Quale organizzazione sanitaria si vorrebbe per il futuro in Italia? Parte terza. L’organizzazione ‘ospedaliera’.
Il 6 ottobre i medici Miglio e Moretti hanno parlato della riorganizzazione della rete ospedaliera, che, a mio avviso, è un guazzabuglio, punta solo al risparmio, da qualsiasi parte la si veda, è teorica e non tiene conto di una miriade di problemi pratici.
Secondo i relatori fin dal 1978 il sistema sanitario nazionale si è strutturato su due assi: l’ospedale e tutto ciò che non è ospedale, che avrebbe dovuto afferire al distretto. Ma il distretto è sempre risultato ben poco ‘visibile’ agli occhi del cittadino, a cui viene a mancare la sensazione che, al di fuori dell’ospedale e dell’ambulatorio del MMG, esista un “luogo” di integrazione fra sociale e sanitario. Inoltre, a livello di servizi territoriali, non è tutto chiaro ed uniforme, perché, per esempio, all’interno della stessa regione vi possono essere servizi, come il servizio sociale che in alcune realtà amministrative fa capo ai comuni, in altre all’Azienda Sanitaria di competenza, in altre ancora il personale operativo è pagato dai comuni ma lavora nei locali delle Aziende Sanitarie, confondendo e confondendosi. e così via. E le ipotesi concrete per integrare la sanità ospedaliera con quella territoriale non hanno trovato ancora una loro realizzazione pratica.
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Sugli ospedali di comunità.
La riforma poi prevede tre tipologie di ospedali, e tra questi vi sono gli ospedali di comunità, impropriamente definiti così perchè non sono assolutamente né ospedali né di comunità, secondo i relatori, ma che risultano essere delle residenze sanitarie assistenziali allargate e con posti ricovero, per poter accogliere i dimessi dagli ospedali che hanno bisogno di uno ’spazio intermedio’ prima della domiciliazione. E in Friuli ne si prevede uno a Gemona, uno a Maniago, uno a Cividale, uno a Sacile, con riconversione degli ospedali esistenti, e sicuramente uno a Codroipo, che, da quanto mi risulta, dovrebbe essere una ‘new entry’. Essi, per svolgere le loro funzioni, avranno un numero limitato di posti letto (dai 15 ai 20 ciascuno) e saranno gestiti da personale infermieristico, mentre l’assistenza medica «sarà assicurata dai medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta o da altri medici dipendenti o convenzionati con il Sistema sanitario nazionale. I posti letto complessivi negli ospedali di comunità saranno 482, di cui 148 in area di Asugi, 210 in quello di Asufc e 124 in quello di Asfo». (1).
Ma secondo il dott. Miglio o il dott. Moretti, potrebbe essere prevista, come lo era alla rsa tolmezzina, anche la presenza di un medico per qualche ora al giorno, essendo, in teoria però, i pazienti stabilizzati. Ma una persona dimessa da un ospedale, magari in fretta e furia per liberare un posto letto, potrebbe anche aggravarsi, potrebbe non avere bisogno solo delle ‘pilloline’ e via dicendo. Io a Tolmezzo ho visto ‘parcheggiati’ nella rsa, e scusatemi il brutto termine, pazienti di ogni tipo: da ‘senza speranza’ a post infartuati, a soggetti dimessi dopo interventi di protesi all’anca, e via dicendo che, secondo me, avrebbero avuto bisogno, magari, di essere seguiti in modo diverso. Inoltre fino ad ante covid (poi è stata un Caporetto per tutta la sanità), le residenze sanitarie assistenziali si reggevano sulla presenza dei parenti che portavano pure, ma non solo, conforto ai ricoverati.
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Inoltre il progetto ‘ Missione Salute’ prevede che in detti ospedali di comunità, definiti come strutture sanitarie territoriali, possano venir ricoverati anche pazienti che, «a seguito di un episodio di acuzie minore o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che necessitano di assistenza e sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio o in mancanza di idoneità del domicilio stesso (strutturale o familiare)». (2).
Ora io non ho capito per nulla questa parte del testo, perché non è chiaro cosa i politici e gli uffici preposti (dato che poi la causa di tutto viene spesso affibbiata a loro), intendano per ‘riacutizzazione di patologie croniche’. E mi spiego meglio. Se uno ha la pressione alta in genere, ma tenuta sotto controllo farmacologicamente, e quindi ha una patologia cronica curata, ed ad un certo punto la massima gli va a 200 o più, o la minima va a 110, cioè ha una riacutizzazione di una patologia cronica, deve esser portato di corsa in pronto soccorso o nella rsa allargata, dopo che non si sa chi ha proceduto a fare una visita della casa per vedere se il soggetto può stare lì?
Ed ancora, solo per fare un altro esempio, se uno ha una fibrillazione atriale sotto controllo, e poi questa riprende improvvisamente per troppo stress o per un picco pressorio, cosa si deve fare? Inoltre chi firma che il soggetto aveva una ‘riacutizzazione’ ma non problematica? Perché la riacutizzazione di una patologia cronica è un fatto acuto, che lo si voglia o meno. Pertanto se qualche medico o politico mi volesse spiegare questo elaborato concetto, gli sarei grata. Non meno incomprensibile e misterioso è per me il concetto di acuzie minore, la cui diagnosi non si sa chi dovrebbe, fra l’altro, fare, visto che i medici di base resteranno chiusi nelle loro case della comunità come del resto ora in ambulatorio, che si passerà alla per me follia della telemedicina, e che, per ora, i medici non sanno utilizzare la sfera di cristallo. Inoltre queste sottigliezze non si sono mai sentite in trattati di medicina, ma può darsi che io non le conoscessi o che qualcuno le abbia inventate or ora, sentendosi poi un benemerito.
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Inoltre una casa della comunità può esser collocata pure all’interno di un ospedale di comunità, e qui le cose si complicano parecchio, perché se è solo una questione di locali, ma con separazione rigorosa dei due servizi, è un discorso, altrimenti diventa una complicazione della complicazione già presente. Infatti vi immaginate un medico di base che corre tra casa di comunità ed ospedale di comunità? Per quanto riguarda invece una sanità in mano ad infermieri, ho già affrontato il problema in alcuni articoli ed apre ad un mare di contenziosi legali, in particolare se, esulando dal loro mansionario, infermieri si mettono a fare i medici, tentazione che spesso hanno, almeno da quanto ho visto io, e se erro correggetemi (3).
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Interessante è pure il fatto che, per il Governo, la casa cioè il domicilio debba diventare luogo primario di cura dell’anziano, che quindi dovrebbe avere un computer, saperlo usare, tenerlo aggiornato, coprirlo da ogni virus, e via dicendo, senza mai vedere un medico od essere visitato, ma attraverso quella irrealtà della telemedicina, che distrugge ogni fiducia e relega alla comunicazione orale pure con ignoti mai visti ogni rapporto medico. E non entro nel merito neppure della cell- medicina, che ha limiti grossi come una casa. Non solo: per non spendere, tutto ciò che comporta l’assistenza di un anziano non autosufficiente o, comunque, con dei limiti oggettivi di autogestione, dalla somministrazione cure, alla vigile osservazione, all’analisi dati, all’assistenza etc. etc. viene delegato alla famiglia, i cui componenti, magari, lavorano o non ne hanno le forze e sono senza mezzi di aiuto, come per esempio un sollevatore. Per quanto riguarda i non autosufficienti, questo concetto della domiciliarietà della gestione è stato stabilito dall’ultima legge delega Draghi, che però deve essere approvata dal nuovo governo e deve trovare 7 miliardi di copertura finanziaria. Essa ha ottenuto il plauso di alcuni, che domandano però subito la valanga di soldi promessa per pagare i servizi, precisando pure che il soggetto non autosufficiente non può stare però sempre relegato in casa, e la critica di altri. (4). Ma vi è pure un ‘emergenza “case di riposo”, dato dall’aumento stratosferico delle bollette di acqua luce e gas, come ci informa ‘Avvenire’ con l’articolo: “Caro bollette. Lasciare al freddo i malati o chiudere. Le Rsa: «Servono aiuti subito», pubblicato online il 7 ottobre 2022.
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Poi ci sono i fai da te, a livello di sanità territoriale, e questa è l’ultima chicca, appresa dal Messaggero Veneto il 16 ottobre 2022. (5).
Forse in previsione delle elezioni che si avvicinano, forse per altri motivi, il comune di Udine, con sindaco il leghista Pietro Fontanini, ha deciso di creare gli ambulatori di quartiere, da collocarsi nella periferia udinese, da nord e sud. Ma attenzione, perché detti ambulatori non sono dotati di medico ma in mano ad un infermiere della C.R. I. convenzionato ed a Federfarma. L’infermiere potrà fare prelievi ematochimici e strisce per il glucosio, oltre che offrire informazioni sulla prevenzione agli anziani, dando però, e questo lo dico io, anche i limiti di età di erogazione degli screening gratuiti nei diversi settori, perché il pap- test non te lo fanno dopo una certa età (65 o 67 anni), la mammografia neppure (forse fino a 70 o 72 anni). Inoltre la propaganda per questi esami di prevenzione, presenti da oltre 15 anni in Fvg, viene fatta in ogni luogo, in particolare per la mammografia.
Non conosco invece sino a quando sia concesso fare l’analisi delle feci per la prevenzione del tumore al colon retto, e mi pare che nessuno abbia previsto una visita urologica di screening, gratuita, per i maschietti, per controllare la prostata e l’apparato urogenitale dopo una certa età, anche se esiste il progetto “percorso azzurro” di sensibilizzazione, dedicato alla prevenzione e diagnosi precoce dei tumori maschili, leggibile sul sito della Lilt (Lega Italiana per la lotta contro i tumori).
Ed io mi sono chiesta: non sarà questo un modo di esternalizzare, privatizzandolo, il servizio infermieristico territoriale e di toglierlo magari piano piano alla domiciliarietà, costringendo il paziente ad andare in un ambulatorio infermieristico, invece che l’infermiere venire in casa? Non solo: non incominceranno gli anziani ad andare dall’infermiere invece che dal medico? Io qualche domanda me la farei, se abitassi ad Udine. Non solo: chi è diabetico ha la macchinetta in casa, ed anche ottantenni sanno utilizzarla e trasmettere i dati al medico per modulare le cure, non si sa chi prescriverà le analisi di laboratorio, dove verranno eseguite e chi le referterà. Perché l’infermiere di distretto preleva i campioni ma poi li porta a refertare nel laboratorio aziendale, ma i privati … E poi quanto costa tutto questo? E si è fatta una indagine fra l’utenza del gradimento possibile per detto servizio? Ma torniamo agli ospedali di comunità.
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Un grande ospedale di comunità a Codroipo.
Anche in questo settore il Fvg, come il solito, fa di testa sua, ed ecco comparire l’ospedale di comunità con inglobato hospice, che però non è la sua funzione. Esso nascerà a Codroipo, avrà 64 posti letto (6), poco meno dell’ospedale di Tolmezzo per la medicina interna, che ne ha 78 più 3 per il day hospital (7), e costerà 14 milioni solo per erigere la nuova struttura che lo ospiterà, se ho ben compreso e se i conti sono corretti. Di questo passo, credetemi, era meglio lasciare tutto come prima del 2012, perché queste rivoluzioni per tagliare le spese non fanno altro che mettere in crisi l’intera sanità e far spendere inutilmente non in personale che manca, ma in strutture di cui non si sente il bisogno. Infatti veniamo a sapere che, per l’ospedale di comunità di Codroipo sono stati già stanziati 6 milioni di euro, a cui si aggiungeranno altri 8 milioni per il secondo lotto, e che i posti letto, 64 appunto, saranno così ripartiti: 10 posti letto per Suap (Speciale Unità di Accoglienza Permanente), 12 posti letto per Hospice, 30 posti letto per l’ospedale di comunità, 12 posti di post acuti e servizi ambulatoriali. (8).
A me francamente tutti questi posti letto in un ospedale di comunità, cioè una rsa allargata, paiono eccessivi, per quasi 50.000 abitanti nel distretto di Codroipo. Non da ultimo, sono finanziati solo 7 ospedali di comunità nel 2022 per il Fvg, ma se incominciamo a farne di nuovi e sovradimensionati per posti letto … Infatti ogni ospedale di comunità, come già scritto, prevede dai 15 ai 20 posti letto, su una popolazione di 50.000 persone. Ed ancora: qualcuno mi ha detto che Codroipo ha già una residenza sanitaria assistenziale pubblica, e su internet ho trovato che è la ‘Daniele Moro’, con strutture che paiono più che adeguate, e 129 posti letto SA per anziani (9). Si noti, inoltre, che l’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona Asp Daniele Moro di Codroipo gestisce pure i servizi socio-assistenziali, socio-sanitari e socio-educativi sul territorio del medio Friuli; i servizi sociali dei comuni dell’ambito di Codroipo; una residenza per anziani non autosufficienti a Codroipo; una comunità alloggio residenziale e semiresidenziale per disabili giovani e adulti; un centro diurno “casa di giorno” per soggetti anziani affetti da forme di demenza e da morbo dialzheimer e un nido d’infanzia. (10).
Non solo: da un articolo si viene a sapere che nell’ottobre 2021, l’assessore Riccardo Riccardi aveva già destinato «1,8 milioni di euro ad Asufc da investire sull’area distrettuale di Codroipo». «Si tratta certamente – continua il testo – di uno stanziamento rilevante che conferma l’attenzione dell’Amministrazione regionale per le strutture sanitarie e sociosanitarie del Medio Friuli, le quali servono un bacino rilevante di utenti» (11). E, dalla stessa fonte, si viene a sapere che, all’epoca, Riccardo Riccardi dopo l’approvazione dello stanziamento da parte della Giunta, aveva precisato che «nell’area dell’attuale distretto sanitario di Codroipo, per il recupero del quale sono già stati stanziati 4,3 milioni di euro, verrà realizzata una struttura dotata di 46 posti letto: 30 di questi verranno destinati alla Residenza sanitaria assistenziale, 12 all’hospice e 4 alla Speciale unità di accoglienza e assistenza protratta», e che si trattava di una scelta che veniva incontro alle reali esigenze del territorio, «considerando anche l’ampio bacino di utenti afferenti alle realtà sanitarie codroipesi». (12). Ora pare solo che la struttura si sia evoluta in ospedale di comunità con posti letto aumentati, rispetto ad un anno fa.
Ed ancora: a Codroipo c’è pure una grande struttura privata ‘Punto Salute Fvg’, centro con poliambulatori e laboratorio analisi (13), e il paese dista 30 chilometri da Udine e 30 da Pordenone ove si trovano due ospedali non certo di base. Ora mi pare proprio che i codroipesi siano fra i fortunati e benedetti dal cielo e che non dovranno avere molti problemi a livello di strutture che erogano sanità, fra pubbliche e private. Ma forse il disegno è quello di trasformare Codroipo in una cittadella della salute attrattiva pure per altri pazienti fuori distretto? Non lo so, chiediamocelo. E se erro correggetemi. Inoltre siamo sicuri che il Medio Friuli e il distretto di Codroipo coincidano?
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Due realtà a confronto: il distretto di Codroipo e quello dell’Alto Friuli.
Il distretto di Codroipo comprende i seguenti comuni (14), oltre Codroipo con 15.909 abitanti al 31/12/2020 (non ho trovato il dato 2022): Bertiolo con 2.369 abitanti all’1/1/22, Basiliano con 5.238 abitanti il 31 dicembre 2020 (non ho trovato il dato 2022), Camino al Tagliamento, con 1.542 abitanti l’1/1/2022; Castions di Strada con 3.707 abitanti al 30/9/ 2021, Lestizza con 3.653 al 30/9/2021, Mereto di Tomba con 2524 abitanti all’1/1/2022, Mortegliano con 4.815 abitanti all’1/1/2022), Sedegliano con 3.692 abitanti all’1/1/2022, Talmassons con 3859 abitanti all’ 1/1/2022, Varmo, con 2620 abitanti all’1/1/2022, che in tutto, se ho ben sommato, fanno 49.928 residenti. Quindi, se un ospedale di Comunità spetta ogni 50.000 abitanti, non ci dovrebbero essere problemi ad assegnarne uno al distretto di Codroipo, anche se ha qualche residente in meno.
E l’Alto Friuli, intendendo con questo termine la Carnia con il Canal del Ferro e la Val Canale e naturalmente Gemona, quanti abitanti ha? La Carnia ne contava, l’1gennaio 2022, 36.097, suddivisi tra Tolmezzo e altri 26 comuni, con rari servizi e grandi distanze, Gemona ne aveva, alla stessa data, 10.543; il Canal del Ferro e Val Canale, cumulativamente, 10.225, ma non è specificato quando, ma pare dopo il 2017. Sommando questi dati, la popolazione dell’Alto Friuli risulta formata da 56.865 persone, ma disperse in piccoli nuclei anche montani e con strade non certo di pianura come Codroipo.
Pensate, per esempio, che chi abita a Forni di sotto deve percorrere 33 chilometri solo per raggiungere Tolmezzo, ed il tempo previsto di percorrenza è di 31 minuti (15). Se invece abitate a Rigolato, che dista circa 27 chilometri da Tolmezzo, non si sa quanto impiegherete, perché la ex- statale e ora regionale 355 è sempre intasata di camion anche provenienti dal Trentino Alto Adige, i cui autisti forse non intendono pagare autostrade o fare qualche chilometro in più in Veneto. Infine se abitate a Sauris, dovete percorrere ben 38 chilometri per giungere a Tolmezzo; se vi trovate a Tarvisio, e non volete spendere pure 5 euro o più per l’autostrada, dovrete fare ben 62 chilometri per arrivare a Tolmezzo e 74 chilometri per giungere a Gemona del Friuli, un po’ meno se utilizzate l’autostrada, ma lievitano i costi. Quindi io ritengo che sia impossibile vivere in Alto Friuli con la ristrutturazione della sanità da taglia tu che taglio anch’io’ di Regione e Stato, perché, a causa della politica, non sarebbe una ‘good practice’ per l’utenza vivere lì al fine di tutelare la propria salute. Ma purtroppo alcuni di noi amano la propria terra.
Ed il buon senso prevederebbe un aumento di efficienti punti di pronto soccorso su un territorio così vasto ed articolato in piccoli centri, ed il mantenimento dei poliambulatori che erano e sarebbero utilissimi per la popolazione e degli MMG di paese, senza macchiavelliche case della comunità, oltre che quello degli ospedali territoriali di Gemona Maniago e Cividale, Sacile, che nessuno pretende siano dei doppioni del Santa Maria della Misericordia, ma neppure che siano riconvertiti in rsa, rimanendo invece di riferimento pure per la medicina di base. Per esempio una parte della chirurgia minore potrebbe esser svolta in detti nosocomi, e così la medicina interna, senza andare ad intasare il Santa Maria della Misericordia, che risulta pure lontano ed eternamente privo di personale numericamente adeguato, il che potrebbe favorire l’allungarsi delle liste di attesa. Per fortuna Tolmezzo resta ospedale di base, ma fuso con San Daniele, unione, quest’ultima, non molto riuscita secondi i dottori Miglio e Moretti, anche perché, e questo lo dico io, Tolmezzo aveva già un consolidato legame con Gemona del Friuli in Ass3 e Aas3, mentre San Daniele riferiva ad Udine ed all’Ass4; ma anche per un problema di viabilità e distanze e per uno di mentalità e vissuti della popolazione dell’Alto Friuli, che ben poco ritiene San Daniele di riferimento e ben poco lo ha sperimentato come tale.
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Secondo i relatori, la rete ospedaliera ‘hub e spoke’, contempla ora: ospedali di comunità, che non sono né ospedali né di comunità, ospedali base, come quello di Tolmezzo, che, come in precedenza, risponderanno alle acuzie entro certi limiti, ed infine ospedali di primo livello come Pordenone, per esempio, e di secondo livello, tecnologici e adatti per le grandi emergenze, che sono in Fvg Udine e Trieste.
Ora questa strutturazione pone non pochi problemi, a mio avviso. Se Udine è un ospedale per grandi criticità a livello regionale, quale struttura avrà il compito di svolgere la funzione di ospedale di base per la città di Udine? E lo stesso discorso vale per Cattinara, a meno che non sia ancora in vita il Maggiore, che però, dopo il suo forte depotenziamento, non so che ruolo svolga.
Inoltre si fa un gran parlare di rete, interconnessione etc. ma un medico o opera, visita, cura, o sta ore interconnesso, quando ci riesce. Perché non sempre la connessione è presente, perché con la mole di connessioni alle stesse fasce orarie, i computer possono bloccarsi o rallentare enormemente, e una immagine della realtà resta tale. E fare il medico o l’operatore finanziario non è la stessa cosa. Inoltre vi sono casi come il mio dove, se uno consulta il solo fascicolo elettronico, o percorre la via errata o non capisce nulla, e spesso anche gli MMG hanno bisogno di parlare con i colleghi, di chiedere una informazione su di una analisi, su di un referto e di conoscere, magari, come accadeva un tempo, chi sta al telefono opposto.
Ma può accadere che un MMG non riesca neppure a reperire chi ha firmato una analisi dopo plurime telefonate, e che in questa nuova organizzazione i medici non si parlino più o che vadano a formare una casta sempre più chiusa alla vita dei loro pazienti, senza comunicazione interpersonale, diventando la scrittura, come sta accadendo, strumento privilegiato di comunicazione. E, per inciso, alcuni referti fanno pensare che lo scrivere per rappresentare l’esito di una visita o di un accertamento, sempre più in questo mondo dominato da ‘Tik Tok’ e ‘Istagram’, non sia una dote di alcuni medici, e così la comprensione può diventare ardua anche per i colleghi. Mi chiedo poi e per esempio, cosa si capisca da alcune relazioni post- operatorie o post- ricovero, senza richiedere cartella clinica. Ma in genere dette relazioni sono compilate da un infermiere/a e solo firmate da un medico, per questioni di tempo. E vi garantisco che non sto scherzando.
Non da ultimo, vorrei sapere cosa poi ricorda un medico di un tele- cell- consulto, per quanto riguarda il riferito dal paziente. Perché in corso visita potrebbe annotare, ma mentre passa da una telefonata all’altra … senza magari capir bene neppure chi stia dall’altra parte … anche perché il paziente è sempre più solo un nome, non un volto … Ed il fascicolo elettronico è formato da referti specialistici, ma se ora deve fare tutto l’MMG … Scusate se lo scrivo: ma l’ho detto pure nel mio intervento come pubblico il 6 ottobre: che caos!!!!
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Quanti soldi con il Pnrr per la sanità! Ma per cosa?
A livello nazionale, il Pnrr, che implica comunque cifre anche da rendere (16), «ha destinato alla Missione Salute 15,63 miliardi di euro, pari all’8,16% dell’importo totale, per sostenere importanti riforme e investimenti a beneficio del Servizio sanitario nazionale, da realizzare entro il 2026. Ma complessivamente le risorse straordinarie per l’attuazione del Pnrr e il rinnovamento della sanità pubblica italiana superano i 20 miliardi di euro». (17).
Inoltre le finalità per cui detti soldi devono essere spesi sono le seguenti: «ridisegnare la rete di assistenza sanitaria territoriale con professionisti e prestazioni disponibili in modo capillare su tutto il territorio nazionale, per una sanità che sia vicina e prossima alle persone; innovare il parco tecnologico ospedaliero, digitalizzare il Servizio sanitario nazionale, investire in ricerca e formazione del personale sanitario per una sanità più sicura, equa e sostenibile». (18).
Quindi, per raggiungere gli obiettivi, il Pnrr prevede in particolare due tipologie di interventi: quello su “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”, che implica pure la riforma dell’assistenza territoriale come premessa, e quello su: “Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale, che prevede pure interventi relativi al completamento del Fascicolo Sanitario Elettronico”, finalizzati al miglioramento della capacità di erogazione e monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza attraverso più efficaci sistemi informativi; al potenziamento della ricerca scientifica ed all’accrescimento delle competenze del capitale umano del Servizio sanitario nazionale attraverso la formazione. (19).
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Ma molto è stato deciso e reputo si deciderà in sanità a livello nazionale, anche su come utilizzare, insieme a quelli del Pnrr, altri fondi, per esempio per aumentare lo stipendio al personale medico e sanitario (20) o per il «riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico», fra i quali c’è, se non erro, in Fvg il Burlo Garofalo di Trieste (21), ma anche per l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero; per rendere gli ospedali sicuri e sostenibili; per il rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione; per la valorizzazione e potenziamento della ricerca biomedica del SSN ; per investimenti sul personale sanitario; per un Ecosistema innovativo della salute (22). Pertanto non è assolutamente detto che le Regioni possano fare di testa propria. Se poi si intende investire in strutture edilizie, in Fvg e non solo credo ce ne siano a sufficienza.Inoltre non pare che con fondi Pnrr si possa pagare il personale, ma non sono gli unici fondi a cui lo Stato può attingere per la sanità.
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Altri problemi sollevati dai relatori all’ incontro del 6 ottobre 2022 a Tolmezzo.
Un primo grosso problema è quello che le riforme vengono calate dall’alto e che le comunità non vengono ascoltate. E, da quel che io so, fin dai tempi della Serracchiani, ben pochi sindaci partecipavano alla Consulta che avrebbe dovuto mediare fra cittadini e vertici aziendali, e le problematiche sono emerse soprattutto grazie ad altri, (comitato gemonese, nonsolocarnia, Cjargne Online, rappresentanti di minoranza e poi anche di maggioranza al comune di Tolmezzo, consiglieri di minoranza in regione, CoSMo, quotidiani anche online, etc.) non grazie a chi avrebbe dovuto, in prima persona, portarle all’attenzione dei ‘sorestanz’ sanitari, per quanto consta. E se erro correggetemi.
I due medici: Miglio e Moretti, si sono augurati che i cittadini possano esser ascoltati, in modo da volgere ad una riorganizzazione del ssn e ssr che tenga conto delle loro esigenze. Ma ora vi è poco tempo perché le Regioni devono costruire e presentare il piano territoriale entro 6 mesi dal mese di luglio 2022, e ben poco si è visto all’orizzonte. Ma tutti, utenti, personale sanitario, medici, politici dovrebbero ora come ora, sapere, in modo preciso ed esaustivo, dove stanno andando a finire il ssr ed il ssn. Ed è anche un loro diritto.
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Non è per nulla chiaro in cosa si investirà in futuro: certamente una sanità con personale risicato non sta in piedi, e si creano strutture nuove bisogna anche riempirle non solo di computers. Vi sarà pure un investimento in ‘tecnologie e risorse’ ma dovrebbe esser meno vago e meglio specificato. E può accadere che si abbia un robot ‘Da Vinci’ ma solo un medico che lo sa usare, e se è in ferie o si sposta, nessuno. Insomma bisogna non solo avere i macchinari ma anche personale formato in modo specifico.
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Le interconnessioni sono quasi tutte da creare, e la gestione dell’acuto da seguire con un protocollo di trasferimento preciso, che non lasci margini di discrezionalità. E non può accadere che un paziente operato all’aorta, e questo lo scrivo io, venga poi spedito all’ ospedale di base dopo l’intervento, perché magari lo stesso non è attrezzato a rispondere ad eventuali emergenze.
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Manca ancora l’idea di una integrazione fra ospedali e territorio, che è tutta da costruire, come la sua realizzazione. Ed i cittadini devono esser accompagnati verso la prossima nuova realtà, non lasciati soli. Ed anche il coinvolgimento delle Università regionali nell’ambito della ‘ricerca ed innovazione’, della analisi e proiezione della sostenibilità finanziaria, dei progetti di sviluppo generale ma anche di abilità e competenze adeguate per il personale operativo in sanità, resta per ora spesso solo sulla carta. E non vi può essere un potenziamento dei servizi territoriali se non vi è un ospedale di riferimento territoriale, ma questo aspetto non è stato preso in considerazione.
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Per quanto riguarda il pronto soccorso di Tolmezzo, non solo vi sono solo le criticità già evidenziate dal dott. Pierpaolo Pillinini nel suo intervento ad Ovaro, da me trascritto e pubblicato su www.nonsolocarnia.info (23) a cui rimando, ma pure quella data dal numero alto di accessi diurni, per la mancanza del pronto soccorso di Gemona che ne supportava 15.000, ed ora anche del punto di primo intervento che ne supportava 7 od 8 .000, che risulta chiuso. Ma pure gli accessi notturni al pronto soccorso di Tolmezzo sono alti da un po’ di tempo, presumibilmente perché manca la guardia medica e non vi è altro servizio reale presente per chi sta male. Così è andato a finire che i pazienti si sono riversati sui pronto soccorso del capoluogo carnico e di San Daniele, ora più che mai, e gli accessi nell’ultimo anno a Tolmezzo hanno raggiunto la cifra di 25.500. Inoltre il dott. Pillinini ha fatto riferimento ad Ovaro anche al problema dell’alto numero di turisti sul territorio in alcuni perodi, che vanno ad aumentare il numero degli accessi.
A ciò si aggiunge il fatto che un pronto soccorso può funzionare bene se vi è fluidità nel percorso di diagnosi, cura ed eventuale ricovero o in osservazione, o dimissione, ma se il servizio per l’emergenza urgenza deve anche andare a cercare un letto qui e là … Inoltre questi numeri, rapportati al personale in servizio, non permettono la scorrevolezza del flusso dei pazienti, e favoriscono un rallentamento del servizio ed attese prolungate. Ma una situazione pesantissima si rileva pure nei pronto soccorso di San Daniele ed Udine. E così non si può andare avanti, e questo lo dico io.
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L’Italia è la nazione che ha meno posti letto per acuti di Europa: 3 ogni 1000 abitanti, che è una cifra che limita di fatto le prestazioni, ed è il penultimo paese d’ Europa per quota pil per la sanità.
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Non è chiaro, secondo mi pare il dott. Miglio, che ruolo debbano avere i dirigenti, gli amministratori e gli enti del terzo settore nella nuova sanità. Ma non è chiaro, neppure, in questo contesto, che ruolo avrà il paziente come persona con la sua complessità ed il suo habitat socio- culturale.
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Un altro problema, fatto presente mi sembra sempre dal dott. Miglio, è quello della complessità e vastità dell’Asufc, che comprende 134 comuni di cui 90 hanno meno di 3000 abitanti, e sparsi su un ampio territorio che va dai monti al mare. Inoltre detta Azienda Sanitaria ha un bilancio di 1.330.381.540, 00 euro, praticamente molto simile, per cifra, a quello della Ferrero.
Prima di accorpare e centralizzare, si sarebbe dovuta valutare la complessità gestionale di una struttura così grande. Ora ci si chiede se non sarebbe preferibile scindere l’Asufc in sottosistemi, che possano rispondere pure alle esigenze della popolazione di riferimento. Una scelta come questa porterebbe poi a valutare il rapporto fra i dirigenti dei sottosistemi e il dirigente unico.
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Per ora mi fermo qui, per quanto riguarda la carrellata di riflessioni personali che hanno avuto come riferimento l’incontro del 6 ottobre 2022, in quanto credo che ci siano spunti sufficienti per riflettere e discutere. Ringrazio i medici Giancarlo Miglio e Valentino Moretti, relatori, e preciso che ho scritto questo testo senza voler offendere alcuno ma per rendere partecipi voi, lettori, di alcune novità e problematiche presenti. Mi scuso, infine, per la lunghezza del testo.
Laura Matelda Puppini
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NOTE.
(1) Salute: Case e Ospedali di comunità le novità del Pnrr nel Ssr Fvg, in: https://www.regione.fvg.it/rafvg/comunicati/comunicato.act?dir=/rafvg/cms/RAFVG/notiziedallagiunta/&nm=2021092118343600. Questa parte del testo è teorica ma comprensibile, il resto presenta solo parole ed intendimenti.
(2) https://www.pnrr.salute.gov.it/portale/pnrrsalute/dettaglioContenutiPNRRSalute.jsp?lingua=italiano&id=5805&area=PNRR-Salute&menu=investimenti.
(3) Laura Matelda Puppini Sanità: sui risparmi e sulle competenze. Verso la “cinesizzazione” del lavoro nel ssn? In: www.nonsolocarnia.info (https://www.nonsolocarnia.info/sanita-sui-risparmi-e-sulle-competenze-verso-la-cinesizzazione-del-lavoro-nel-ssn/); Cfr. “Verso quale sanità? Le novità degli ambulatori “See and Treat” in mano agli infermieri, e della privatizzazione dei 118, per ora in Lazio… Aggiornato in data 26 ottobre 2016”. (https://www.nonsolocarnia.info/verso-una-ssn-senza-reparti-ospedalieri-e-con-i-nosocomi-gestiti-da-infermieri-e-su-altre-quisquiglie-locali/), e pure: Verso una ssn senza reparti ospedalieri, e con i nosocomi gestiti da infermieri, e su altre ‘quisquiglie’ locali.( https://www.nonsolocarnia.info/verso-una-ssn-senza-reparti-ospedalieri-e-con-i-nosocomi-gestiti-da-infermieri-e-su-altre-quisquiglie-locali/).
(4) Sull’argomento rimando, chi fosse interessato, alla lettura di: “ Via alla riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti” in: www.avvenire.it.
(5) Alessandro Cesare, Aprono gli ambulatori di quartiere per l’assistenza medica e sociale, in Messaggero Veneto, 16/10/2022.
(6) Alessandro Cesare, Ecco il primo ospedale di comunità in Friuli Venezia Giulia: avrà 64 posti letto e costerà 14 milioni, in Messaggero Veneto, 22 settembre 2022. (https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2022/09/22/news/ecco_il_primo_ospedale_di_comunita_in_friuli_avra_64_posti_letto_e_costera_14_milioni-9225363/) e “A Codroipo il primo ospedale di comunità del Friuli Venezia Giulia” (https://udineoggi.news/2022/09/23/a-codroipo-il-primo-ospedale-di-comunita-del-friuli-venezia-giulia/).
(7) Asufc, Relazione sulla gestione dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale – Asu fc – nell’ anno 2020. Allegato 2, p.8.
(8) Codroipo il primo ospedale di comunità del Friuli Venezia Giulia” (https://udineoggi.news/2022/09/23/a-codroipo-il-primo-ospedale-di-comunita-del-friuli-venezia-giulia/).
(9) https://peranziani.it/rsa/udine/codroipo/, 16 ottobre 2022.
(10) https://www.aspmoro.it/home/. 16 ottobre 2022.
(12) Ivi.
(13) https://puntosalutefvg.it/
(14) http://www.aas3.sanita.fvg.it/it/partners/comuni_aas3/distretto4/codroipo.html. I dati sui residenti sono tratti da varie fonti.
(15) https://www.itineraristradali.it/tolmezzo-e-forni-di-sotto
(16) Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è un documento che ha lo scopo di illustrare alla commissione europea la pianificazione degli investimenti dei fondi che verranno stanziati all’interno del programma Next generation Eu (Ngeu). ll finanziamento principale degli investimenti è il Rrf, che prevede entrate pari a 191,5 miliardi di euro e rappresenta il 90% dell’importo. Il fondo React-Eu invece ammonta a 13 miliardi di euro e assieme ad una serie di fondi ulteriori compone il 10%. Per integrare il piano, il governo ha istituito un ulteriore fondo complementare di 30,6 miliardi di euro finanziato tramite lo scostamento di bilancio autorizzato dal parlamento il 22 aprile 2021. Il piano Next generation Eu prevede un’erogazione complessiva di 723,8 miliardi di euro suddivisi tra prestiti e sovvenzioni. Tra gli stati membri che hanno richiesto prestiti possiamo osservare che l’Italia si trova al primo posto con 122,6 miliardi di euro. (https://www.openpolis.it/parole/come-funzionano-i-flussi-dei-finanziamenti-nel-pnrr/).
(17) Per conoscere le cifre esatte in modo dettagliato, cfr. “Le risorse per la salute” in: https://www.pnrr.salute.gov.it/portale/pnrrsalute/dettaglioContenutiPNRRSalute.jsp?lingua=italiano&id=5833&area=PNRR-Salute&menu=missionesalute.
(18) Ivi.
(19) Piano nazionale di ripresa e resilienza. Cos’è la Missione Salute, in: https://www.pnrr.salute.gov.it/portale/pnrrsalute/dettaglioContenutiPNRRSalute.jsp?lingua=italiano&id=5833&area=PNRR-Salute&menu=missionesalute&tab=2.
(20) Cresce lo stipendio dei medici per evitare l’esodo: quanto aumenterà, in: https://quifinanza.it/lavoro/video/stipendio-medici-esodo-quanto-aumenta-sblocco-contratto/670399/, dove si legge che il governo Draghi, per evitare la fuga del personale dal SSN, ha deciso lo sblocco del contratto per il personale sanitario.
(21) Ivi.
(22) Gli investimenti che daranno attuazione alla Componente 2, in: https://www.pnrr.salute.gov.it/portale/pnrrsalute/dettaglioContenutiPNRRSalute.jsp?lingua=italiano&id=5833&area=PNRR-Salute&menu=missionesalute&tab=2.
(23) Pier Paolo Pillinini – Direttore del Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza di Tolmezzo. “Sanità e Pronto Soccorso in montagna, il presente e le prospettive”, in: www.nonsolocarnia.info.
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L’immagine che accompagna il testo è tratta da: https://salutedirittofondamentale.it/pnrr-e-assistenza-sanitaria-territoriale-e-lora-delle-scelte/. L.M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/quale-organizzazione-sanitaria-si-vorrebbe-per-il-futuro-in-italia-parte-terza-lorganizzazione-ospedaliera/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2022/10/pnrr-e-ospedali.jpg?fit=256%2C197&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2022/10/pnrr-e-ospedali.jpg?resize=150%2C150&ssl=1ECONOMIA, SERVIZI, SANITÀIl 6 ottobre i medici Miglio e Moretti hanno parlato della riorganizzazione della rete ospedaliera, che, a mio avviso, è un guazzabuglio, punta solo al risparmio, da qualsiasi parte la si veda, è teorica e non tiene conto di una miriade di problemi pratici. Secondo i relatori fin dal 1978...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
Intanto, mentre si fa teoria, a Gemona del Friuli la sanità non funziona. “Mentre il recente esposto sui disservizi sanitari nel Gemonese, che abbiamo fatto in Procura viene valutato nelle sedi opportune, i Comitati a difesa del San Michele e della sanità territoriale chiedono il sostegno dei cittadini del Gemonese e ne spiegano il motivo”.
Inizia così la nota diffusa da Claudio Polano, a nome dei Comitati gemonesi. “In questi anni abbiamo ricevuto molte segnalazioni verbali relative ad alcuni ritardi dell’arrivo delle ambulanze, sulla mancata presenza della Guardia Medica a Gemona, che ha costretto l’utenza a molte telefonate infruttuose e/o a spostamenti in altre sedi per avere risposta ai propri problemi, alla mancanza del medico notturno al Dip/Suap, ad altri disservizi e non ultimo a ciò che ha comportato per il Gemonese, in termini di mancata risposta sanitaria la chiusura del Punto di Primo Intervento, avvenuta nell’Ottobre 2020”.
“Un servizio fondamentale per il nostro territorio, che verrà riaperto, parole del Direttore Generale ASUFC, Caporale, solo ”quando verrà trovato il personale necessario “! In questo caso la domanda sorge spontanea, perchè non riportano a Gemona il personale che vi operava al momento della sua chiusura? Una richiesta che non ci stancheremo di reiterare, visto l’assoluto silenzio sull’argomento della Regione, dei politici e amministratori del territorio. Per questo chiediamo ai cittadini di segnalarci per iscritto o telefonicamente in modo dettagliato (comgemona2@gmail.com – Cel. 3348456517 ) i disservizi e i problemi che hanno avuto in questi anni, garantendo l’assoluta riservatezza di quanto ci verrà comunicato. Segnaliamo inoltre la necessità di un intervento celere e finalmente risolutore sul tetto del San Michele, che chiediamo da tempo e già finanziato con 700.000 euro, visto che anche con le ultime piogge l’acqua è scesa copiosa in alcuni locali e secchi e altro erano particolarmente numerosi, in particolare nel corridoio di accesso alla sala prelievi. Infine, anche qui dopo numerose rimostranze da parte nostra, prendiamo atto con soddisfazione dei previsti lavori per la riparazione dei 4 ascensori, ora fermi per guasti e/o vetustà. E’ un segnale piccolo ma importante, dimostrando che in mezzo a tante promesse, tutte ancora da realizzare, almeno alcune cose, grazie al nostro costante, puntuale impegno di proposta e denuncia, trovano concreta realizzazione.” (https://www.studionord.news/i-comitati-in-difesa-del-san-michele-raccolgono-segnalazioni-sui-disservizi-al-nosocomio-gemonese/?fbclid=IwAR0Q7fi8xKpWprGbLB8vASyfR_TOX3qBWJNyGp2BciFE3jus5egn6i7vGtA).