Sulle Frecce Tricolori.
È fin troppo facile scrivere ora, dopo quanto accaduto a Torino, sulle Frecce Tricolori, ma è altrettanto facile, dopo la prima notizia, sminuire la morte di una bambina senza porsi molti problemi. In fin dei conti il Ministro Crosetto ha già dichiarato, due giorni fa, che: «La morte della bimba non è collegata all’esistenza della pattuglia acrobatica, ma al destino» (https://www.open.online/2023/09/20/incidente-frecce-tricolori-crosetto-question-time/) senza neppure attendere perizia alcuna e la valutazione dei giudici.
Per la verità dico poi io, quando al circo trapezisti fanno acrobazie, con o senza rete di salvataggio, non si lascia che persone stiano nello spazio sottostante con il naso all’insù e l’area dell’esibizione è interdetta. Non così per le Frecce Tricolori che, con potentissimi aerei, volano sopra anche centinaia di persone e zone bazzicate, sicure che nulla può accadere, magari. E dico questo perché l’ho pensato mentre guardavo una loro esibizione, molti anni fa. Quanto accaduto ora, però, ci invita ad una riflessione profonda, mentre un piccolo angelo è volato in cielo, anche sul senso di queste inquinanti e costosissime esibizioni aeree, vanto da sempre, almeno secondo la mia esperienza personale, di una destra amante dell’immagine, anche se molti riconoscono la bellezza di una loro esibizione, visibile per altro anche in filmati.
_________________
La storia delle Frecce Tricolori.
Per dire la verità, non si può negare che, in Italia, la prima scuola di volo acrobatico venne fondata nel 1930, in pieno regime fascista, quel regime che amava tanto le apparenze e l’immagine, presso l’Aeroporto di Udine – Campoformido, per iniziativa del colonnello Rino Corso Fougier, e l’8 giugno di quell’anno avvenne la prima manifestazione pubblica del gruppo. Quindi, nel periodo antecedente la seconda guerra mondiale, la pattuglia acrobatica dell’Aeronautica italiana partecipò a varie manifestazioni, sino a che non venne sciolta nel 1939, a due passi dall’inizio della seconda guerra mondiale. Quindi, nel secondo dopoguerra, venne di fatto nuovamente formata, anche se non ufficialmente, e nel 1947 alcuni suoi piloti si esibirono all’aeroporto di Padova.
Nel 1950 si formò ufficialmente una pattuglia acrobatica chiamata ‘Cavallino Rampante’; nel 1953 si istituì il ‘Guizzo’, unità aeronautica che partecipò, riscuotendo notevole successo, a vari show in tutta Europa. La notorietà del ‘Guizzo’ crebbe a tal punto che nel 1955 gli fu dedicato anche un film. Quindi, sparito il ‘Guizzo’ rinacque la ‘Cavallino Rampante’ e, nel 1957, «per la prima volta in Italia, si usò un apparato generatore di fumi bianchi, con i quali le figure acrobatiche vennero messe particolarmente in risalto». Infine fra una vicenda e l’altra e la presenza di un paio di gruppi di volo acrobatico, «verso la fine del 1960 si decise di terminare questa turnazione tra i vari stormi e di fondare un reparto la cui specifica finalità fosse quella di formare la pattuglia acrobatica nazionale denominata ‘Frecce Tricolori’, selezionando i migliori piloti dei vari reparti». (https://it.wikipedia.org/wiki/Frecce_Tricolori). La loro prima esibizione pubblica è datata 1° maggio 1961.
Ma un primo grosso incidente segnò la storia delle ‘Frecce Tricolori’: Il 28 agosto 1988 la pattuglia acrobatica italiana fu protagonista, a Ramstein, in Germania, di una collisione tra i suoi aerei in cui persero la vita tre piloti e 67 spettatori. Perirono in quell’occasione il capitano Giorgio Alessio, il tenente colonnello Mario Naldini e il tenente colonnello Ivo Nutarelli. Gli ultimi due avrebbero dovuto testimoniare al processo per la strage di Ustica pochi giorni dopo, e questo aspetto «fu motivo di vari sospetti circa la reale natura di “incidente” dell’accaduto». (Ivi. Cfr. anche https://it.wikipedia.org/wiki/Collisione_aerea_di_Ramstein).
Nel 2006, la senatrice Lidia Menapace, in una intervista definì inutili, rumorose ed inquinanti le Frecce Tricolori e ne chiese lo scioglimento, ottenendo una serie di proteste da parte di partiti politici. (https://it.wikipedia.org/wiki/Frecce_Tricolori e Cfr. https://storiadellefreccetricolori.it/lidia-menapace-contro-le-frecce-tricolori/).
Nel frattempo le Frecce Tricolori iniziarono pure a sponsorizzare singole case motoristiche cosicché l’11 marzo 2005, la ‘Aprilia’, per promuovere la propria attività, stipulò un gemellaggio con il reparto dell’Aeronautica Militare, mente nel 2010, per i 50 anni delle Frecce Tricolori la casa automobilistica ‘Pagani Automobili’ ha realizzato ha realizzato una serie limitata in tre esemplari della supercar Zonda, chiamata appunto Pagani Zonda Tricolore. (https://it.wikipedia.org/wiki/Frecce_Tricolori).
_________________
Ora però, al di là delle storie eroiche di chi non si lanciò, anche nel corso della seconda guerra mondiale, per non uccidere innocenti e condusse l’aereo fuori zona abitata (il ricordo va alla storia recentemente venuta alla luce di un pilota americano, che guidò fino alla morte il suo aereo, che stava precipitando, fuori da un abitato, pur potendosi lanciare, morendo ma salvando vite umane, e considerato eroe ove il farro avvenne, che non mi ricordo se sia in Francia), un pensiero al senso e significato, in questo mondo dei cambiamenti climatici, dove gli stessi vengono magari imputati al poverello che si accende una stufa a legna; alla ‘sicurezza’, (tema principale di governo), anche di queste esibizioni, al costo stratosferico delle stesse, quando si taglia la sanità a tutti, si impone ed anche relativamente al loro mantenimento, che però deve prevedere, in ogni caso, manifestazioni in completa sicurezza per spettatori, esseri umani, beni materiali. Almeno questo devono lo Stato, l’Aeronautica e le Frecce Tricolori all’angioletto Laura, a cui è stato rubato il futuro.
Laura Matelda Puppini.
_________________
Marco Lepre. Laura, cinque anni: vittima della “Difesa”. (titolo dell’autore).
«La Pattuglia Acrobatica Nazionale dell’Aeronautica Militare Italiana ha sede in Friuli, presso la base di Rivolto. Le “Frecce Tricolori”, come sono meglio conosciute, sono molto “amate” da una fetta considerevole della popolazione e non mancano di colorare i cieli con le loro scie verdi, bianche e rosse in occasione dei più svariati eventi. Un po’ meno contenti sono gli abitanti dei paesi dislocati tra Udine e Pordenone, costretti a convivere quasi quotidianamente con le esercitazioni, l’inquinamento acustico che producono ed il cherosene sversato nei campi o sulle vigne.
Qualche tempo fa pensavo che sarebbe stato bello che, portando un piccolo ma significativo contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici, le “Frecce Tricolori” avessero annunciato, di propria iniziativa, di voler sospendere le loro “esibizioni”. Ci sarebbe stato un motivo in più, per i loro appassionati e per le autorità pubbliche della nostra regione, per essere “orgogliosi” di dare loro ospitalità e sarebbe stato un gesto apprezzato anche da chi non si trova schierato tra questi.
Invece, mentre gran parte degli abitanti di Mortegliano e di altri centri del Medio Friuli, colpiti da una eccezionale grandinata alla di fine luglio, era ancora intenta a riparare alla ben e meglio i tetti danneggiati, dai quali continuava a penetrare acqua, la Pattuglia Acrobatica Nazionale “deliziava” con le sue evoluzioni i bagnanti assiepati sulla spiaggia di Grado e, solo qualche giorno più tardi, regalava un (non so quanto gradito) sorvolo tricolore di “solidarietà” alle popolazioni che avevano subito l’inedito “bombardamento” di ghiaccio
Così ci troviamo, oggi, davanti alla tragedia di Torino, a parlare di quello che, prima o poi, sarebbe successo e a porci alcune domande.
Innanzitutto, come si può definire il tragico schianto di Torino? L’ennesimo “incidente sul lavoro”? Si possono paragonare i piloti delle “Frecce Tricolori”, che hanno realizzato il “sogno” che hanno avuto fin da bambini, ai cinque morti della Stazione di Brandizzo o agli operai che cadono da un’impalcatura o muoiono asfissiati in una cisterna perché non si rispettano le norme di sicurezza? Probabilmente no.
Ancora. Quando capita una disgrazia sulle Alpi o in Himalaya si parla subito – sbagliando – di “montagna assassina”. Se in corrispondenza di un incrocio o di una curva pericolosa si verificano troppi incidenti, indipendentemente dalle loro reali cause, si scrive subito che le persone sono rimaste vittime, non della velocità, dell’abuso di alcool o di una distrazione, ma della solita “strada assassina”. Nessuno, però, ha osato parlare nella recente tragedia di Torino di “Frecce assassine”. Certo non c’era alcuna intenzione da parte del pilota di provocare quello che purtroppo è accaduto e sappiamo che ne resterà, inevitabilmente, a sua volta una “vittima”. Ma se le decine di migliaia di spettatori che partecipano entusiasti alle esibizioni delle “Frecce Tricolori” si mettessero questa volta nei panni di quella famiglia e di quella bambina che viaggiava ignara in auto e si è vista travolgere dai resti dell’aereo in fiamme, quale definizione userebbero? Parlerebbero solo di una semplice, “tragica fatalità”, come fece la Corte di Cassazione, al termine del processo conclusosi sette anni dopo che il caccia precipitato sulla scuola di Casalecchio del Reno provocasse la morte di dodici ragazzi?
_________________
Molti giornalisti, come Salvatore Merlo, vicedirettore del Foglio, che questa settimana conduce “Prima Pagina” a Radio Tre, hanno dichiarato, con un certo fastidio, che non intendono dare spazio alle polemiche sull’utilità degli “spettacoli aerei”, che vedono puntualmente contrapposti in un “derby” gli schieramenti politici. Altri, invece, hanno fatto sostanzialmente capire che non sarà certo per la morte di una bambina che si rinuncerà ad una ottima “vetrina” per la nostra tecnologia che viene venduta all’estero.
Bisognerebbe rileggersi le chiare parole della senatrice Lidia Menapace, bersaglio, qualche anno fa, di una vergognosa campagna d’odio per aver sostenuto che non è giusto che lo Stato finanzi manifestazioni che esaltano il “rischio per il rischio” e per aver ricordato che quei velivoli che ammiriamo durante le loro acrobazie sono dell’identico modello di quelli che vengono venduti e utilizzati da altri Paesi per colpire anche villaggi e gruppi di persone. Oggi direbbe che la piccola Laura e la sua famiglia sono rimaste paradossalmente vittime della “Difesa”
Rimane un’ultima, amara constatazione da fare. Ci sono persone – pensiamo ai vigili del fuoco, ai volontari del soccorso alpino o a chi non esita a lanciarsi in un mare agitato per recuperare i migranti dai barconi che stanno per affondare – che rischiano la loro vita per salvare quella di altri. E ci sono persone – i piloti delle “Frecce Tricolori” o quelli di Formula Uno, dei Moto GP o dei rallies automobilistici – che rischiano la loro vita mettendo spesso a rischio anche quella di altri.
Dei primi ci si dimentica sempre. I secondi, invece, sono spesso considerati degli “idoli” o degli “eroi”.
Tolmezzo, 19 settembre 2023
Marco Lepre – Tolmezzo (UD)».
_________________
Chiudo dicendo che, a mio avviso, non si può confondere l’orgoglio nazionale con l’esibizione di acrobati del volo, e che correttamente, come atto dovuto, è stato aperto un fascicolo per omicidio colposo. Almeno riflettiamo su questo, per cortesia, anche da parte della destra. Senza voler offendere alcuno, questo ho scritto e riportato, in attesa di commenti.
Laura Matelda Puppini.
L’immagine (uso consentito) che accompagna l’articolo è tratta da: https://www.aviation-report.com/frecce-tricolori-2-giugno-chiude-giro-italia-della-pattuglia-acrobatica-nazionale/, e rappresenta il sorvolo dell’altare della patria a Roma da parte delle Frecce Tricolori. Pensate se avviene un incidente in una situazione simile …. anche a causa di uno stormo di uccelli …. L. M.P.
Rispondi