Marco Lepre. Ho fatto un sogno …
Come ormai mi succede abbastanza spesso, seguendo un talk show dopo cena mi sono addormentato davanti alla televisione e ho fatto un sogno. No, non era ambientato alla Casa Bianca, non c’era un pranzo di gala e neppure mi trovavo in quella che era una vecchia stazione di Firenze, tra gente elegante e sorridente. Mi trovavo a Gemona del Friuli, sotto un tendone, durante un’affollata assemblea di terremotati, una di quelle alle quali ho avuto effettivamente modo di partecipare nell’estate di quarant’anni fa.
Dunque, ha appena finito il suo intervento, accolto da applausi, un rappresentante del Coordinamento delle Tendopoli. Egli ha duramente criticato, definendolo “legge dei rattoppi”, il provvedimento della Regione che prevede la riparazione degli edifici lesionati senza però renderli antisismici, quando chiede la parola e prende il microfono un personaggio in camicia bianca, con le maniche arrotolate, del tutto rassomigliante all’attuale Presidente del Consiglio.
Nella sorpresa generale il “sosia” di Renzi, che si esprime effettivamente con l’accento e la sicumera dell’inquilino di Palazzo Chigi, attacca senza mezzi termini chi l’ha appena preceduto, definendolo “un gufo” e sostiene la necessità di fare in fretta, senza perdersi in tante discussioni e lungaggini burocratiche, come invece succederebbe seguendo le indicazioni di quei “professoroni”, come Remo Cacitti e Francesco Doglioni, “che vorrebbero – pensate un po’ – addirittura ricostruire Venzone dov’era e com’era”. Mentre i mormorii dell’uditorio si trasformano ormai in aperte contestazioni, il “nostro” prosegue imperterrito auspicando una drastica riduzione dei parlamentari, compresi quelli che, da poco eletti grazie ai nostri voti di preferenza, stanno alacremente lavorando per la stesura di provvedimenti che assicurino non solo la ricostruzione del Friuli, ma anche la rinascita e lo sviluppo dei territori colpiti. Quando, infine, l’oratore afferma che l’unica possibilità per gestire senza ruberie e senza incertezze la difficile fase del post-terremoto è quella di mettere mano alla Costituzione, modificando 47 suoi articoli, i fischi, gli sberleffi e le urla non si contano più. In tutta fretta il “sosia” di Renzi è costretto a farsi da parte, non senza aver prima lanciato una minacciosa sfida: “vedremo tra quarant’anni chi avrà avuto ragione…”.
Mi sveglio di soprassalto, con ancora la voglia di imprecare, ma subito mi fermo e sono costretto a riflettere per rendermi conto di quale sia la realtà. No, la “ricostruzione del Friuli” non è stata un sogno. Il Duomo di Venzone è stato veramente riedificato pietra su pietra. Tiro un respiro di sollievo. Erano anni difficili quelli, si sentivano ancora gli effetti della crisi petrolifera, c’era il terrorismo, in Parlamento le maggioranze duravano pochi mesi e costringevano ad elezioni anticipate e a frequenti cambi di governo. Eppure … a nessuno saltò in mente di chiedere una riforma che concentrasse il potere nell’esecutivo. Al contrario, lo Stato si affidò alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ed ai Comuni e, grazie ad una straordinaria partecipazione e controllo popolare, nacque il “modello friulano”, quello che viene evocato (e purtroppo quasi sempre disatteso) dopo ogni terremoto.
Ma, allora, scusate, cosa ci fa ancora in televisione quel personaggio lì, e con che faccia pretenderebbe adesso di dare lezioni anche a Zagrebelski?
Tolmezzo, 19 novembre 2016
Marco Lepre – Tolmezzo (UD)
Si ricorda che Ogni autore risponde dei contenuti dell’articolo. Laura Matelda Puppini
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