Nicola Lauzzana per il primo maggio a Lauco. Per un mondo nuovo fondato sull’etica, sulla dignità delle persone, sulla ridistribuzione dei profitti del lavoro.
Il primo maggio sono andata anche a Lauco, a sentire l’annuale incontro promosso dal Pd sul lavoro, presso la Casa del Popolo, e devo dire che gli interventi sono stati tutti di spessore.
Inizio qui riportando il primo intervento dedicato al lavoro di Nicola Lauzzana, segretario Filt Cgil.
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Egli ha incominciato a parlare sottolineando che «il primo maggio è una giornata universale, in cui si celebra la festa del lavoro e dei lavoratori, e deve richiamare gli obiettivi sociali ed economici raggiunti dai lavoratori dopo lunghe battaglie per migliorare le condizioni di vita dentro e fuori i luoghi di lavoro. E quindi non è solo un giorno di festa ma anche di riflessione e di memoria. E non bisogna dimenticare che, durante il ventennio fascista, questa festa era stata abolita, ed è tornata ad essere tale solo grazie alla Costituzione e all’unità democratica ed antifascista.
Il primo maggio nasce come momento di lotta internazionale di tutti lavoratori, senza barriere geografiche e sociali. Sorge per affermare la libertà ovunque e la difesa di una vita dignitosa per le persone: artisti, uomini di spettacolo, filosofi, intellettuali, nelle piazze e non solo d’ Italia, si riconoscono in queste parole: libertà e dignità.
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La scelta di parlare della festa internazionale dei lavoratori non è stata casuale ma è stata stimolata dal manifesto della giornata odierna, che recita: “Costruiamo insieme. L ‘unione fa la forza” . Ed i proverbi rappresentano la saggezza popolare. Si tratta di modi di dire che, attraverso il tempo e la storia, ci danno importanti insegnamenti: per esempio quello che il gruppo, cari compagne e compagni, è una risorsa straordinaria, in quanto uniti ci si sentiamo più forti ed in grado di affrontare anche le situazioni più complesse. Ed avere consapevolezza di questo, costituisce la base per costruire qualsiasi intenzione di cambiamento.
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Care compagne e cari compagni, nella nostra terra abbiamo una guerra vicino a casa, la guerra in Ucraina che ha accantonato velocemente lo scenario dei tempi precedenti. Gli esperti ci dicono che stiamo assistendo ad uno spostamento della Cortina di Ferro verso est, ma io quello che percepisco di questa guerra è la sua illogicità, dove l’unica cosa che si avverte è l’assenza di una azione diplomatica seria, in questa situazione che pone le premesse per una guerra di lungo termine con tutte le conseguenze che conosciamo perché le abbiamo già provate, conseguenze che, come ben sapete, si ripercuoteranno sulle fasce più deboli della società. Questo presupposto, fra l’altro collide con lo spirito dell’Unione Europea che, sin dalle sue origini, rappresentava un progetto di pace.
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A tal proposito, credo che l’Europa Unita debba essere riferimento per ogni cittadino di questo continente, però in essa il lavoro e le persone devono occupare un ruolo centrale nelle discussioni e nel suo essere Unione. E questi sono i requisiti fondamentali perché le nuove generazioni non si trovino davanti un orizzonte fatto di precarietà ed incertezza, ma possano realizzarsi in ciò che fanno. L’ Europa, cari amici, non può essere la terra per le offerte di delocalizzazioni, lo strumento per aumentare gli utili delle multinazionali attraverso l’abbattimento del costo del lavoro, non deve essere un campo da gioco dove mettere un lavoratore contro l’altro, per creare disordine in cambio di una retribuzione appena sufficiente ad arrivare alla terza settimana del mese.
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Le grandi conquiste del mondo del lavoro si sono ottenute attraverso l’unione e la solidarietà. Chi ci vuole disuniti lo fa per incrementare i propri profitti attraverso lo sfruttamento del lavoro e dei lavoratori. Ed a tal proposito, vi chiedo una riflessione: pensate che la maggior parte della ricchezza del mondo è concentrata nelle mani di pochi.
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Siamo ad un punto di grande trasformazione del mondo del lavoro, l’era digitale e la precarietà e la scommessa sociale sono al centro di una discussione che deve però essere caratterizzata da un mondo di pace e giustizia sociale, se vogliamo creare veramente un futuro che dia una speranza a chi viene dopo di noi. E l’Unione Europea di questo dovrà farsene una ragione, perché le politiche di austerità ed i patti di stabilità, non hanno fatto altro che amplificare la povertà. In Europa, invece, si deve incominciare a parlare di diritti sociali, di politiche dell’impiego, e si deve incominciare a produrre forme che portino ad un’equa crescita dei cittadini europei. E sottolineo equa, nel rispetto dell’ambiente e della dignità delle persone.
Rivedere il sistema di produrre è fondamentale: cosa si produce, come lo facciamo, con quale grado di sostenibilità ambientale. Abbiamo visto tutti quest’ estate cosa è successo nei paesi della bassa friulana, e non è un caso. Questi punti devono esser posti in cima ad una piramide di interlocuzione europea, e non possono essere gli interessi delle multinazionali che impongono i modelli produttivi, perché i disastri che hanno prodotto li abbiamo tutti davanti agli occhi.
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A casa nostra, poi, cari compagne e care compagni, c’è la Costituzione che garantisce, con l’articolo 1, che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. Quindi il lavoro deve tornare ad essere lo strumento che permette alle famiglie di vivere in maniera decorosa. Ma il lavoro è dignitoso quando consente a ciascuno di noi di guardare con serenità al futuro e di realizzarsi in quello che fa. Pace e giustizia sociale si costruiscono anche attraverso le politiche del lavoro, politiche che devono riconoscere, a ciascuno, un reddito adeguato ai propri bisogni ed una qualità della vita dignitosa.
E non si può essere poveri lavorando, quando la povertà assoluta, intesa come incapacità di accedere ai beni essenziali, nel nostro paese, coinvolge sei milioni di nostri connazionali. (Dati Istat 2023). Dobbiamo smetterla di lavorare e ragionare in termini quantitativi e statistici o peggio per indici economici. Si rischia la cecità etica, con la conseguenza di abbandonare e lasciare ancor più indietro chi è già in difficoltà. E non basta aumentare l’occupazione, come ci fa credere l’attuale governo, se poi il lavoro è fatto di bassi salari, di precarietà, di assenza di diritti e tutele, di lavoro nero e di morti sul lavoro. E non è accettabile che ancora si perda la vita lavorando. Dobbiamo trovare degli indici che siano in grado di misurare questi parametri in termini qualitativi.
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Le diseguaglianze sono sempre più forti e si è pensato che, senza tutele sul lavoro, si potessero incrementare i profitti ed allo stesso tempo stimolare crescita e progresso. Si è scelto di non investire in tutela nel lavoro, di non investire in innovazione tecnologica, si è utilizzata la semantica in maniera chirurgica, per spersonalizzare i lavoratori e privarli delle loro qualità e, conseguentemente, delle necessità ad esse collegate. E mi permetto di farvi un esempio: se voi pensate alla parola operaio, essa è sparita dal dizionario italiano. Ma la semantica è evocativa, e così assieme alla parola sono spariti quei valori, quelle condivisioni, quei collanti che univano le famiglie ed univano le persone fino a venti anni fa.
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Care compagne e cari compagni, noi non abbiamo bisogno di una politica autoreferenziale, noi non abbiamo bisogno di praticanti, noi abbiamo bisogno di statisti. Abbiamo bisogno di una classe politica di alto profilo, che guardi agli interessi del paese ed alle nuove generazioni, che sia mossa da valori etici e morali e lavori per il bene della collettività. (…). Abbiamo bisogno di riforme e di risorse a lungo termine nel campo dell’istruzione, della sanità, della mobilità sostenibile, abbiamo necessità di far dialogare la scuola con il mondo del lavoro per comprenderne le reali necessità, altrimenti creeremo dei disoccupati ancor prima di aver creato dei lavoratori.
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Dobbiamo creare un futuro stabile, […] perché sono i giovani che risentiranno della mancanza di riforme ed investimenti, e dobbiamo avere una visione strategica a lungo termine. Ma invece e il governo cosa fa? E qui mi verrebbe da sorridere. Per prima cosa sostiene l’autonomia differenziata e servizi aperti, oltre che livelli essenziali di prestazioni, cosicché le diseguaglianze saranno amplificate ancora di più dalle differenti situazioni economiche dei singoli individui, ma non solo: anche dove uno nasce e vive sarà elemento di discrimine rispetto alla qualità di assistenza che riceverà, anche nell’ambito dell’istruzione e della sanità pubblica. E ricordiamoci insieme che l’articolo 32 della Costituzione parla della salute come un diritto fondamentale dell’ individuo e, a titolo personale, mi farebbe molto piacere parlare con l’assessore alla sanità Riccardo Riccardi e dirgli che, dopo una vita che verso contributi al servizio sanitario nazionale, sinceramente mi girano un po’ le balle quando all’ ospedale mi dicono che devo aspettare sette mesi per avere una risonanza, e l’unica alternativa, se la vuoi fare in 36 ore, sono 180 euro in una struttura privata.
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E con l’aumento delle diseguaglianze aumenta la conflittualità, e lo sapevano anche i Padri Costituenti, che hanno scritto, all’articolo 3 della carta fondamentale dello Stato, che tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge a prescindere dall’opinione politica e religiosa di ciascuno. E visto che il governo lamenta la carenza di risorse, sarebbe opportuno che qualcuno avesse il coraggio di ricordare alla nostra Presidente del Consiglio che le rendite finanziarie, nel nostro paese, sono tassate meno del lavoro dipendente. Ed a tale proposito vorrei esplicitare questo pensiero a voce alta: la finanza si nutre prima e distrugge poi la ricchezza creata dal lavoro, mentre potrebbe essere interessante che incominciassimo a pensare che la ricchezza dovrebbe venir ridistribuita nel mondo del lavoro.
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Poi, cari compagni, vi dico una cosa: magari tassando di più le rendite finanziarie e gli extraprofitti, che per inciso produciamo noi con il nostro lavoro, […], magari tassandoli in maniera sostanziale, troveremo le risorse per finanziare una parte della sanità piuttosto che una parte dell’istruzione, e magari riusciremo ad incidere su qualche contratto nazionale, dando unità alle retribuzioni …
Magari, dico. Ma la nostra Presidente del Consiglio si preoccupa del premierato. E non ha mai nascosto di non voler cambiare la Costituzione: però la nostra Costituzione è rigida, e ci vuole, per cambiarla, una procedura particolare. Ma non solo: la nostra Costituzione ha anche una parte che non si può cambiare, e non si può cambiare l’articolo uno che dice che l’Italia è una Repubblica e rimarrà una Repubblica, che piaccia o non piaccia. (Art. 1 della Costituzione Italiana: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Nd.r.).
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Evidentemente con questo scenario i presupposti per le aspettative di pace nel mondo non sono molto alti, ed in una società, cari amici, in cui non c’è pace, non c’è giustizia sociale, cosa possiamo aspettarci? Ed il principio della giustizia sociale è fondamentale e, nel tempo, ha cambiato il suo senso dove si è manifestato e, nei nostri giorni, trova sostanza solo quando lo Stato garantisce l’uguaglianza dei cittadini, la libera manifestazione della loro personalità, ed un’equa ripartizione delle risorse. La giustizia sociale riconosce la meritocrazia, i diritti umani e il diritto di ciascuno alla salute ed all’istruzione, al lavoro.
E credo che una società più giusta sia il presupposto per qualsiasi idea di elaborazione e progresso, ma per raggiungere questo obiettivo credo che serva una presa di coscienza da parte di tutti noi, guardando anche agli errori del passato, dobbiamo farci carico di una ‘intelligenza’ sociale condivisa, che abbia una idea chiara del modello di società nelle quali le persone si possano riconoscere e le cui fondamenta siano il lavoro, i diritti e la persona, la pace, la giustizia sociale nonché la sostenibilità ambientale. (…).
E voglio chiudere con una frase che ho trovato online: «L’utopia è come un orizzonte, cammina due passi e si allontana due passi, cammina dieci passi e si allontana dieci passi, l’orizzonte è irraggiungibile. Ma allora a cosa serve l’utopia? Serve per continuare a camminare. Buon primo maggio».
Nicola Lauzzana.
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Intervento di Nicola Lauzzana – Cgil Udine alla Festa del primo maggio 2024 a Lauco. Registrazione e trascrizione di Laura Matelda Puppini. Il testo non è stato sottoposto, prima della pubblicazione all’ autore, ma la trascrizione è fedele a quanto detto. Solo in qualche punto ho messo una parentesi non per togliere qualcosa, ma perché alcune parole, ma veramente poche, risultavano incomprensibili.
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A me questo intervento pare importante perché fa riflettere su di noi e sulla nostra vita presente e futura, e termina parlando di utopia come obiettivo irraggiungibile in toto ma che deve guidare i nostri passi. Inoltre ci tolgono parole e con esse concetti fondamentali, mentre bisogna riappropriarsene. E vedi per questo, sempre su www.nonsolocarnia.info, “https://www.nonsolocarnia.info/giovanni-sarubbi-liberiamoci-dal-pensiero-unico-capitalistico/.
Laura Matelda Puppini.
L’immagine che accompagna l’articolo rappresenta alcuni dei partecipanti all’ incontro di Lauco, fra cui Nicola Lauzzana con il microfono in mano, ed è stata scattata dal dott. Alido Candido, mio marito. L.M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/nicola-lauzzana-per-il-primo-maggio-a-lauco-per-un-mondo-nuovo-fondato-sulletica-sulla-dignita-delle-persone-sulla-ridistribuzione-dei-profitti-del-lavoro/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/05/lauco-lauzzana.png?fit=611%2C456&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/05/lauco-lauzzana.png?resize=150%2C150&ssl=1Senza categoriaIl primo maggio sono andata anche a Lauco, a sentire l’annuale incontro promosso dal Pd sul lavoro, presso la Casa del Popolo, e devo dire che gli interventi sono stati tutti di spessore. Inizio qui riportando il primo intervento dedicato al lavoro di Nicola Lauzzana, segretario Filt Cgil. ------------ Egli ha incominciato...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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