Sull’idrogeno e la sua produzione; sulla acciaieria ucraino-olandese e la metanizzazione della Regione Fvg.
Premetto a queste mie righe, che non ritengo Massimiliano Fedriga e la sua giunta la causa di ogni problema ambientale in Fvg, altrimenti il volume di Aldevis Tibaldi “L’isola infelice” (che consiglio vivamente) non sarebbe mai stato scritto, ma vi è certamente stata e vi è, anche alla luce di quel testo, corresponsabilità in varie situazioni di questo tipo di politici in generale, di sindaci ed assessori regionali, e in particolare di soggetti privati che tutto o quasi chiedono e possono, in una visione berlusconiana della società, qui come in tutta Italia. E se erro correggetemi. Ma ora siamo alla dirittura d’arrivo, e se non si cambia rotta, i nostri figli e nipoti non riusciranno più a vivere. È inutile far finta di non vedere la siccità incombente, i mari che si mangiano le spiagge anche a causa dello scioglimento dei ghiacciai, di non percepire quel perdersi delle stagioni, ormai inesistenti, che scandivano l’anno e la sopravvivenza, di non percepire quel sole che quando picchia lo fa davvero, di far finta di nulla davanti al pericolo di quella CO2, cioè anidride carbonica, che ci ammorba e surriscalda.
Fedriga a Gorizia su ambiente ed energia.
Rileggo con attenzione l’articolo di Mattia Pertoldi intitolato: “Sanità ed economia i quattro candidati a confronto” pubblicato sul Messaggero Veneto del 12 marzo 2023. Ora a parte il fatto che Mattia Pertoldi pare sia il giornalista di Fedriga perché sul vecchio/nuovo Presidente della giunta regionale scrive, sul Messaggero Veneto, quasi praticamente solo lui, e se erro correggetemi, comunque da questo testo si ricavano aspetti interessanti relativamente alla situazione ambientale della nostra regione, ed un grazie va a chi nel merito ha snocciolato alcuni dati ed alcune situazioni critiche, e sono Alessandro Maran e l’avvocato Giorgia Tripoli, le cui dichiarazioni, però, riporterò in altro articolo.
Secondo Pertoldi, per quanto riguarda “ambiente, clima, energia”, alla domanda posta a Gorizia ai 4 candidati per la presidenza della Regione su come il Fvg può diventare più green, Fedriga ha risposto «elencando le misure mastodontiche attuate nel corso della legislatura», in primis “la valle dell’idrogeno”, poi i 55 milioni stanziati per l’installazione degli impianti fotovoltaici sui capannoni aziendali, il piano di microinvasi e il piano per attuare l’agricoltura di precisione». (1).
Faccio solo notare qui l’abilità di Pertoldi nell’ indicare come “mastodontiche” quattro scelte opinabili di Fedriga e c., ma così va il mondo. Ma incominciamo dall’idrogeno, per parlare pure dell’acciaieria di San Giorgio di Nogaro, sulla cui sostenibilità ambientale non si è espressa ancora manco l’Arpa, ma già magnificata, pare, dalla vecchia/nuova giunta e definita ‘green’.
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La valle dell’idrogeno: una progetto nazionale e Ue ben lungi dall’essere realizzato, in attesa dei cinesi …
La “valle dell’idrogeno” Fvg è solo un progetto ben lungi dall’esser stato attuato se non sulla carta, ed è progetto europeo e nazionale, oltre che regionale e transfrontaliero e di Confindustria. Infatti così si legge sul sito della Regione Fvg: «L’Amministrazione regionale, attualmente impegnata nel conseguire già entro il 2045 l’obiettivo europeo della neutralità climatica ed energetica, ha adottato diverse misure di natura programmatoria indirizzate a favorire il processo di decarbonizzazione dei sistemi economici ed energetici in termini sia di riduzione delle emissioni a fronte di un efficientamento energetico dell’intero “Sistema Regione FVG” sia di aumento di produzione di energia da fonti rinnovabili.
La sfida di un maggior impiego e diffusione di tecnologie basate sull’idrogeno, in particolare quello verde derivante da fonti rinnovabili, utilizzato come materia prima, combustibile, vettore o accumulatore di energia e parte del sistema integrato energetico del futuro, è vista come leva significativa per uno sviluppo maggiormente sostenibile, a ridotte emissioni di CO2, e competitivo del territorio.
Nel quadro della Strategia europea sull’idrogeno e tenuto conto delle Linee guida di quella nazionale, il Governo italiano ha confermato anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) la scelta di voler sviluppare una leadership tecnologica e industriale nelle principali filiere della transizione (fotovoltaico, turbine, idrolizzatori, batterie), rafforzando così la ricerca e lo sviluppo nelle aree più innovative a partire dall’idrogeno.
A fronte di una grande opportunità che richiede un sistema regolatorio adeguato e un costante impegno sul lato ricerca e della partnership pubblico-privato, la Regione ha voluto anche rafforzare la propria collaborazione nel settore dell’idrogeno con i Paesi vicini di Slovenia e Croazia avviando un processo unico nel suo genere a livello europeo per la costituzione di una Valle Idrogeno del Nord Adriatico, ossia un ecosistema integrato transnazionale che interessa l’intera catena del valore dell’idrogeno e una pluralità di investimenti ingenti in forma di “ portfolio” di progetti. (…). Tale iniziativa risponde anche alle priorità della “Clean Hydrogen Partnership” a livello europeo che ha dimostrato attenzione per la piattaforma di cooperazione trilaterale avviata configurandosi come un’esperienza pilota nell’area dell’Europa Centro Orientale.
La Regione, in collaborazione con il proprio sistema scientifico e della ricerca e di Confindustria Friuli Venezia Giulia, invita i portatori di interesse (enti, imprese, istituzioni scientifiche e di innovazione) a partecipare alla presente consultazione al fine di raccogliere ogni utile indicazione in relazione a iniziative, progettualità in essere o future che riguardano nello specifico la filiera dell’idrogeno e in prospettiva la costituenda Valle Idrogeno del Nord Adriatico». (2).
Fin qui il comunicato della Regione Fvg. Ma c’è un ma …. Questo comunicato a me pare, e mi scuso subito con chi l’ha scritto, più un roboante messaggio propagandistico che altro, pieno dei soliti paroloni, e che vede ancora una volta la Regione Fvg, in mano destro – leghista, trasformarsi in una quasi società privata, con capitale pubblico. Che poi la Ue, intontita quasi dalla guerra alla Russia ed al suo gas e petrolio, per far acquistare quello americano, e cioè tutta presa dalle sanzioni senza saper vedere, a mio avviso, al di là del proprio naso, con governo italiano al seguito, abbia sostenuto l’idrogeno come una via semplice, immediatamente fattibile e sostenibile anche nella logica dell’eterna iperproduzione liberista, senza guardare neppure alla società futura, è una realtà. E se erro correggetemi. Intanto chi cerca di risolvere nel merito qualche problemuccio, per riuscire a produrre idrogeno, senza utilizzare acqua dolce sono i cinesi … Ma andiamo ‘per ordine’ come si suol dire.
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Come si può produrre l’idrogeno? Perché questo è il reale problema, prima di creare qualsiasi valle.
Il problema fondamentale è quello di produrre l’idrogeno. Vi è nel merito un illuminante articolo intitolato: “Perché la strada dell’idrogeno verde è ambigua e ancora molto lunga” pubblicato dalla redazione di QualEnergia.it. (3). Ma non è l’unico articolo che tratta l’argomento.
Qui si legge che la produzione di idrogeno green «Consuma molta acqua, richiede una potenza enorme di nuove energie rinnovabili dedicate, dovrà essere importato in buona parte da altri Paesi ed è anche un modo per mantenere in vita gli asset fossili legati al gas (perché sarà trasportato via tubo)». Ed il problema maggiore è che l’idrogeno dovrà esser ottenuto, non riuscendo ancora a produrlo dal sole, dall’acqua dolce, definita ‘energia rinnovabile’ ma sempre meno presente sul pianeta ed indispensabile per la vita.
Ma questo problema era già stato sollevato, su ‘Domani’ da Elena Gerebizza, nel suo: “La strategia italiana sull’ idrogeno non fa i conti coll’acqua”, pubblicato il 30 luglio 2022. E così si può leggere su questo articolo: «Secondo uno studio realizzato da Leonardo Setti dell’Università di Bologna e da Sofia Sandri del Centro per le Comunità Solari per produrre un chilogrammo di idrogeno da elettrolisi occorrono circa 9 litri di acqua. La strategia italiana sulla transizione ecologica prevede di produrre 700mila tonnellate di idrogeno l’anno entro il 2030, per le quali servono circa 6,3 milioni di metri cubi d’acqua l’anno. Significa che i nostri obiettivi “ambientali” includono un aumento del consumo di acqua che arriverebbe a circa 0,6 miliardi di metri cubi nel 2050. A guardare i dati non c’è possibilità di coprire il target minimo di idrogeno a livello nazionale se non tramite una filiera non sostenibile». (4).
Insomma si può produrre idrogeno verde a patto che non si beva più e che le grandi multinazionali energetiche rinuncino a produrre energia elettrica dall’acqua, che si trovino altre fonti energetiche per l’elettrolisi. Ma a me e non solo a me, pare una pazzia. Solo che magari, a qualcuno nella nostra Regione pare una cosa intelligente, o hanno visto la possibilità, accada quel che accada, di avere qualche soldo europeo e di mettersi in mostra, magari sicuri che nessuno dirà nulla. Ma queste sono solo ipotesi e mi scuso subito per averlo pensato.
Si potrebbe utilizzare acqua marina desalinizzata. Ma «Per essere efficiente la produzione di idrogeno verde ha bisogno di requisiti precisi. Uno di questi è che sia usata acqua dolce pulita. In presenza di sporcizia o alte concentrazioni di sale, l’elettrolisi fatica e i macchinari sono destinati a danneggiarsi. Un’opzione è quella di impiegare a monte sistemi di depurazione e desalinizzazione che tuttavia fanno lievitare la spesa energetica e le dimensioni dell’impianto. Rendendo, di conseguenza, le operazioni economicamente insostenibili e poco flessibili». (5)
Ed anche su questa via, indipendentemente dai costi, siamo solo agli albori. Infatti «un gruppo di ricercatori cinesi ha compiuto importanti passi avanti nella scissione elettrochimica dell’acqua salata in H2 e O2. Gli scienziati, appartenenti all’Università di Shenzhen, quella di Sichuan e la Southwest Petroleum University, sono riusciti a dimostrare un metodo efficiente di elettrolisi diretta dell’acqua di mare, capace di funzionare per mesi e mesi senza incorrere in problemi. Il team, come spiega un articolo di IEE Spectrum, ha introdotto un nuovo design che permette, senza ulteriori input energetici e produzione di cloro corrosivo, di generare idrogeno». (6). Ma ripeto: la ricerca è stata pubblicata, pare su una sola rivista, nel dicembre 2022, e la praticabilità di questa soluzione su vasta scala deve essere ancora studiata in modo approfondito. Inoltre non si parla qui dei costi.
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Ma ritorniamo all’acciaieria si San Giorgio di Nogaro.
Ritorniamo allora alla ‘acciaieria’ che si vuole a San Giorgio di Nogaro, con la vecchia/nuova giunta regionale favorevolissima, anzi pure ente erogatore di denaro nostro, finalizzato pare alla sua realizzazione fra Grado e Lignano. Quale energia utilizzerà per andare avanti? Se non utilizzerà carbone deve utilizzare metano, ma per averne tanto e subito, si deve posizionare una nave rigassificatore, prima prevista a Trieste, ora nelle acque di Grado, visto che dobbiamo acquistare il metano dagli Usa per sostenere la loro economia, far fare loro affari, e distruggere noi ed il nostro ambiente. Ma anche il metano è fonte energetica fossile: ed allora di quale ‘green’ stiamo parlando? Ci stanno forse prendendo in giro? Vorrei che non fosse così: ma allora mi dite che fonti energetiche verranno usate per la nuova acciaieria?
Infine la stessa Danieli, nel propagandare la nuova acciaieria sul Messaggero Veneto, ha detto che emetterà 100 chilogrammi di nuova CO2 per tonnellata di acciaio, magnificando il fatto che tale produzione, tossica per l’aria ed il mondo, sia al di sotto dei 283 chilogrammi di CO2 considerati virtuosi per una acciaieria. (7). Inoltre si prevede che il nuovo stabilimento produrrà 4 milioni di tonnellate di coils all’anno. E questo sarà nuovo inquinamento aggiuntivo, perché trattasi di uno stabilimento nuovo e, pertanto, queste emissioni verranno a peggiorare lo stato pregresso dell’aria ed a generare, comunque sia, nuovo inquinamento. E così, chi poi andrà al mare a Grado e Lignano? Bisognerebbe magari chiederlo a Fedriga, ma tanto, pare che su questioni cruciali ed ambientali non risponda, come del resto la cerchia dei suoi soliti assessori. E se qualcuno viene chiamato in causa in consiglio regionale od in una qualche commissione, dovreste sentire, in alcuni casi come hanno risposto!!!! Inoltre dovrebbe utilizzare una quantità enorme di metano, pari circa al 2% del consumo nazionale italiano. (8). Ma “tirem innanz”.
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Il progetto della nuova acciaieria ed il passaggio dal laminatoio alla muova acciaieria, a causa della guerra in Ucraina, una acciaiieria grande quanto l’Ilva. (9).
Al luglio 2021 risale la prima presentazione del piano Metinvest-Danieli alla Regione Friuli Venezia Giulia. Si parlava di un polo siderurgico capace di produrre 2,4 milioni di tonnellate di coils all’anno, con la possibilità di aumentare la produzione fino a 4 milioni. Il progetto prevedeva di partire inizialmente dalla lavorazione delle bramme, ovvero i semilavorati (che, al momento, provengono in Regione in larga parte dai Paesi dell’Est Europa). Si trattava, quindi, di un progetto che prevedeva un processo di laminazione. L’ipotesi è che il precipitare della guerra in Ucraina, e quindi il venire meno della fonte della materia prima (Metinvest è, infatti, la proprietaria delle acciaierie di Mariupol) per la produzione di coils dalle bramme, abbia spinto i promotori del progetto ad annunciare che lo stesso sarebbe stato integrato a monte con l’auto-produzione di bramme partendo da acciaio liquido.
Quindi un’acciaieria alimentata da Dri (Direct reduced iron, tradotto dall’inglese ferro ridotto diretto, chiamato anche spugna di ferro) a sua volta prodotta in situ da minerale di ferro con un mega impianto di riduzione diretta. Questi sono i primi dati emersi e confermati in un secondo momento (giugno 2022) con ulteriori dichiarazioni pubbliche sia da parte della Regione, con le parole dell’assessore Sergio Emidio Bini, sia da parte di Danieli, con le dichiarazioni del presidente Gianpietro Benedetti. La produzione così prevista diventerebbe dunque la prima concorrente all’Ilva, il noto impianto di Taranto. L’Ilva, infatti, è il più grande polo siderurgico d’Europa, costruito per la produzione di 8 milioni di tonnellate all’anno ma che, viste le recenti complicazioni, si è ridotto a 4. In sostanza, ciò che dovrebbe sorgere a San Giorgio di Nogaro sarebbe un impianto in grado di eguagliare la produzione di Taranto. Regione e Danieli, però, a differenza dell’impianto pugliese, hanno sempre parlato di “acciaio green” e “impianto con tecnologia di ultima generazione”. Proviamo a capire di cosa si tratta.
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Gli impianti.
Cercando di semplificare, al momento esistono due principali tecnologie per convertire il minerale di ferro, costituito da ossidi di ferro, in acciaio. La più diffusa è la tecnologia mediante altoforno, che usa come combustibile, ed elemento riducente, il carbon coke. Nell’altoforno si produce ghisa liquida che viene poi trasformata in acciaio all’interno di grossi contenitori chiamati convertitori. L’altra tecnologia, già nota da decenni, è quella della riduzione diretta (Dri) unita al forno elettrico.
In sostanza il minerale di ferro viene ridotto a Dri (spugna di ferro) che rimane allo stato solido in un reattore in cui si fa fluire un gas riducente (CO+H2) prodotto dal metano. Il Dri è poi alimentato, anche in carica mista con rottame, al forno elettrico dove si completa la trasformazione ad acciaio liquido. La principale differenza tra i due processi è l’agente riducente utilizzato per rimuovere l’ossigeno dai minerali di ferro: l’altoforno, come detto, utilizza carbonio sotto forma di coke metallurgico, mentre gli impianti di riduzione diretta sono normalmente idrogeno alimentati, appunto, con metano.
La letteratura esistente, e pubblicazioni anche della stessa Danieli facilmente consultabili, indica(no) consumi di metano per un impianto Dri da 1 milione di tonnellate pari a 280 milioni di metri cubi all’anno. Ovviamente, se la taglia dell’impianto pensato sarà di 4 milioni di tonnellate di coils all’anno, il consumo di metano (comprendendo anche quello al forno elettrico e al laminatoio a valle) potrebbe superare 1.5 miliardi di metri cubi all’anno, che è circa il 2% del consumo nazionale.
Il metano non è una risorsa rinnovabile e il suo impiego genera CO2, il gas serra causa principale dell’aumento di temperatura del pianeta. Il ciclo riduzione diretta unito al forno elettrico, in questo senso, è meno impattante del ciclo integrato altoforno con cockeria e convertitori che produce mediamente 1,600 kg/ton, mentre il progetto presentato dalla Danieli per la de-carbonizzazione di Taranto con il ciclo di riduzione diretta parla di una riduzione di circa il 50% di CO2, quindi a 800 kg/ton. Benedetti, finora, ha sempre dichiarato che il processo di riduzione diretta potrebbe impiegare idrogeno al posto del metano, limitando quindi al minimo le emissioni di CO2 e producendo il paventato “acciaio green”: al momento, però, questa strada appare impraticabile per gli altissimi consumi energetici necessari per produrre l’idrogeno. Con le attuali tecnologie di produzione servirebbe un parco fotovoltaico di circa 6,500 ettari (65 km2) e batterie di elettrolizzatori enormi con costi stimati per oltre 20 miliardi di euro». (10).
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E per ora mi fermo qui, invitandovi a riflettere su come questi vecchi/nuovi assessori regionali e Fedriga intenderebbero trasformare la nostra Regione, magari chiamando ‘green’ il metano.
Inoltre quando la Danieli, nel suo messaggio informativo scrive che «l’acciaieria prevista per Servola avrebbe avuto un impatto ambientale venti volte superiore a questa ora progettata per Porto Nogaro». (11), è come scrivesse che l’impatto ambientale ci sarà. Ma cosa vuoi che sia … Magari nessuno lo ha letto bene.
Ed alla fine di questo articolo scrivo che, concretamente, per quanto ho compreso, Fedriga ha solo proposto di decarbonizzare Servola e la centrale di Monfalcone, credo vecchio progetto, metanizzandole entrambi, e quindi non ha superato in modo alcuno il problema di non utilizzare fonti energetiche fossili. Anzi nel suo amore per le multinazionali ha aperto la Regione a nuove industrie a metano, che non fanno che peggiorare la situazione dei nostri territori. Perché la differenza è anche questa: che mentre l’ Ilva c’era già, noi ci troveremmo i cogeneratori Siot a metano e l’acciaieria pure come ‘new entry’, con le loro emissioni di CO2 aggiuntive nei nostri cieli. Ma a questo punto ci chiediamo che stia a fare quel “Piano della qualità dell’aria”, varato dalla Regione Fvg, di cui si parla in: https://www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/ambiente-territorio/pianificazione-gestione-territorio/FOGLIA201/.
Senza offesa per alcuno, ma per discutere in modo informato di un problema determinante per la nostra terra, dovuto anche a quella guerra ucraina che sarebbe dovuta finire da un pezzo, questo ho scritto, e se erro correggetemi.
Laura Matelda Puppini.
Sull’argomento invito anche a leggere gli articoli citati anche in nota, il mio:
E pure, per i danni da locazione a San Giorgio:
https://legambientefvg.it/2023/03/30/acciaieria-di-san-giorgio-di-nogaro-un-progetto-non-sostenibile-le-considerazioni-di-legambiente-fvg/
Inoltre vedasi, per la centrale di Monfalcone: “Giunta Regionale Fvg e Comune di Monfalcone hanno approvato l’accordo con A2A. Decine di milioni di euro per un nuovo impianto con combustibili fossili”, in: https://friulisera.it/giunta-regionale-fvg-e-comune-di-monfalcone-hanno-approvato-laccordo-con-a2a-decine-di-milioni-di-euro-per-un-nuovo-impianto-con-combustibili-fossili/
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- Mattia Pertoldi, “Sanità ed economia i quattro candidati a confronto”, Messaggero Veneto 12 marzo 2023.
- https://www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/ambiente-territorio/energia/FOGLIA01/.
- https://www.qualenergia.it/articoli/perche-strada-idrogeno-verde-ambigua-e-ancora-salita/
- https://www.editorialedomani.it/ambiente/idrogeno-acqua-costi-consumi-l4wlxq6p.
- https://www.rinnovabili.it/energia/idrogeno/idrogeno-acqua-di-mare-direttamente/.
- Ibidem.
- Reclame informativo sulla nuova acciaieria da costruirsi a San Giorgio di Nogaro da parte di un gruppo ucraino – olandese, in Messaggero Veneto 1° aprile 2023.
- La mega acciaieria Danieli a San Giorgio di Nogaro: ecco che tipo di impianto è previsto, in: https://www.udinetoday.it/cronaca/che-impianto-acciaieria-san-giorgio.html. 24 marzo 2023.
- Ibidem.
- Ibidem.
- Reclame informativo, cit.
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L’immagine che accompagna l’articolo mostra l ‘Ilva, ed è tratta da: https://www.lastampa.it/cronaca/2019/11/04/news/la-storia-dell-acciaieria-piu-grande-d-europa-ecco-l-ilva-dal-2012-a-oggi-1.37833111.
https://www.nonsolocarnia.info/sullidrogeno-e-la-sua-produzione-sulla-acciaieria-ucraino-olandese-e-la-metanizzazione-della-regione-fvg/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2023/05/Acciaieiria-ansa_20191104_160338_007065.webp?fit=900%2C506&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2023/05/Acciaieiria-ansa_20191104_160338_007065.webp?resize=150%2C150&ssl=1ECONOMIA, SERVIZI, SANITÀPremetto a queste mie righe, che non ritengo Massimiliano Fedriga e la sua giunta la causa di ogni problema ambientale in Fvg, altrimenti il volume di Aldevis Tibaldi “L’isola infelice” (che consiglio vivamente) non sarebbe mai stato scritto, ma vi è certamente stata e vi è, anche alla luce...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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