Serena Pellegrino. Esame del D.L. relativo a nuovi interventi per le popolazioni terremotate. Problemi sul tappeto…
Il 23 marzo 2017 veniva concluso, alla Camera dei Deputati, l’esame del Decreto Legge 8/2017 relativo a: “Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017″.
L’articolo 1 del D.L. attribuisce al Commissario straordinario il compito di promuovere un piano per dotare, in tempi brevi, i Comuni interessati dagli eventi sismici di studi di microzonazione sismica di III livello, mentre l’articolo 2 contiene disposizioni per l’affidamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria connesse alle strutture di emergenza, in particolare assegna ai comuni il compito di curare la pianificazione urbanistica della ricostruzione. Il testo di legge prevede poi, la figura del Soprintendente Speciale, e l’incremento delle unità di personale della segreteria tecnica di progettazione; la costituzione di apposita contabilità speciale; l’esclusione, anche per l’esercizio finanziario 2017, dell’Ente parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga e dell’Ente parco nazionale dei Monti Sibillini da alcuni vincoli di spesa previsti dalla legislazione vigente; agevolazioni fiscali per imprese di commercio, turistiche e di artigianato, quasi che il territorio fosse rimasto integro. (Per ulteriori approfondimenti cfr. “Speciale Provvedimenti. Ambiente, infrastrutture e politiche abitative. Ambiente, territorio e protezione civile. D.L. 8/2017 – Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017“, in: http://www.camera.it/).
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Riporto qui l’intervento dell’on. Serena Pellegrino, come pervenutomi dalla stessa e con il suo permesso, perché a mio avviso contiene considerazioni importanti pone problemi interessanti, soffermandosi sul modo di procedere del Governo, di un Governo che non sa discernere e contestualizzare i problemi reali del territorio e dei cittadini, limitandosi ad una quasi unica ordinaria e straordinaria amministrazione contabile.
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« Signor Presidente, onorevoli colleghi,
Sicuramente questo non sarà l’ultimo decreto legge che discuteremo sull’emergenza terremoto che ha devastato Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo. Sarà necessario reperire altre risorse, sistemare le procedure per assistere le popolazioni interessate, avviare veramente la ricostruzione, far riprendere le attività economiche, recuperare il patrimonio storico artistico andato distrutto o danneggiato.
Il gruppo Sinistra Italiana SEL voterà a favore di questo secondo decreto sul terremoto in Centro Italia, così come ha fatto per il precedente, ma questa nostra assunzione di responsabilità non ci esime dalla necessità di denunciare le criticità e i ritardi che, purtroppo, ci sono stati in questa prima fase di gestione dell’emergenza.
Il decreto che stiamo discutendo in gran parte modifica il precedente e, nel corso dell’esame in Commissione, il testo è stato modificato con nuove disposizioni. Non sufficienti però a renderlo davvero uno strumento completamente valido per le popolazioni. Un decreto che avrebbe dovuto essere l’occasione di dialogo tra il governo e il Parlamento, unico rappresentate e referente del popolo terremotato. C’è stata la massima disponibilità del Parlamento su un provvedimento che non avrebbe dovuto prevedere speculazioni. Ma sono stati troppi gli emendamenti respinti. Erano richieste legittime, di buon senso, proposte da coloro che abbiamo audito, molte anche senza titolo oneroso ma che avrebbero dato alla ricostruzione una svolta cooperativa e un recupero della credibilità tra istituzioni e cittadini. È così che è stato ricostruito il Friuli dopo il terremoto del ’76. Modello ancora indiscusso.
Invece sì è voluto lasciare al Governo la pressoché totale prerogativa legislativa. Un “fastidio” gli emendamenti presentati tant’è che è emersa subito la richiesta di ritirali. La disponibilità di tutti i gruppi è stata immediata, per contro però non abbiamo potuto riscontrare lo stesso da parte del Governo.
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Questo decreto avrebbe trovato proprio nell’eccezionalità causata dal maltempo di gennaio, un’ulteriore motivazione di dialogo. Il susseguirsi degli eventi naturali non ha fatto altro che amplificare e rendere ancora più tragica negli effetti, e purtroppo grottesca nelle misure che non sono state prese, una condizione che fin da subito era stata denunciata dagli agricoltori del posto. Persone che non hanno voluto abbandonare il proprio territorio augurandosi un intervento repentino. Invece, dopo che sono stati dichiarati inagibili 1.400 stalle e fienili, con l’inverno alle porte, hanno dovuto subire inaccettabili ritardi dei bandi regionali per la realizzazione di nuovi ricoveri per gli animali. il risultato: diecimila animali morti, feriti e abortiti nelle aree del terremoto per l’effetto congiunto delle scosse e del maltempo.
Ad oggi l’attività di allevamento, primaria per queste popolazioni, rischia di scomparire insieme alle tante specialità locali e con loro la storia, il futuro di un territorio che ha, nell’agroalimentare, una forza che trascina tutte le altre voci dell’economia. Una perdita incommensurabile di specialità conservate da secoli: un patrimonio della cultura materiale e dell’immagine del Paese, sinergie culturali, ambientali e di qualità alimentare che hanno reso famose queste terre, ma anche un’opportunità produttiva e occupazionale insostituibile e non delocalizzabile.
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Non dimentichiamo anche che questo è il territorio che ospita due delle più importanti risorse naturali: il parco del Gran Sasso e dei Monti Sibillini, inestimabili patrimoni culturali, artistici e architettonici che sono stati messi a rischio per i ritardi e l’indirizzo delle operazioni di intervento, mancanze che hanno sconvolto tutto il paese. Capolavori di pittura, scultura e oreficeria sono stati per mesi prima sotto le macerie, e poi hanno subito i danni del maltempo.
Ancora oggi, grazie al lavoro instancabile delle soprintendenze, dei vigili del fuoco e dei volontari, si stanno recuperando reperti artistici di quello straordinario patrimonio diffuso che caratterizza quella terra, a costoro va tutta la nostra riconoscenza.
Ma, Presidente, perché dobbiamo lasciare che siano sempre e solo le persone di buona volontà, che mettono a disposizione il loro tempo, a porre rimedio alle inadempienze dello Stato, quando ci sono squadre strepitose di professionisti che hanno titolo e che potrebbero portare la loro esperienza nell’immediato e salvare quanto di più prezioso possediamo: l’enorme e incommensurabile bellezza del nostro patrimonio artistico e architettonico. Lavoratori esperti Presidente. E si sarebbe così evitato anche il brutto pasticcio che è stato creato all’inizio delle operazioni di agibilità che ha confuso i volontari/professionisti e i professionisti/professionisti.
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Senza poi considerare che quando c’è da ricostruire non mancate di agevolare le società di capitale, quelle che hanno sempre lo stesso nome, per accaparrare il grosso dei lavori. Siete disposti a concedergli anche la deroga di operare sul privato? Asso piglia tutto. Auguriamoci di non ritrovarci tra un paio d’anni a dover dire: noi l’avevamo detto.
Perché non chiedete a costoro di intervenire in modo volontario tra le macerie per dichiarare le agibilità? O alle imprese di costruzione che vinceranno gli appalti, di ricostruire a “rimborso spese”? Invece no, per questi non avete nemmeno accettato che ci fosse il tetto per le commesse progettuali di 25 milioni di euro.
E non contenti avete completamente distorto il progetto di Casa Italia così come l’aveva pensato Renzo Piano. Con un emendamento, inserito all’ultimo minuto, avete inventato un nuovo giocattolo per 24 addetti che, se dovessero realizzare quanto descritto, dovreste dotarli anche di bacchetta magica. Invece sarà uno strumento che servirà solo a ripartire in 24 stipendi, 6 milioni e mezzo di euro in tre anni. Un insulto in un momento in cui si cercano persino le briciole per risollevare ogni cittadino terremotato. E poi ci “concedete” che gli esperti tecnici debbano essere iscritti agli albi professionali. Non è una concessione presidente. È un dovere. Nessuno si farebbe operare in un ospedale, nemmeno in emergenza terremoto, da un esperto senza il titolo acquisito.
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È evidente, Presidente, come tutto questo ha abbia messo a nudo la fragilità della politica governativa soprattutto nei confronti del patrimonio dei Beni Culturali. Sono anni che dichiariamo che possediamo un museo a cielo aperto, costituito dai nostri borghi e centri storici a rischio sismico. Un patrimonio che deve essere salvaguardato dando una casa sicura a tutti e soprattutto moltissimi posti di lavoro.
Invece si lascia a coloro che si muovono per amore del proprio patrimonio, la salvezza della nostra eredità. Le immagini che ci hanno raggiunto in questi mesi non sono degne di un paese che possiede il più grande patrimonio riconosciuto dall’UNESCO a livello mondiale.
Popolazioni che potrebbero ricominciare a vivere nella ricchezza se solo fossimo capaci di procedere con lungimiranza per una ricostruzione degna di questo nome.
In questo quadro si affronta la spinosa questione relativa alla predisposizione di unità abitative provvisorie che permettano agli sfollati di ritornare al paese di origine. Ricordiamo che sono ancora 8.278 le persone ospitate negli alberghi, 1.338 persone vivono nel proprio comune in container, prefabbricati rurali emergenziali (Mapre), soluzioni abitative in emergenza (Sae) e camper della Protezione Civile, mentre 1.679 trovano ospitalità in palazzetti, centri polivalenti, strutture allestite ad hoc nel proprio comune, alloggi realizzati in occasione di terremoti del passato in Umbria, Marche e Abruzzo.
Numeri importanti! Sono persone a cui si devono dare risposte certe e rapide soprattutto se vogliamo permettergli di restare dove hanno sempre vissuto: case, scuola, ospedali, attività economiche e lavoro. Altrimenti la diaspora sarà inevitabile perdendo tutto il patrimonio culturale appenninico.
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Se scompaiono gli usi e le pratiche che sostengono e conferiscono senso ai luoghi fisici, le abitazioni in breve tempo, nonostante la ricostruzione, diventano meri contenitori vuoti, ricordi di un passato perduto. Di queste esperienze la montagna italiana, purtroppo, è ricca.
Il nostro è un Paese bello ma delicato, che ha subito decenni di mala gestione, se non di distruzione, per inseguire uno “sviluppo” che ha rapinato il territorio e l’ha reso più fragile devastandolo.
I tempi della natura però non si cambiano con le ordinanze, e le leggi di Madre Terra non si derogano con sanatorie o condoni.
Troppe volte ci siamo dovuti opporre a provvedimenti e scelte governative dissennate e disastrose per l’equilibrio e la sostenibilità del nostro territorio: continueremo a farlo e non faremo sconti!
Così come non smetteremo mai di denunciare che ci sono 22 milioni di italiani che vivono in zone altamente sismiche e che è indispensabile uscire dalla logica dell’emergenza e iniziare veramente a lavorare per la prevenzione e la mitigazione del rischio.
Non finiremo mai di ripeterlo: la prevenzione antisismica, la messa in sicurezza del territorio sono la più importante opera pubblica italiana!
Non è più tempo di dichiarazioni di intento sulle riviste e dagli schermi televisivi.
Il tempo di agire, presidente, è ora!
Serena Pellegrino».
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Come si fa a non condividere queste considerazioni? Laura Matelda Puppini
L’immagine che correda l’articolo, è tratta, solo per questo uso, da: www.today.it/cronaca/comuni-italia-rischio-sismico.html, e rappresenta il grado di sismicità delle varie zone della penisola italiana. le zone ove il rischio sismico è alto sono colorate di rosso, ove è medio di arancione, ove è basso di verde scuro, ove è molto basso di verde chiaro. Comuni con diverso grado di sismicità al loro interno sono colorati di colore blu. Laura Matelda Puppini
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