Perché NO al progetto del Burlo come pediatria di riferimento ed hospice pediatrico per la regione.
Il 18 dicembre 2021 compariva su Il Piccolo di Trieste un articolo di Andrea Pierini intitolato: “Cure palliative ai bimbi malati. “Il Burlo prepara il suo hospice”. Sottotitolo: “Con 800 mila euro dell’amministrazione Fedriga l’istituto rafforza il proprio ruolo come Centro di riferimento regionale per i minori affetti da patologie non curabili”. In esso si leggeva che la giunta regionale Fvg aveva stanziato 800.000,00 euro per creare un’area dedicata all’hospice e alle cure palliative nella sede del Burlo in via dell’Istria, per i minori affetti da patologie non curabili. (Ivi). «“È un intervento importante – spiega in proposito il presidente della Regione Massimiliano Fedriga – che consente di realizzare un presidio strategico per la cure e l’assistenza alle persone”. “Un istituto di ricerca come il Burlo – aggiunge il vicepresidente Riccardo Riccardi – deve guardare all’innovazione, un termine che purtroppo stona per descrivere queste situazioni, ma lo scopo è proprio quello di trovare tutte le forme migliori per garantire le cure necessarie”». E così il direttore dell’ospedale pediatrico Stefano Dorbolò: «”Ringrazio l’amministrazione regionale per la previsione di questo specifico finanziamento. Realizzeremo alcuni posti letto di hospice dedicati all’infanzia e all’adolescenza che consentiranno all’istituto di consolidare il ruolo di Centro specialistico di riferimento regionale per la terapia antalgica e le cure palliative in ambito neonatale/pediatrico/adolescenziale. Ruolo che ci è stato assegnato dalla Regione nel 2019 ed è stato rafforzato nella recente delibera della giunta regionale di approvazione delle funzioni attribuite all’Ircss propedeutiche al nuovo Atto aziendale. Funzione quindi di riferimento regionale che va garantita in rete con le altre aziende del Servizio sanitario regionale. (…). Insieme ai molteplici cantieri in corso e agli altri lavori in fase di avvio, contiamo di realizzare gli interventi entro il 2022 in modo da rendere al più presto operativo il Centro»”. (Ivi).
Da questo articolo venivo ad apprendere che il Burlo Garofolo di Trieste era stato dichiarato ospedale pediatrico di riferimento regionale, e forse per questo lo si vuole spostare in un edificio nuovo da costruirsi a Cattinara, accanto all’ospedale per adulti, assieme ad una miriade di posti parcheggio comportanti un peggioramento della qualità dell’aria e quindi della vita per tutti, in una commistione fra adulti e bimbi per continuità di strutture e, sparita anche la pineta, esposto ai quattro venti. Perché Cattinara si trova su di un cucuzzolo piuttosto freddo, e la struttura delle sue torri non ha nulla dell’’ospedale umano’ anche perché l’architettura è stata condizionata dallo spazio presente.
Progetto nuovo ‘Burlo’ accanto all’ospedale di Cattinara. (Da: https://www.greenbuildingfactory.com/inside.php?page=7&element=26&lang=it). L’immagine, come qualsiasi ricostruzione a computer, non rende la realtà dei luoghi e degli spazi, ed andando a vedere di persona ci si rende conto della realtà.
Naturalmente questa decisione di eleggere il ‘Burlo’ ad ospedale regionale, è stata presa senza consultare nessuno, cioè sulla testa dei cittadini da parte della giunta regionale di questa disastrata regione, pare grazie ad un accordo fra Riccardi e il direttore dell’ IRCSS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) ‘Burlo’ ora diventato, a partire dal 2018, essendo ancora Presidente della giunta regionale Serracchiani, una fondazione, che «ha l’obiettivo di dare visibilità all’Istituto, dialogare con le imprese e con la società civile di tutto il Friuli Venezia Giulia, affinché nasca una forte alleanza, cresca ulteriormente lo spirito di collaborazione e si creino progetti e azioni di finanziamento a favore dell’Istituto, finanziamenti che serviranno a costruire progetti di ricerca, sistemi di cura e assistenza per i bimbi di tutta la Regione, in un’ottica di rete e stretta collaborazione con tutte le Pediatrie del Friuli Venezia Giulia». (https://www.burlo.trieste.it/nasce-fondazione-burlo-garofolo). Ora però bisogna ricordare che un ospedale retto da una fondazione non è un ospedale pubblico, e talvolta le fondazioni, che ricevono pure soldi pubblici e donazioni private, come ci ha insegnato anche ‘Report’, in Italia danno da pensare. Ma sicuramente non è questo il caso.
I membri del Consiglio di amministrazione della nuova ‘fondazione Burlo’ risultavano essere, al momento della sua creazione: «Enrico Samer, presidente e amministratore delegato della Samer & Co Shipping, Stefano Pace, Sovrintendente del Teatro Verdi di Trieste, Anna Mareschi Danieli Presidente di Confindustria Udine e Dirigente del Gruppo Danieli Spa, Chiara Mio, Professore ordinario del Dipartimento di Management dell’università Ca’ Foscari di Venezia e Presidente della Banca Popolare Friuladria, Serena Zacchigna, docente al Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute dell’Università di Trieste, Ada Murkovic, già direttore amministrativo del Burlo, Gabriella Clarich, già responsabile della Struttura complessa di odontostomatologia del Burlo, e, in rappresentanza delle mamme e dei genitori, Tatjana Familio, responsabile dell’Ufficio stampa di PromoTurismo FVG». (https://www.burlo.trieste.it/nasce-fondazione-burlo-garofolo).
Nuova fondazione e nuovo denaro da privati. (Da: https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2018/02/23/news/ospedale-burlo-garofolo-nasce-la-nuova-fondazione-1.16514343).
Non da ultimo, «nella Fondazione hanno un ruolo decisivo la Regione FVG, il Comune di Trieste e l’Università di Trieste che hanno individuato i propri rappresentanti in seno al Cda, Mio per la Regione, Clarich per il Comune e Zacchigna per l’Università». (Ivi).
A questo punto io mi chiedo che tipo di progetto questi signori tutti rispettabili, ma forse con scarsa dimestichezza con i problemi dei bimbi e dei genitori, possano avere per il Burlo, nuovo ospedale pediatrico regionale, e se il volerlo al vertice delle pediatrie locali ed udinese (se sopravviveranno) non possa configurarsi come una ingerenza in farmaci da usare, protocolli da seguire, cure da fare, insomma permetta di volgere verso quella sanità in mano alle multinazionali, alla politica, alla finanza che invero spaventa più del taglio degli alberi a Cattinara, e di cui parlava, tempo fa, anche la giornalista Federica Angeli. Infatti a me, che sono stata psicopedagogista e docente anche di bambini della scuola dell’infanzia, fa un po’ senso che Confindustria, Promoturismo, la Samer & Co Shipping, ditta esperta in viaggi Italia Turchia, decidano come investire i soldi di un ospedale pediatrico fra l’altro regionale. Ma sicuramente è limite mio.
E mentre questo progetto per i nostri bimbi sta prendendo piede sopra la nostra testa, e noi dobbiamo seguire ogni giorno i nuovi balzelli della politica, per non mettere il vaccino covid 19 obbligatorio, lo stesso Massimiliano Fedriga ha fatto appello alle multinazionali perché si precipitino, non si sa a quali condizioni ed a fare che, in Fvg, donando loro denaro pubblico. (Diego D’ Amelio, Fedriga lancia la sfida: «Investimenti dall’estero priorità del nostro 2022», Pronti 15 milioni all’anno per attrarre multinazionali attive nella ricerca applicata. Il 2021 del governatore: «Sanità più forte, legge per la famiglia e patti finanziari», in: Piccolo 24 dicembre 2021).
Sapete, mio padre diceva sempre che certe leggi, certi cambiamenti non certo nel senso della chiarezza, certe rivoluzioni venivano fatti od iniziavano sempre durante le vacanze, quando la maggior parte della gente pensa ad altro. E non a caso si sta parlando di nuova sanità Fvg, il che non fa paura, terrorizza, e dovrebbe terrorizzare tutti. Perché ai cittadini andava bene la sanità com’era prima del 2014, non cambi epocali con il rischio di diventare cavie di nuovi modelli e sperimentazioni, magari in mano all’economia ed alla finanza, senza neppure saperlo od averne almeno discusso.
Secondo me, e scusatemi se ve lo dico, qui bisogna stare attenti e vigili, come le vergini di quella parabola del Vangelo che narra delle 10 fanciulle che andarono incontro allo sposo con un lume in mano, ma solo 5 di loro presero anche l’olio perché il lume non si spegnesse. Così dobbiamo essere noi: attenti, vigili a quello che la nostra giunta regionale ci propone o meglio, e scusatemi la franchezza, impone, perché poi non potremo più far nulla, né esprimere il nostro dissenso. E per essere saggi non basta preoccuparsi dell’immediato, ma necessita una visione d’insieme, un pensare anche al futuro. (Ivi). Perché siamo noi che pagheremo, che pagheremo tutto. Quindi è importante cercare di vedere bene ciò che sta accadendo.
(https://www.ildolomiti.it/blog/alessandro-anderle/la-parabola-delle-vergini-accorte-e-di-quelle-stolte-per-essere-saggi-non-basta-preoccuparsi-dellimmediato-ma-e-necessaria-una-visione-dinsieme).
Ma, presumibilmente, per un progetto forse di vendita della sanità alle multinazionali e per la “Burlo fondation” ci vuole un edificio nuovo, di rappresentanza, e dove parcheggiare sia facile, ha magari pensato qualcuno anche di questa giunta regionale, che continua quanto ideato dalla precedente, inserendo il Burlo nel contesto di uno dei più grandi ospedali della regione per adulti, in modo, magari, che la vicinanza possa far catturare qualche medico, qualche operatore, possa influenzare, possa …. Così la sanità finirà forse cooptata dalle esigenze del privato, ma noi, naturalmente, ci auguriamo di stare sempre bene ed, in particolare, che stiano sempre bene i nostri bimbi e ragazzi.
Ma non ci sono solo questi aspetti che mi preoccupano. Mi preoccupano sia l’idea di un ospedale regionale pediatrico che di un hospice regionale. Innanzitutto il Burlo di Trieste è totalmente decentrato dal resto della regione, e dico questo per motivi oggettivi. Se un hospice pediatrico regionale ci deve essere, il luogo più centrale della regione è Udine.
Inoltre questa giunta ma temo pure la precedente, hanno sposato un modello di sanità tecnicistica basata su mega-strutture, che contemplano un concetto di accentramento – concentramento- per tipologia ed età degli ammalati. E pur essendo presente questo prototipo di sanità anche in Serracchiani- Telesca, in questo Fedriga e Riccardi mi paiono maestri. Questo modello teorico di sanità, che fa pesare la spesa spesso sulle famiglie e che non tiene conto né di aspetti affettivo-relazionali né di legami territoriali, non prende in considerazione i reali problemi della regione e dei suoi cittadini, perché basato su una pianificazione finanziaria-aziendale che è una tragedia per l’utenza che non è formata da oggetti, da ‘anime morte’, da pupazzi.
Copertina della carta dei diritti del bambino morente. (Da: https://www.unosguardoalcielo.com/la-carta-dei-diritti-del-bambino-morente/).
In questa visione computerizzata della sanità, per quanto riguarda i bimbi morenti, per esempio, non si tiene conto dei problemi complessi che essi presentano, anche dal punto di vista psicologico e sociale e della ‘carta di Trieste’ (Cfr. Carta dei diritti del bambino morente – Carta di Trieste su vari siti), ritenendo che per fare un hospice pediatrico bastino 800.000,00 euro e qualche posto letto. Per quanto riguarda poi la ‘carta di Trieste’, e vi garantisco che si chiama proprio così, essa contiene l’elenco dei diritti di questa tipologia di bimbi, che non possono venir curati. Perché le cure palliative sono rappresentate da una serie di farmaci che limitano il dolore e la paura, ma che non curano, e questi minori hanno pure bisogno di un sollievo psicologico, di un accompagnamento reale, di morire nel proprio letto, con gli oggetti cari accanto, con le persone care vicino, non in una struttura fredda, igienica, circondati da oss e personale sanitario, che dovrebbe rappresentare quella perfezione che rende tutto di ghiaccio. Perché la politica sa bene, anche se dichiara altro, che in un hospice, pediatrico o meno, si va a morire, non a farsi curare.
Ed «è il bambino […] che paga il conto più alto: subisce e vive in prima persona il peso della malattia e della inguaribilità, della separazione, della perdita del futuro e non infrequentemente della solitudine e di tutto quello che la malattia determina, delle proprie paure e dei propri pensieri». (carta-dei-diritti-del-bambino-morente, in: https://www.fondazionemaruzza.org/, p. 8).
Ed ai punti 8 e 9 di detta carta, si può leggere che il bimbo inguaribile ha il «diritto di avere accanto la famiglia e le persone care adeguatamente aiutate nell’organizzazione e nella partecipazione alle cure e sostenute nell’affrontare il carico emotivo e gestionale provocato dalle condizioni del bambino, e di essere accudito e assistito in un ambiente appropriato alla sua età, ai suoi bisogni ed ai suoi desideri e che consenta la vicinanza e la partecipazione dei genitori», non solo di un posto letto. Ma come pensano Fedriga e Riccardi di creare un hospice, decentratissimo rispetto al resto della Regione, solo con 800.000,00 euro, quando sono stati dati 5 milioni per il municipio di Forni di Sopra, dove si poteva sistemare il vecchio edificio con minor spesa, e 2 milioni dallo stato per una fontana, che non ha nulla di diverso da tante altre, e una pavimentazione con pietre dure per la piazza di Tolmezzo? Valeva invero la pena di concedere quella somma per potenziare un minimo le oncologie pediatriche, cercando di ottimizzare pure la rete di interventi territoriali per i minori, si spera pochissimi, tragicamente ammalati. Inoltre come non notare il comportamento quanto meno curioso dell’assessorato regionale alla sanità quando prima taglia servizi al Centro bimbi del Gervasutta, costringendo alcuni genitori a curare i loro figli a pagamento, per pretendere poi di creare, con una cifra irrisoria, un nuovo hospice pediatrico a Trieste? (Cfr. https://www.friulioggi.it/udine/liguori-denuncia-riduzione-servizi-centro-bambini-gervasutta-4-maggio-2021/).
Ed a questo punto il consiglio regionale dovrebbe chiedere anche un atto aziendale di indirizzo all’ assessore Riccardi, relativo alla politica sanitaria regionale, perché tutto pare affidato all’improvvisazione ed all’idea del momento, in attesa di conoscere pure quello stilato dall’Asufc, che pare alcuni abbiano visto altri no. E mi dicono che l’assessore parla sempre di impossibilità a programmare causa covid, ma questo accade perché anch’egli, in due anni, non ha progettato cosa fare per la pandemia/endemia; e sostiene di non poter far nulla perché mancano medici ed infermieri, ma se si distrugge la sanità di una regione giocando a risparmiare lo spicciolo ed a sfruttare il personale, come nelle fabbriche, e non si indicono concorsi, e se le guardie mediche lavorano a chiamata e con partita iva, come pensa il Fvg di essere attrattivo per le professioni sanitarie, se fra l’altro è vero che in altre regioni vengono meglio pagate?
E io credo che in ogni pediatria si potrebbe trovare un letto per un bimbo morente ed i farmaci finali, permettendo per il resto di farlo vivere in casa, senza modificare tutto, senza che si trovi circondato, in luogo straniero, da bimbi malati come lui. E per i farmaci per bimbi senza futuro forse basta che il medico li prescriva, un infermiere territoriale li inietti se per via endovena, e che chi accudisce il minore sia formato a come intervenire se del caso. E la Regione Fvg potrebbe, invece, prevedere un contributo per personale operatore socio sanitario di assistenza, adeguatamente formato, che operi a domicilio e per infermieri di comunità.
L’attuale rdificio dell’ospedale pediatrico ‘Burlo Garofolo’. (Da: http://www.telepordenone.tv/articolo/Salute/TRIESTE-points-_IL_BURLO_GAROFOLO_SI_AMPLIA_DOPO_83_ANNI_/13/82080).
Non solo: ora i cittadini lavoratori spesso non hanno tutti i diritti di un tempo, e possono essere precari, sfruttati, schiavizzati, con partita iva o contratti a chiamata, a termine e via dicendo, e non possono permettersi di vivere fuori casa per accompagnare un figlio verso la fine. Pertanto sarebbe a mio avviso opportuno creare delle reti territoriali di supporto a minori e parenti, e cercare di mantenere il più possibile i minori che non hanno speranza nel loro paese, nella loro casa, con i loro giochi od oggetti accanto, cercando di far fare loro una vita il più possibile normale, pur fra le mille avversità, insomma di applicare anche a loro quei principi che hanno rivoluzionato l’approccio al minore diversamente abile. E credo sia possibile cercare di costruire, nei vari ospedali della regione, una stanzetta per questi bimbi vicino a casa, e far prescrivere le cure a loro da un medico esperto, che può muoversi lui, senza centralizzare e segregare un minore in difficoltà, creando pure disagi e spese alle famiglie. Del resto l’assessore stesso ha dichiarato di voler investire, nel 2022, dato che ormai pare decida solo lui, per potenziare la sanità territoriale (Cfr. https://www.ilfriuli.it/articolo/salute-e-benessere/-nel-2022-la-sanita-territoriale-e-l-obiettivo-centrale-/12/257845) e quindi inizi a farlo.
Non da ultimo, il 3 gennaio 2018, compariva sul ‘Il Gazzettino’ di Venezia un articolo di Paola Treppo intitolato: “Pronto il progetto per il centro cure palliative; l’hospice per 15 famiglie”, in cui si legge che, per gli adulti, è previsto un hospice, con relativo centro per cure palliative, in grado di accogliere 15 persone, accompagnate e assistite anche dai propri familiari, ad Udine, presso l’ospedale Santa Maria della Misericordia. (https://www.ilgazzettino.it/nordest/udine/nuovo_centro_residenziale_cure_palliative_hospice_udine_ospedale-3461459.html). Ma allora, se il centro cure palliative per adulti è ad Udine, perché non pensare, semmai, in questa città uno spazio pediatrico per i bimbi morenti?
Intanto bimbi da pediatria di Udine sono stati spostati al ‘Burlo’ per mancanza di infermieri, che però non sono attratti da questa regione, e non vorremmo che fosse l’inizio delle prove generali per una pediatria accentrata a Trieste. (Cfr. https://www.friulioggi.it/udine/pochi-infermieri-pediatri-udine-bambini-trasferiti-altri-ospedali-26-ottobre-2021/). Inoltre dove non vi è una pediatria non ci può essere ostetricia. Ed infine non vorrei che si mettessero a posto spazi con soldi pubblici, per dare poi servizi in gestione ai privati.
Walter Zalukar, che fu primario del pronto soccorso di Cattinara e consigliere regionale Fvg. . (Da: http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2013/12/31/news/zalukar-resta-al-lavoro-fino-al-2019-1.8390301).
Lo stesso dott. Walter Zalukar, consigliere regionale, ha criticato l’idea di costruire il ‘nuovo Burlo’ ed il suo progetto, che include anche l’ospedale di Cattinara. E così ha scritto: «Il punto sulla ristrutturazione dell’Ospedale di Cattinara illustrato dal Direttore Generale di Asugi, Poggiana, ha suscitato non poche perplessità visto che il progetto sembra rimanere tale e quale a quello presentato nel 2012, quasi non fossero passati dieci anni e non ci fosse stata la pandemia che ha rivoluzionato gli schemi organizzativi e progettuali della sanità in tutto il mondo. Dovunque è in corso un ripensamento degli ospedali facendo tesoro della lezione dataci dalla pandemia e da scenari che prospettano il ripetersi di simili aggressioni virali. L’albergaggio (stanze singole a pressione negativa), stanze quarantena ed isolamenti andranno considerati, e così percorsi separati, nuovi modelli di pronto soccorso, diverse modalità di accesso, ecc. Di tutto ciò l’attuale progetto Cattinara con il Burlo accorpato sembra non tener debito conto.
Già, il Burlo. Nell’ottobre 2020 la Regione ha finanziato l’adeguamento delle nuove strutture per l’ospedale infantile con 7,2 milioni di Euro, a inizio 2021 è stato inaugurato il nuovo pronto soccorso costato 450mila euro, sono previsti ambulatori, ludoteche, foresterie, negli spazi esterni nuovi parcheggi. Ma cosa si farà di tutte queste risorse tra pochi anni se il Burlo andrà a Cattinara?L’idea di trasferire il Burlo a Cattinara risale ad inizio secolo, sono passati oltre 20 anni e molti dei presupposti che ne motivavano la scelta sembrano venuti meno. Siamo oggi sicuri che il gioco valga la candela? Che non ci siano delle alternative per riqualificare e rilanciare l’IRCCS Burlo nell’attuale sede? Ci si riferisce a tre linee strategiche per l’istituto pediatrico: mantenimento della qualifica di IRCCS, rilancio della ricerca in sinergia con altre realtà triestine (Università, Area di Ricerca, SISSA) –in particolare quella traslazionale- e miglioramento della sua complessiva attrattività sia clinica che di albergaggio. Si tratta di linee strategiche interrelate il cui accorto sviluppo con le risorse appropriate porterebbe il Burlo a rivestire un ruolo ancor più importante non solo nella realtà locale e regionale, ma anche in una macroarea che comprende Slovenia, Austria e Veneto. (…). Una rivisitazione del progetto che veda il Burlo restare nella sua sede storica si accompagnerebbe alla possibilità di migliorare sensibilmente la riqualificazione del polo di Cattinara, in quanto la diversa destinazione dei volumi già previsti per l’istituto pediatrico consentirebbe un salto di qualità eccezionale delle degenze sotto gli aspetti di comfort, benessere e privacy dei pazienti, nonché della loro sicurezza». (Walter Zalukar, Ristrutturazione Cattinara Burlo: non sprechiamo questa occasione per rilanciare la sanità triestina – Cosa ne pensano i candidati a sindaco?, in https://www.facebook.com/w.zalukar/posts/4499715056775570, 9 ottobre 2021, con il permesso dell’autore).
Pineta Cattinara. (Da: https://triestecafe.it/it/news/politica/comitato-per-la-pineta-di-cattinara-quot-giu-la-pineta-di-cattinara-per-costruire-l-autosilo-e-il-nuovo-burlo-quot.html).
Ed intanto, ci dicono Laura Stabile, medico e senatrice F.I., e Paolo Radivo del comitato per la salvezza della pineta di Cattinara, pare si stia predisponendo tutto per distruggere quest’ ultima. Ma così va il mondo in Fvg, se la gran parte dei cittadini tace.
Per ora mi fermo qui, chiedendo a voi di leggere questa mie considerazioni, scrivendo pure se ritenete che io mi sbagli, e se erro correggetemi. Senza voler offendere alcuno, ma solo per esplicitare quanto temo, questo ho scritto.
P.S. Esposto alla Corte dei Conti. Mi è giunta notizia che Paolo Radivo, del Comitato spontaneo per la pineta di Cattinara e giornalista, ha trasmesso, giovedì 30 dicembre 2021, alla Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia un esposto volto ad appurare se vi sarebbe danno erariale nel costruire a Cattinara il nuovo ospedale materno infantile “Burlo Garofolo” e il relativo autosilo con i soldi di quella stessa Regione FVG che proprio ora sta finanziando la ristrutturazione e l’ampliamento della sede storica dell’ospedale materno infantile in via dell’Istria.
Laura Matelda Puppini
L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle già inserite nel testo. L.M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/perche-no-al-progetto-del-burlo-come-pediatria-di-riferimento-ed-hospice-pediatrico-per-la-regione/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2021/12/burlo-resize.php_.jpg?fit=572%2C280&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2021/12/burlo-resize.php_.jpg?resize=150%2C150&ssl=1ECONOMIA, SERVIZI, SANITÀIl 18 dicembre 2021 compariva su Il Piccolo di Trieste un articolo di Andrea Pierini intitolato: “Cure palliative ai bimbi malati. “Il Burlo prepara il suo hospice”. Sottotitolo: “Con 800 mila euro dell'amministrazione Fedriga l'istituto rafforza il proprio ruolo come Centro di riferimento regionale per i minori affetti da...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
C’ è chi ha sottolineato come l’accentramento in strutture di presunta “eccellenza” in sanità possa essere nocivo, sia per il sovraffollamento delle stesse che per la mancanza di sana concorrenza nella ricerca medica e clinica, precludendo la possibilità di far carriera per posizioni apicali, e la capillarità sul territorio dell’assistenza medico-sanitaria. Concordo pienamente.
“In Italia circa 11.000 bambini con malattia inguaribile e/o terminale (1/3 oncologica-2/3 non oncologica) hanno necessità di cure palliative pediatriche. La loro condizione fa sì che abbiano bisogno di essere seguiti da una rete d’assistenza specialistica e multidisciplinare che comprende un team di cure palliative pediatriche di terzo livello, i servizi territoriali e quelli ospedalieri più vicini al luogo di vita del minore. Tale rete d’assistenza è completa se al suo interno è previsto il coinvolgimento del pediatra di libera scelta, che conosce il bambino e la sua famiglia dalla nascita. (…).
Ciò permette alla famiglia di vivere questa figura assistenziale come primo alleato, permettendo ai suoi componenti di sentirsi insieme e non soli di fronte ad un’esperienza così devastante come il percorso di accompagnamento alla terminalità del proprio figlio. (…). I pediatri di base diventano comprensibilmente i clinici più importanti per la famiglia perché, se il rapporto sanitario non si è mai interrotto, sono i professionisti che da più tempo conoscono il bambino, la sua famiglia e il contesto sociale e relazionale in cui vivono”. (Valentina De Tommasi, Monica Minetto, La morte del bambino e la gestione del lutto: problemi sommersi che mettono in crisi, in: https://www.area-pediatrica.it/archivio/2646/articoli/27177/).