Ho ascoltato gli interventi di Marco Lepre e Franceschino Barazzutti a Videotelecarnia, non essendo a Tolmezzo al momento dell’incontro pubblico intitolato: “La Carnia ieri, La Carnia oggi, La Carnia domani?”  
Essi hanno riassunto alcuni punti salienti della storia della Carnia dopo la Liberazione, che qui riprendo come da me appuntati. Ma non hanno proposto nulla sull’oggi e sul domani che sarà pur da affrontare, e uno dei due ha sostenuto che la gente di Carnia deve ancora esprimersi. Ma vedremo come lo abbia già fatto non solo tantissime volte, senza essere di fatto ascoltata, e finendo magari per maledire “il Governo, il Papa, il Re”, ma anche ora.

Pure la parte di storia che ci hanno raccontato Lepre e Barazzutti appartiene alle fasi in cui il popolo chiese … ma non ottenne, in un quadro di accentramento udinese, tanto amato in particolare dalla DC, che non lasciava repliche.

Ma partiamo dallo ‘sciopero della Carnia’ del 1967. (1). Passato il dopoguerra, i carnici guardavano angosciati- come ha ricordato Marco Lepre – agli effetti della Sade, che aveva prodotto energia per altri, ma impoverito e dissestato il territorio; agli effetti dell’alluvione del novembre 1966, che aveva contribuito a cancellare le segherie, ucciso 12 persone e provocato 15 milioni di danni;  all’Enel che non pagava più i sovra-canoni elettrici, alle distanze tra casa e lavoro, a quella militarizzazione forzata del territorio che imponeva servitù di ogni tipo. Con la legge 18 dicembre 1959, n. 1079, era stata tolta l’imposta comunale di consumo sul vino, fonte di entrate per gli enti locali, ed ora si voleva cancellare il trasporto merci su ferrovia, essendo già sparito quello passeggeri.

Poi il terremoto che fu esperienza scioccante che mise tutti in ginocchio ma che in Friuli ebbe anche, nella ricostruzione, una delega di funzioni ai sindaci ed una proposta popolare, poi scemata. Senza i comitati delle tendopoli e gli incontri con la popolazione, forse Gemona e Venzone non sarebbero come si presentano ora, ma come paesi anonimi di case in muratura o prefabbricate. (2).

Ricordava inoltre Franceschino Barazzutti quella legge 1102 del 1971 – Nuove norme per lo sviluppo della montagna –  che aveva istituto le Comunità Montane, tanto sostenuta anche dall’onorevole socialista Bruno Lepre, che però poi andò, come il solito, a svanire nei suoi totali effetti benefici a causa della parificazione di comuni collinari e di bassa quota a quelli montani; quel tentativo di autonomia che allora i sindaci carnici cercarono di attuare attraverso la stesura del primo statuto, poco ben visto dalle alte sfere, e quindi le recentissime lotte per l’acqua e per l’elettrodotto interrato. Si possono ancora ricordare le manifestazioni contro le servitù militari, in particolare quelle in opposizione al poligono del Bivera, il tentativo, ben più recente, di creare una provincia della Carnia, le manifestazioni e gli scritti contro la centrale di Amaro, la lotta in difesa del tribunale che aveva portato in corteo più di 1000 persone il 30 giugno 2012 (3); i numerosissimi convegni ed incontri sulla montagna. (4).

Possibile che da ciò non sia scaturito nulla? O una risposta adeguata politica, alle richieste della gente, tranne che nella fase della ricostruzione, mancò, regalandoci il non desiderato e cioè il super – carcere tolmezzino; una pineta rovinata a Villa Santina dall’impianto di compostaggio, cattedrale nel deserto; impianti sportivi non si sa per chi e perché; ampie proprietà boschive vendute all’uno ed all’altro, senza pensare di acquisirle; paesi con la loro ‘zona industriale’, la loro ‘zona artigianale’, la loro… Leggete per cortesia la lucidissima analisi di Tiziano Miccoli al I° Convegno sul tema: La cooperazione nella nuova Comunità Montana”. Tolmezzo il 26 febbraio 1972” (5). Metri e metri di suolo furono rubati all’ambiente ed ad una economia ad esso più rispondente, e finirono a pesare sulle nostre comunità. Si sposarono, sbrigativamente, i modelli di ‘sviluppo’ in voga, per poi cadere in un nuovo ‘sottosviluppo’ e la Carnia continuò ad essere zona emarginata o depressa o area interna, a seconda dei diversi momenti. (6).

Le cattive politiche, i giochi al ribasso, la ricerca ad oltranza del ‘becjut’, fine a sè stessa, a lungo andare si pagano, qui come là, come il non badare all’inquinamento ed ai dissesti idrogeologici, in nome dei posti di lavoro.

E Miccoli, senza peli sulla lingua, ci ha detto la causa di alcuni fallimenti: il considerare la Carnia un caso a sé; il parlare sempre di “montagna in crisi”, senza cercare positività; l’essere molti amministratori locali abbagliati da prospettive fantastiche; il volere ogni comune, nel proprio piano urbanistico, zone residenziali per una popolazione doppia o tripla di quella presente in loco, una grande, grandissima, zona industriale ed una artigianale, oltre una per un possibile sviluppo turistico; il dissesto idrogeologico.  (7).
«Il dissesto idrogeologico, di anno in anno, assume proporzioni tali, – scrive Tiziano Miccoli – con manifestazioni ricorrenti e ben visibili, per cui le possibilità di una vera ed accettabile soluzione del complesso problema si sono contratte a tal punto da essere, ormai, sostanzialmente nulle.  (…). Il bosco, che dovrebbe essere un elemento determinante per un’agricoltura in montagna, soprattutto in virtù della sua produttività proprio sui terreni non accessibili dalle macchine agricole e non facilmente utilizzabili a pascolo, è distribuito e frazionato in modo assurdo, coltivato in modo casuale, spesso soltanto malamente sfruttato». (8).

«È infatti mancata, ed ancora manca, una qualsiasi forma di sostanziale programmazione, per cui si sono finanziate e si finanziano iniziative tutt’ora in concorrenza collocate spesso sul territorio nel modo più irrazionale e molte volte concepite in modo errato, quasi esclusivamente per orgoglio di partito politico, con prospettive di ulteriori fallimenti e con un irresponsabile sperpero di pubblico denaro.-  E il pubblico denaro, sperperato e cioè buttato via, fino a qualche anno fa, e per certi casi tuttora, nell’elargizione di contributi ad apparente vantaggio dei singoli ma a grave, concreto e definitivo danno dell’intera comunità, […] per ammodernamenti e nuove costruzioni di stalle e fienili oggi cantine, depositi non agricoli, e garages neppure funzionali, per acquisto e vendita (sarebbe più giusto dire svendita) di bestiame selezionato, non è valutabile a pochi milioni, ma a centinaia e centinaia di milioni». (9).

Quanta ragione ha Miccoli in questo caso, quanti soldi si sono buttati senza una visione d’insieme e senza guardare, come si fece al momento della creazione della Comunità Carnica, alle esperienze estere, in particolare a quella elvetica! Si sono sposate mode, ogni vincitore delle elezioni ha voluto, come nello stato italiano negli ultimi anni, regalare una riforma o una nuova cementificazione, in nome di uno sviluppo mai studiato, nelle sue ipotesi di realizzazione, fino fondo. Chi si è fatto bello o ha creduto di farsi tale con una piazza, chi con un bocciodromo, chi con una pista di pattinaggio, chi con un arco per il Giro d’Italia, chi con … senza chiedersi per chi si stesse costruendo, magari dopo aver distrutto altro (cfr. a Tolmezzo passaggio fra piazza XX settembre e piazza Centa, prima realizzato su progetto Francesco Schiavi, poi demolito e quindi pavimentato con inserimento nel progetto Lenna e c., oppure la distruzione del giardino pubblico della ex- ferrovia di Ovaro che ricordava il tenino a scartamento ridotto, solo per fare due esempi), pagando fior di quattrini pubblici per abbellimenti o presunti spazi sportivi anche discutibili e riempiendo i comuni di mutui.

È forse questo vivere e progettare la montagna come risorsa? – mi chiedo.

Romano Marchetti, invece, da anni parla di Udine come la città accentratrice, ed a cui molti politici locali hanno guardato invece di guardare verso le vette alpine, di raggi possibili di pendolarità, di distanze dei luoghi di lavoro che comportano uno spostamento di interi nuclei familiari, eppure ciò non è accaduto in Trentino Alto Adige. Ci ha narrato di vivai, di stalle sociali, dell’allevamento delle capre, sino a Baita Torino. Non pensava certo ad una Carnia il cui futuro sarebbe stato quello di moto rombanti sui sentieri, di poligoni di tiro per amatori e non, di pista guida sicura, e chi più ne ha più ne metta. Nessuno di noi, amanti della nostra terra, avrebbe pensato alle moto cavalcate, ai trial, alle gare di rally, tutti nell’ottica immediata del becjut, (magari mai giunto, o giunto per un giorno solo), sulle nostre montagne, ed i cui sentieri percorriamo a piedi, come dovrebbero fare tutti.
Inoltre che interi nuclei familiari si stessero spostando non più solo verso l’estero, ma verso l’interno, ed anche persone diplomate e poi laureate, è stato pure da me sottolineato nel mio: “Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975”. Anni di tentativi, proposte, ricerche di una economia più consona, ma anche il modificarsi dei paesi e della loro vita, sono magistralmente descritti da Romano Marchetti nel suo “Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, a cura di Laura Matelda Puppini, Ifsml, Kappa – Vu ed, 2013, che vi invito a leggere.

E PASSIAMO ALLE PROPOSTE.

Non è vero che l’ attuale Carnia agonizzante non si sia espressa sui temi che le stanno a cuore e su una progettualità futura: semplicemente la politica che governa sinora non ha saputo o voluto affrontare seriamente alcuni elementi di criticità e di possibile crescita locale in nome del neoliberismo, del taglio della spesa pubblica, con i soliti eh mah, e via dicendo.
A settant’anni dalla Liberazione, le richieste sono spesso le stesse, mentre il territorio si degrada inesorabilmente, grazie a partiti di destra e sinistra che passano per il centro, che parlano ma non affrontano i problemi reali, che scambiano il senso di responsabilità con lo smorzare qualsiasi richiesta non di ‘becjuz’, per poi, in sintesi, fare quello che avevano già deciso, come la gente non contasse nulla. E così mostrano e praticano una politica che palesa il mero esercizio del potere, che allontana invece che avvicinare, che smorza invece che affrontare, che promette senza mantenere. E ciò va avanti da una amministrazione regionale all’altra, da un governo all’altro, dalla comunità montana poi commissariata e svuotata di potere all’Uti, mentre la realtà mostra il suo volto tragico.
Eppure quando la morente Comunità Montana della Carnia, con commissario Lino Not, si occupò di possibili suggerimenti per il piano paesaggistico, essi sortirono dalla popolazione, e io li riassunsi nell’articolo intitolato: “Piano paesaggistico regionale e richieste della popolazione carnica”, in: www.nonsolocarnia.info. (10).

Cosa chiedevano i carnici allora?

Il «Mantenimento e cura dell’elemento acqua nel paesaggio comprensoriale, maggiore controllo locale nella gestione del bene acqua».
Come?
Con la revisione dell’attuale livello di minimo deflusso vitale, con il mantenimento dell’acqua in superficie nei greti dei fiumi, con impossibilità a deroghe; con opere di sistemazione meno impattanti; con un aumento degli interventi di pulizia degli alvei fluviali e torrentizi; con lo sghiaiamento dei greti secondo metodi scientifici e la costruzione di argini secondo regole definite e snellendo le normative e le leggi che, in materia ambientale, sono troppe e talvolta non convergenti.
Fermando la concessione di utilizzo acque per centraline private ed acquisendo, al termine delle concessioni già date, le centraline esistenti; non permettendo che uffici tecnici diano o.k. ad interventi in ambito territoriale paesaggistico senza delibera di giunta o consiglio comunale, impedendo così l’assalto selvaggio alle acque montane, come qualcuno ha definito il fenomeno in corso; valutando l’impatto di alcune chiuse, come per esempio quella prevista a Caprizi.
Gestendo in proprio il sistema di erogazione dell’acqua potabile, e la ricaduta locale delle risorse economiche collegate alla produzione idroelettrica.
Inoltre sono troppi gli enti che intervengono sulle acque e sull’ambiente.

La «Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio storico, culturale, e architettonico, e archeologico ed, in sintesi, dei beni artistici di valore storico e paesaggistico, dei siti archeologici, di monumenti, musei, di elementi di valore memorialistico e del patrimonio architettonico
attraverso:
Il recupero del complesso detto La Fabbrica a Tolmezzo, e la valorizzazione e restauro, se del caso, di  altri edifici caratteristici e di valore storico nei centri abitati carnici; il restauro, se non già presente, e la valorizzazione delle chiesette carniche erette dal 1300 al 1500 e delle loro opere d’arte, già catalogate dalla Curia e dal Centro Regionale di catalogazione Villa Manin di Passariano, e dei siti archeologici, impedendo il sovrapporsi di competenze che portino a problematiche e conflitti come accaduto, pare, per i siti di Raveo e Socchieve. ll recupero di stavoli e stalle, per esempio quelli presenti in località Valdie ed altri e loro possibile trasformazione in rifugi e bivacchi. La conversione, ove possibile, degli edifici militari dismessi.
Lo snellimento del numero enorme di leggi che sono presenti e la loro conoscenza, la risoluzione della sovrapposizione di competenze e della mancata continuità nei procedimenti.

La Tutela del paesaggio
attraverso:
La valorizzazione della risorsa bosco, non dandola in gestione a privati, commassando ma lasciando la proprietà e non dandola in uso a grossi gruppi, ed evitando il taglio raso dei boschi e la vendita di grosse proprietà boschive e malghe a privati anche esteri;
La valorizzazione dei parchi già esistenti come quello delle Colline Carniche, finanziato e poi di fatto abbandonato, essendo terminati i finanziamenti, e creazione di nuovi parchi.
Il recupero siti degradati.
L’eliminazione del poligono del Bivera.
Il divieto transito di moto su sentieri e di attività motoristiche che possano disturbare la fauna, distruggere la flora, rovinare i sentieri, che vengono, tra l’altro, mantenuti dal C.a.i. attraverso l’opera di volontari.
La creazione del catasto tavolare previsto.
La continuità nei procedimenti e la non approvazione di progetti come quello del villaggio turistico previsto sullo Zoncolan da parte di privati, che possono togliere servizi a valle per portarli in quota.

Una progettazione integrata per una viabilità migliore ed adeguati servizi per tutti e la creazione di percorsi tematici a fini anche turistici
attraverso:
la redisposizione di una adeguata manutenzione delle strade esistenti e del manto stradale, sia all’interno dei paesi che per quanto riguarda strade Anas e Fvg strade.
In particolare gli abitanti della Carnia domandano: servizi essenziali per tutti, anche per le piccole frazioni, fra cui: punto vendita alimentare; servizio comunale recupero foraggi dei privati, banda larga per permettere studio e telelavoro; progettualità comprensoriale e non comunale anche i per poli sciistici; attenzione all’impatto paesaggistico per elettrodotti.
Per quanto riguarda i sentieri si chiede: l’aumento dell’intervento anche privato nella manutenzione, nella segnaletica, nell’arredamento dei sentieri, in particolare per quanto riguarda quelli vicini ai centri abitati, l’omologazione della segnaletica, sull’esempio di Torino; la creazione di percorsi tematici.

La Valorizzazione del patrimonio agro-silvo-pastorale ed il mantenimento della biodiversità
attraverso:
La diminuzione dell’inquinamento floristico con piante alloctone, la diminuzione delle specializzazioni e omologazioni dei coltivi, l’incentivo all’utilizzo di sementi locali e la creazione di figure che si curino del territorio con forme specifiche di contratto; e la creazione di cooperative per la pulizia e manutenzione del territorio.
Una pianificazione della gestione pubblica- privata del bosco condivisa, ed anche in funzione dell’utilizzo locale di biomasse a fini energetici; Piani agricoli e commassazione mantenendo la proprietà; la valorizzazione dell’agricoltura non intensiva; Incentivi per il mantenimento delle specie autoctone ed il recupero di varietà locali; la creazione di filiere di produzione con adeguato marchio, il contenimento della fauna selvatica.
Per l’alpeggio: semplificazione normativa per produzioni malghive; il favorire forme di co- investimento, gruppi di acquisto solidale, marketing dei prodotti locali. Si richiedono, inoltre: figure che si curino del territorio con forme specifiche di contratto; e la creazione di cooperative per la pulizia e manutenzione del territorio;
la tutela delle specie vegetali autoctone e la creazione, in collaborazione con l’Università di Udine, di una “banca” dei semi autoctoni, per non giungere a problemi, come già accaduto, di contaminazione delle specie autoctone con altre importate, per esempio foraggi, ed al fine di valorizzare la biodiversità.

La valorizzazione e recupero attività legate al territorio
anche attraverso il recuperodi alcune attività artigianali riguardanti il territorio che stanno andando perdute, come le conoscenze, e la creazione di corsi professionali che le riprendano ed insegnino, sotto la guida di artigiani anziani esperti, salvandone il bagaglio culturale legato allo specifico ambientale. (11).

Nel 2013, alle porte della nuova legislatura regionale, ad un incontro a Lauco, il I Maggio, organizzato dal Pd, avente come oggetto il lavoro, mi alzavo e chiedevo che si ritornasse al vecchio concetto di operaio, non solo edile, e che i muratori rimasti a casa iniziassero, dopo debiti corsi di riconversione, ad agire per il mantenimento del bosco. Inoltre scempi ulteriori, come l’autostrada che avrebbe distrutto la piana di Cavazzo, dovrebbero venir cancellati.

Infine la Carnia ha sempre domandato una sanità adeguata e rispondente ai suoi bisogni. Ed ha chiesto la valorizzazione della cultura, affidata a mani capaci e tecniche, mentre spesso si è prodotto di tutto e di più, ma senza grossa competenza, trasformando l’uno e l’altro in esperti, e confondendo un memoriale personale con un testo di storia degli accadimenti.

Cosa abbiamo ottenuto sinora?

Nulla di quanto richiesto, né con gli uni né con gli altri, se non qualche briciola per opere inutili, come le piste di pattinaggio, i campi di tennis o i bocciodromi ed altro, frutto non certo di una richiesta ponderata, ma di una visione senza ottica d’ insieme e futura, sognando ancora sviluppo e turismo, quando 18 milioni di italiani sono in povertà. Il tribunale se ne è andato, la polizia pure, i militari si sono spostati in pianura, la sanità viene sempre più accentrata, mentre in montagna si continua credo a morire più che altrove. Il poligono del Bivera è là, come quello di Illegio, moto continuano a scorrazzare sui sentieri fregandosene del lavoro di quelli del Cai, e Tolmezzo merita un discorso a parte per quanto è brutta ed invivibile, con tutto a pagamento ed una piazza che ha tolto anche le 2 panchine che vi erano per parlare insieme senza dover bere un caffè. Il comune continua a non misurare il rumore prodotto da varie situazioni, e il piano regolatore è stato di fatto stravolto dalle ‘mille’ varianti.

Quello che si nota in Italia e qui è il modificarsi del ruolo delle pubbliche istituzioni, stato, regione, comuni in testa, che invece che portare avanti e sostenere le richieste dei cittadini, impongono spesso dall’alto le loro scelte, bocciando quanto i cittadini domandano, pronte ad inventarsi qualche scusa “per rasserenare il popolo”. E si è tornati ad una politica che previlegia il leader, tanto cara a Mussolini, con i suoi gerachi, gerarchetti, podestà e similari, che imponevano quello che il ‘duce’ e le alte sfere volevano, anche dal punto di vista economico. Ora come allora? – mi chiedo.  e certamente il ‘Rosatellum’, legge che pare fatta apposta per mandare un gruppo al potere, non fa ben sperare.

Intanto con l’Uti si è passati dalla Comunità prima Carnica poi Montana, all’Unione dei territori impersonali, che non sono più comunità ma meri spazi geografici e forse terre da sfruttare, con il potere e le scelte decisionali in mano a una persona o due. Vi ricordate le scelte di Francesco Brollo sulla chiusura di Carniacque ed il precipitoso passaggio a Cafc con un anno di anticipo, vi ricordate il suo scegliere, assieme a Gallizia, per noi, di portare il laboratorio analisi a Udine, vi ricordate…?

Che fare? Riprendere, secondo me, in mano un programma già scritto dai carnici ai tempi del piano paesaggistico e trovare in che mani affidarlo, vigilare, chiedere alla politica di riprendersi il suo ruolo, mandare a casa chi non si è dimostrato capace di sostenere praticamente, e non solo a parole, le nostre richieste di cittadini, ed incominciare a parlare a discutere anche del nostro futuro, come abbiamo dimostrato di saper fare, ascoltando, leggendo, informandoci, senza la paura che ormai si palesa sui volti di moltissimi italiani, assieme alla fatica di vivere. Dobbiamo ritornare ad essere fieri di essere italiani e di questa nostra Italia tanto bistrattata, e dobbiamo smettere di pensare alla montagna come una zona depressa guardandola e vivendola come risorsa. E ringrazio Paolo Iussa per avermi inviato lo scritto che ho riassunto in: “Dalla montagna perduta alla montagna risorsa”.

Quale Carnia, domani? Se continua così è facile capirlo, sarà terra di conquista con tutti i problemi sollevati irrisolti, altrimenti non lo so. Ma so che il “vento soffia ancora” e che la speranza è e deve essere l’ultima a morire, che bisogna scegliere bene i nostri rappresentanti, che si può fare cultura con un blog, che si può organizzare incontri con sindacati, partiti, ecc., che si può cercare di riprendere in mano la progettualità della Carnia, senza timore. Siamo cittadini di uno stato democratico, non siamo sotàns.

E termino dicendo che ho scritto queste righe senza voler offendere alcuno, e per aprire un dibattito sulla Carnia del futuro, partendo da quello che è già stato detto.

Laura Matelda Puppini

Ringrazio per alcuni suggerimenti grafici Paolo Querini. L’ immagine che accompagna il testo è una foto da me scattata nel 2017 in zona castel Valdaier- Ligosullo, e l’ho scelta perchè mi piace e rappresenta quei fiori che tenaci vivono qui, nel verde, e che vorremmo tutelati come il nostro ambiente. Gli articoli linkati in nota si trovano tutti pubblicati su www.nonsolocarnia.info e sono miei. Laura Matelda Puppini

Note.

(1) Cfr. il mio: La Carnia tace. Ma non fu sempre così. Il grande sciopero del 29 novembre 1967.

(2) Per il terremoto cfr. anche i miei “Quei terremoti del 1976, che cambiarono il Friuli”,
Terremoto del Friuli e ricostruzione. Esiste un “modello Friuli” e cosa si dovrebbe imparare da questa esperienza?
1976. Dopo i terremoti del 6 maggio e del 15 settembre, la gente abbandona i paesi. L’esperienza del Centro Operativo Scolastico Scuola Elementare per sfollati di Grado.”

(3) Tribunale di Tolmezzo: la marcia dei 1000 per dire no alla chiusura. Gesto simbolico di 44 sindaci del circondario, che hanno consegnato le fasce tricolori in prefettura. La manifestazione da piazza XX Settembre al carcere di massima sicurezza, in:  http://www.udinetoday.it/cronaca/manifestazione-tribunale-tolmezzo-30-giugno-2012.htm.

(4) Cfr. “Montagna problema nazionale” – Tolmezzo 6-7-8 novembre 1986, prima ed. ’Ifsml, seconda ed. Cassa Rurale ed Artigiana ed i numeri del periodico Nort, edito dal Gruppo Gli Ultimi;

Cooperare per vivere di Laura Puppini  

 “Quali proposte per il futuro della Carnia e della montagna friulana? A margine degli Stati generali per la montagna, recentissimi…”;

Montagna, imprenditorialità, cooperazione: con l’anpi a Paluzza”;

Quale politica per la montagna in questa Italia?

Dalla montagna perduta alla montagna risorsa.

 “Salvaguardia della montagna e piccoli comuni. Riflessioni su alcuni temi presentati ad un convegno”;

FVG. AAS3 E SANITÀ IN MONTAGNA.

Economia, beni primari, ed Aree dette ora “interne”, nel quadro dell’Europa della finanza,

(5) Carnia, problemi di oggi problemi di ieri. L’intervento di Tiziano Miccoli al I° Convegno sul tema: La cooperazione nella nuova Comunità Montana”. Tolmezzo il 26 febbraio 1972”,

(6) Cfr. Economia, beni primari, ed Aree dette ora “interne”, nel quadro dell’Europa della finanza”.

(7) Carnia. Problemi di oggi problemi di ieri, op. cit.

(8) Ibid.

(9) Ibid.

(10) “Piano paesaggistico regionale e richieste della popolazione carnica”.

(11) Tutti i punti sono ripresi da: Piano paesaggistico regionale e richieste della popolazione carnica”.

Laura Matelda Puppini

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