italiane e collaborazionisti, delle cui gesta si sa a spezzoni, analizzando le stragi: vedasi quelle fatte dalla X Mas, o quella a malga Promosio e valle del But e via dicendo. Ed ora si ricorda, senza che il governo partecipi, l’ottantesimo della strage di Sant’ Anna di Stazzema: un macello compiuto dai nazifascisti di civili inermi (38), che assolutamente non si deve dimenticare, come le altre stragi.

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Esiste pure un testo apologetico, opera di Nicola Guerra, intitolato “I volontari italiani nelle Waffen SS”, Solfanelli ed. , 2014, unico reperibile in rete, di cui 60 pagine parlano di altro, senza molta cognizione del metodo storico, ove si legge pure che gli ex- SS italiani bruciarono, dopo la fine della guerra, immagini che li ritraevano in divisa, e temo pure che sia la chiesa che altri coprirono veri assassini, e che venne subito spostata l’attenzione sul confine orientale, facendo passare collaborazionisti od aderenti alle forze armate tedesche o per martiri della causa italiana, mentre questi erano i partigiani di qualsiasi colore, o per eroi. E se erro correggetemi. Ma di questo distorcere la storia ad uso politico ho già parlato lungamente nei miei scritti. Ed è vergognoso come non si sia ancora affrontato anche a livello divulgativo il discorso del collaborazionismo italiano e fascista con i tedeschi che fu reale, cercando di negarlo o di farlo passare ‘per cosa buona e giusta’. Dobbiamo riportare i fatti ai loro contesti  e ricordarci che lo dobbiamo anche alle vittime delle stragi. Ed in tal senso Ricciotti Lazzero ha fatto un lavoro esimio.

E per ora mi fermo qui, dicendo che il volume a mio avviso più chiaro e documentato sull’argomento è quello di Riciotti Lazzero, che credo si trovi ancora in commercio. Si trova poi su internet su wikipedia, la voce: 29. Waffen-Grenadier-Division der SS (italienische Nr. 1), a cui rimando e che tratta delle SS italiane. 

Laura Matelda Puppini

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Aggiornamento in data 1 settembre 2024. Vi è stata qualche mese fa, anche una mostra dell’Aned a Verona sull’argomento.

Oggi 1 settembre 1924, ho scoperto che anche l’Aned (Associazione Nazionale ex- deportati nei campi nazisti) ha proposto, mesi fa, a Verona, una mostra curata dall’ Associazione ‘Carlo Levi’/Filef Berlino, intitolata: “Italiani nelle SS – Autori/Esecutori 1943- 1945” (Italiener in der SS 1943-1945. als Täter/Mittäter) di Gianfranco Ciccanei, che sull’argomento ha pure scritto un libro. Nel corso della mostra, era possibile anche guardare la videointervista diTanino Bellanca al deportato politico Riccardo Goruppi, partigiano italo/sloveno, arrestato e interrogato nel comando centrale della polizia di sicurezza tedesca delle SS, SD di Trieste, in cui c’erano anche militari SS italiani, sopravvissuto ai KZ di Dachau e Leonberg e per molti anni, fino alla recente morte, attivo in ANED (Sezione di Trieste)». (https://deportati.it/aned/le-sezioni/verona/italiani-nelle-ss-autori-esecutori-1943-1945/).

Laura Matelda Puppini.

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Note.

  1. https://archiviodistatoudine.cultura.gov.it/fileadmin/risorse/img_patrimonio/inventari/commissariato_ps_tolmezzo_inventario.pdf
  2. https://collasgarba.wordpress.com/2023/01/28/va-considerato-che-borsatti-fosse-il-collaborazionista-piu-importante-che-si-trovava-a-disposizione-della-commissione-di-giustizia-nei-giorni-della-liberazione/.
  3. Ricciotti Lazzero, Le SS italiane. Storia di 20.000 che giurarono fedeltà ad Hitler, Rizzoli ed., 1982, Avvertenza, p. 1 non numerata.
  4. https://anccastenaso.altervista.org/le-3-formule-del-giuramento-dei-militari-dellarma-dei-carabinieri-dal-1929-ad-oggi/.
  5. Ricciotti Lazzero, op. cit., Avvertenza p. 3 non numerata.
  6. Ivi, p. 14.
  7. Ibidem.
  8. Ivi, p. 42.
  9. Primo de Lazzari, Le SS italiane, Teti ed., 2002, p. 13.
  10. Ricciotti Lazzero, op. cit., p. 42.
  11. Ivi, p. 14.
  12. Ivi, pp. 14-15.
  13. Ivi, pp. 15-16.
  14. Stalag è la sigla sillabica tedesca (usata in italiano come sostantivo maschile) del nome composto Stammlager «campo base»: ed indica un campo di concentramento tedesco dei sottufficiali e militari di truppa prigionieri, in Germania e nei paesi occupati. (https://www.treccani.it/vocabolario/stalag/).
  15. Oflag, era il termine per indicare un campo di concentramento per soli ufficiali, che potevano esser adibiti al lavoro solo per poche ore, secondo la Convenzione di Ginevra del 1929. (https://it.wikipedia.org/wiki/Oflag).
  16. Ricciotti Lazzero, op. cit., p.17. Le informazioni precedenti si trovano alle pp. 16 e 17.
  17. Ivi, pp. 18-19.
  18. Ozak è l’acronimo per ‘Operationszone Adriatisches Küstenland’, in italiano: ‘Zona di operazioni del Litorale Adriatico’. Per un approfondimento e cartine, cfr. sempre sul www.nonsolocarnia.info il mio: Dopo l’8 settembre 1943: l’Italia non c’è più e i nazisti creano l’Ozak, la Zona di Operazioni del Litorale Adriatico. I nazisti poi crearono una seconda zona cuscinetto: l’Ozav, formato dalle province di Bolzano, Trento e Belluno, sempre sotto il loro diretto controllo. L’ Ozak e l’Ozav erano zone cuscinetto che confinavano direttamente con il Terzo Reich (l’Austria era stata annessa) ed avevano una funzione di difesa per lo Stato nazista.
  19. https://museonazionaleresistenza.it/story/hitler-e-mussolini-3/. Questo sito è ricco di fotografie e interessanti e precisi commenti.
  20. Ricciotti Lazzero, op. cit., p. 19.
  21. Ivi, p. 19-20.
  22. Ibidem.
  23. Ivi, p. 20.
  24. Ivi, p. 21.
  25. Ivi, pp. 25-26.
  26. Ivi, pp. 26-27.
  27. Ivi, pp. 28-29.
  28. Ivi, p. 32.
  29. Ibidem.
  30. Ivi, p. 37.
  31. Ivi, p. 33.
  32. Ivi, p. 40 e p. 85.
  33. Ivi, p. 43.
  34. Primo de Lazzari, op. cit., p. 13.
  35. Pietro Koch fu un famoso comandante di un gruppo di torturatori e venne considerato un criminale di guerra. Egli fu a capo di un reparto speciale di polizia, noto anche come ‘Banda Koch’, che operò principalmente a Roma e in seguito, brevemente, anche a Milano, macchiandosi di numerosi crimini contro nemici catturati e oppositori politici, come torture e omicidi. I metodi di Koch erano caldeggiati dalle SS di Kappler, e la banda collaborò, fra appoggio cooperante e attriti intestini, col comando SS di via Tasso. Finì processato e fucilato alla schiena per i suoi numerosi ed efferati crimini il 5 giugno 1945 a Roma. (https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Koch). Il testo della sentenza che lo condannava a morte si trova in: https://www.percorsidellashoah.it/sentenze/view/&id=18.
  36. Primo de Lazzari, op. cit., pp. 14-15.
  37. Nuto Revelli, Le due guerre. Guerra fascista e guerra partigiana, Einaudi ed., 2003, p. 147-148.
  38. Grave che il governo non fosse presente a Sant’Anna di Stazzema per gli 80 anni dalla strage”, in: https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/08/12/ ed anche: Filippo Fiorini, Sant’Anna di Stazzema, governo assente al ricordo della strage”, in: https://www.lastampa.it/politica/2024/08/13/news/.

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L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: https://www.difesaonline.it/news-forze-armate/storia/ss-il-primo-esercito-europeo-le-ss-italiane. Come poi oggi si pensi che le SS italiane rappresentassero il primo esercito europeo, francamente non lo so. Laura Matelda Puppini.

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/08/SS-IT-070917-ss-ita-1.jpg?fit=418%2C580&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/08/SS-IT-070917-ss-ita-1.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniSenza categoriaSpesso quando parliamo di truppe collaborazioniste ci dimentichiamo delle SS italiane, che non erano di questo tipo, ma formate da militari facenti parte dell’esercito tedesco. Per esempio sarebbe interessante studiare, a 70 anni dai fatti, la figura di Eugenio Gibilaro, forse di stanza con le SS ed operativo in...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI