Medicina cubana e medici cubani in Calabria: aspetti su cui riflettere, da un incontro per la Festa delle Resistenze a Paluzza.
Venerdì scorso sono andata a Paluzza ad ascoltare l’incontro, promosso dalla locale sezione dell’ Anpi, sull’esperienza dei medici cubani a Cuba ed in Calabria, dove una amministrazione regionale di destra, retta da Roberto Occhiuto, cosentino, della Democrazia Cristiana prima, dell’ U.d.c. poi, ha permesso loro di lavorare.
L’incontro è stato introdotto, dopo i saluti di rito del sindaco di Paluzza Luca Scrignaro, da Pino Scarpelli, calabrese, del Direttivo dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba, che ha esordito con un grazie ai partigiani per il bagaglio di valori che hanno sostenuto anche a costo della vita e che ci hanno trasmesso. E se è vero che non tutti i partigiani furono comunisti, è altresì vero che tutti i comunisti furono in qualche modo partigiani. Ma non solo: bisogna ricordare che tutti i partigiani lottarono per un mondo migliore, di pace, di fratellanza. Ed ha continuato riportando la frase del russo Iuri Gagarin, il primo ad avere superato il limite del cielo ed essersi portato nello spazio: “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini.” Ora invece si ricreano barriere addirittura all’interno del contesto nazionale frazionando invece di unire grazie al regionalismo differenziato, aumentando le sperequazioni.
Inoltre in Italia si sta volgendo, come sottolineato anche nel corso dell’incontro, alla sanità privata, che è un grosso business, ma che non garantisce salute alla popolazione ma solo a chi ha del denaro, e in Usa ed in altre realtà mondiali esiste la ‘povertà sanitaria’, cioè quella creata dalla spesa sanitaria familiare. Inoltre nella realtà non si tratta in Italia di reali strutture private ma di strutture sanitarie private sovvenzionate e talvolta ‘mantenute in piedi’ con denaro pubblico. Così un patrimonio comune della nazione o della regione viene speso per arricchire pochi, facendo perdere salute ai più, alle famiglie che magari quel denaro lo hanno anche prodotto pagando le tasse. E questo è il neoliberismo: far pagare a tutti la ricchezza di pochi.
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Quindi Pino Scarpelli ha introdotto il discorso del ruolo dei medici cubani nella sanità calabrese, argomento poco noto ma che ha permesso ad un numero sempre più alto di persone, nel covid e post- covid, di trovare risposte soddisfacenti ai propri problemi di salute e, per estensione, di vita, senza dimenticare che Gino Strada stesso, grazie ad un accordo con Emergency, era stato chiamato, nel 2020, a migliorare il piano socio- sanitario della Calabria poi bloccato. Ma il perché esso non fu realizzato lo si evince da quanto riportato in questo articoletto, intitolato: “Gino Strada in Calabria: “Troppi soldi alla sanità privata, e arriva la ‘ndrangheta””. Già allora in molte regioni italiane, il 70% del bilancio regionale veniva investito in sanità, ma con risultati fallimentari. Questo perché, secondo Gino Strada, «C’è certamente una questione criminale, le cosche sono state sottovalutate, fiancheggiate, tollerate. In certe aree hanno aperto e gestito laboratori di analisi e cliniche». (2).
Ed ancora sempre Strada: «In Calabria “ci sono ospedali come quello di Cariati che potrebbero riaprire in poche settimane. Altri come Gerace, costruiti e mai aperti» (3), e «Con un’attenzione maggiore al territorio, avremmo evitato il sovraffollamento degli ospedali» (4).
Ma, come ha precisato a Paluzza Scarpelli, le proposte concordate anche con Gino Strada non sono decollate, per diversi motivi e, par di capire, perché andavano a cozzare con potentati consolidati, ma se non ho capito bene correggetemi.
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In sintesi la Calabria aveva diverse criticità a livello sanitario tra cui: «Medici imboscati, gettonisti, sacche di personalismi, privilegi». (5). Ma temo sia in buona compagnia. E, sempre secondo Scarpelli, la sanità in Italia ha raggiunto uno stato drammatico anche per «la mancata attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, (e) l’ampliamento del ruolo dei privati che speculano sulle carenze del sistema, l’enorme migrazione sanitaria», che hanno «padrini ben precisi, da ricercare nell’incapacità, nell’irresponsabilità e nell’affarismo di un ceto politico che sul disastro della nostra sanità ha fatto fortuna». (6). Pensate, narrava sempre Scarpelli a Paluzza, che si sa di medici pagati a ore anche 150 euro che impiegavano un ora ad indossare l’abito da lavoro ed un’ora a toglierlo.
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Ma vi è stata una ventata di novità in Calabria, portata dai medici cubani giunti per aiutare al tempo del covid, grazie ad un accordo tra la Regione Calabria ed una Associazione cubana, e con il parere favorevole dei rispettivi governi (allora in Italia Giuseppe Conte). L’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba, con le sue 5 sezioni della regione, ha solo aiutato i professionisti cubani ad ambientarsi ed a risolvere una serie di problemi pratici. I medici cubani che attualmente si trovano in Italia non sono giunti tutti insieme. I primi sono arrivati per aiutare la Calabria ai tempi del covid, ed il loro approccio è stato quello cosiddetto domiciliare recandosi a visitare ove si sapeva che vi erano persone che stavano male, ed ospedalizzando solo se necessario. Ma l’importante era curare prima che si giungesse a fasi acute e recarsi a farlo a domicilio. Insomma un approccio che solo pochissimi MMG hanno applicato, ed in una fase iniziale, lasciando poi il compito di farlo a quasi inesistenti Usca, che il più delle volte ogni tanto telefonavano ma neppure ogni giorno ove era stata loro comunicata la presenza di un ammalato e credo si recassero in casa solo per ospedalizzare, se non giungeva prima un’ambulanza.
E così si legge sull’ articolo intitolato: “In Calabria i medici cubani sono serviti eccome”, in: https://www.ilpost.it l’8 marzo 2024: Quando mediche (sic!) e medici calabresi parlano dell’aiuto offerto negli ultimi due anni dai medici cubani usano espressioni come «una boccata d’ossigeno» o «indispensabili». In un servizio sanitario regionale estremamente carente, sotto commissariamento da oltre un decennio, la collaborazione dei medici cubani è vissuta come una sorta di tregua. L’ultimo contingente è arrivato in Calabria a febbraio, 98 medici in tutto suddivisi nelle cinque aziende sanitarie provinciali della regione: Cosenza (44), Vibo Valentia (17), Crotone (11), Reggio Calabria (10) e Catanzaro (10), oltre a 6 medici nell’azienda ospedaliero universitaria “Renato Dulbecco” di Catanzaro. I medici cubani lavorano in Calabria ormai da quasi due anni, grazie a un accordo tra la regione e una società partecipata dal governo cubano, firmato a luglio del 2022 per 497 medici cubani in tutto. Al momento in Calabria ce ne sono 270. L’accordo prevede che i medici cubani restino fino al 2025 per dare una mano e tentare di rimettere in sesto il servizio sanitario locale, che è in una situazione disastrosa: mancano da tempo medici, infermieri, operatori sanitari, ma anche ambulanze, consultori e studi medici, e negli ultimi anni sono stati chiusi o depotenziati moltissimi ospedali». (7).
Attualmente medici cubani lavorano, come raccontato nell’ incontro di Paluzza, in varie zone della Calabria: ma il numero maggiore risulta trovarsi in provincia di Cosenza. E lavorano anche come specialisti ospedalieri, con risultati soddisfacenti ed anche buoni rapporti con i colleghi italiani. Ed ora, un chirurgo ortopedico cubano opera pure in laparoscopia con un robot di ultima generazione, mentre un cardiologo cubano, grazie al suo lavoro ed alle sue capacità, è entrato a far parte del collegio nazionale di cardiologia italiano.
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I medici cubani sono stati e sono molto apprezzati, perché sanno lavorare bene. Ma vi è anche chi ha osteggiato la loro presenza. «L’arrivo dei medici cubani – si legge sempre sull’ ultimo articolo citato – è stato accompagnato fin da subito da critiche e polemiche perché considerati una soluzione provvisoria e non strutturale ai problemi della sanità calabrese, perché poco efficaci o non abbastanza titolati, perché secondo alcuni le loro condizioni di lavoro potrebbero costituire “lavoro forzato”. Mediche (sic!) e medici di ospedali calabresi respingono gran parte di queste critiche: ritengono che pur non avendo risolto i problemi strutturali della sanità calabrese, e pur con qualche difficoltà di ambientamento, i medici cubani stiano dando un enorme aiuto agli ospedali locali, e che l’incontro con la comunità locale sia stato tutto sommato positivo». (8). Ma pare che si possa togliere il ‘tutto sommato’. Però vi è anche chi è ricorso al Tar contro di loro, basta leggere l’articolo: “Cimo-Fesmed: ricorso al Tar contro l’assunzione dei medici cubani in Calabria”, in: https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2022-08-25/.
E ci sono stati colleghi italiani che hanno detto che i medici cubani non sapevano parlare bene l’italiano e che non avevano titolo parificato. Io dico che le stesse critiche sono state mosse anche a medici argentini, ma alcuni referti portati all’ attenzione dell’opinione pubblica dalla stampa effettivamente farebbero pensare a qualche problema. Ma secondo me non si può “fare di tutta l’erba un fascio”, come dice il proverbio, ed ogni caso di malpractice dovrebbe esser studiato singolarmente, mentre non ritengo utile lo sparare nel mucchio. Certamente bisognerebbe però che chi ingaggia medici stranieri lo facesse direttamente e con controllo rigoroso dei loro titoli, non attraverso terzi o cooperative magari sorte ad hoc. Inoltre se i medici giunti per aiutare in periodo di esplosione del covid, devono essere più che ringraziati anche se magari non conoscevano bene l’italiano, ora si può richiedere, come fanno in Germania, a chi desidera lavorare ma non conosce il tedesco, la frequenza di un corso a più livelli per giungere ad una sufficiente conoscenza della lingua. E non dimentichiamo che nel 2015, Angela Merkel, essendo la Germania corto di personale medico, aveva assunto un notevole numero di medici siriani desiderosi di fuggire dalla guerra, sapendo che erano ben preparati a svolgere la loro professione. E preciso che, avendo reputo un contratto fisso, i medici siriani in Germania non vengono più differenziati sulla base della loro provenienza. Ma forse in Calabria ci tengono a sapere dove lavorano i medici cubani, a causa del passa parola che elogia la loro bravura.
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Ma il problema rispetto alla nostra sanità è questa: che quella praticata dai medici cubani, che visitano, palpano, parlano con il paziente per capire cosa gli stia accadendo, non è quella ipertecnologica, rigorosamente privata ma finanziata con soldi pubblici, a cui sta volgendo l’Italia ed anche la nostra Regione, che si è pare trasformata in un mezzo non per far stare bene il paziente, che è una persona, ma per trarre profitti, diventando un ghiotto boccone, e che ha perso il rapporto medico paziente alla base del rapporto diagnostico- curativo, , trasformando il professionista, per dirla alla Cavicchi, in un Protocol doctor. (9). Ed ecco comparire chi sposa la teoria dei grandi centri ospedalieri attrezzati, ma con sempre meno medici anche per la fuga di questi all’estero, o guardare oniricamente all’Intelligenza Artificiale come panacea di ogni male anche fisico, senza pensare che prima di curare ci deve essere un medico che diagnostica, ma la capacità diagnostica, a mio avviso, va sparendo proprio per carenza di esperienza e casistica data dalla mediazione del mezzo tecnico e per la quasi cancellazione della medicina territoriale, volgendo al disastro sociale. Ora pare che alcuni medici di famiglia preferiscano inviare a fare esami, non credo in funzione difensiva, perché ben altro definirei in questo modo, piuttosto che orientare subito la diagnosi, sostenuti dal gran parlare che si fa intorno alla ‘telemedicina’ uno dei mantra moderni, che nessuno sa cosa sia.
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Nel corso dell’incontro di Paluzza, è intervenuta anche la dott. ssa Damarys Alvarez Zapata, che ci ha riportato ai tempi andati per la medicina di base, che mi fa spesso dire che anche in Italia, “Tornare all’ antico, per certi versi, sarebbe un progresso”.
A Cuba tutti gli studenti delle superiori possono frequentare la facoltà di medicina, senza test di ingresso. E sin dal primo anno, affiancano un medico di famiglia già laureato ed operativo sul territorio, per apprendere non solo teoria, ma anche pratica. I medici di famiglia si recano in casa a visitare gli ammalati, diagnosticano e curano, e utilizzano molto le mani, gli occhi, l’ascolto, per cercare di formulare una diagnosi corretta. E dopo la laurea ogni medico deve operare come medico di famiglia per alcuni anni, per esempio la dottoressa Damarys Alvarez Zapata ci ha narrato di aver esercitato per 10 anni questa professione. Quindi un medico od una dottoressa può decidere una specializzazione che in genere dura tre anni, mentre quella per i chirurghi è più lunga e ne contempla quattro.
Ma quello che secondo la dott.ssa Damarys Alvarez Zapata caratterizza in modo vincente i medici cubani è il metodo clinico che apprendono nella teoria e nella pratica nel corso dell’università: infatti essi si muovono sul territorio, visitano con le mani, sentono, guardano, toccano, ascultano ed ascoltano, parlano. Questo metodo clinico viene rafforzato dalla pratica come medici di famiglia, che implica di visitare tutti dagli anziani ai bambini, e di notare anche le situazioni igieniche e globali in cui vive un nucleo familiare, per porvi possibile rimedio se deficitario. Inoltre a Cuba anche l’odontostomatologia è pubblica.
Esercitano poi attualmente la dott. ssa Alvarez Zapata come specialista in ostetricia e ginecologia, ha raccontato pure la sua esperienza nelle case di maternità territoriali in Cuba prima di giungere in Italia, dove vengono seguite le donne incinte anche con un supporto di altro tipo se per esempio se giovanissime, oltre tutti i casi di gravidanze problematiche. Ma giunta in Italia, dal racconto di Pino Scarpelli che si è alternato al suo, la prima cosa che è stato chiesto alla dottoressa è se praticava aborti! Ma esiste una legge in Italia che lo permette entro il terzo mese.
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Quindi ascoltando dott. ssa Damarys Alvarez Zapata, mi sono sentita ritornare indietro nel tempo, e mi è venuta alla mente la figura della dott. ssa Caterina Moro, su cui ampiamente ho scritto nel mio articolo: Laura M. Puppini. Storia di Caterina Moro in Pavan, donna e medico, da tutti a Tolmezzo benvoluta e stimata. che vi invito a leggere. Ed all’ epoca esisteva anche il medico scolastico, e le condizioni dei bambini fino sicuramente ai 10 anni, venivano controllate dal medico che, nel caso della dott.ssa Moro, era pediatra e medico condotto comunale al tempo stesso.
La dottoressa ha anche enucleato la rete ospedaliera e con 450 policlinici presente a Cuba ma, avendo io richiesto quanto incidano le sanzioni Usa sulla sanità della Nazione, mi ha risposto che incidono molto, in quanto non si riescono ad acquistare macchinari nuovi, e talvolta a riparare quelli vecchi, e così la sanità cubana risulta deficitaria proprio in campo tecnologico. E a Cuba tutti cercano di mantenere le apparecchiature in buono stato, tanto che, giunti in Italia i medici cubani, si è notato che le apparecchiature non si rompevano facilmente. Ma, e questo lo scrivo io, gli Usa nemmeno al tempo del covid hanno reso meno dure le condizioni dell’embargo, che invero non si sa come si siano permessi di comminare e con quale autorità, mettendo a repentaglio, e questo lo scrivo io, migliaia di vite umane. Ma per fortuna Cuba è riuscita a produrre, grazie anche al ricercatore italiano Fabrizio Chiodo, cinque vaccini in proprio salvando la popolazione. Fabrizio Chiodo (10) è un grandissimo ricercatore italiano, ma l’Italia non ha acquistato i vaccini da lui prodotti. Attualmente Cuba ha iniziato una collaborazione con lo Spallanzani di Roma grazie a lui.
Però gli USA non permettono neppure l’importazIone a Cuba di farmaci chemioterapici per bambini affetti da tumore, ed altro, e se anche uno volesse esportarli, non troverebbe assicurazione disposta a coprire il carico. (11).
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Infine la cultura cubana applicata alla medicina permette a questa di svilupparsi in modo da poter curare tutti, nel limite del possibile, grazie alla bravura dei medici, mentre in Europa si tende alla tecnica calata dall’alto, ove il medico è solo un qualsiasi operatore, e la politica governa le nostre vite, togliendo, grazie alle teorie che sposa, di stampo neoliberista, l’impianto base che può sostenere la salute di tutti anche a livello preventivo. Ed al prossimo ‘covid’ sarà un macello, ma ora non è che sia granché meglio. Inoltre a mio avviso una popolazione anziana come quella italiana tenderà a lasciarsi andare, piuttosto che a pagare, e pagare, spesso senza grossi risultati, o ad affrontare tutti i balzelli delle assicurazioni. E della situazione regionale ha parlato Ira Conti a Paluzza, sottolineando alcuni aspetti delle nuove norme varate dalle Aziende socio- sanitarie per sfoltire le liste di attesa: dalla descrizione paiono dar luogo ad un modello machiavellico che nessuno seguirà.
E termino questo mio articolo con un preoccupante dato che indica la tendenza in FVG: «Centomila prestazioni in meno tra medicina specialistica e attività di laboratorio. È l’entità della riduzione verificatasi in cinque anni nell’ambito del servizio sanitario del Friuli Venezia Giulia, passato dalle 704.689 prestazioni complessive del 2018, data di avvio della prima Giunta Fedriga, alle 604.365 del 2023. A fornire i numeri, stilati sulla base dei dati del sistema di monitoraggio del servizio sanitario regionale, è la Cgil Friuli Venezia Giulia, nell’ambito di un’indagine […] presentata questa mattina a Udine dal segretario generale Michele Piga e dai segretari regionali dei sindacati della Funzione pubblica e dei pensionati, rispettivamente Orietta Olivo e Renato Bressan. (…).
Scorporando i dati dei due Irccs regionali (Cro di Aviano e Burlo di Trieste) e analizzando le performance delle tre aziende territoriali, il calo medio è del 14%, con punte superiori al 18% per Asufc e Asfo, mentre l’Asugi contiene la riduzione al 4,4%». (12). Ora bisognerebbe sapere se tutte queste prestazioni sono passate al privato puro o convenzionato, ma dubito davvero. E spero proprio che l’assessore Riccardi non dica che sono dati di quei ‘felloni’ si fa per dire, che ce l’hanno con lui!
Ed ancora: «Ciò che deve caratterizzare il servizio sanitario pubblico – si legge nella parte conclusiva del documento – è la sua capacità di “prendersi cura” delle persone e delle comunità, intendendo con ciò una sanità strettamente sinergica con altri momenti del welfare comunitario. Un buon servizio pubblico non è dato dalla somma delle prestazioni erogate, ma dalla capacità di farsi carico delle questioni sanitarie dei singoli e della popolazione in generale, analizzando criticità, stato di salute, bisogni, caratteristiche, e di conseguenza, riuscendo a modulare risposte adeguate alla comunità di riferimento attraverso la presa in carico delle persone, l’efficacia delle reti clinico-assistenziali, dei percorsi di salute individuali, della medicina del territorio e di comunità e non della semplice erogazione di prestazioni». (13), che è appunto l’approccio cubano ma non dell’assessore berlusconiano della Regione Fvg. Non esiste una medicina tecnicistica che superi quella dialogica e pratica che si basa sul visitare ed ascoltare, ma la tecnica deve essere messa al servizio dell’uomo, considerato come fatto anche da ‘ un’ anima’ e non solo da un corpo.
Senza voler offendere alcuno questo ho scritto ma solo per riportare un interessante incontro e per portare all’ attenzione di tutti su alcuni temi e su un diverso modo di vedere e vivere la medicina, che la finanza e la politica che mi pare alla stessa assoggetata, ci vorrebbero comminare.
Laura Matelda Puppini
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1 – “Troppi soldi alla sanità privata, e arriva la ‘ndrangheta””. https://calabria.gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2020/12/02/gino-strada-in-calabria-troppi-soldi-alla-sanita-privata-poi-arriva-la-ndrangheta-lospedale-di-cariati-potrebbe-riaprire-in-breve-7e4ce9b5-3d67-466f-8669-16f583997f3d/.
2 – Ibidem.
3- Ibidem.
4 – Ibidem.
5 – Salvatore Bruno, Medici e polemiche, Scarpelli attacca Corcioni: «Attaccato alla poltrona da 27 anni», in: https://www.lacnews24.it/cronaca/medici-e-polemiche-scarpelli-attacca-corcioni-attaccato-alla-poltrona-da-27-anni_183850/
6 – Ibidem.
7 – In Calabria i medici cubani sono serviti eccome”, in: https://www.ilpost.it l’8 marzo 2024.
8- Ibidem
9- Cfr. su www.nonsolocarnia.info Ivan Cavicchi, No al protocol doctor. Contro una medicina senza qualità. Il manifesto, 17 maggio 2016.
10 – Per Fabrizio Chiodo questo si legge: «Fabrizio Chiodo studia le risposte immunologiche mediate dai carboidrati principalmente nel contesto dei vaccini coniugati e delle interazioni ospite-patogeno. Ha difeso il suo dottorato di ricerca nel 2013 in Spagna (Chimica applicata, lavorando su vaccini sintetici e nanotecnologia applicata alla vaccinologia), e nel 2014 ha ottenuto un grant personale dall’Organizzazione olandese per la ricerca scientifica lavorando presso il Leiden Institute of Chemistry e il Leiden University Medical Center. Ha avviato e rafforzato collaborazioni internazionali nel campo della vaccinologia in particolare con l’Istituto Finlay dell’Avana (Cuba), dove è Prof. Invitato presso la Facoltà di Chimica. Nel 2018 ha ricevuto un grant personale dall’Amsterdam Infection and Immunity Institute lavorando in modo indipendente presso il gruppo di Y. van Kooyk. Da ottobre 2020 è Research Assistant Professor presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) lavorando presso l’Istituto di Chimica Biomolecolare, Pozzuoli (Napoli), mantenendo la sua affiliazione e posizione anche ad Amsterdam».
11 – Per gli effetti delle sanzioni Usa per esempio sulle donne a Cuba, cfr. “Diritto a vivere senza blocco” , in: https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2021/07/Italiano-Resumen-Digital.pdf.
13- Ibidem.
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L’immagine che accompagna l’articolo ritrae il presidente della giunta della Calabria Occhiuto con i medici cubani ed è tratta da: https://www.reggiotoday.it/cronaca/calabria-sanita-occhiuto-medici-cubani-1-febbraio-2024.html.
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