Cari lettori, riprendo qui, seguendo anche il volume di Augusto Pompeo”Forte Bravetta. Una fabbrca di morte dal fascismo al primo dopoguerra, Odradek ed., 2012, un tema che più che natalizio e di speranza  sarebbe adatto al Venerdì Santo, quello dei condannati a morte dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato prima della resistenza. Ho già trattato, infatti, il tema dei partigiani giustiziati a Forte Bravetta nel mio su www.nonsolocarnia.info: “Forte Bravetta: la storia di un impegno civico per salvare un simbolo di morte ma al tempo stesso di resistenza.

Però, come ci ha ricordato Bruno Cacitti, l’osovano ‘Lena’, i partigiani tutti lottarono per un mondo nuovo, per una società più giusta e, come ci ha narrato il giornaletto dei garibaldini Carnia Libera, per la liberazione della Patria dall’ invasore e dal regime. E dietro le difficoltà di questi uomini e donne che aderirono all’antifascismo ed alla resistenza ed a monte del loro sacrificio non si può certo negare che ci fu un discorso di speranza. Purtroppo,  vi è chi ha tentato di insabbiare fin dal suo sorgere qualsiasi novità per ricacciare l’Italia al ruolo di colonia ed al passato, pure per interessi peculiari,  travisando storia e motivazioni e dando interpretazioni ad uso politico di fatti.

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Ma ritorniamo ora all’ oggetto di questo articolo. Il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, venne istituito con legge del 25 novembre 1926, n. 2008 e reso operativo con i regi decreti 12 dicembre 1926, n. 2062 e 13 marzo 1927 n. 313, con il compito di giudicare i delitti contro la sicurezza dello Stato e contro Mussolini che era il Capo del Governo. Durante il regime fascista, il Tribunale speciale ebbe il potere di diffidare, ammonire e condannare gli imputati politici ritenuti pericolosi per l’ordine pubblico. Con la stessa legge di costituzione del tribunale venne reintrodotta, in ambito civile, la pena di morte per alcuni reati a carattere politico. (1).

Insomma si può dire che questo fu il tribunale del regime, in mano al governo ed al Partito del governo, ove vennero eseguiti processi che durarono poche ore e ove non esisteva di fatto difesa alcuna dell’ imputato, quasi che la sentenza fosse stata scritta a priori, funzionando in modo similare agli spicciativi tribunali di guerra nella prima guerra mondiale. Ed in Carnia si ricorda in particolare quello che portò alla condanan a morte i quattro di Cercivento, che non furono certo gli unici.   

E così si legge in: https://www.letture.org/giustizia-fascista-storia-del-tribunale-speciale-leonardo-pompeo-dalessandro: «Come è noto, l’istituzione del Tribunale speciale era contemplata nei “Provvedimenti per la difesa dello Stato”, legge approvata dal Parlamento nel novembre 1926. La data è di per sé significativa: fu, questo, l’ultimo atto, in ordine di tempo, a segnare il definitivo passaggio dallo Stato prefascista al nuovo regime fascista.

Le origini dell’organo, infatti, si collocano nel pieno di quel processo di istituzionalizzazione dello Stato totalitario avviato, come è noto, con il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, con il quale, in sintesi, il capo del Governo si prese la responsabilità politica, morale e storica del delitto Matteotti.

A partire da quel momento i provvedimenti adottati mostrarono un’escalation repressiva a dir poco impressionante. Ne ricordo alcuni: quello sulle associazioni segrete, pretesto per una maggiore stretta anche sulle organizzazioni politiche; quello sulla cittadinanza, spregiativamente definita “legge sui fuorusciti”, con la quale, sostanzialmente, si arrivò a bollare gli antifascisti come con la quale, sostanzialmente, si arrivò a bollare gli antifascisti come “non italiani”.

E ancora: la legge sulle nuove prerogative del Capo del Governo, a scapito del Parlamento, quelle restrittive delle libertà sindacali e della stampa periodica e, infine, il nuovo testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. “non italiani”. E ancora: la legge sulle nuove prerogative del Capo del Governo, a scapito del Parlamento, quelle restrittive delle libertà sindacali e della stampa periodica e, infine, il nuovo testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. (…). […] provvedimenti, che fino ad allora erano stati straordinari ed eccezionali, con l’avvento del fascismo divennero regola e si stabilizzarono, trovando poi nei «Provvedimenti per la difesa dello Stato» del 1926 una fonte formale di legittimazione.

Il ricorso a norme liberticide subì così una repentina e definitiva accelerazione, in particolare con la reintroduzione della pena di morte per alcuni dei reati più marcatamente politici e l’istituzione di un «giudice speciale», di un Tribunale speciale, appunto, preposto al loro giudizio». E spesso chi giudicava o era posto alla difesa degli imputati in processi lampo, era un appartenente alla MVSN, corpo militare alle dipendenze del Duce, e quindi persona diciamo così di parte. Inoltre esso fu assimilato, per così dire, ad un tribunale militare, e come uno di questi si comportava.

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Il primo condannato a morte dal TSDS fu Della Maggiora Michele, un poveraccio che qualcuno cercò pure di salvare.  

Vari siti parlano di Michele Della Maggiora, nato a Lucca17 dicembre 1898 e giustiziato a Ponte Buggianese il 18 ottobre 1928, antifascista italiano, comunista, divenuto un caso internazionale in quanto primo condannato a morte del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato fascista.

«Nato in una povera famiglia di braccianti, durante la prima guerra mondiale venne catturato dagli austriaci a Caporetto. Nel corso della guerra contrasse la tubercolosi e subì l’amputazione di alcune dita dei piedi per congelamento, da qui il soprannome di “Piediacci” (piedi ghiacciati).
Nel biennio rosso partecipò alle dure contrapposizioni sociali tra braccianti (sostenuti dal Partito Socialista Italiano) ed agrari (sostenuti dal nascente fascismo).

Nel 1923 espatriò clandestinamente a Marsiglia dove si avvicinò ad ambienti comunisti. Nel 1927, per l’aggravarsi della tubercolosi, fu costretto a rientrare in Italia. Arrestato alla frontiera e posto sotto sorveglianza in quanto ‘sovversivo’, Della Maggiora venne inviato con foglio di via a Ponte Buggianese. Qui, dopo un breve ricovero nel reparto tubercolotici dell’ospedale di Pescia si trovò ridotto nella miseria più nera. Le sempre più gravi condizioni di salute gli impedivano di lavorare, mentre soffriva un vero e proprio ostracismo sociale per il suo rifiuto di sottomettersi al regime, il podestà gli negava ogni aiuto e i fascisti gli infliggevano ogni sorta di umiliazioni.

Costretto ormai a vivere della carità pubblica, con il vino come unico conforto, maturò propositi di vendetta. Il 16 maggio 1928, Della Maggiora, armato di una pistola che aveva avuto dall’amico comunista Bruno Spadoni, vagò per il paese uccidendo i primi due fascisti che incontrò: il sarto Gino Moschini e il barrocciaio Giovanni Buonamici».  (2).

Michele della Maggiora. Da: http://www.valdinievoleoggi.it/a57715-la-vita-di-michele-della-maggiora-la-prima-vittima-del-tribunale-speciale-del-fascismo.html

 

«Il duplice omicidio assunse subito un’importanza politica ben superiore alla realtà dei fatti. Mentre la stampa italiana esaltava i ‘martiri fascisti’, Mussolini pretese una punizione esemplare. Il Tribunale speciale fascista avocò a sé il caso sottraendolo alla Corte di Assise di Lucca, competente per questi reati. Della Maggiora venne accusato di “strage per attentare alla sicurezza dello Stato”, in pratica di aver tentato di scatenare, con il suo gesto, una rivolta popolare.
Il processo si tenne a Lucca dal 13 al 17 ottobre. Era la prima volta che il Tribunale speciale per la Difesa dello Stato si riuniva fuori Roma.

L’unico ostacolo ad una sentenza di morte che appariva già scritta furono gli scrupoli del Pubblico Ministero Carlo Baratelli che, pur fascista, si illudeva di poter conservare la sua indipendenza di giudizio sui banchi del Tribunale di Mussolini. Baratelli , già “capo Ufficio legale e disciplinare della Milizia”,  era convinto che non sussistessero i presupposti giuridici del reato di strage (unico che poteva giustificare la pena capitale) e voleva derubricare l’imputazione a duplice omicidio senza premeditazione in quanto risultava che l’imputato avesse agito in evidente stato di ubriachezza. Dopo un aspro alterco il presidente Guido Cristini, (detto anche ‘il giudice nero, e pure  comandante della 127° legione “Monte Majella” della M.V.S.N. secondo https://www.laporzione.it/2018/02/12/tweb_cristini1/), lo sostituì con Massimo Dessy, che chiese la fucilazione, ottenendola. Del tutto inutile l’intervento dell’avvocato difensore Aristide Manassero che al termine del processo dovette fuggire scortato dalla polizia per evitare le violenze degli squadristi. (3).

«Della Maggiora venne fucilato la mattina del 18 ottobre 1928 (4).  Rifiutò i conforti religiosi dicendo al prete “Se Dio c’è i conti li fo quando ci arrivo” e cadde gridando “Abbasso il fascismo” (“viva Lenin” secondo altre fonti). Era la prima condanna a morte comminata dal Tribunale speciale. Se il regime aveva voluto fare di questo caso un esempio contribuì ad alimentare il mito di Della Maggiora che verrà esaltato dal Partito Comunista d’Italia come “un eroe e uno dei suoi martiri più puri”. L’anarchico Camillo Berneri lo additò ad esempio accomunandolo a Gino Lucetti (il fallito attentatore di Mussolini) ed in tutto il mondo si tennero manifestazioni di protesta contro la fucilazione». (5).

Anche per Augusto Pompeo Michele non rappresentava un pericolo per il fascismo, ed il procuratore generale Carlo Barattelli, che condusse le indagini preliminari era propenso ad accusare il Della Maggiora di duplice omicidio, senza ricorrere al Tribunale Speciale per la Sicurezza dello Stato e palesò pure a Mussolini queste ipotesi, ma il capo del governo lo costrinse a lasciare l’incarico. Al suo posto fu nominato Massimo Dessy (6) che concluse l’istruttoria denunciando il Della Maggiora per aver compiuto un fatto che rientrava nella categoria di quelli «diretti a far insorgere gli abitanti del Regno, a suscitare la guerra civile, a portare la devastazione, il saccheggio o la strage». (7).

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La seconda condanna a morte da parte del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato fu comminata a Vladimir Gortan, di TIGR (8). «Nato nel 1904 a Vermo di Pisino nell’allora Margraviato d’Istria […]  da una famiglia di etnia croata, in seguito all’annessione dell’Istria al Regno d’Italia e alla successiva presa del potere del fascismo, nonché al conseguente processo di italianizzazione forzata dell’interno a maggioranza slovena e croata, decise nel 1928 di aderire al movimento nazionalista, irredentista e antifascista TIGR». (9).

Nel marzo 1929 in tutto il territorio italiano, e quindi anche in quello prima istriano e slavo poi annesso, si dovevano tenere le elezioni per il rinnovo del Parlamento. Però a presentarsi era una lista sola, fascista, e l’elettore doveva solo scrivere il suo ‘sì’ o ‘no’ a detta lista. Ed i  Prefetti di Istria e Venezia Giulia, allora, ricevettero delle indicazioni precise perché venisse dato, in quelle terre, un consenso forte al fascismo. Inoltre il Sindaco di Pisino diede persino precise disposizioni  affinché gli elettori di origine croata fossero radunati uno ad uno e condotti   alle urne preceduti dai “capovilla” e dalla bandiera nazionale.  (10).

«Sono le 8.45 e due colonne di elettori provenienti da Beram e daTrviz «si incontrano sulla strada che conduce a Pisino (luogo dei seggi n.d.r.)  e procedono affiancate. In testa alle colonne  marciano gli esponenti fascisti locali in camicia nera sventolando il tricolore: tra questi Giovanni Ballerin, maestro elementare.

Alcuni uomini armati (forse tre) attendono il corteo nascosti da un gruppo di alberi che costeggiano la strada, a circa 300 metri di distanza, sul costone del monte Camus. Quando le due colonne sono in vista, i tre si inginocchiano,  puntano i fucili ’91 all’indirizzo delle bandiere ed esplodono alcuni colpi (quaranta secondo l’accusa) che colpiscono tre persone Matteo Braicovich,  Giovanni Misson e  Ivan Tuhtan (anche Giovanni Tuchtan  N.d.r.). Quest’ ultimo morirà in seguito alle ferite riportate. Pochi minuti dopo, un altro corteo elettorale, composto da una trentina di persone è attaccato a colpi di rivoltella nei pressi della vicina Stanzia Runco fortunatamente senza vittime».  (11).

Sempre secondo Pompeo, in tutti due i casi gli elettori si diedero alla fuga e le operazioni di voto in quel circondario non furono portate a termine. (12).

Le indagini portarono ad una serie di arresti ed all’ invio di sei arrestati al carcere di Regina Coeli a Roma. Chi accusò però Vladimir Gortan di avere sparato a Tuhtan uccidendolo, fu Giovanni Misson, rimasto pure lui ferito, ed il giovane fu arrestato mentre tentava di recarsi in territorio slavo. Le successive indagini stabilirono che il Gortan non aveva ucciso nessuno, e chi aveva colpito a morte il Tuhtan era stato Dusan Ladavac, pure lui arrestato,  ma forse il Gortan, munito di pistola, aveva attaccato il secondo gruppo di elettori. Infine gli arrestati, fra cui il Ladavac ed il Gortan, dopo mesi di carcere e di pressioni di ogni genere, confessarono la premeditazione dei due attentati. (13).

Cinque  degli arrestati furono deferiti al Tribunale Speciale per la Sicurezza dello Stato, che si spostò da Roma a Pola per l’occasione. Il processo, velocissimo, si tenne dal 14 al 17 ottobre 1929 ed il collegio giudicante era presieduto dal Console della Milizia Guido Cristini. Questi, il 15 ottobre, dichiarava quanto ad un corrispondente di ‘Il Giornale d’ Italia’: «La procedura del processo sarà molto spedita dato che tutte le risultanze probatorie sono presso che finite. La colpevolezza degli imputati è risultata in piena luce e la giustizia punitiva farà il suo corso. Le pacifiche laboriose popolazioni allogene hanno bisogno di essere difese contro la mentalità balcanica delle organizzazioni terroristiche che agiscono entro i nostri confini. (…)». (14).

Quindi l’interrogatorio dei testimoni di accusa e difesa, trenta in tutto, fu velocissimo e durò circa un ‘ora, ed il difensore degli imputati, di lingua serbo- croata, non fu nemmeno ammesso al dibattimento. Infatti tre giorni prima del processo venne fermato da fascisti e portato alla sede del Fascio di Pisino, dove venne costretto a rinunciare all’ incarico, che venne affidato a difensori d’ufficio. (15). Ed a nulla valse il fatto che gli accusati ritrattassero le loro confessioni, sostenendo che erano state estorte con la forza, in sintesi, par di capire, sotto tortura.

Vladimir. Gortan. Da: https://it.wikipedia.org/wiki/Vladimir_Gortan. Immagine resa disponibile dalla Biblioteca Digitale della Slovenia con il numero identificativo FI9ISMHW. Questa tag non indica lo status dei diritti d’autore (copyright) di questo file.

Non potendo contestare al Gortan l’uccisione di Tuhtan, egli venne accusato di «essere stato il promotore di un tentativo di rivolta» (16), ed al processo venne presentato dalla Pubblica Sicurezza, che aveva indagato su di lui, come una persona che si recava spesso oltre i confini italici, che lavorava raramente e che aveva, al tempo stesso molto denaro. Risultava, inoltre, che nei giorni antecedenti le elezioni avesse fatto incetta di proiettili, ma pare che l’accusa più grave riguardasse proprio il suo rapporto oltre confine.

Così a 25 anni, Vladimir Gortan veniva giustiziato a Pola il 18 ottobre 1929, all’ alba, e quindi sepolto in un luogo che restò ignoto sino al 1952, quando venne infine rivelato.

«Subito dopo l’esecuzione, le autorità prendono provvedimenti che vogliono avere i caratteri dell’esemplarità e di monito alla popolazione:  -scrive il dott. Pompeo  –  sui muri di tutti i comuni istriani sono affissi il testo della sentenza e l’annuncio dell’avvenuta fucilazione, mente contro il villaggio di Beram è proclamato il boicottaggio economico e politico», e il Tuhtan venne trasformato in un martire fascista (17).

Nel giugno 1944 quattro compagnie partigiane istriane fondarono la 1ª Brigata istriana “Vladimir Gortan” che verso la fine del conflitto operò presso il Monte Taiano e in seguito venne incorporata nella 43ª divisione dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia. Nell’agosto 1945 l’Esercito jugoslavo emise un francobollo da 5 jugolire in uso nelle zone sotto occupazione jugoslava dell’Istria e del Litorale sloveno con l’immagine della casa di Vladimir Gortan a Vermo. Nel 1952 gli vennero dedicate la scuola media superiore di Buje, ed  una scuola elementare a Fiume. Inoltre una società per l’edilizia di Pisino ha preso il suo nome, ed ad Umago gli è stata dedicata una via.

 In Istria sono presenti due busti in suo onore, uno a Pisino e l’altro  a Pola. (18). Attualmente la casa natia di Vladimir Gortan è stata trasformata in un piccolo museo «che raccoglie oggetti appartenuti a quello che è considerato un campione dell’ irredentismo croato […]». (19).

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Successivamente trovò la morte un gruppo di slavi della Venezia Giulia, sempre facenti parte degli oppositori politici irredentisti e nazionalisti, che furono condannati dal Tribunale Speciale per la Sicurezza dello Stato. Essi erano:  Ferdinand Bidovec; Fran Marušic; Miloš Zvonimir e Aloizij Valenčič. (20). Pareva quasi che il Tribunale Speciale fosse stato istituito per comminare sentenze esemplari ai nuovi sudditi delle terre ad est, diventati italiani dopo la fine della prima guerra mondiale.  Ma come dimenticare proclami del tipo di quello qui sotto riportato?

Da: https://it.wikipedia.org/wiki/TIGR

Così descrive Augusto Pompeo le accuse che portarono alla condanna a morte di quattro degli arrestati in Venezia Giulia,  territorio geografico così definito da Graziandio Isaia Ascoli, in contrapposizione  alla definizione austriaca di Litorale asburgico, ritenendo, fra l’altro, che dovesse essere italiano: «In questa città (Trieste, allora cosmopolita e mitteleuropea n.d.r.), in questo clima politico (21), carico di drammi e di suggestioni, il 1° settembre 1930, il nuovo palazzo di giustizia ospitò un grande procedimento del Tsds (acronimo per Tribunale Speciale per la difesa dello Stato. N.d.r.), noto come il primo processo di Trieste che riguardava ottantasette imputati di cui 52 presenti.

Questi i principali fatti contestati:  – 20 febbraio 1928 attacco a colpi di rivoltella alla mensa della Milizia confinaria a Selze con ferimento di te militi – 9 aprile 1928 attwentato incendiario alla scuola comunale di Prosecco – 2 luglio 1928 uccisione del milite Giuseppe Cerkvenik a San Canziano di Divaccia, – 6 agosto 1928 attentato incendiario all’asilo infantile “Italia Redenta” di Storie – 29 agosto 1928 attentato incendiario al ricreatorio della “Lega Nazionale” a Prosecco – 2 gennaio 1929 ritrovamento di una bomba Sipe inesplosa davanti all’entrata della Questura di Trieste – 5 gennaio 1929 attentato dinamitardo al faro della Vittoria di Trieste – 6 gennaio 1929 uccisione a fucilate del messo comunale Goffredo Blasina – 10 febbraio 1929 lancio di una bomba alla sede del giornale fascista triestino “Il Popolo di Trieste” con la morte del redattore Guido Neri ed il ferimento di altri tre giornalisti – 3 marzo 1929 tentativo di incendio alla scuola di Sgonico – 26 marzo 1929 tentativo di incendio alla  scuola di Cattinara». (22).

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D’ altro canto non si può dimenticare che i soprusi commessi dai fascisti non si contavano sia in Venezia Giulia, dove un accenno agli stessi si ritrova pure in ‘Il lungo esodo’ di Raoul Pupo,  e in modo più ampio in Teodoro Sala, Il fascismo italiano e gli Slavi del sud, ed. IRSML, 2008, che in Trentino Alto Adige, che fu percorso dalle squadracce che occuparono le scuole in particolare quella dedicata ad Elisabetta d’ Austria a Bolzano facendo violenze di ogni tipo.. (23). 

Le squadre d’ Azione davanti alle scuole occupate a Bolzano nel 1922. (Da: La storia mutilata – UnserTirol24).

I documenti redatti da mano fascista dal Tribunale Speciale ci parlano quindi di accuse pesanti per gli arrestati: distruzione di edifici pubblici e privati, rapina, omicidio, cospirazione per cedere parte del territorio nazionale allo straniero, spionaggio.  Ma quello che, secondo Augusto Pompeo fu allora chiaro al fascismo, era che il movimento irredentista e nazionalista sloveno ed istriano si stava ampliando e che trovava ampio supporto e sostegno sul territorio annesso. E che non si trattava più di quattro contadini ma che si era creata una vera e propria organizzazione antifascista e contro l’italianizzazione forzata dei territori annessi, fatta da artigiani, studenti, professionisti e persone di diverso ceto sociale. (24).

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Comunque per ritornare ai 52 reperiti ed arrestati, essi furono portati tutti a Roma e rinchiusi a ‘Regina Coeli’ dove uno di loro Anton Gropajc  si suicidò in circostanze mai chiarite. (25). Dagli interrogatori condotti con i soliti metodi, risultò che Ukmar Spangher e Stoka erano stati gli autori dell’incendio della sede della Lega Nazionale a Prosecco mentre Miloš e Bidovec e Marušič erano stati gli autori dell’attentato al faro di Trieste. I primi due vennero pure considerati autori dell’ attentato alla sede del giornale “Il Popolo di Trieste”, realizzato con un cilindro ripieno di esplosivo realizzato nella bottega del falegname Aloizij Valenčič.

Così Ferdinand Bidovec; Fran Marušic; Miloš Zvonimir e Aloizij Valenčič furono condannati a morte mentre gli altri imputati furono condannati a lunghe pene detentive per complessivi centocinquantasette anni. (26). Il processo fu un processo lampo: infatti durò solo cinque giorni, e presumibilmente non venne ammessa una vera e propria difesa, ma questa è un’altra delle caratteristiche dei processi del Tsds. I 4 condannati a morte furono condotti presso Basovizza  il 6 settembre 1930 dove furono fucilati. (27).

Ferdinand Bidovec era un nazionalista  irredentista nato nella Trieste austroungarica il 4 novembre 1908. Venne condannato dal Tribunale Speciale «per avere nella Venezia Giulia ed altrove nel 1930 e precedentemente concertato con altri di commettere fatti diretti a sottoporre una parte del nostro Stato al dominio straniero servendosi come mezzo dell’insurrezione e mano armata, della devastazione, della strage, della […] esistenza di una organizzazione segreta ed a tipo militare per operare, un caso di guerra, alle spalle dell’esercito italiano e contro di esso». (28). Nella realtà però egli, come già scritto, risultava aver partecipato all’ attentato al Faro della Vittoria’ e alla sede di ‘Il Popolo di Trieste’ con altri. Al momento dell‘esecuzione Bidovec aveva 22 anni, Marušič 24, Miloš 27, Valenčič 34.

I toni di ‘Il Piccolo’ nel narrare dell’ esecuzione dei 4 definiti terroristi , parla di soggetti che erano venuti a turbare la tranquillità dell’ intera regione, verso i quali la giustizia aveva fatto il suo corso, (29). Ma questo è un ritornello che si trova anche nel giustificare la condanna a morte di Vladimir Gortan, mentre il nord Italia era percorso, dopo la nascita del fascismo e la sua ascesa al potere, in primo luogo dalla violenza delle squadristi e del fascismo tutto fattosi poi Stato totalitario, ove la divisione dei poteri era una chimera.

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Monumento ai 4 condannati a morte dal TSDS a Basovizza. (Da: https://www.turismofvg.it/it/carso/monumento-ai-caduti-di-basovizza).

E così si legge su: http://www.grossetocontemporanea.it/fucilati-di-basovizza/: « La snazionalizzazione non si fermò però solo alla lingua. Nel giugno 1927 quasi tutte le 400 organizzazioni culturali, ricreative ed economiche slovene e croate furono soppresse ed i loro beni confiscati: all’inizio degli anni ’30 non rimase traccia di quei luoghi di aggregazione delle minoranze, simbolo dell’identità nazionale.

Nelle scuole, la proibizione dell’uso del croato e dello sloveno, l’allontanamento più o meno forzato dei docenti non italiani e la chiusura di tutti gli istituti didattici slavi, andarono di pari passo con l’esaltazione del nazionalismo italiano e la diffusione della propaganda del regime. La discriminazione non risparmiò neppure il clero croato e sloveno, già soggetto all’intimidazione e alla violenza squadrista prima del 1922.

I preti “allogeni” finirono nel mirino del regime perché considerati anti-italiani e “agenti sobillatori”. Ecco quindi la “romanizzazione delle funzioni del culto” e il tentativo di vietare l’uso della madrelingua nelle funzioni religiose. “I maestri slavi, i preti slavi, i circoli di cultura slavi sono tali anacronismi e controsensi in una regione annessa da ben nove anni e dove non esiste una classe intellettuale slava, da indurre a porre un freno immediato alla nostra longanimità e tolleranza”, scriveva nel 1927 “Il Popolo di Trieste”, l’organo della federazione fascista giuliana.

Durissime furono anche le conseguenze economiche della politica di snazionalizzazione del regime. Tra il 1928 e il 1930 furono sciolte le leghe delle cooperative di Gorizia e Trieste, così che i contadini slavi, privati del sostegno delle Casse rurali e delle cooperative di acquisto e vendita, s’indebitarono sempre di più e furono costretti a vendere le loro proprietà. Per meglio realizzare la “bonifica etnica” fu costituito nell’agosto 1931 l’ “Ente per la rinascita agraria delle Tre Venezie”, un organo che rilevava le terre messe all’asta per assegnarle ai coloni italiani delle vicine zone agricole. Gli antichi possidenti slavi che decisero di non emigrare finirono così per diventare coloni al servizio dei nuovi proprietari italiani.

Tutta questa serie di provvedimenti, volti all’ italianizzazione forzata ed alla perdita della stessa coscienza dell’identità nazionale nelle minoranze slave, sono stati interpretati da uno dei maggiori storici giuliani del ‘900, Elio Apih, come tentato “genocidio culturale”. La repressione del regime comportò la decisa opposizione dell’ élite culturale e di molti giovani slavi. Non bisogna dimenticare che la componente più forte e radicata dell’antifascismo della Venezia Giulia fu costituita proprio dagli irredentisti sloveni e croati. Contro costoro sarà particolarmente intensa, per tutto il Ventennio, l’opera di controllo sociale e repressione poliziesca del regime, che poteva valersi di una rete diffusa di confidenti e delatori».

I 4 uccisi vengono ora considerati degli eroi nazionalisti e, nei pressi di Basovizza, si trova un monumento che ricorda il loro sacrificio ed ad essi è dedicato anche un obelisco bronzeo nel Cimitero Monumentale di Trieste». (30).

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Qualche mese prima, però,  secondo  ” Condannati a morte dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato” (31)  erano stati condannati a morte anche «il contadino Fighi Moamed ben Abdallah (70 anni) e il muntaz del 3º gruppo sahariano Muftà ben Imbamuda (32 anni)» che furono  impiccati con l’accusa di tradimento» (32). La sentenza  fu eseguita il 23 aprile a Tripoli.

Successivamente, il 28 settembre 1933, vennero condannati alla pena  di morte, ma in contumacia,  i sei fratelli Sef en Nasser di età compresa fra i 35 ed i 75 anni, per concorso in tradimento per aver guidato per vent’anni la rivolta nell’oasi di Cufra contro gli italiani fascisti occupanti. I sei fratelli non vennero però mai catturati e la sentenza non fu mai eseguita. (33).

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Graziani poco prima dell’ attentato. Da: https://www.lifegate.it/19-febbraio-addis-abeba-etiopia

Ora uno potrebbe pensare che gli italiani allora  colpissero maggiormente gli sloveni  degli abitanti delle colonie, ma questo non è vero. Infatti in Africa i fascisti uccisero interi gruppi  di civili come quando venne compiuto, il 19 febbraio 1937, un attentato a Rodolfo Graziani, viceré di Etiopia, ed ad altri notabili da parte di due  giovani eritrei appartenenti alla resistenza: Abraham Deboch e Mogus Asghedom, che fu eseguito  con bombe artigianali,  causando la morte di sette persone e il ferimento di circa cinquanta presenti, tra cui Graziani, i generali Aurelio Liotta e Italo Gariboldi, il vice-governatore generale Arnaldo Petretti e il governatore di Addis Abeba  Alfredo Siniscalchi. (34).

La risposta italiana fu una ecatombe, una indiscriminata  ‘esecuzione di massa’ verso inermi che venne definita “La strage di Adis Abeba” e fu perpetrata come ritorsione per l’attentato. Così tra il 19 ed il 23 febbraio 1937 furono sterminati senza pietà, dagli italiani colonizzatori  da 19.000 a 33.000 etiopi,  (il numero delle vittime dipende dalla fonte ed è approssimativo perché,  in queste stragi di massa, come ora nel genocidio palestinese per mano ebraica, il numero preciso delle vittime non si riesce a computare in modo preciso). (35).

Inoltre l’uccisione indiscriminata di popolazione locale per vendetta da parte di squadracce fasciste, di civili colonizzatori, dell’ esercito, continuò per un lungo periodo. E così si legge su wikipedia alla voce dedicata: «La reazione delle forze armate e della popolazione italiana presente in quel momento nella capitale fu una violenta rappresaglia, che nei due giorni successivi causò la morte di migliaia di civili etiopi, la distruzione di migliaia di abitazioni e l’arresto di chiunque fosse ritenuto anche solo lontanamente sospettato o connivente nell’aggressione al viceré.

L’azione dei due attentatori venne poi utilizzata dalle autorità italiane per giustificare un pesante allargamento della repressione in tutte le regioni dell’Impero d’Etiopia, con azioni definite di “grande polizia coloniale”, nel tentativo di eliminare con la forza la classe notabile e militare etiopica, senza distinzione tra chi avversava il nuovo governo italiano e chi collaborava con esso. L’ampiezza e la ferocia del massacro di Addis Abeba, ma soprattutto del suo allargamento indiscriminato nei mesi successivi, ebbe un effetto determinante sullo sviluppo del movimento patriottico di resistenza etiope degli arbegnuoc, che impegnò fortemente le forze militari e il sistema di sicurezza italiano durante tutto il periodo di occupazione tra il 1936 e il 1941». (36).

Angelo Del Boca riporta, da un testimone, che «dopo aver ricevuto disposizioni dalla Casa del fascio, alcune centinaia di squadre composte da camicie nere, autisti, ascari libici, si riversarono nei quartieri indigeni e diedero inizio alla più forsennata caccia al moro che si fosse mai vista. In genere davano fuoco ai tucul con la benzina e finivano a colpi di bombe a mano quelli che tentavano di sfuggire ai roghi. Intesi uno vantarsi di essersi fatto dieci tucul con un solo fiasco di benzina. Un altro si lamentava di avere il braccio destro stanco per il numero di granate che aveva lanciato». (37). E tutti gli italiani agirono con ferocia inaudita perché sicuri dell’ impunità assoluta e «Il solo rischio che si correva era quello di guadagnarsi una medaglia». (38).

La strage di Addis Abeba è considerata un crimine di guerra italiano e fascista, e vi è chi propone che questo accadimento venga ricordato il 19 febbraio di ogni anno. (39).

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Per concludere questa prima parte sui condannati a morte dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, a cui ne seguirà una seconda, ricordo che il 29 maggio 1931 veniva giustiziato, a Forte Braschi, Schirru Michele, nato a Padria (Sassari) il 19 ottobre 1899, accusato di aver progettato un attentato contro il Capo del Governo. (40).

Ma chi era Schirru?  Figlio di sardi, aveva combattuto, come ‘ragazzo’ del ’99 la prima guerra mondiale condividendo, da anarchico quale si professava, la concezione di partecipare ad una guerra di liberazione dei popoli oppressi dai governi centrali. Quindi aveva raggiunto, nel primo dopoguerra, il padre negli U.S.A. e nel 1925 era diventato cittadino americano. Ma poi, nel 1930, era rientrato in Europa fermandosi a Le Havre. Dalla Francia si era quindi portato in Belgio, e precisamente prima a Liegi e quindi a Bruxelles e Charleroi, ove pare avesse incontrato anarchici contrari a Mussolini ed al fascismo. In quell’ ambiente, forse, maturò l’idea di ritornare in Italia per compiere alcuni attentati. Quindi il 18 aprile, sempre del 1930, rientrò in Italia, confondendosi all’ interno di un gruppo di insegnanti inglesi e si portò a Milano, Firenze e Pisa, per approdare, infine, a Roma. Qui, per tre giorni, si mosse nella zona tra via Nazionale e piazza Venezia, in compagnia di una ballerina ungherese: Anna Lukosky, che aveva casualmente incontrato in un caffè cittadino, forse per studiare la zona.

Michele Schirru (1899 – 1931). Fotografia tratta da http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/268/50.htm . In: https://it.wikipedia.org/wiki/Michele_Schirru.

Venuta a conoscenza del suo rientro in Italia, la Questura di Roma lo fece arrestare. Portato al commissariato di P.S. di Trevi, secondo il resoconto del processo, l’anarchico estrasse una pistola, che evidentemente al momento dell’ arresto non si sa come era  sfuggita ai poliziotti, e sparò in direzione dei questurini, ferendo lievemente il commissario De Simone ed il maresciallo Pasquale Ciani e più seriamente l’agente Tassi. Il 28 maggio fu processato dal Tribunale Speciale e condannato a morte. La condanna fu eseguita il giorno seguente a Forte Braschi. Michele Schirru aveva un fratello sacerdote, Nino, ed in una precedente lettera scritta alla madre, Michele precisava che se Nino era orgoglioso della sua veste nera, egli lo era altrettanto delle sue idee che lo portavano a dedicarsi alla liberazione dei popoli oppressi. (41).

Per alcune fonti (42) Michele cercò effettivamente di organizzare un attentato al Duce, per altri tale ipotesi ritornava nei suoi pensieri ma non cercò di realizzare nulla di concreto. Di fatto vi fu chi avvisò la questura della presenza a Roma del giovane anarchico e fu egli che affermò, nel corso dell’ interrogatorio, non si sa con che metodi eseguito, di aver pensato di attentare al Duce. (43). Nulla di più.

Inoltre sempre per la stessa fonte, (44) “https://www.socialismoitaliano1892.it/2018/05/29/lanarchico-michele-schirru-luomo-che-penso-di-uccidere-mussolini/”, Schirru non intendeva colpire alcuno ma, in Questura, nel corso dell’ interrogatorio, cercò di suicidarsi al grido di ‘Viva l’anarchia’ finendo per ferire alcuni carabinieri oltreché se stesso.

In sintesi possiamo dire, a livello di fonti che, quando si hanno solo quelle del Tribunale Speciale, esse possono nascondere la realtà degli accadimenti in quanto nessuno riportava che una confessione era stata fatta sotto tortura, che uno aveva cercato di uccidersi in Questura oppure che una spinta di troppo aveva ucciso un imputato,  e via dicendo, e si conosce solo la versione di una accusa di parte e di un processo svolto in poche ore, senza difesa alcuna e con un finale di fatto già scritto.

E termino così questo mio primo articolo sulle vittime del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, invitandovi a leggerlo mentre io preparo il secondo.

Laura Matelda Puppini

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(1) Per il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, cfr. https://www.anpi.it/libri/il-tribunale-speciale-la-difesa-dello-stato; https://it.wikipedia.org/wiki/Tribunale_speciale_per_la_difesa_dello_Stato_(1926-1943); https://search.acs.beniculturali.it/OpacACS/guida/IT-ACS-AS0001-0003603

(2) Michele Della Maggiora – Wikipedia.

(3) Ivi.

(4) Per Augusto Pompeo, Forte Bravetta, Odradek, 2012, Roma, p. 267, Michele Della Maggiora fu giustiziato il 17 ottobre 1927.

(5) Michele Della Maggiora – Wikipedia.

(6) Augusto Pompeo, op. cit., p. 69.

(7) Ibidem.

(8) Tigr era un movimento irredentista sloveno di cui mi sono già occupata scrivendo di Andrej Manfreda curando le memorie di Romano Marchetti (a cura di Laura Matelda Puppini, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona. Una vita in viaggio nel ‘900 italiano, Ifsml e Kappa Vu ed., 2013. «TIGR  è un acronimo che riunisce il nome di alcune località: Trieste, Istria, Gorizia e Rieka, dato ad un’ associazione rivoluzionaria irredentista  ed antifascista della Venezia Giulia sorta come risposta all’ italianizzazione fascista del popolo sloveno e croato, ed è ritenuto  uno dei primi movimenti di resistenza europeo.  TIGR ha operato dal 1927 al 1941».  (TIGR – Wikipedia).  

(9) Cfr. anche  https://it.wikipedia.org/wiki/Vladimir_Gortan#Biografia. Per https://moodle2.units.it/pluginfile.php/365368/mod_resource/content/1/MOVIMENTO%20CLANDESTINO%20SLOVENO.pdf invece Vladimir Gortan era di ‘Borba’.

(10) Augusto Pompeo, op. cit., p. 70.

(11). Ibidem.

(12) Ivi, p. 71.

(13) Ibidem.

(14) Ibidem.

(15) Ibidem.

(16) Ibidem.

(17) Ivi, p. 72.

(18) https://it.wikipedia.org/wiki/Vladimir_Gortan#Biografia.

(19) Augusto Pompeo, op. cit., p. 72.  

(20) Ivi, p. 267.

(21) Il clima nella Venezia Giulia era arroventato, ed i fascisti impedivano di fatto l’uso delle lingue locali nelle terre annesse, obbligando i bimbi all’ italiano, i fascisti avevano fatto ogni tipo di sopruso e l’inizio di questa politica era stato sancito dall’ incendio della Narodni Dom, casa del popolo sloveno in Trieste, avvenuta ad opera di squadracce di fascisti il 13 luglio 1920. Ma fascisti distrussero anche il sistema delle piccole cooperative sia in Trentino Alto Adige che in Istria e Slovenia, affamando le popolazioni autoctone per creare grandi latifondi e possedimenti per i fascistissimi, distruggendo tutta la rete economica di quei territori. Inoltre basta leggere i 5 volumi di G.A. Chiurco “Storia della rivoluzione fascista” ed. Vallecchi 1929, per notare come si fossero comportati i picchiatori fascisti per esempio presso la scuola dedicata alla Imperatrice Elisabetta d’Austria a Bolzano. (Cfr. nel merito La storia mutilata – UnserTirol24). Ed ancora quella scuola è dedicata a Dante Alighieri.

(22) Augusto Pompeo, op. cit., pp. 74-75.

(23) Le squadracce fasciste, come fatto anche in Emilia Romagna ed altre zone d’ Italia, distrussero anche il sistema delle piccole cooperative sia in Trentino Alto Adige che in Istria e Slovenia, affamando le popolazioni autoctone per creare grandi latifondi e possedimenti per i fascistissimi, distruggendo tutta la rete economica di quei territori. Inoltre basta leggere i 5 volumi di G.A. Chiurco “Storia della rivoluzione fascista” ed. Vallecchi 1929, per notare come si fossero comportati i picchiatori fascisti per esempio presso la scuola dedicata alla Imperatrice Elisabetta d’Austria a Bolzano. (Cfr. nel merito La storia mutilata – UnserTirol24). Ed ancora quella scuola è dedicata a Dante Alighieri. Ma anche il grande complesso delle cooperative carniche,  mosso da un unico motore, fu distrutto dal fascismo che inglobò pure tutto l’attivo del sistema cooperativo dell’ Alta Italia e della Lega delle Cooperative. Ed anche questo impoverire la popolazione pesò sulla scelta di partecipare alla resistenza di alcuni, sia già militai che chiamati alle armi dai nuovi padroni nazisti.

(24). Augusto Pompeo, op. cit., p. 75. Romano Marchetti, ricordando Andrej Manfreda, nel suo “Da Maiaso al Golico, dalla Reissitenza a Savona. Una vita in viaggio nel ‘900 italiano, Ifsml e Kappa Vu ed, 2013, parla di un movimento irredentista chiamato ‘Orijuna’ ma cita anche il principale rappresentante di ‘Becco giallo’;   studiosi successivi parlano di Tigr dopo i primi anni venti, qui Augusto Pompeo scrive però che gli inquirenti, allora, parlavano in generale di ‘Organizacija’. (Augusto Pompeo, op. cit., p. 75). In: https://moodle2.units.it/pluginfile.php/365368/mod_resource/content/1/MOVIMENTO%20CLANDESTINO%20SLOVENO.pdf  si trova che all’ inizio del mese di ottobre 1927 sei  giovani dirigenti sloveni avevano fondato sul Nanos il movimento TIGR (Trst, Istra, Gorica, Reka – Trieste, Istria, Gorizia, Fiume), mente sul territorio avevano preso piede altri due gruppi nazionalisti: «Organizacija» a Gorizia, «Borba» («Lotta») a Trieste.

(25) Anton Gropajc era un contadino di 45 anni che ufficialmente si suicidò a Regina Coeli gettandosi da una finestra del terzo piano nel giugno 1930, mentre era lì detenuto. (https://moodle2.units.it/pluginfile.php/365368/mod_resource/content/1/MOVIMENTO%20CLANDESTINO%20SLOVENO.pdf).  

(26) Augusto Pompeo, op. cit., p. 76.

(27)https://moodle2.units.it/pluginfile.php/365368/mod_resource/content/1/MOVIMENTO%20CLANDESTINO%20SLOVENO.pdf 

(28) Per il Bidovec, cfr. https://anppia.it/antifascisti/bidovec-ferdinando/

(29)https://moodle2.units.it/pluginfile.php/365368/mod_resource/content/1/MOVIMENTO%20CLANDESTINO%20SLOVENO.pdf 

(30) Gaetano Dato dedica un intero suo lavoro alla rivalorizzazione della figura dei 4 uccisi a Basovizza dai fascisti intitolato: Le celebrazioni per gli eroi di Bazovica (1945-1948): alcuni risultati di una ricerca in corso, in Acta Histriae  28 giugno 2010, pubblicato sul n. 18 . 2010. 3, online in: https://zdjp.si/wp-content/uploads/2015/09/dato.pdf.

(31) Cfr. Condannati a morte dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato – Wikipedia

(32)  Ibidem.

(33) Ibidem.

(34). Per la strage di Addis Abeba, cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Addis_Abeba ed anche https://www.lifegate.it/19-febbraio-addis-abeba-etiopia ed altri articoli su altri siti.

(35) https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Addis_Abeba

(36) Ibidem.

(37) Ibidem.

(38) Ibidem.

(39) https://www.lifegate.it/19-febbraio-addis-abeba-etiopia.

(40) Augusto Pompeo, op. cit., p. 267.

(41) Ivi, pp. 77-78.

(42) Vedi, per esempio, https://www.anarcopedia.org/index.php/Michele_Schirru.

(43)  Vedi per esempio: https://www.socialismoitaliano1892.it/2018/05/29/lanarchico-michele-schirru-luomo-che-penso-di-uccidere-mussolini/.

(44) Ibidem.

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L’immagine che accompagna l’articolo rappresenta una lapide posta davanti alla sede del TSDS a ricordo di alcuni igustiziati. Immagine da: https://it.wikipedia.org/wiki/Tribunale_speciale_per_la_difesa_dello_Stato_(1926-1943). L. M.P.

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/12/723px-Sarzana_tribunale_speciale.jpg?fit=723%2C600&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/12/723px-Sarzana_tribunale_speciale.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniSenza categoriaCari lettori, riprendo qui, seguendo anche il volume di Augusto Pompeo'Forte Bravetta. Una fabbrca di morte dal fascismo al primo dopoguerra, Odradek ed., 2012, un tema che più che natalizio e di speranza  sarebbe adatto al Venerdì Santo, quello dei condannati a morte dal Tribunale Speciale per la Difesa...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI