Sei anziano e hai il coronavirus? Mi dispiace tantissimo ma ….
Vi sono alcuni aspetti nella società italiana che colpiscono: la mania di protagonismo, il nascondere la portata etica di alcune scelte dietro un apparente “non potevamo fare altro”, il fatto che nessuno paga per i suoi errori per esempio programmatici in sanità, il soggettivismo da “Attenzione che io sono io” appreso da gran parte dei politici che sono i primi a farlo capire, e la possibilità data dai mezzi di informazione di massa a ciascuno che abbia un qualche titolo di esprimere ciò che pensa, senza, magari, pensare. Così ieri sera, tanto per fare un esempio, dopo le pacate parole del premier che ci informava sulle decisioni del governo, un tale “della politica” di quelli che contano, ha lanciato forte e chiaro il suo: “Siamo in uno stato di guerra! Siamo in uno stato di guerra!” con una voce che di pacato non aveva nulla, e che, se fosse vero, comporterebbe più di qualche problema per noi tutti che abitiamo in una Italia schizofrenica e ove impera il “paron son mi”. Ma per fortuna non siamo in guerra, e quindi neppure “in uno stato di guerra”.
Ora qualcuno, magari, ritiene questo uno “stato di guerra”, per farci capire che si deve scegliere chi lasciar fuori dalle stanze della salvezza cioè da quelle delle terapie intensive e chi no, in sintesi chi far crepare. Ma i teatri di guerra son ben altra cosa. In un ospedale locato in zona bellica, dopo un bombardamento, una battaglia, possono arrivare decine e decine di persone in un colpo solo che comunque medici nel vero senso della parola, infermieri di tutto rispetto cercano di curare. Solamente, magari, non operano coloro che sono già moribondi e che, anche se operati, non si riprenderebbero per le ferite, amputazioni, ecc .ecc. subite. Ed è scenario ben diverso da quello del coronavirus. Ma vediamo cosa accade invece ora in Italia, che non è in “stato di guerra” o di “catastrofe”, se si ha chiaro il significato dei termini, ma dove, invece, molti se ne sono fregati delle direttive del governo, tanto da obbligare il premier Conte a estendere la zona rossa a tutta la penisola (La grande fuga in due giorni, folle esodo dalla Lombardia. E Conte estende gli obblighi e i divieti del Nord all’intero paese, Il Fatto Quotidiano, 10 marzo 2020), e la sanità risulta falcidiata da 30 o 36 miliardi di tagli. In compenso miliardi e miliardi, ora, verranno dirottati, ancora una volta, sull’economia.
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Ma veniamo al dunque. L’ oggetto del terrore dell’anziano è il documento firmato Siaarti, Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, leggibile in: http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato2675063.pdf.
E la parte in discussione, quella sulla scelta di chi far vivere o morire senza cure, da parte di medici è la seguente:
«Le previsioni sull’epidemia da Coronavirus (Covid-19) attualmente in corso in alcune regioni italiane stimano per le prossime settimane, in molti centri, un aumento dei casi di insufficienza respiratoria acuta (con necessità di ricovero in Terapia Intensiva) di tale entità da determinare un enorme squilibrio tra le necessità cliniche reali della popolazione e la disponibilità effettiva di risorse intensive. È uno scenario in cui potrebbero essere necessari criteri di accesso alle cure intensive (e di dimissione) non soltanto strettamente di appropriatezza clinica e di proporzionalità delle cure, ma ispirati anche a un criterio il più possibile condiviso di giustizia distributiva e di appropriata allocazione di risorse sanitarie limitate. Uno scenario di questo genere è sostanzialmente assimilabile all’ambito della “medicina delle catastrofi”, per la quale la riflessione etica ha elaborato nel tempo molte concrete indicazioni per i medici e gli infermieri impegnati in scelte difficili. Come estensione del principio di proporzionalità delle cure, l’allocazione in un contesto di grave carenza (shortage) delle risorse sanitarie deve puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la “maggior speranza di vita”. Il bisogno di cure intensive deve pertanto essere integrato con altri elementi di “idoneità clinica” alle cure intensive, comprendendo quindi: il tipo e la gravità della malattia, la presenza di comorbidità, la compromissione di altri organi e apparati e la loro reversibilità. Questo comporta di non dover necessariamente seguire un criterio di accesso alle cure intensive di tipo “first come, first served”. (…). Ai pazienti e ai loro familiari interessati dall’applicazione dei criteri deve essere comunicata la straordinarietà delle misure in atto, per una questione di dovere di trasparenza e di mantenimento della fiducia nel servizio sanitario pubblico. Lo scopo delle raccomandazioni è anche quello:(A) di sollevare i clinici da una parte della responsabilità nelle scelte, che possono essere emotivamente gravose, compiute nei singoli casi; (B) di rendere espliciti i criteri di allocazione delle risorse sanitarie in una condizione di una loro straordinaria scarsità».
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Ora la prima cosa che ricordo è che siamo in Italia, e vorrei vedere chi non trova un posto in terapia intensiva per un mafioso, un politico, un parente suo o del collega ecc. ecc., e mi scuso subito con voi per questo mio pensiero, e mi chiedo pure, non sapendolo, se la Siaarti abbia fatto sentire in modo pressante la sua voce quando tagliavano a più non posso pronto soccorso, aree di emergenza, posti letto per acuti, ospedali, ecc. ecc., in sintesi 30 miliardi in pochi anni (Leoniero Dertona, Sistema Sanitario. 30 miliardi di tagli negli ultimi 10 anni. così sapete chi è corresponsabile della situazione attuale, in: https://scenarieconomici.it/), perché altrimenti è inutile che adesso proponga di decidere chi salvare e chi far morire. Ed in Fvg abbiamo visto un noto anestesista sostenere apertamente la dott. Telesca che tagliava a gogò.
Ma l’aspetto più importante è che così il giuramento di Ippocrate va a farsi benedire, e noi anziani incominceremo a pensare ai medici come dei possibili assassini, che non ci permetteranno le cure perché i vecchi hanno meno aspettative di vita dei giovani. E scusate se non uso i giri di parole di Gian Carlo Caselli, ottantenne, per dire la stessa cosa che egli scrive oggi. (Gian Carlo Caselli, Messaggino ai vecchi: “Crepate”, Il Fatto Quotidiano, 10 marzo 2020). Così, in un colpo solo, la Siaarti è riuscita a far perdere alla maggioranza della popolazione italiana, che è anziana, qualsiasi fiducia nella classe medica ed infermieristica, in particolare dei pronto soccorso ed aree d’emergenza, ed anzi a vivere i medici come nemici. Ma che bella idea!!! E poi quando il documento è stato scritto forse per legittimare alcuni comportamenti come minimo discutibilmente etici, non si era certo in una condizione da “catastrofe naturale” considerata nel documento come condizione a priori. E tristemente penso a Jacum l’infirmir, ed ad infermieri e medici nella seconda guerra mondiale che curarono tutti, e che, come Manlio Fruch, morirono per aver curato tutti. (Cfr. https://www.nonsolocarnia.info/giacomo-solero-esperienze-vissute-per-lospedale-tolmezzino/; https://www.nonsolocarnia.info/carnici-che-scrissero-la-storia-della-democrazia-manlio-fruch-medico-figlio-del-noto-poeta-enrico-di-ludaria-di-rigolato/, solo per citare quelli da me scritti ultimamente).
E giustamente Ivan Cavicchi scrive che, invece, il recentissimo documento Siaarti, in una situazione di pace, sostiene che: «in una epidemia può verificarsi il caso che si crei uno squilibrio tra necessità di cura e risorse disponibili, che in questi casi si tratta di usare l’età del malato come titolo per accedere alle cure, in modo da privilegiare il criterio della speranza di vita e quindi del maggior successo terapeutico (Ivan Cavicchi: Gli anestesisti-rianimatori alla prova, fallita, con l’etica medica, in: https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=82279, 9 marzo 2020) e giustifica tale scelta, tranquillizzando chi la fa. Eppure un tempo, inventandosi un po’ di tutto, medici ed infermieri riuscivano ad agire, in tempo realmente di guerra, anche in città trasformate in macelli.
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Ma temo che, dopo la diffusione pure in rete del documento, sia persino inutile che Ivan Cavicchi lo contesti in modo puntuale, perché ogni medico potrebbe sentirsi autorizzato da una Società che mi auguro abbia un presidente responsabile di ciò che la stessa diffonde, a fare ciò che vuole. E scrivo questo senza voler offendere alcuno, e se erro correggetemi, ma ricordate che io ho avuto già esperienze per me shoccanti in sanità, e vorrei essere portata a sperare di nuovo non a ripiombare nelle paure derivate da allora. E non crediate che non vi siano anche altri come me. Ma invece, magari, incominciamo a pensare che se ti portano in ospedale, dato che sei vecchio, ti lasciano morire, e scusate la franchezza. Ma anche Giampaolo Carbonetto manifestava paure similari nel suo: Vivere e sopravvivere, in: https://carbonetto-udine.blogautore.repubblica.it/2020/03/09/vivere-e-sopravvivere/, legate all’ istinto di conservazione, ed ad una «specie di concetto di legittima difesa». Insomma non vorrei che, come sottolinea anche Gian Carlo Caselli, non andasse a finire che le angosce degli anziani vengano a moltiplicarsi, e si incominciasse, e questo lo dico io, a passare davanti agli ospedali incrociando le dita.
Comunque la prima risposta alla presa di posizione della Siaarti sulle nuove linee etiche e deontologiche veniva da Filippo Anelli, della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCEO), che, dopo aver letto il documento così si esprimeva:
«Abbiamo letto con estrema attenzione il documento diffuso dalla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia intensiva (Siaarti), che definisce criteri di scelta per l’ammissione alle terapie intensive, ove le risorse non fossero disponibili per tutti a seguito di un precipitare dell’emergenza dovuta al Covid-19. Lo recepiamo come un grido di dolore. Nessun medico deve essere costretto a una scelta così dolorosa. La nostra guida, prima di qualunque documento che subordini l’etica a principi di razionamento, e che dovrebbe in ogni caso essere discusso collegialmente dalla Professione, resta il Codice di Deontologia medica. E il Codice parla chiaro: per noi tutti i pazienti sono uguali e vanno curati senza discriminazioni». (Coronavirus. Fnomceo sul documento anestesisti: “Nostra guida resta Codice deontologico. Non dobbiamo metterci nelle condizioni di applicare questi inaccettabili triage di guerra”, in: http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=82263, 8 marzo 2020).
Ed ancora: «Dobbiamo prevenire ed evitare il verificarsi delle condizioni definite di ‘Medicina delle Catastrofi’ prospettate, seppure come mera ipotesi, dalla Siaarti. Non dobbiamo metterci nelle condizioni di applicare questi inaccettabili triage di guerra. (…).
In ogni caso, ricordiamo che il medico, pur avendo tutte le competenze per dare pareri suggeriti da criteri di appropriatezza, non deve essere costretto ad ergersi a giudice – conclude il presidente Fnomceo -. L’unico metro di giudizio della Professione restano i principi della Costituzione, del Codice di Deontologia, del Servizio sanitario nazionale. L’applicazione di criteri di razionamento è l’estrema ratio e richiede una discussione bioetica collegiale interna alla professione e che pervada l’intera società». (Ivi).
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Ancor più chiaro Ivan Cavicchi, nel suo: “Gli anestesisti-rianimatori, op. cit”, che paventa il rischio che nella gestione difficile dell’epidemia, si consumino «discriminazioni a danno dei malati, al punto da parlare di un ritorno dissimulato al darwinismo sociale che […] è quella brutta teoria che si basa sulla legge della sopravvivenza del più forte in funzione del meccanismo della selezione naturale e che, in quanto tale, nega per intero il diritto alla salute descritto dall’art. 32». (Ivan Cavicchi, op. cit. Qui l’autore cita da un suo articolo pubblicato su “Il manifesto”, il 5 marzo 2020, ed intitolato: “Per curare il virus non creiamo malati di serie b”). E continua dicendo che: «sopravvivere anche nel tempo del coronavirus non è una legge della jungla ma un diritto». (Ivi). Invece, continua, «la regione Umbria con una circolare ha disposto, in modo del tutto darwiniano, la sospensione dell’intera attività operatoria elettiva, compresa quella della day surgery, per l’ospedale di Terni pur non avendo questo ospedale un solo malato di coronavirus ricoverato. Una vera follia che penalizza centinaia di malati» (Ivan Cavicchi, op. cit.), e si augura un intervento del Ministro Speranza, per far in modo che le cure siano garantite a tutti.
Inoltre il documento della Siaarti pone in pieno diffondersi del coronavirus una grossa rivoluzione etica in medicina, che avrebbe dovuto come minimo essere discussa dai medici tutti in modo approfondito, sempre secondo Cavicchi ma anche secondo Filippo Anelli. Inoltre egli scrive che lo ha sorpreso il fatto che «un gruppo di lavoro, in luogo del comitato etico, ci proponga pubblicamente, durante una epidemia, un ritorno, seppur condizionato, al darwinismo sociale senza essere autorizzato da una discussione e da una decisione societaria e senza un confronto di merito con la Fnomceo che fino a prova contraria è la vera titolare della deontologia». (Ivi).
Non da ultimo, la selezione dei pazienti da curare pone problemi di Bioetica, ma “la parola “bioetica” non compare mai nel documento, «come se le proposte che avanza non avessero implicazioni bioetiche». (Ivi). «Infine il documento riduce […], in modo arbitrario, il discorso dell’etica clinica a un discorso di mera giustizia distributiva. In estrema ratio per la Siaarti diventa […] moralmente giustificata una medicina che distribuisce in modo diseguale dei diritti per definizione universali sulla base di una diseguale valutazione delle necessità, della speranza di vita e del successo terapeutico». (Ivi).
E così termina Cavicchi, : «Che il ruolo delle Parche sia esercitato dai medici mi sembra una pretesa molto poco meditata, che contrasta con l’indirizzo deontologico più complessivo della Fnomceo. (…). Al tempo del coronavirus con rispetto e amicizia invito la Siaarti alla quale desidero rinnovare la mia stima incondizionata a non esagerare e a recuperare, se possibile, la calma perduta.». (Ivi).
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Intanto, mentre medici pensano a tranquillizzare i loro iscritti, noi anziani e pensionati incominciamo a pensare come Gian Carlo Caselli, che non siamo ancora alle liste di proscrizione ospedaliera, ma …. Inoltre come non pensare che noi vecchi, a causa del documento anti ansia per gli anestesisti e c., non finiamo per diventare ansiosissimi, con un aumento esponenziale di stess, ed una grande sensazione di abbandono e solitudine, quando i media ci spiattellano queste idee dal documento Siaarti , rivoluzionando ogni nostra ipotesi sulla bontà dei ricoveri ospedalieri e della medicina?
E per terminare il Messaggero Veneto di oggi ci assicura che, per il coronavirus, a Torino si è già scelto di lasciar morire un anziano, senza neppure fare in modo che la figlia gli stesse vicino o lo potesse salutare per l’ultima volta. In compenso è morto sedato … (Monica Serra, Piena la rianimazione. Così mio padre è morto, in Messaggero Veneto, 10 marzo 2020). Ma allora, quando le statistiche ci parlano di morti anziani per coronavirus, sono morti perchè non curati o nonostante le cure? Perchè fa una bella differenza.
Inoltre Chiara Bardi nel suo “Non ci sono alternative. Scegliamo chi curare”, in: Messaggero Veneto, 10 marzo 2020, dice che l’anestesista Marco Vergano dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino ritiene che non si possa far altro che selezionare i malati, ma pare, dall’articolo, senza che abbia cercato altre soluzioni, e davanti alla possibilità che i grandi vecchi si sentano come coloro che non verranno curati, dice solo, laconicamente ed in sintesi, che non sa cosa farci, perché le condizioni sono così, e che “first come, first served” non può essere applicato se non con risorse illimitate. Ma perché allora altri ce la fanno, dato che nessuno ha risorse illimitate, e visto che poi i malati per ora non sono migliaia e migliaia? E allora cosa avrebbero dovuto fare al terremoto del ’76? Ed il Messaggero Veneto ama forse questo tipo di scelte, visti gli articoli che dedica oggi e ha dedicato ieri relativamente a detto modo di operare medico, non mi pare proprio criticandolo? E poi lo Stato non ci ha forse assicurato che interverrà, e Gino Strada, già venuto in contatto con casi di epidemie, non ha forse offerto il suo aiuto alla Lombardia?
E forse sperare e credere nei medici e nella medicina, non potenzia anche le difese ed aiuta a guarire?
Ho scritto questo articolo come sfogo personale, avendo 68 anni e mio marito 70, senza voler offendere alcuno, e se qualcuno si sentisse offeso mi scuso subito con lui. In attesa di commenti e precisazioni, e correzioni se non ho ben compreso.
Laura Matelda Puppini
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Per chi non trova il riferimento all’ aiuto offerto da Emergency alla Lombardia: “Coronavirus, Emergency offre aiuto alla sanità lombarda” Filippo Lombardi 6 marzo 2020. (https://www.radiolombardia.it/2020/03/06/coronavirus-emergency-offre-aiuto-alla-sanita-lombarda/?fbclid=IwAR1JgW-FQDtwNBHeDacZavH2tPRfQayb7jRXIIZRMwXwowjUyHNLYS0_6vM). Qui di seguito il testo:
“Abbiamo sentito questa mattina i vertici della Regione Lombardia e abbiamo offerto la nostra disponibilità a collaborare nella gestione dell’epidemia di Covid-19.” Così in una nota Emergency, la ong milanese fondata da Gino Strada. “Possiamo mettere a disposizione delle autorità sanitarie le competenze di gestione dei malati in caso di epidemie, maturate in Sierra Leone nel 2014 e 2015 durante l’epidemia di Ebola – prosegue l’organizzazione non governativa – nel frattempo continuiamo a lavorare nei nostri ambulatori in Italia, con un protocollo di triage che permette di individuare pazienti con sintomi compatibili con il virus, di informarli e indirizzarli ai servizi competenti in un’ottica di tutela della salute pubblica. Molti nostri pazienti appartengono alle fasce più vulnerabili della popolazione (migranti, senza tetto, Rom) e in questo momento hanno ulteriori difficoltà di accesso ai Servizi del Sistema Sanitario Nazionale. L’informazione è fondamentale per questa fascia di popolazione perché molti di loro non hanno accesso all’informazione basilare sulle norme di prevenzione del contagio predisposte dal Ministero della Salute.”
Non sono medico. Sono molto interessato ai temi etici. Ammiro Laura Matelda quando disquisisce di temi storici e lì la leggo sempre volentieri. La ringrazio per la sua presenza costante e attiva su molti temi a me cari. Questa volta mi cresce il rammarico. Non sento il rispetto della categoria medica, non c’è quel sentimento di empatia per lavoratori prima che sanitari, non sento la volontà di capire dietro parole che a prima vista sembrano sgradevoli. Credo che ogni professione abbia, in certi momenti, la responsabilità di fare delle scelte. Un insegnante se fermare un alunno o promuoverlo, un contadino se salvaguardare il raccolto coi diserbanti chimici, un artigiano se emettere o no fattura, un politico se fare scelte a vantaggio di tutti o per salvaguardare il suo elettorato. Un medico rianimatore se proferire tutti gli sforzi verso un motociclista sfracellato sulle rampe di Chianzutan o un anziano novantenne in preda ad arresto cardiaco. Non ci vedo nulla di eccezionale se non che risorse umane, finanziarie e tecnologiche, capacità tecnica e di discernimento sono limitate e finite.
Riconosco che, per la mia orrida esperienza personale in sanità, che mi ha portato a quasi morire per errori diagnostici e quindi curativi con assunzione per anni di farmaci sbagliati e forse per prevenzione nei miei confronti, assieme ad atteggiamenti francamente talvolta maleducati pensando non avessi nulla, per quella di mia madre, per quella di mia cognata, morta ad Udine pare per un errore chirurgico troppo tardi riconosciuto, non sono la persona più adatta a magnificare la sanità né ad avere empatia verso la classe medico – infermieristica, e mi scuso subito per questo, ma certi vissuti negativi, reiterati, segnano per sempre. Ma al di là di questo riconosco che ci sono medici bravi e bravi infermieri, bravissimi medici e bravissimi infermieri, che lavorano anche in situazioni disperate, e chi mi ha salvato la vita è un medico. Ma qui è altra cosa, e non sono io a dire che l’etica medica non può esser cambiata da un giorno all’altro, ma Filippo Anelli, della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCEO), che dovrebbe dettare le linee etiche. E pure Ivan Cavicchi ha scritto il suo parere chiarissimo. E esser lasciati morire non è ripetere un anno, perché a chi ripete si dà una possibilità di migliorare, a chi viene lasciato morire no. Inoltre qui si pone un discorso etico non di poco conto, e un anestesista che lascia fuori un vecchio per età dalla rianimazione lo fa lui, non può nascondersi dietro il prontuario di una associazione, perché nell’atto medico vi è responsabilità personale ed è egli responsabile assieme a chi lo giustifica. E non siamo come in guerra. Inoltre chi usa diserbanti chimici dovrebbe sapere che crea un danno inenarrabile alla terra ed agli altri, e neppure lui è giustificabile, perchè “salvare il mio raccolto” è un modo egoistico di pensare. E’ ovvio che uno che si sfracella a Sella Chianzutan può non avere più possibilità di vita, e morirà. Ci sono ogni giorno persone che muoiono senza poter essere salvate: anziani, persone malate di cancro, per cui certe volte si invoca la morte, e via dicendo. Ma dare indicazioni di lasciar fuori i più vecchi da parte di una associazione di categoria che accomuna chi deve intervenire nei casi più gravi è altra cosa. E’ davvero eticamente altra cosa. E vi è chi ha scritto su facebook che teme per gli handicappati.Non da ultimo: i vecchi morti che avevano il coronavirus e altre patologie, sono stati lasciati fuori dalla rianimazione o no? Grazie per aver scritto le sue riflessioni.
Quando al medico capiterà di dover decidere, tra due pazienti, a chi dare l’ultimo posto in rianimazione, egli non avrà occasione di recriminare sui tagli alla sanità, dovrà decidere, perché non decidere farebbe morire entrambi i pazienti. E quando avrà deciso comunque avrà salvato una vita, mentre nell’altra stanza una famiglia piangerà un suo caro. Non sarà una scelta facile, ma sarà necessaria. E poi, in effetti, Lei con un solo posto di terapia intensiva da assegnare ad una madre di famiglia 35enne o a suo nonno 92enne, cosa farebbe? Quale sarebbe la scelta giusta?
Premesso che io non sono medico e non gioco a rivestire il ruolo professionale di un altro, da anni mi batto contro i tagli in sanità e per un ssn per tutti, e vorrei sapere dove stavano la classe medica e la classe infermieristica, tranne rare eccezioni fra i loro componenti, nel chiedere condizioni di lavoro e di cura per tutti e non tagli enormi e catastrofici, ma tutti zitti e cuzzo, per poi parlare di senso di responsabilità su chi ammazzare. Stiamo attenti a questo modo di ragionare, perché vi è stato anche chi, in nome della spesa, voleva tagliare i farmaci salvavita, condannando a morte i pazienti che li utilizzavano. E poi chi lascerebbe fuori delle terapie intensive i politici, i boss mafiosi o il loro parenti, ma anche i propri parenti perché anziani? Chiediamocelo.
Le ho fatto delle domande serie e (purtroppo) attuali: Lei ha risposto con qualunquismo da quattro soldi, e francamente da Lei non me lo aspettavo.
In ogni caso, dovendo scegliere tra un boss mafioso, un mio parente e Lei, un medico fedele al suo giuramento salverebbe chi ne avrebbe il maggior beneficio secondo criteri oggettivi quali quantità e qualità della vita residua attesa.
Riporto letteralmente dalle linee guida SIAARTI: «Nelle situazioni emergenziali il medico finalizza l’uso ottimale delle risorse alla salvaguardia della sicurezza, dell’efficacia e dell’umanizzazione delle cure evitando ogni discriminazione. Il medico deve altresì espletare ogni azione possibile per ottenere le necessarie risorse aggiuntive soprattutto in relazione ai trattamenti intensivi e sub intensivi – puntualizzano –. Nel caso in cui lo squilibrio tra necessità e risorse disponibili persista, è data precedenza per l’accesso ai trattamenti intensivi a chi potrà ottenere grazie ad essi un concreto, accettabile e duraturo beneficio. A tale fine si applicano criteri rigorosi, espliciti, concorrenti e integrati, valutati sempre caso per caso, quali: la gravità del quadro clinico, le comorbilità, lo stato funzionale pregresso, l’impatto sulla persona dei potenziali effetti collaterali delle cure intensive, la conoscenza di espressioni di volontà precedenti nonché la stessa età biologica, la quale non può mai assumere carattere prevalente».
La voglio aiutare: tra la mamma 35enne e suo nonno 92enne, il medico lascerebbe fuori, dolorosamente ma giustamente, il 92enne. E si vergogni del suo egoismo, se pensa che sarebbe giusto il contrario.
Non so perchè Lei mi riscriva quello che ho già scritto dal testo Siarti. Ribadisco quanto ho sopra riportato e credo che molti medici si possano trovare anche in difficoltà etica. Io, se fossi stato un medico, avrei lottato prima per un ssn e ssr (dato che in Italia ora abbiamo anche qesta idiozia) che non lascino fuori nessuno dalle terapie intensive. Grazie Francesca Perri che lo hai sempre fatto. E Perri dice che serve una medicina territoriale più efficiente, per il covid e non solo. No alla selezione umana, senza se e senza ma. E guardi i critieri diversi applicati in Usa e Svizzera per chi condannare a morte certa. Non esiste più un giuramento di Ippocrate quando uno non sceglie chi curare prima e chi dopo sulla base della gravità, ma chi uccidere. Il giuramento di Ippocrate così è infranto.
Molto interessante come spunto di riflessione, aspetteremo l’evolversi della situazione e l’arrivo della bella stagione, così per esorcizzare scenari ben più sconvolgenti!!!
Onore al presidente dell’ordine dei medici di Varese, che era un medico di base, morto per il coronavirus preso in servizio. Rimando pure alle dichiarazioni del prof. Fumagalli: ” L’anestesista Fumagalli del Niguarda: “Non è vero che lasciamo morire i pazienti e che scegliamo chi curare in base all’età. Basta con le fake news”. In un video messaggio il Direttore delle Rianimazioni di Niguarda risponde ai messaggi circolati sui social e in audio su WhatsApp che descrivevano scenari allarmanti in alcuni ospedali lombardi dove si curano i pazienti affetti da coronavirus: “Non è vero che non intubiamo i pazienti anziani” e poi lancia un messaggio: “Se volete fare la vostra parte attenetevi alle raccomandazioni anti-contagio e non diffondete le fake”. (http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=82406), e https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/10/coronavirus-fumagalli-direttore-anestesia-del-niguarda-circolano-audio-allarmanti-sono-falsi-non-e-vero-che-scegliamo-chi-curare/5732193/.
“Coronavirus, l’Organizzazione mondiale della Sanità dichiara la pandemia”. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato il Coronavirus pandemia globale. Dopo aver provocato oltre quasi 120mila contagi in più di 90 paesi in tutto il mondo, gli esperti corrono ai ripari per evitare che il virus dilaghi ulteriormente, richiedendo una serie di misure anche drastiche, come lo stop alle attività produttive e i limiti alla circolazione anche via terra. (https://www.fanpage.it/esteri/coronavirus-lorganizzazione-mondiale-della-sanita-dichiara-la-pandemia/).
Vi invito a leggere, rispetto a quanto scritto dalla Siaarti, anche la chiara posizione contraria della dott. Laura Stabile, componente, per Forza Italia, della Commissione Igiene e Sanità del Senato, e medico di emergenza urgenza, pubblicata ieri 11 marzo 2020 da Quotidiano sanità, con una lettera intitolata: Nessuna selezione nei nostri ospedali. (http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=82430&fbclid=IwAR3CEd_F6vy2cUqbCt3PjhGg028uL5NLT9t-pzA7nIbhyGtaZixR-lUPiS4).
E’ arrivato anche Medici senza Frontiere nel Lodigiano. (https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/coronavirus-attivita-ospedali-lodi-codogno/?fbclid=IwAR15PkQkcdFy0oWcVf_sVlKuiY5Dr_zJskQ7bbkfBjucSJlnpiap_ZLbFH) Grazie davvero.
Emergency mi ha fatto pervenire questo comunicato: “Cara Laura,
in questo momento così difficile per tutti noi, l’unico modo per poter superare questa crisi è seguire le indicazioni delle autorità sanitarie ed essere responsabili per noi, per le persone che ci sono vicine e soprattutto per chi è più debole.
Come te, seguo quanto sta succedendo con preoccupazione, ma anche con la certezza che tutti insieme possiamo fare qualcosa per sconfiggere questo virus.Mi ritornano in mente altri giorni difficili, in cui abbiamo affrontato un’altra grande epidemia, quella di Ebola in Sierra Leone nel 2014 e 2015. Alla fine, con un enorme sforzo, ne siamo usciti. Oggi serve un altro sforzo collettivo e di solidarietà, quella solidarietà che dimostri ogni giorno sostenendoci con il tuo aiuto e il tuo affetto.
Anche in questi giorni, continuiamo a lavorare nei nostri ambulatori in Italia, con un protocollo di triage che permette di individuare pazienti con sintomi compatibili con il virus, di informarli e indirizzarli ai servizi competenti in un’ottica di tutela della salute pubblica. A Milano, in risposta all’appello fatto dal Comune, abbiamo attivato un servizio per aiutare gli over 65, le persone in quarantena e le persone fragili attraverso la consegna di pasti, alimentari, farmaci e beni di prima necessità anche per farli sentire meno soli nonostante l’isolamento fisico.
Sempre a Milano, stiamo lavorando con il Comune per la prevenzione del contagio nelle strutture di accoglienza delle persone senza fissa dimora e dei minori non accompagnati. Tutelare le fasce più deboli della comunità – soprattutto chi ha difficoltà ad accedere alle strutture sanitarie e talvolta anche all’informazione di base – è essenziale per prevenire la diffusione del contagio.
Siamo stati autorizzati dalla Protezione civile a intervenire nella risposta all’emergenza e in queste ore stiamo lavorando per mettere a disposizione del Sistema sanitario nazionale le nostre competenze di gestione dei malati in caso di epidemie, per proteggere il personale sanitario e gli ospedali dal contagio perché possano continuare a curare chi ne ha bisogno. Lavoriamo da 15 anni in Italia e sappiamo che – nei momenti di crisi soprattutto – è importante non lasciare indietro nessuno. Per questo vogliamo fare tutto il possibile per dare una mano a superare questo momento e, per farlo, abbiamo bisogno ancora del tuo aiuto.
Come sempre, grazie per quello che potrai fare.
A presto, Rossella Miccio Presidente di EMERGENCY
Oggi 22 marzo 2020 Avvenire pubblica un pezzo di Marina Corradi che riporta il messaggio di un anestesista lombardo, comparso su una community online di medici e ripreso, ieri 21 marzo 2020, da Corsera Torino, in cui chi firma avvisa i colleghi di quello che sta succedendo in Lombardia, e dice che vi sono continui accessi in pronto soccorso, che nel giro di mezz’ora pazienti stabili andranno in insufficienza respiratoria, richiedendo di essere intubati, che non serve aumentare i posti letto per la rianimazione, che i macchinari saranno sempre pochi come pochi saranno i posti. E così esorta i colleghi a fare: “Conservateli per chi potrebbe avere maggiore possibilità di farcela”. (Marina Corradi, Quando la scelta è impossibile, Avvenire, 22 marzo 2020). Avete capito cosa esorta a fare detto anestesista? A non intubare, a non mettere in terapia intensiva i vecchi, per vedere se giungono giovani da curare. Non ho parole!!! E se i giovani non arrivano? Non lo so vorrei risposte. E detto medico continua così: “Arriveranno alla porta della terapia intensiva novantenni e quarantenni, pazienti oncologici e senza comorbidità. Non potete assistere tutti, dovete scegliere”. (Ivi). Avete capito cosa produce la Siaarti? E se uno capisse, magari, sicuramente errando, e mi scuso subito per averlo pensato, che si incominciano a tesaurizzare letti per uno o l’altro? Scusatemi ma vorrei chiarezza. Ma poi non ci avevano detto che era tutta una fake news?
Guardate cosa succede in Usa. Non entreranno in terapia intensiva le persone affette da atrofia muscolare spinale, quelle con cirrosi epatica, le malattie polmonari e scompensi cardiaci, e verrano riservati i posti per gli operatori nei servizi. “A far paura è che i criteri di accesso alle cure siano costruiti sull’idea in base alla quale alcune vite valgono meno di altre”, scrive Elena Molinari su Avvenire. (cfr. https://www.avvenire.it/mondo/pagine/niente-respiratori-per-i-disabili-pi-di-10-stati-scelgono-chi-salvare?fbclid=IwAR1x_SVXco7t8ecuYuVFopulIiUmNRfj2yjGaRkZKBmBi4f_vNsL669yszw).
Leggete leggete, cosa succede in Fvg. gli anziani in casa di riposo ammalati di coronavirus non devono accedere agli ospedali. Lo ha deciso l’assessore Riccardi. “IL PROTOCOLLO DI RICCARDI CHE ABBANDONA MEDICI DI FAMIGLIA E ANZIANI” (http://www.ilperbenistafvg.it/homepage.aspx?cat=14)