Marco Lepre. Lettera al Presidente dell’Uti ed ai Sindaci della Carnia sulla Motocavalcata delle Alpi Carniche 2018.
Al Presidente dell’U.T.I. della Carnia
Ai Sindaci dei Comuni interessati
Oggetto: Osservazioni in merito alla “Motocavalcata delle Alpi Carniche 2018”
Il sottoscritto MARCO LEPRE, nato a Tolmezzo il 16.4.1953, in qualità di presidente pro-tempore del circolo Legambiente della Carnia, associazione iscritta al Registro Regionale del Volontariato ed emanazione di Legambiente ONLUS, organizzazione riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente, in merito alla richiesta di autorizzazione della manifestazione “Motocavalcata delle Alpi Carniche” avanzata dall’Associazione Sportiva Dilettantistica “Mo.C.Tu.S.” di Ovaro,
presenta le seguenti osservazioni:
1 – FACCIAMO UN BILANCIO.
È ormai da vari anni che la nostra associazione, così come altre che si occupano della tutela dell’ambiente montano, presenta le proprie “osservazioni” riguardo alla richiesta di autorizzazione in deroga ai divieti previsti dalla L.R. 15/1991 e succ. mod. ed int., avanzata per tutta una serie di manifestazioni motoristiche, sia di carattere competitivo che non.
Credo che chiunque si prenda la briga di rileggersi quegli interventi scoprirà quanto essi fossero lungimiranti e paventassero il verificarsi di conseguenze che poi, purtroppo, si sono puntualmente avverate. Non che i nostri sforzi e il nostro impegno siano stati del tutto inutili o non siano stati presi in considerazione, solo che, spesso, un risultato è stato ottenuto solo davanti all’evidenza dei fatti. Ad esempio, è stato necessario documentare le pessime condizioni in cui nel giugno 2012 era stato ridotto il sentiero segnavia CAI n. 205, tra Casera Tamarut e Casera Rioda, dai partecipanti a quella edizione della “Motocavalcata”, per stabilire il principio che tutti i sentieri curati dal C.A.I. dovessero essere automaticamente esclusi dai percorsi. Dopo la segnalazione di palesi violazioni rispetto a quanto stabilito nelle “autorizzazioni”, è stata poi recepita un’altra nostra proposta, della quale è stata riconosciuta la ragionevolezza da parte dei funzionari della Comunità Montana, vale a dire l’introduzione di un automatico diniego, nel caso in cui si verificassero queste violazioni, per le future edizioni che dovessero essere riproposte dalle medesime associazioni.
Nell’affrontare nuovamente questo argomento, riteniamo pertanto che tutti i soggetti interessati, ed in primo luogo le istituzioni a cui spetta valutare e decidere sulle nuove richieste di autorizzazione o esprimere un parere, debbano fare una seria riflessione e un bilancio complessivo di quanto sta accadendo. Non era, infatti, certo tra gli obiettivi dei legislatori che hanno introdotto la possibilità di deroghe ai divieti, quello di incentivare le pratiche abusive che si stanno registrando in questi ultimi anni.
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A noi sembra evidente che l’accondiscendenza spesso dimostrata nell’accogliere le tesi sostenute dagli organizzatori delle varie manifestazioni (basti pensare alla prevalenza assegnata alle esigenze del calendario gare stabilito dalla Federazione Motociclistica, rispetto alla necessità di minimizzare l’impatto sull’avifauna, particolarmente delicato nei periodi di nidificazione), unita all’insufficienza e spesso alla completa assenza di controlli e di repressione degli illeciti da parte del corpo forestale e delle altre forze preposte alla vigilanza, hanno finito per creare un pericoloso “circolo vizioso”. Come era facile immaginare, l’effettuazione di gare o “motocavalcate” non competitive in aree di solito interdette ai veicoli a motore, ha generato una spinta all’emulazione e la convinzione, tra i proprietari di moto da enduro e da trial residenti in Friuli, che quello che viene “eccezionalmente” consentito a molti, in una determinata giornata, possa essere lecito, o comunque tollerato, per i singoli o per piccoli gruppi, durante tutto il resto dell’anno.
Il risultato è che oggi, rispetto a quindici anni fa, ci troviamo davanti ad una crescita dell’abusivismo praticato in tutti i mesi dell’anno, alla presenza di gruppi di motociclisti d’oltralpe che, come hanno riferito anche recentemente i giornali, effettuano delle vere e proprie scorribande anche all’interno di aree naturali protette, alla realizzazione di piste abusive di allenamento in ambiti boschivi e fluviali che interferiscono, oltretutto, con iniziative di turismo basato sul silenzio e la tranquillità (come il “Cammino delle Pievi”), alla diffusa circolazione, anche sulla viabilità ordinaria, di mezzi privi di targa, etc. etc.. Per non parlare dell’aumento della maleducazione e dell’arroganza che si riscontra nei motociclisti colti in flagrante a transitare su percorsi a loro interdetti, come chiunque si sia trovato in questa situazione può testimoniare.
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Come si saprà, questi atteggiamenti, di per sé preoccupanti, hanno ampiamente superato il limite di guardia con quanto avvenuto lo scorso mese di agosto, a 1800 metri di altitudine, sul versante meridionale del Gruppo del Monte Crostis, quando si è verificata una grave aggressione nei confronti di un socio del CAI, colpito per di più da disabilità motoria, che aveva fotografato un gruppo di motociclisti mentre percorrevano abusivamente un sentiero.
Il fatto che il principale imputato di questo reato, chiamato a risponderne davanti al Tribunale di Udine, sia il sig. G.C.S., residente a Comeglians, persona che figurava già nell’edizione 2014 della “Motocavalcata delle Alpi Carniche” come uno dei referenti dell’A.S.D. Mo.C.Tu.S. di Ovaro, nella domanda da questa presentata alla Comunità Montana, chiude il cerchio. Bisognerà naturalmente attendere una sentenza definitiva, ma fin da adesso possiamo sottolineare che né da parte dell’associazione motoristica di Ovaro, né da parte di altre associazioni del medesimo ambiente, sia stata espressa solidarietà nei confronti di chi è stato aggredito, né che sia stato condannato o si siano prese le distanze da questo gravissimo episodio. Al contrario – come ricordato in un articolo apparso sul numero di maggio 2018 di “Montagne 360”, la rivista nazionale del CAI – sappiamo che la vittima ha dovuto subire attraverso i social network accuse e ingiurie provenienti dal mondo degli “appassionati” dei motori.
Se a rappresentare l’associazione che dichiara e si impegna a rispettare le norme stabilite dalla legislazione regionale è anche chi per primo si fa cogliere, in più di un’occasione, a percorrere in sella alla sua moto percorsi vietati e si macchia poi di un reato particolarmente odioso perché perpetrato per futili motivi e nei confronti di un disabile, non sappiamo quale credito possa d’ora in poi essere a questa concesso. Il nesso tra pratica abusiva degli sport motoristici e organizzazione di manifestazioni in deroga alla L.R. 15/1991, che già avevamo ipotizzato in passato, facendo notare la presenza di immagini che ritraevano moto da trial e da enduro sulla vetta del Monte Lovinzola esibite anche dal sito web che pubblicizzava l’edizione 2012 della ”Motocavalcata”, parrebbe ora inequivocabilmente dimostrato e dovrebbe spingere tutti a trarre le inevitabili conclusioni.
2 – L’IMMAGINE DELLA REGIONE.
Ribadita l’importanza e l’assoluta priorità degli aspetti sopra riportati, veniamo dunque più direttamente alla richiesta avanzata nell’aprile scorso dal Mo.C.Tu.S. di Ovaro e ai motivi che suscitano comunque la nostra forte contrarietà verso questa iniziativa.
Come è noto il Regolamento di attuazione dell’art. 5 della L.R. 15/1991 prevede all’art. 3, punto 3, la possibilità del rilascio di autorizzazioni in deroga ai divieti previsti per le manifestazioni che dimostrino “una prevalenza dell’interesse pubblico, costituito dalla rilevanza e positiva eco dell’avvenimento sull’opinione pubblica e dall’immagine che di conseguenza verrà a trarne la Regione Friuli Venezia Giulia, rispetto all’entità dell’impatto ambientale presunto e ferma restando la reversibilità dello stato del territorio ad avvenimento concluso”. Non bastassero le “bandiere nere” assegnate da “Carovana delle Alpi” (la campagna nazionale di Legambiente dedicata alla montagna), le mail di protesta inviate da turisti provenienti anche da fuori regione (cfr. la raccolta presentata in occasione delle “osservazioni” alla “Motocavalcata” del 2012) e gli articoli apparsi sulla stampa locale, ora si aggiunge anche la vicenda del procedimento penale che riguarda uno dei referenti passati (non sappiamo se tuttora iscritto all’associazione) del Mo.C.Tu.S. di Ovaro. Un accostamento di questo genere non depone certo a favore dell’immagine della nostra Regione, il cui logo figura, assieme a quello di Turismo FVG, sulla domanda inoltrata dall’associazione motoristica carnica lo scorso 12 aprile.
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Sappiamo che è intenzione di alcuni Consiglieri Regionali, di differenti formazioni politiche, presentare proprio in questi giorni delle interrogazioni al Presidente Fedriga e alla Giunta per chiedere conto di questa presenza e non è escluso che, venuti a conoscenza del fatto, questi enti ed istituzioni neghino di essere stati contattati o ritirino il loro patrocinio. Consigliamo quindi un accertamento sul significato della presenza del marchio della Regione, anche perché appare abbastanza anomalo che questa istituzione abbia concesso un patrocinio ad una manifestazione che non era ancora stata autorizzata e che prevede dei percorsi (alcuni dei quali coincidenti con sentieri CAI) che non erano ancora stati esaminati ed approvati dall’ente allo scopo preposto.
Ci sembrerebbe oltretutto una evidente contraddizione dover constatare che la Regione, mentre con una mano finanzia il CAI per curare la nostra rete di sentieri montani, con l’altra sostiene e appoggia chi quegli stessi sentieri danneggia e rischia di rendere impercorribili. La stabilità e le caratteristiche del fondo dei sentieri vengono, infatti, seriamente compromesse anche nel caso si prevedano interventi di ripristino con riempimento delle buche e delle tracce create. Queste azioni rischiano di diventare dei rabberciamenti provvisori e di venire facilmente vanificate a seguito dei ruscellamenti provocati dagli eventi atmosferici, tipici del nostro territorio, innescando ulteriori fenomeni di erosione.
Ci permettiamo, quindi, di dubitare fortemente che dall’autorizzazione di questa manifestazione possa derivare un inequivocabile positivo ritorno di immagine per la Regione Friuli Venezia Giulia.
3 – E QUELLA DEL TERRITORIO.
Gli organizzatori della “Motocavalcata delle Alpi Carniche”, per giustificare la richiesta di autorizzazione in deroga alle leggi che regolamentano il transito di veicoli a motore sui percorsi di montagna, sostengono che la loro manifestazione, di carattere non competitivo, ha lo scopo di promuovere il territorio montano e di portare un beneficio alle nostre attività turistiche.
A sostegno della loro tesi portano una serie di elementi: articoli su siti specializzati e riviste di settore che parlano in termini positivi dell’avvenimento e del nostro territorio; elevato numero di presenze di partecipanti alla “Motocavalcata” e di loro parenti, provenienti anche dall’estero; possibilità di acquisto di prodotti tipici caseari presso le malghe e gli agriturismi toccati dall’itinerario.
Sul primo aspetto (promozione del territorio) sembrerebbe sufficiente sottolineare che per apprezzare le bellezze della Carnia è più semplice stare seduti a casa propria e viaggiare su internet alla ricerca di immagini e informazioni, piuttosto che farlo in sella ad una moto, percorrendo in poche ore, a velocità sostenuta rispetto alle difficoltà del terreno, quasi duecento chilometri di strade e sentieri, senza poter gettare uno sguardo alla meravigliosa flora che ricopre i nostri prati in questa stagione, né avere la possibilità di gustare la pace e il silenzio, così ricercati dai turisti che vengono dalla città, che consente anche di avvistare con una certa facilità caprioli e altri esemplari della fauna selvatica. Che la rivista “Motociclismo Fuoristrada” abbia giudicato la “Motocavalcata delle Alpi Carniche” una delle più belle d’Italia, poco ci interessa, specie se questa è la premessa per far giungere altri “appassionati” di enduro con l’intenzione di scorrazzare liberamente tra i nostri monti. La visione, in alcuni casi davvero “raccapricciante”, dei video rintracciabili sul web, realizzati nelle precedenti edizioni della “Motocavalcata” dagli stessi partecipanti, è la peggior pubblicità che si possa immaginare se rivolta nei confronti di tutti quei turisti che vogliono recarsi in montagna per sfuggire al rumore e all’inquinamento delle città e incontrare qualcosa di originale e culturalmente coinvolgente.
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Nel 2002, proclamato “Anno Internazionale delle Montagne”, il nostro circolo condusse, in occasione di un trekking della durata di un paio di settimane, effettuato tra le Alpi Giulie e le Alpi Carniche, un’indagine tra gli escursionisti incontrati sui sentieri e nei rifugi, da cui emerse che il 92% degli intervistati giudicavano “del tutto negativamente” la liberalizzazione dell’accesso con veicoli a motore lungo le strade che conducono alle malghe e ai rifugi. Se sulle strade forestali e addirittura sulle mulattiere ed i sentieri si fanno transitare le moto, dove se ne andranno questi turisti “responsabili”, che, fortunatamente, sono la tipologia prevalente e, a detta degli esperti, in continua crescita? E soprattutto, se si fanno giungere in un colpo solo centinaia di moto in mezzo alle mucche, sui pascoli di alta montagna e se si consente loro di attraversare zone ben conosciute per la raccolta del “radic di mont” (Cicerbita Alpina), come il versante del Cret di Laveras, sopra Ovasta di Ovaro, inserito nell’itinerario della “Motocavalcata”, che ricaduta pensiamo di ricevere per i nostri prodotti agro-alimentari e gastronomici?
4 – UN TURISMO “MORDI, FUGGI E DISTRUGGI”.
Sulla reale portata dell’indotto delle manifestazioni motoristiche, altro tema portato a favore del rilascio dell’autorizzazione, sarebbe poi interessante ragionare su dei dati ufficiali riguardanti le presenze ed i pernottamenti e non su affermazioni e ipotesi del tutto vaghe e generiche. Dopo tante edizioni della “Motocavalcata” pretendiamo che vengano portate delle statistiche che documentano gli incrementi delle presenze turistiche registrate nelle strutture ricettive, confrontandole con quelle rilevate in analoghi periodi dell’anno. Diversamente non ci resta che immaginare che, anche in questa occasione, accada quello che abbiano constatato per manifestazioni simili. Il 5 e 6 maggio scorsi, ad esempio, nel territorio dei Comuni di Ampezzo e Socchieve, si è svolta una gara ufficiale di enduro, rientrante nel circuito “Trofeo KTM”. I circa 200 partecipanti hanno raggiunto la Carnia per lo più in camper e hanno consumato i pasti direttamente sotto le tende e i gazebo allestiti presso il centro sportivo. Poco lavoro anche per gli esercizi pubblici del paese, dal momento che il Moto Club Carnico ha preferito gestire in proprio un chiosco per il consumo di bibite sempre nei pressi del campo sportivo. E il pubblico? Chi ha percorso gli oltre 4 chilometri dell’intero tracciato della “prova speciale” organizzata a Cima Corso, una delle occasioni in cui si poteva assistere ai passaggi più “spettacolari”, dice di non aver incontrato più di una quindicina di spettatori, meno degli addetti all’organizzazione presenti sul percorso! E domenica 6 maggio era una bella giornata di sole. Se avesse piovuto?
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Dunque, il prossimo 16 e 17 giugno, stando agli organizzatori della “Motocavalcata”, mentre gli accompagnatori riempiranno i “siti archeologici” e le “botteghe artigiane” dei nostri paesi, i partecipanti in moto faranno acquisti di prodotti presso le malghe che incontreranno lungo il loro itinerario. Ma quali prodotti pensano che possano essere venduti in un periodo in cui le malghe non saranno nemmeno tutte caricate ed i formaggi eventualmente preparati non hanno la possibilità di essere ancora messi in commercio? Che logica avrebbe, poi, portare delle forme dal fondovalle per metterle in vendita nelle malghe (magari facendole passare per prodotti di qualità) e da lì farle riportare nuovamente a valle dai motociclisti?
Ecco, siamo stanchi di leggere simili cose e soprattutto di vedere accreditate come serie certe affermazioni che non stanno né in cielo né in terra. Ogni amministratore locale chiamato a dare un parere sull’opportunità di iniziative di questo genere dovrebbe fare una seria riflessione e trarre un bilancio tra supposti benefici e reali svantaggi. Non si può mettere a disposizione il nostro ambiente naturale in cambio di qualche decina di pernottamenti in più negli alberghi e un incremento del consumo di birre.
Qualcuno ha coniato uno slogan efficace per definire questo tipo di turismo: “mordi, fuggi e distruggi”. Non è quello di cui abbiamo bisogno.
5 – IMPATTI AMBIENTALI.
La relazione, che secondo il Regolamento di attuazione della L.R. 15/1991 dovrebbe mettere obbligatoriamente in evidenza tutti gli elementi di interferenza con l’ambiente, è stata ridotta nel caso in oggetto ad una paginetta scarsa, nemmeno sottoscritta da un tecnico, un esperto forestale od un’altra persona qualificata. Già questo aspetto dovrebbe suscitare perplessità e costituire motivo di richiesta di integrazione o di rigetto dell’istanza. Se a questo si aggiunge il fatto che, prevedendo il transito nelle vicinanze della ZSC (Zona Speciale di Conservazione) del Col Gentile, di un ambito, cioè, che rientra nella rete protetta di “Natura 2000”, lo svolgimento di attività od interventi anche temporanei necessita di una “valutazione di incidenza”, appare evidente anche la mancanza di questo documento fondamentale.
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Tornando alla scarna relazione presentata dal Mo.C.Tu.S., dopo aver falsamente sostenuto che l’itinerario si svolge su “mulattiere per lo più già adibite al transito di mezzi motorizzati” (transito “abusivo”, si sarebbe eventualmente dovuto precisare) e sottolineato che si attraversino solo zone dove non sono “segnalate specie rare e protette” (basterebbe pensare alla flora presente nel tratto di sentiero segnavia CAI n. 158 tra Malga Claupa e Malga Agareit che si sviluppa tutto al di sopra dei 1600 metri di altitudine, sul versante meridionale del Monte Arvenis), viene riprodotta, con un evidente “copia e incolla”, una serie di affermazioni estremamente generiche, cui ci siamo abituati, in cui si rassicura dell’assenza di conseguenze negative per l’ambiente. Ad esse segue una tabella sui periodi di nidificazione di alcune specie di uccelli (della quale non è nemmeno indicata la fonte!), tabella quanto mai limitata nel numero preso in esame, che presenta evidenti errori, non considera che alcune specie si riproducono più volte l’anno e non tiene neanche conto che la “Motocavalcata” si svolgerà ad altitudini variabili tra i 500 metri di Sutrio ed i 1900 metri di Forcella Ielma. Oltre ai periodi di cova si sarebbero dovuti indicare poi quelli di allevamento dei piccoli al di fuori del nido. Sostenere che il periodo in cui dovrebbe avvenire la “Motocavalcata” (metà giugno) è stato scelto perché “garantisce di non interferire con accoppiamenti e nidificazioni” non ha alcun senso, oltretutto perché la metà di giugno si trova proprio nel pieno della stagione riproduttiva dell’avifauna nelle zone interessate dalla manifestazione.
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Nessun cenno al fatto che molti animali, a partire dalle femmine di capriolo, proprio in questo periodo partoriscono o hanno appena avuto i loro piccoli, né un riferimento ad altre specie tutelate, come certi anfibi che si riproducono nelle zone umide o nelle pozzanghere che si trovano lungo le piste forestali, dove abbiamo visto, nei filmati da loro stessi realizzati e messi in rete, i partecipanti alla Motocavalcata divertirsi puerilmente a passare più volte. Esiste, in realtà, sia un pericolo di schiacciamento per la fauna minore, come anfibi e rettili, sia di disturbo a causa dell’inquinamento acustico prodotto. A questo proposito è bene ricordare che un conto è il rumore di una singola moto, un altro quello provocato da dieci o venti moto, dato che i partecipanti alla “Motocavalcata” girano di solito in gruppi. Anche per il rischio, sempre presente, data la difficoltà dei percorsi, spesso sconnessi, di perdite di olio e carburante in seguito a piccoli incidenti, non si fa alcun cenno, né si prevedono precauzioni di sorta.
Ci auguriamo che gli uffici dell’U.T.I., o lo stesso corpo forestale, abbiano provveduto a contattare i servizi regionali che si occupano della tutela della fauna per un parere preventivo e per evitare quanto accaduto in occasione del Campionato di Enduro organizzato il 30 e 31 maggio 2015 a Tolmezzo, quando una “prova speciale” organizzata in località Curiedi, attorno al biotopo delle Torbiere, venne a coincidere con la cova di alcune coppie di re di quaglie.
6 – CONTROLLI.
Uno dei punti dolenti che abbiamo dovuto riscontrare nelle precedenti edizioni della “Motocavalcata”, così come in occasione di altre manifestazioni motoristiche autorizzate in Carnia nel corso degli ultimi anni, riguarda l’assenza o la insufficienza dei controlli da parte del corpo forestale. In una delle prime edizioni, solo attraverso i filmati diffusi in rete si scoprì che un gruppo di partecipanti, sbagliando percorso, era transitato all’interno di un’area protetta che era stata esclusa dal percorso ufficiale: troppo tardi per poterli sanzionare.
A noi è capitato di assistere e anche di documentare fotograficamente: deviazioni dagli itinerari previsti; segni della presenza di “abusivi” che approfittavano della manifestazione per frequentare sentieri in prossimità della zona di svolgimento della stessa; transito di mezzi a quattro ruote (quad) dell’organizzazione, non autorizzati. Non sappiamo, in effetti, quali e quante infrazioni il corpo forestale abbia inflitto in queste occasioni. Certamente l’estensione dei percorsi per oltre un centinaio di chilometri comporta una estrema difficoltà di controllo e di impiego di personale, spesso impegnato in altre attività. Quello che ci sentiamo di sostenere è che sarebbe necessario assicurare in questi casi una maggiore presenza di guardie forestali. Se ciò non fosse possibile, è chiaro che la garanzia fondamentale per il corretto svolgimento della manifestazione e per il rispetto delle prescrizioni potrebbe essere dato solo dalla serietà e affidabilità degli organizzatori. Ci dispiace, a questo proposito, ricordare nuovamente il comportamento tenuto dal sig. G.C.S. del Mo.C.Tu.S.: possiamo ancora fidarci serenamente?
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Dal momento che nella domanda di autorizzazione si mena vanto della presenza di numerosi motociclisti stranieri, in particolare austriaci e tedeschi, riteniamo inoltre opportuno, qualora la manifestazione venisse confermata, che l’elenco degli iscritti venga preventivamente sottoposto ad una verifica da parte del corpo forestale. Tra i partecipanti alla “Motocavalcata” potrebbero infatti esserci alcuni dei motociclisti stranieri che già percorrono abusivamente i sentieri dei nostri monti, dei quali sono già state prese le generalità e che spesso non pagano le multe, la cui riscossione, attraverso procedure internazionali, risulta troppo onerosa e complicata a detta del nostro corpo forestale.
7 – SICUREZZA.
Il Regolamento di attuazione della L.R. 15/1991 prevede all’articolo 4, punto 4, lettera “d” che gli organizzatori indichino le “modalità con cui si intende eseguire la vigilanza per la durata della manifestazione … e con cui si intende delimitare in modo inequivoco l’area autorizzata con transenne, nastri di plastica colorata o altro”. Considerato che in ciascuna delle due giornate dovrebbero essere percorsi circa 130/140 chilometri di strade (alcune delle quali sono anche aperte al traffico), di viabilità forestale e – anche se ci auguriamo che questi siano esclusi – di mulattiere e sentieri, immaginiamo risulti complicato procedere a questa delimitazione. Dobbiamo quindi immaginare che, contemporaneamente allo svolgimento della manifestazione, non sia impedito l’accesso sul percorso né ai mezzi che ne hanno diritto, né a mountain bike, cavallerizzi e semplici escursionisti che si muovono a piedi. Ci chiediamo, allora, quali garanzie di sicurezza si possano assicurare a tutti questi soggetti, estranei alla “Motocavalcata”, che dovessero eventualmente trovarsi a passare lungo il suo itinerario. Andrebbe chiarito anche, in particolari situazioni, a chi spetti la precedenza. Questo aspetto non è marginale, dal momento che, proprio in occasione di precedenti edizioni, abbiamo notato la presenza tra i partecipanti di motociclisti desiderosi di esibirsi in evoluzioni pericolose per loro stessi e per i passanti.
Temiamo così che possano verificarsi delle discussioni anche animate con chi non ammette certi comportamenti e che queste possano in qualche modo degenerare.
8 – PRESCRIZIONI E ALTERNATIVE.
Ferma restando la nostra opposizione all’iniziativa promossa dal Mo.C.Tu.S. e ribadita la nostra assoluta contrarietà al coinvolgimento nel percorso di sentieri e mulattiere, qualora la “Motocavalcata” dovesse venire limitata alla viabilità ordinaria e ad alcune strade forestali chiediamo che nelle prescrizioni fissate dall’U.T.I. venga stabilito, a manifestazione conclusa e come condizione per lo svincolo del deposito cauzionale, l’obbligo della completa pulizia delle canalette di scarico delle acqua meteoriche esistenti lungo l’itinerario eventualmente autorizzato.
Come era già avvenuto in occasione delle “osservazioni” che avevamo presentato nei confronti del Campionato Triveneto di Enduro, organizzato a Tolmezzo nel maggio 2015, come possibile soluzione di ripiego, a fronte dell’esclusione di tutta una serie di itinerari proposti (sia sentieri, che strade forestali in zone sensibili o per le quali non sia stato espresso un nulla osta dalle amministrazioni comunali interessate), ci permettiamo di presentare una soluzione alternativa per i cosiddetti “percorsi hard”. Ci riferiamo alla presenza sul fondovalle di alcune aree in cui sono state ricavate abusivamente delle piste per la pratica dell’enduro e che quindi dovrebbero essere considerate “idonee” dagli organizzatori. Una di queste è situata in Comune di Cavazzo Carnico e interessa parzialmente i prati e la pineta che costeggia il tratto finale del corso del torrente Faeit, prima della sua confluenza nel Tagliamento. Un’altra area, meno estesa, si trova a Tolmezzo tra il Tagliamento e la cosiddetta “pista di guida sicura”, ma potrebbe coinvolgere anche quest’ultima ed il piazzale prospiciente il Poligono di Tiro. Nel territorio del Comune di Villa Santina ci sono poi due altre aree: la prima, ad Ovest della confluenza del torrente Vinadia nel Tagliamento, si sviluppa tra l’argine e la discarica dismessa di proprietà della Comunità Montana della Carnia; la seconda, particolarmente inopportuna, interessa invece i “saletti”, posti sulla riva destra del Tagliamento, di fronte al Colle Santino.
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La nostra proposta è quella di utilizzare due di questi siti in occasione della manifestazione, con l’impegno, in particolare per quello situato in Comune di Cavazzo Carnico e quello dei “saletti” di Invillino, a bonificarli una volta terminata la manifestazione e a non riutilizzarli. I vantaggi di questa soluzione sarebbero sostanzialmente due: da un lato si eviterebbe di creare danni in alta montagna e, dall’altro, si realizzerebbe l’opportunità di ripristinare delle aree che sono attualmente degradate proprio a causa della pratica abusiva di sport motoristici.
9 – CONCLUSIONI.
Ci auguriamo, per tutte le considerazioni svolte in queste “osservazioni”, che l’edizione 2018 della “Motocavalcata delle Alpi Carniche” venga bocciata o, almeno, se ciò non fosse possibile, ridimensionata nel suo svolgimento secondo quanto da noi in subordine ipotizzato.
La gravità dei fatti richiamati al primo punto sono tali, infatti, da rendere necessaria, a nostro avviso, una vera e propria moratoria da parte della Regione nei confronti del rilascio di nuove autorizzazioni in deroga. Questo dovrebbe consentire di rimettere ordine nella materia, deliberando un inasprimento delle sanzioni per i trasgressori, l’introduzione della possibilità del sequestro dei mezzi in determinati casi, l’avvio di un piano di bonifica delle piste abusive e la promozione di una cultura della legalità e del rispetto dell’ambiente, in particolare tra i giovani, ma permetta anche l’individuazione concertata di aree ben delimitate, in cui gli appassionati degli sport motoristici possano eventualmente esercitarsi recando il minor danno e disturbo possibili.
Ricordiamo, infine, a chi dovesse ritenere non corretto impedire o limitare l’effettuazione della “Motocavalcata”, che una manifestazione viene autorizzata perché rientra nei parametri fissati dalle leggi e dai regolamenti e non perché è stata annunciata sul web o sulle riviste; chi pubblicizza una manifestazione prima che la stessa sia autorizzata lo fa a suo rischio e pericolo e non può pretendere eventuali risarcimenti o favoritismi.
Tolmezzo, 8 giugno 2018
Marco Lepre – presidente del Circolo Legambiente della Carnia.
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L’ impostazione grafica del testo ed il grassetto sono miei, e la scelta è stata fatta per favorire la lettura. Ho tolto l’intestazione “Circolo LEGAMBIENTE della Carnia – Val Canale – Canal del Ferro. Sede: Piazzale Caduti 4/3 – 33020 Cavazzo Carnico. Recapito postale: Via Spalto 9 – 33028 Tolmezzo” presente nell’ originale per motivi di editing.
L’immagine che accompagna l’articolo è tratta, solo per questo uso, da http://motocavalcata.blogspot.com/2014/05/, ed è stata scattata in occasione di una motocavalcata della Carnia. Su motocavalcate ed enduro cfr gli altri articoli:
Marco Lepre. Gara di Enduro 2018. Proteste, perplessità e considerazioni al margine. (Aggiornato 2/06/2018 h.23.24) 1 giugno 2018
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NO a gare di enduro in aree di interesse ambientale, senza se e senza ma… 13 maggio 2015
Laura Matelda Puppini.
https://www.nonsolocarnia.info/marco-lepre-lettera-al-presidente-delluti-ed-ai-sindaci-della-carnia-sulla-motocavalcata-delle-alpi-carniche-2018/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2018/06/motocav-IMG_3216.jpg?fit=1024%2C683&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2018/06/motocav-IMG_3216.jpg?resize=150%2C150&ssl=1AMBIENTEAl Presidente dell'U.T.I. della Carnia Ai Sindaci dei Comuni interessati Oggetto: Osservazioni in merito alla “Motocavalcata delle Alpi Carniche 2018” Il sottoscritto MARCO LEPRE, nato a Tolmezzo il 16.4.1953, in qualità di presidente pro-tempore del circolo Legambiente della Carnia, associazione iscritta al Registro Regionale del Volontariato ed emanazione di Legambiente ONLUS,...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
Pur leggendo questo articolo a quasi due anni di distanza, mi crea una tale frustrazione che mi impedisce di non commentare. Invece che scrivere una filippica sul perchè l’enduro dovrebbe essere vietato, basterebbe riflettere per un attimo sulle possibili soluzioni. Anzichè vietare a prescindere l’utilizzo di motoveicoli al di fuori delle strade, si potrebbe concedere di andare dovunque, con il limite di non transitare nei sentieri curati dal CAI. Mi sembra sbagliato da parte di certe associazioni arrogarsi il diritto di negare ad altri di godersi la montagna cone meglio credono. Il “fastidio” che i motociclisti danno è minimo: l’inquinamento è chiaramente una scusa dal momento che le moderne moto da enduro sono omologate EURO 5, la presunta pace che disturbano rischia di diventare invece silenzio tombale fra qualche anno se non promuoviamo il turismo in ogni sua in questa terra morente, a mio avviso inoltre il fatto che “distruggano” i sentieri è la più grande fandonia che abbia mai sentito: dire che li rovinano può essere accettabile, ma non rovina la montagna anche un impianto sciistico? Inoltre senza gli enduristi autoctoni moltissimi sentieri sarebbero chiusi, e altri ancora se ne chiuderanno: siamo disposti veramente a sacrificare la moltitudine di “trois” quasi sconosciuti solo per i capricci di alcune associazioni? Il fatto che poi si rovini il buon nome di noi enduristi riportando fatti abominevoli, come il signore che è stato ribaltato dal quad, è strumentalizzazione: non si può fare di tutta l’erba un fascio. Concludendo, ripeto che privare gli appassionati di enduro della possibilità di praticare ciò che più loro piace sia la massima espressione di egoismo da parte si dei trekker e delle persone comuni, ma soprattutto dalle associazioni che mettono i bastoni fra le ruote in ogni modo a delle altre organizzazioni RICONOSCIUTE , come la Moctus, che vogliono organizzare un evento che porti turismo e conseguentemente soldi, in modo del tutto legale.
Scusi ma anch’io sento un senso di frustrazione leggendo il suo commento. Primieramente perchè Lepre non fa una filippica ma esprime le proprie idee firmando con nome e cognome, non come Lei che accusa Lepre di questo e quello negando il suo cognome ai lettori, poi perchè questo di scorazzare con le moto in gare o meno per il territorio è problema nazionale. E in Veneto si sono battuti contro chi voleva sfregiare le dolomiti. Ed i motociclisti hanno una arroganza tale che esistono solo loro, anche in centro città, dove marciapiedi (pochi giorni fa a Tolmezzo) e lo spazio per pedoni e tavoli estivi davanti a ‘Il Gatto e la Volpe’, costantemente a Tolmezzo, (in particolare durante il periodo primaverile e quello estivo) vengono presi per luoghi dove salire con la moto e parcheggiarla anche a sciami, tanto la polizia municipale pare non esista più, trasformando il centro tolmezzino in un luogo pericolosissimo, sabato e domenica in particolare, per i pedoni. E se non ci sono stati incidenti e solo perchè i pedoni stanno attenti. Ma Alessandro, perchè invece di dare del bugiardo a Lepre, gratuitamente, non si fa dare le foto che anno dopo anno ha scattato, a Pra castello qui e là? ‘Privare gli appassionati di Enduro’ (ma cisono anche quelli di tiral ecc. ecc.), ripete, scrive … può ripetere fin che vuole, ma privare noi cittadini dei nostri diritti di andare a piedi per sentieri,(percorsi anche da persone che di agricoltura e zootecnia montana vivono), senza sentire da dietro una moto piombare a velocità sostenuta, schivandola per un pelo, come accadutomi in quel di Lauco, o esser rovesciati dal proprio quad, mi pare ben diverso da sentirsi deprivati di un diritto che è un piacere privato di associati ad una società che certo non ci perde. E molti terreni sono privati, sentieri sono vie di accesso, gli animali si spaventano con il rumore, la flora si rovina, e non sto parlando degli alberi ma dell’ habitat e sottobosco, e via dicendo, e i monti o sono delle moto o di altro turismo ed economia. E lo scorazzare in moto per i monti porta problemi per i residenti di inquinamento, da scarico, da rumore, e chi veniva per fare la bella passeggiata non viene più.Inoltre come ho riportato su: https://www.nonsolocarnia.info/ai-margini-di-uno-strano-convegno-paularino-indetto-dalla-federazione-motociclistica-su-motori-e-pare-sentieri-e-su-ipotetici-diritti-e-doveri/, le moto sui sentieri cai e non cai portano a problemi di sicurezza personale per chi non è dello sciame a due ruote e pone problemi di tutela ambientale, e questo non lo dice Lepre. Che poi i motociclisti portino soldi io credo sia una vera fola. Dimostrino che la Carnia si è arricchita grazie a loro, esibendo scontrini e ricevute di alberghi e crederò. Ma io le dico che motociclisti venivano a far gare con roulotte, e lasciavano pure spazzature. Infine è ormai vietato in particolare la domenica mattina ma anche il sabato, andare lungo il rettilineo di Cavazzo Carnico con la macchina o a piedi e pure fare la ‘strada vecchia’ perchè sciami di moto correndo a velocità sostenuta e provocando un rumore assurdo li percorrono, senza che nessuno abbia messo, come fanno in Bulgaria, qualche dissuasore di velocità. Infine l’utilizzo dei sentieri pubblici e delle strade poderali e montane costruite con soldi dei cittadini o private, non può essere oggetto di trattativa privata tra enti privati: il Cai e una qualche associazione di Enduro, perchè non né hanno titolo legale né proprietà.
Buongiorno, non mi sembra di aver insultato o dato del bugiardo a nessuno. Ho semplicemente affermato che le motivazioni che porta sono superficiali, inaccurate o inesatte e prendono in causa situazioni particolare su cui non si può generalizzare. Riguardo al fatto che non abbia messo il cognome (è già tanto che abbia messo il nome), le rispondo semplicemente dicendo che la vostra è una posizione largamente accettatta, mentre la mia a causa del vostro “terrorismo mediatico” non lo è. Rispondendomi ha solamente ripetuto le solite tesi. Ma che mi dice riguardo al fatto che i sentieri dimenticati anche da Dio vengano tenuti aperti dagli enduristi, e non dal CAI che, logicamente, non può occuparsi di tutti? Destinate dei sentieri esclusivamente agli enduristi, in modo che possano praticare quello che è uno sport in santa pace senza creare pericolo per i pedoni (tenga presente che sta discutendo con un endurista ma anche un appassionato di montagna, e so che cosa vuol dire veramente preservare il territorio, ad esempio dalla spazzatura che lasciano gli escuraionisti). Forse abbiamo una visione del mondo un po’ diversa: da quel che ho capito lei vive a Tolmezzo mentre io in una zona rurale della Carnia: le posso garantire che nei sentieri dove giro non ho mai incontrato anima viva, e se l’ho fatto ho prontamente moderato la velocità e lasciatolo transitare. È ovvio che non si può pretendere di percorrere in moto un sentiero come quello di Pra Castello, ma lì sta alla sensibilità e buon senso della singola persona, non dell’endurista come voi generalizzate, decidere se sia il caso o meno di percorrere quel determinato sentiero. Il discorso che lei fa per le moto che parcheggiano un po’ dove pare loro mi sembra quantomeno fuori luogo: quello che fai con una moto da enduro in strada lo fai con una qualsiasi altra moto; che facciamo, vietiamo anche quelle?
Signor Alessandro, al di là del fatto che spartirsi territorio della madre terra per darlo a quattro che vogliono divertirsi inquinando con scarichi, trova non solo me completamente contraria, ribadisco che i terreni sono privati ed i sentieri e le piste forestali sono costruite con soldi pubblici e con permesso di transito per più attività. Se poi le giura di non aver incontrato mai anima viva dove va, o va di notte fonda, o va in luoghi impervi magari sicuro di poter fare quello che vuole, come la persona di Tualis con la macchian da rally. E magari quando per caso uno c’è … Sa se uno vuol suicidarsi è un discorso ma che ammazzi altri no. Comunque magari mi dica dove va, perchè così è troppo generico. E le ripeto che il problema dei motori su sentieri ma anche strade è nazionale dalle Alpi agli Appennini. Legga poi cosa scrive Paolo Querini come commento a ‘Auto e motori ancora una volta in una Carnia piegata. Nel merito del prossimo 24° raduno dei 4×4’ e potrà rendersi conto quanto sia rischioso muoverisi anche sulle strade per pedoni e ciclisti a causa delle moto. Pra Catello era stato oncesso per gare di trial.
Signora Laura, il fatto di trovare lei contraria è assolutamente irrilevante, come lo sarebbe se io fossi contrario al far transitare i turisti a piedi sui sentieri per non far spargere loro la spazzatura in montagna: questa tendenza a iper-preservare il territorio non ci porterà da nessuna parte (naturalmente bisogna preservare, non dico il contrario, ma nei limiti del razionale e del possibile). “Gli scarichi inquinano”… partendo dal fatto che non trovo alcun senso logico in quello che ho detto, dal momento che tecnicamente non sono gli scarichi ad inquinare ma le emissioni dei gas, le ho già più volte ripetuto che le moderne moto sono omologate EURO 5. Non so di che sentieri lei parli, mi viene da pensari che quelli a cui si riferisce siano strade bianche, dato che i veri e propri sentieri sono presenti da anni e sono stati fatti dalla gente del posto, non da qualche ente pubblico. L’affermazione che io vada in luoghi impervi in cui sono sicuro di non trovare nessuno è assolutamente vera. Il possibile incontro con un pedone non lo ritengo un pericolo per nessuno: le moto (e questo va contro di me) sono molto facilmente udibili anche dalla distanza e questo da al pedone tutto il tempo di farsi da parte, quindi il problema non sussiste. Specifico inoltre che sulle strade bianche senza divieto di transito, dal momento che la moto è targata, nessuno può impedirmi di passare.
Ho appena letto i commenti sotto l’articolo riguardante i fuoristrada 4×4. Il commento di Paolo Querini è molto intelligente e mi trova perfettamente allineato al suo pensiero soprattutto su un punto, che lei scriva con un’aria eccessivamente bacchettona. Trovo assolutamente RIPUGNANTE, invece, e non sto esagerando, il fatto che in nome di Greta e delle vostre convinzioni vogliate VIETARE alle persone di tutto il mondo di DIVERTIRSI COME MEGLIO PARE LORO. Sarò libero di usare, se proprio fosse vietato ovunque, nel mio giardino di casa una moto che inquina quanto un’auto o forse meno? Sarò libero di trasmettere a mio figlio una passione? Oppure vietiamo anche alle persone di arrampicare perchè deturpano le pareti rocciose con i loro chiodi? Vietiamo ai ciclisti e agli escursionisti di andare in giro perchè con l’attrito della gomma al suolo rilasciano plastiche ovunque vadano? Vietiamo agli scialpinisti di sciare perchè deturpano la neve passandoci sopra? Vietiamo ai pittori di dipingere perchè le loro tempere sono prodotte con solventi che danneggiano l’ambiente? Non so se rendo l’idea. L’inquinamento che rischia di distruggere il pianeta è causato solo in piccolissima parte dagli autoveicoli, e in ancora più piccola dai motoveicoli. Se impiegaste il tempo che state a scassare la ****** a coloro che si vogliono solo divertire scrivendo sulle malefatte delle multinazionali magari il mondo lo migliorereste davvero.