Tra terra e cielo. Francesco De Pinedo, il primo re dei voli transoceanici, ai tempi del fascismo.
Leggo del ricordo, attraverso la mostra “Mari e cieli di Balbo“, ora a Buttrio, della trasvolata in formazione, nel decennale della creazione dell’aeronautica italiana, comandata dal noto gerarca e organizzatore di squadracce fasciste che distrussero case del popolo, cooperative, leghe, picchiarono, devastarono, quadrunviro della marcia su Roma, il ferrarese Italo Balbo, (www.anpi.it/italo-balbo/ e Luigi Salvatorelli, Giovanni Mira, Storia d’ Italia nel periodo fascista, Einaudi ed. sesta ed. 1964 , in particolare pp. 171, 201, e 347) che la guidò. Pur non togliendo nulla alle sue imprese aviatorie, in particolare questa, a cui è dedicata la mostra, ricordo che Italo Balbo, noto comandante dello squadrismo agrario, fu detto il “ras di Ferrara” (Ivi, p. 347), fu capo delle squadre d’azione di Ferrara (1920-1921), facendo, anche, ripetuti raid in Emilia, (Fascismo biografie Italo Balbo – Storia XXI secolo, in: http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo12b.htm); e fu noto, pure, per aver ordinato bandi e bastonature «di stile», per cui chiedeva non venissero aperti processi (Luigi Salvatorelli, Giovanni Mira, p. 347). Balbo, come comandante squadrista, è noto, poi, per aver occupato, con i suoi uomini il Castello estense di Ferrara; e, nel luglio 1922 la città di Ravenna, usando a pretesto l’uccisione di un fascista. «I disordini provocarono nove morti tra le camicie nere, a cui Balbo rispose incendiando l’Hotel Byron, sede delle cooperative socialiste, e imbastendo quella che Mussolini chiamò una «colonna di fuoco», cioè una colonna di autocarri, messi a disposizione dietro minaccia dalla questura, che il 29 luglio distrusse e incendiò numerose case rosse nelle province di Forlì e Ravenna». Nell’agosto del 1922 avvennero i Fatti di Parma, che fu occupata in parte dai fascisti di Balbo. Questi, però, resosi conto dell’impossibilità di conquistare la città senza scontrarsi con l’esercito, s’impegnò a ritirarsi, ma l’azione costò più di una vita. (http://en.wikipedia.org/wiki/Italo_Balbo). Per le cifre che spendeva in sontuose feste e per la vita privata, in Libia, fu soprannominato “Sciupone l’Africano”. (www.italiaoggi.it/giornali/preview_giornali.asp?id=1796745…1).
Ricordo, infine, che eroe delle trasvolate transoceaniche, all’epoca, era considerato Francesco De Pinedo, che per primo volò anche sul Canada. Pertanto spero che anche questo, al Canada, sia stato detto. Leggo, infatti che nel 2014 è stata allestita a Montreal la mostra sopraccitata, sponsorizzata, come evento espositivo, dall’Istituto Italiano di Cultura. Infine ritengo che non si possa tacere chi fu realmente Italo Balbo, ricordandolo solo come aviatore e per la sua morte a causa di fuoco amico in Libia.
FRANCESCO DE PINEDO.
Francesco De Pinedo nacque a Napoli da una famiglia benestante il 16 febbraio 1890. Arruolatosi nella Marina e diventato ufficiale, prese parte alla guerra italo-turca e alla prima guerra mondiale. Appassionato di volo, nel 1917, dopo aver ottenuto, in due mesi, il brevetto di pilota, passò alla Regia Aeronautica, con il grado di tenente colonnello.
In pochi anni si guadagnò promozioni e onorificenze ed un buon posto al Ministero; a soli 33 anni aveva già una carriera invidiabile. Ma il suo amore per il volo non si esaurì: decise allora di convincere i suoi superiori ad affidargli missioni importanti anche per dimostrare la superiorità dell’aviazione italiana.
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All’epoca il governo incoraggiava e finanziava diversi voli nelle città europee e in altri paesi del mondo; uno dei più importanti venne compiuto nel 1920 da Arturo Ferrarin e Guido Masiero che portarono a termine il cosiddetto “ Raid Roma – Tokjo”, un viaggio di 11.000 miglia, terminato il 31 maggio 1920 a Tokio, con successo, anche grazie agli ingegneri che progettarono il veicolo ed ai due motoristi: Gino Cappannini e Roberto Maretto. ( Mario Vattani, “Con eliche di legno e ali di stoffa verso il Sol Levante. Novantatrè anni fa l’arrivo dello storico raid “Roma-Tokyo” in mezzo alla folla giapponese giubilante”, articolo pubblicato il 31/05/2013 in: http://www.ilgiornaleditalia.org/news/primopiano-focus/846974/Con-eliche-di-legno-e-ali.html).
De Pinedo prese spunto dai suoi colleghi e progettò un volo da 34.000 miglia, su un apparecchio idrovolante, che riteneva il mezzo migliore per voli transoceanici, un S16 ter-della Savoia-Marchetti, che avrebbe toccato Tokjo, l’Australia e Roma. Nel 1925 portò a termine l’impresa, con a fianco il maresciallo d’aviazione oristanese Ernesto Campanelli come motorista, coprendo 55.000 km, (Sesto Calende-Melbourne; Melbourne-Tokyo; Tokyo-Roma). e costeggiando tre continenti, in 360 ore di volo effettivo.
I problemi incontrati non furono pochi.
«L’avventura di De Pinedo e Campanelli inizia il 20 aprile del 1925 da un aeroporto dell’Italia Settentrionale, quello piccolo di Sesto Calendo, in una giornata piovosa. L’idrovolante non è dotato dì cabina coperta ed è privo di qualsiasi congegno che possa confrontarsi con i sofisticati strumenti in uso attualmente. Il “Gennariello” non ha neppure la radio. Dispone soltanto di una bussola per la cui lettura, durante i voli notturni, i due piloti devono ricorrere a un curioso marchingegno: illuminano il quadrante con i raggi della luna. Beninteso, quando ciò è possibile.
De Pinedo possiede una grande esperienza aeronautica. Ha effettuato trasvolate per circa 7 mila chilometri sulla terra, 8 mila sul mare e 30 mila luogo le coste; pertanto, una valida garanzia per il buon successo dell’operazione eh si preannuncia irta di problemi. Il lunghissimo viaggio conferma le previsioni: 80 ammaraggi molte soste (Italia, Medio Oriente, India, Persia, Indonesia, Australia, Filippine, Nuova Guinea, Cina e Giappone) e tantissimi episodi, alcuni dei quali gustosi: ad esempio il grosso pericolo per i due aviatori in una foresta della Nuova Guinea infestata dai cannibali.
La coppia si è divisa i compiti: De Pinedo pilota con consumata abilità e Campanelli, da perfetto motorista, risolve i problemi pratici del volo. La sua eccezionale competenza in campo meccanico si riversa tutta sul motore che aveva spesso bisogno di riparazioni. Cosi quando l’aereo si trova senza olio, a Bummagude (India), Campanelli si aggiusta alla meglio acquistando olio riciclato in un bazar. Inoltre, è costretto
più volte a riparare il serbatoio dell’olio usando addirittura una padella di rame sottratta ad un militare inglese. Nell’isola di Amboina (Pakistan) vince pure una scommessa con un sottoufficiale olandese, smontando e rimontando in 12 ore il motore dell’aereo. Ma l’episodio più straordinario è certamente quello capitato in volo, quando la coppa del radiatore comincia a staccarsi. Campanelli non esita un istante esce dall’aereo e tiene uniti i vari pezzi. Cosicchè, De Pinedo può ammarare felicemente a dispetto di tutti gli ostacoli, il raid procede con regolarità e ad ogni tappa importante i trasvolatori ricevono calorosissime accoglienze. Diventa famoso anche il “Gennariello”, così chiamato in onore di San Gennaro, e che reca nella fusoliera alcuni versi di una famosa canzone napoletana: “Funicolì, Funicolà”, “jamme, jamma ncoppa jamme jà». (“L’insopprimibile passione del volo” Ernesto Campanelli, l’intrepido aviatore oristanese famoso negli anni Venti e Trenta, in: http://www.aeroclubcagliari.it/ErnestoCampanelli).
A Roma, folle entusiaste li accolgono, ricevono medaglia d’oro dalla Federation Aeronautique Internazionale, la più importante federazione mondiale per gli sport aerei e Francesco De Pinedo viene insignito del titolo di marchese dal re d’Italia.
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La seconda grande impresa di De Pinedo venne incoraggiata dallo stesso Mussolini, orgoglioso di poter diffondere la cultura e il mito della bell’Italia soprattutto in nord America.Questa volta era previsto che il volo iniziasse a Bonomia nella Ghinea portoghese e proseguisse fino a Buenos Aires, e da qui, raggiungesse gli Stati Uniti, sorvolando le giungle brasiliane. Dagli U.S.A. egli avrebbe raggiunto il Canada, ultima tappa del volo, prima di riattraversare l’Atlantico per il ritorno a Roma. Il viaggio copriva un tragitto di oltre 27.000 miglia e riguardava 4 continenti, ed era un’ impresa eccezionale per quei tempi.
Per attuarla, Francesco De Pinedo si rivolse, ancora una volta, alla Savoia – Marchetti, che gli fornì un nuovo idrovolante, un S55, un catamarano con doppia carlinga fornito di due motori accoppiati linearmente. De Pinedo lo battezzò con il nome “Santa Maria”, lo stesso nome della caravella con la quale Colombo aveva scoperto l’America, ed iniziò il volo il 13 febbraio 1927.
Anche in questo caso il volo non avvenne senza qualche intoppo. Il 6 aprile, mentre veniva effettuato il rifornimento sul Lago Roosevelt in Arizona, l’aereo prese fuoco e s’inabissò in pochi minuti. Il completamento del raid fu reso possibile grazie all’invio di un altro idrovolante Savoia Marchetti S.55, ribattezzato “Santa Maria II”, per via marittima da Genova a New York.
Il viaggio di ritorno, ricongiungendosi al tragitto iniziale a New Orleans, toccò Memphis, Chicago, alcune località in Canada, Terranova, le isole Azzorre, Lisbona, Barcellona con arrivo finale al Lido di Ostia a Roma. (http://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_De_Pinedo).
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Il 21 luglio 1927, Francesco De Pinedo fu promosso generale di brigata aerea, ed il 31 dicembre fu nominato comandante della terza zona aerea territoriale. In questo periodo al vertice dell’aeronautica dominava Italo Balbo, che sosteneva un orientamento favorevole a voli collettivi e in formazione, giudicandoli di maggiore utilità sperimentale, addestrativa e organizzativa. Lo stesso Francesco De Pinedo prese parte, dal 26 maggio al 2 giugno 1928, alla crociera del Mediterraneo occidentale e, dal 5 al 19 giugno 1929, a quella del Mediterraneo orientale, entrambe volute da Italo Balbo. Allorché, il 16 ottobre 1928, Francesco De Pinedo venne promosso sottocapo di stato maggiore dell’aeronautica e quindi, il 28 marzo 1929, generale di divisione aerea, aumentarono le incomprensioni con Balbo fino a sfociare in aperto contrasto. Così De Pinedo fu mandato a Buenos Aires in qualità di addetto aeronautico presso l’ambasciata italiana. Vistasi probabilmente preclusa la possibilità di ulteriori avanzamenti di carriera, il 1° ott. 1932 egli lasciò il servizio attivo e si dedicò agli studi sull’aviazione commerciale e sulle grandi rotte aeree internazionali. (Giuseppe Sircana, Francesco De Pinedo, in http://www.treccani.it).
Il 3 settembre 1933, De Pinedo era pronto per iniziare un’altra avventura: il volo da New York a Bagdad, con un monoplano. Ma al momento del decollo, per sovraccarico di carburante, il monoplano non riuscì ad alzarsi ed andò a sbattere contro una rete ai bordi della pista. Francesco De Pinedo fu sbalzato fuori e morì carbonizzato nell’incendio del carburante fuoriuscito. I funerali si svolsero in forma solenne a New York. Quindi la salma fu rimpatriata in Italia con il transatlantico Vulcania. A Francesco De Pinedo fu conferita la Medaglia d’oro al valore aeronautico.
Vittorio di Sambuy scrive che Francesco De Pinedo riuscì a portar a termine le sue imprese , tracciando le rotte e sperimentando gli idrovolanti scelti, solo grazie al fatto di essere sia “marinaio” che “aviatore”. Francesco De Pinedo scelse l’idrovolante, come mezzo di volo perché si proponeva – come egli scrisse – di dimostrare la tesi che si poteva percorrere il mondo con un idrovolante meglio che con un bastimento. Egli comunque si trovò ad affrontare situazioni definibili come marinaresche, talvolta critiche, relative ad ormeggi, rimorchi, àncora, timone, e di carte di volo, spesso errate con declinazioni fantasiose, che costringevano il pilota a controllare la rotta su allineamenti a terra prima di affrontare una traversata in mare aperto. (Vittorio di Sambuy, Un aviatore molto marinaio: comandante Francesco De Pinedo, pubblicato il 28 giugno 2010, in: www.altomareblu.com. Vittorio di Sambuy cita anche dal volume: Francesco De Pinedo, “Un volo di 55000 chilometri”, Mondadori, 1927).
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Altre fonti: Per la storia di Francesco De Pinedo: “Francesco De Pinedo, il trasvolatore”, in:http://www.aeronautica.difesa.it/archiviovetrine_news/Pagine/FrancescoDePinedoiltrasvolatoreImpossibile.aspx. Ma esistono varie fonti consultabili anche on line.
CONSIGLIATO: Ovidio Ferrante, Francesco De Pinedo in volo su tre oceani, Mursia ed. , 2005.
Per la parte di volo di Francesco De Pinedo in Canada, cfr. “Francesco De Pinedo, B. Napoli 1890 — D. New –York 1933,
The canadian flight plan route of Santa Maria II”post fata resurgo” may 17 – may 23, 1927. Compiled by Giorgio Zanetti – february – 1- 2002, in: http://www.giorgiozanetti.ca/pinedo/depinedo.html.
Queste le note in Inglese poste su detto sito per il volo sul Canada:
«TUESDAY MAY 17 1927.
Departed from the Chicago water front at 6:58 a.m. and proceeded towards Toledo (OHIO) then Vermilion (spotted over Vermilion, 50 miles, 81 Km., west of Cleveland, at 11:26 a.m.) before heading north east, over Niagara Falls, and eventually followed the St. Lawrence river towards Montreal.
Arrived in Montreal touching down at the Alexandra Basin at 6:30 p.m.
Word had it that they flew over Kingston at 4:55 p.m. (they circled around the city’s dome); Brockville at 5:22; Prescott at 5:28.».
WEDNESDAY MAY 18 1927. MONTREAL – QUEBEC CITY
Unscheduled stop in Quebec City. Departed Montreal at 12:30 p.m.
The aircraft passed by Quebec City at 1:50 p.m. having for destination Shippegan Bay via Father Point or Metis, cutting inland to the Metapedia river following it to Chaleur Bay.
But at around 4 o’clock in the afternoon De Pinedo and his crew flew back to Quebec City. Hampered by an east wind, rain and fog they decided to turn back. The Santa Maria II landed, in the rain, in the harbour near the mouth of the river St. Charles.
THURSDAY MAY 19 1927. QUEBEC CITY – SHIPPEGAN
The estimated time of departure was set for 7:30 a.m.
Actual time of departure was 11:32 a.m. They arrived in Shippegan at 5:55 p.m. via Rimouski.
Planning to leave for Trepassey Bay early tomorrow morning, weather permitting.
FRIDAY MAY 20 1927 HIPPEGAN – TREPASSEY BAY
Arrived at Trepassey Bay a few minutes after 6 p.m.; circled over the town while the sun shone brilliantly.
(SATURDAY) MAY 21 1927: this morning the sky was overcast with a fresh north northwest wind. De Pinedo expressed the belief that the conditions would be favorable for his departure for the Azores tonight.
MONDAY MAY 23 1927: TREPASSEY BAY – AZORES ISLANDS
Commander De Pinedo estimated that the flight to the Azores would take approximately 14 hours.
The Santa Maria II took off from the harbour at 4:28 a.m.
De Pinedo reports having departed at 3:45 a.m.
Captain Fernaux, of the steamer Nova Scotia, reported having heard the roar of Commander De Pinedo’s plane at 4:00 a.m. from 5 to 10 miles east of Cape Race.
Estimated time of arrival at Horta at 5 p.m.
They were sighted 580 Km. (360 miles; 310 n.m.) north west of Fayal at 4:30 p.m.
They were 5 hours overdue and at some point presumed lost.
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L’immagine di Francesco De Pinedo è stata presa dal portale dell’aeronautica militare, www.aeronautica.difesa.it.
Laura Matelda Puppini
https://www.nonsolocarnia.info/tra-terra-e-cielo-francesco-de-pinedo-considerato-l-asso-dellaviazione-italiana-che-volo-anche-grazie-ad-uno-staff-fra-ingegneri-meccanici-motoristi/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2015/05/DE-PINEDO.JPG-sal-portale-dell-areonautica-militare-www.aeronautica.difesa.it_.jpg?fit=615%2C810&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2015/05/DE-PINEDO.JPG-sal-portale-dell-areonautica-militare-www.aeronautica.difesa.it_.jpg?resize=150%2C150&ssl=1STORIALeggo del ricordo, attraverso la mostra “Mari e cieli di Balbo“, ora a Buttrio, della trasvolata in formazione, nel decennale della creazione dell’aeronautica italiana, comandata dal noto gerarca e organizzatore di squadracce fasciste che distrussero case del popolo, cooperative, leghe, picchiarono, devastarono, quadrunviro della marcia su Roma, il ferrarese...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
a proposito di Balbo:
Parma rappresentava il “cuore” del sindacalismo rivoluzionario, ma anche dell’inteventismo di sinistra nel primo conflitto mondiale.
La camera del lavoro dell’Unione Sindacale Italiana, ebbe, anteguerra, tra i suoi artefici Rossoni, Corridoni, De Ambris.
Guido Picelli, sconfessato dai vertici del Partito Socialista, organizzò una guardia rossa autonoma a difesa delle strutture proletarie dall’incombente minaccia reazionaria.
La sua iniziativa era finalizzata ad una ricomposizione e creazione di un fronte antifascista dal basso, anche in contrapposizione alla cieca inettitudine delle burocrazie presenti nel panorama politico dell’epoca.
Così scriveva:
La borghesia non si divide e non discute, ma uccide senza pietà. Il fascismo ha come primo comandamento “Ammazzare”.
Quando ogni diritto è calpestato e tutti indistintamente, socialisti, comunisti,sindacalisti e anarchici, sottoposti allo stesso martirio e colpiti dallo stesso bastone, devono porre fine alle loro posizioni di parte e le discussioni inutili( Nonostante la vasta e spontanea adesione di molti loro militanti agli Arditi del Popolo, le burocrazie partitiche socialiste e comuniste, presero le distanze e cercarono di sabotare lo sviluppo di quel movimento. Gli organi centrali del neonato PCd’I giunsero al punto di imporre ai propri iscritti di evitare qualsiasi contatto con gli Arditi, contro i quali fu imbastita anche una campagna di stampa a base di falsità . Intervistato negli anni settanta alla televisione il comunista Umberto Terracini cercava ancora di giustificare quella scelta politica.)
Al fronte unico borghese bisogna opporre quello proletario.
I tentativi da parte fascista di annientare i movimenti della città simbolo, furono molteplici.
I combattimenti di Parma dell’ aprile 22 diedero il battesimo del fuoco agli Arditi del Popolo, come per la neocostituita “Legione Filippo Corridoni” di cui fece parte l’allora esponente di spicco dell’USI ( rifondatore della CGIL nel dopoguerra) Giuseppe di Vittorio.
All’organizzazione degli Arditi del Popolo si aggregarono centinaia di aderenti di molti rioni e della provincia, come militanti delle organizzazioni sindacali (Camera del Lavoro Confederale, la Camera del Lavoro DeAmbriana e l’USI).
Alcuni esponenti del PCd’I entrarono a far parte del Direttorio e della direzione militare, anche Umberto Balestrazzi dell’USI, presso la cui sede era ospitato il Comitato di Difesa Proletaria degli Arditi del Popolo, comandato da Antonio Cieri anarchico ed ex ufficiale degli Arditi.
Tra il 1-2 agosto del 22 scattò l’offensiva fascista comandata da Balbo.
C.a. 300 Arditi si trovarono di fronte a 20.000 fascisti bel organizzati, giunti con i camion dal resto della regione, dal Veneto, dalla Toscana e dalle Marche, equipaggiati con armi nuovissime, rivoltelle, bombe. moschetti e grandi quantità di munizioni, mentre carabinieri e guardie regie lasciavano loro libero il campo.
Balbo rimase impressionato dell’organizzazione difensiva posta in essere dagli Arditi del Popolo.
La lotta durò 5 giorni, dopo innumerevoli tentativi di assalto, i fascisti furono costretti a ritirarsi con 39 morti e 150 feriti, contro i 5 morti e 30 feriti in seno agli Arditi del Popolo.
Per coprire la ritirata ai fascisti e per evitare che la rivolta divampasse, venne proclamato lo stato d’assedio, salutato con sollievo dalle camicie nere.
Ma molti soldati dell’esercito regio, chiamati a sostenere l’azione dei fascisti, fraternizzarono con la popolazione, impedendo una nuovo tentativo di assalto alla città.
Successivamente venne stipulato, da parte della Camera del Lavoro Confederale e dai vertici del Partito Socialista il” patto di pacificazione” con il fascismo( una gigantesca beffa nei confronti dei vertici socialisti & c), respinto sdegnosamente dalla base proletaria e da molte altre organizzazioni, tra cui l’USI.
Balbo in ottobre progettò una nuova incursione su Parma, ma lo stesso Mussolini lo impedì.
Ma non fu lo stesso Roosvelt bandiera dello stato più libero del mondo a ringraziare il fascismo per la sua opera di argine al comunismo in Italia ed in Europa ? In effetti era una vera guerra tra manganelli e propaganda comunista ,.. La storia poi la scrive chi vince no ?
Non capisco il senso del suo intervento. Fu o no De Pinedo il primo italiano a volare sugli oceani? Fu o non fu Balbo un organizzatore di picchiatori fascisti, che limitarono la libertà di adesione alla pluralità dei partiti, portando tutti verso il partito unico, il sindacato unico, e di fatto il credere, obbedire, combattere, ed il silenzio?
Mi può citare, per cortesia, i ringraziamenti di Roosvelt a cui lei si riferisce, anno ecc. e la fonte bibliografica?
E pubblico il suo anche se anonimo. Certo che coloro che ritengono la storia un’ eterna lotta fra angeli ( anticomunisti e difensori della civiltà) e demoni (sporchi comunisti uccisori di ogni libertà e civiltà) tendono, mi pare, ed avvisatemi se erro, a non mettere mai, chissà perchè nome e cognome, ma a scrivere dietro il comodo paravento dell’anonimato. Che coraggio!
La storia la scrive il vincitore è un modo di dire.