Ho trovato fra le mie vecchie carte un documento datato ‘Plan d’ Arte – 21.05.2005” relativo al primo congresso del Comitato per la provincia di Carnia, che ebbe uno dei suoi maggiori sostenitori nell’ industriale Mario Gollino (1), intitolato: “Ce autonomie pa Cjargne”.

Il documento inizia con una disanima sull’ Europa ed il mondo dopo la caduta del muro di Berlino, che se da un lato aveva portato ad un mercato globale, dall’altro aveva aumentato in alcuni territori la voglia «di localismo, di autonomia, di decentramento e autogoverno.

Così, prosegue il testo, anche in Friuli si era creata, seguendo pure il progetto di Riccardo Illy, Presiedente della giunta regionale, relativo alle autonomie locali, un desiderio di maggiore autogoverno locale, che le Province non potevano dare. Infatti in Fvg «Ci sono 4 province ‘statali’, di cui una, Trieste, coincide con il territorio del Comune, Gorizia è vasta meno della metà della Carnia, Udine più della metà dell’intera Regione, un po’ più equilibrata è Pordenone».

In questo contesto ritenuto di disequilibrio che dovrebbe far riflettere pure ora i sostenitori ad oltranza della reintroduzione delle Province, non si sa a far che tranne che a riempire la Regione di nuove ‘poltrone’, veniva proposta la creazione della ‘Provincia di Carnia’ (‘Province da Cjargne’), finalizzata all’analisi e risoluzione dei problemi locali della montagna in affanno, e configurantesi come  “organo di governo locale”, prendendo come presupposto che l’autogoverno potesse far risalire la china. (4). E la possibilità di realizzare detto sogno derivava anche dall’esito di un referendum esplorativo che aveva ottenuto, in Carnia, il 73% di consensi. (5).

Ricordo però che allora c’erano le province, e non c’era l’attuale sistema che vede il dominio della giunta regionale, nuova oligarchia, pare, su tutto e tutti e che mi pare che di politici carnici che sostengano ora la Carnia con proposte produttive da più punti di vista cene siano molto pochi, evitando di dire non ce n’ è alcuno, visti i risultati, mentre il nostro territorio appare silente e sottomesso, attendendo gli ordini di un presunto padrone in ogni ambito. E a nulla serve la creazione di una nuova istituzione se il centrismo regionale domina assieme ad un metodo verticistico impositivo di risoluzione dei problemi.

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Nel documento dopo questa premessa, si trova l’enucleazione del perché il Comitato proponga la Provincia per la Carnia, come «un organo di governo locale, un soggetto autorevole e dotato di risorse in grado di rilanciare l’economia della Carnia». Ma anche allora c’ era la Comunità di montagna, che ritengo sarebbe stata soppiantata da questo nuovo organismo se si fosse concretizzato, ma la essa, forse neppure ai tempi della gloriosa Comunità di Carnia, ha potuto decidere autonomamente al di fuori dei giochi prima provinciali e nazionali poi regionali. Però è indubbio che la Provincia di Carnia avrebbe rischiato di diventare un doppione: perché il problema della Comunità Montana, indipendentemente dal suo nome, è stato, secondo me, sempre negli uomini che l’hanno formata, nei politici ‘equilibristi’ nelle mancate prese di posizione decise e nel non saper sviluppare e presentare discorso programmatico di vasto respiro, ma comportandosi come un sovra – comune con tutti i suoi limiti, talvolta infarcito di pessimo berlusconismo, attuato senza essere Berlusconi. Ma questo è il mio pensiero personale e se erro correggetemi. Infine siamo giunti ora, nel 2024, dove i politici sono sempre quelli perché nessuno vuole presentarsi, e dà invero da pensare la sesta legislatura di D’Andrea a Rigolato, che continuerà a cristallizzare qualsiasi iniziativa nel suo mood di pensare, ove domina il progetto per la variante di Rigolato, costosissima, con viadotti sulle rive erbose del Degano, faraonica, mentre il paese si spopola ed è stato inserito tra quelli che fra un po’ moriranno.

Per spiegare quindi il tipo di autonomia che definirei assoluta, proposta, anche se difficilmente attuabile in quanto la Carnia non è un’isola nel mare caraibico, i proponenti ricordavano sia le regole della Vicinia ai tempi del Patriarca, per nominare i Meriga, sia una politica che aveva garantito ai capo famiglia e ‘sorestanz’ locali una certa autonomia di scelta. E questo, secondo gli estensori del documento, era proseguito anche sotto Venezia prima e l’Austria poi. E proprio sotto gli Asburgo era venuta una rivitalizzazione nell’ utilizzo del legno che aveva fatto la fortuna dei ‘Micoli Toscano, Vecile, Del Fabbro, De Antoni, ed altri. Poi però, con l’avvento dell’Unità d’Italia, si era instaurato un centralismo burocratico (5) e non solo burocratico, e con esso cominciavano a formarsi intorno alle città delle zone definite poi sottosviluppate, prive di reale potere decisionale ed emarginate sempre più. Non sempre le rimesse degli emigranti raggiungevano il territorio, che era pure costretto, e questo lo dico io, a donare la sua gioventù per il servizio militare obbligatorio, che tra una guerra e l’altra, come in tutta Italia, ne era uscita decimata, quando non accadeva che le famiglie dovessero mantenere a loro carico ragazzi rientrati dalla guerra invalidi o impazziti.

Però, sempre da quello che si legge sul documento, un tentativo di rinascita della Carnia è evidenziabile: nella Repubblica partigiana della Carnia maniaghese e spilimberghese, nella nascita della Comunità Carnica, basata sull’esperienza di quella cadorina, nel tentativo di creare la Provincia di Carnia.

Quindi gli estensori del documento ricordano sia Bruno Lepre sia Romano Marchetti come i due principali sostenitori dell’autonomia di governo per la Carnia, che doveva essere gestita da un organismo di governo ove i Comuni rinunciassero alle proprie personalità ed ai propri singoli interessi per «rafforzare quel consenso equilibrato e sereno che è la Comunità Carnica». (6). I tentativi però a mio avviso fallirono, sia per ingerenze di altri organi e dei partiti, sia per la politica del ‘becjut’, sia come ho già detto prima, per incapacità politica nel programmare a lungo termine, sia per il sostegno che i nostri politici hanno sempre dato a singoli industriali o persone, indipendentemente da un discorso complessivo, creando precedenti non di poco conto, ma anche per l’incapacità di vivere in tempi di grande mutamento.

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Quindi sul testo oggetto di questa mio articolo si trovano evidenziate alcune criticità della situazione carnica nel 2005, che ora sono invero aumentate, tra il silenzio di sindaci ormai eletti spesso con lista unica, e che ‘aspettano Godot’. Il documento mette il dito però anche sul definanziamento dei Comuni, che costringe i Sindaci a vere e proprie questue imbarazzanti; sulle ‘diseconomie di scala’ all’ interno di uno stesso circondario montano, sulla carenza di personale nei piccoli comuni. «Inoltre, lo scarso coordinamento intersettoriale fra i vari enti che operano in montagna, ha condotto ad inefficienze gestionali e conseguenti sprechi di risorse pubbliche. È mancata una visione di insieme […]». (7). Ed ancora: «In particolare le Comunità Montane appaiono come enti senza missione ben precisa. Il fatto di non essere enti di governo di primo grado, spiega di certo lo scarso interesse dimostrato dai legislatori negli ultimi decenni. Solo la legge n. 131 del 2003, in attuazione del titolo V della Costituzione, il ruolo della Comunità è stato rilanciato.

D’altra parte che le cose non andassero per il verso giusto era a conoscenza di tutti. Se ne erano accorte le istituzioni, che volevano sostituire le Comunità montane con un Ente più moderno e più adatto a gestire il territorio; se ne sono accorti i montanari che si ritrovano ogni anno in meno e con sempre più precarietà; lo confermano i dati statistici che impietosamente evidenziano un progressivo aumento del differenziale tra la pianura e la montagna, sia in termini di reddito che di qualità di servizi. Il Pil è sceso sotto la media europea, e le recenti disavventure della economia di montagna peggioreranno ancor di più il dato». (8). Ovviamente questa analisi è riferita al 2005, ora siamo ormai alla catastrofe ed all’abbandono della montagna vista solo come un territorio da sfruttare a più non posso, lasciandola come una donna costretta a prostituirsi giunta alle ultime forze e che nulla ha ricevuto in cambio. Almeno questo penso io.

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Inoltre il Comitato per la provincia di Carnia’ continua scrivendo che il Friuli, (massacrato però anche dal terremoto, e questo lo scrivo io) non si accorse che la Carnia e la zona montana risultavano sempre più emarginate. Ma se ne sono accorti gli abitanti di quelle terre, che vogliono gestire da soli l’ambiente in cui vivono, diventando protagonisti del loro futuro. (9). Questo nel 2005, ora è solo calma piatta e sottomissione politica, secondo me.

E se ora come ora la Carnia non può pretendere di diventare, come si ipotizzava nel 2005, competitiva territorialmente a livello europeo e globale, (9), è però vero che «per misurare il conetto di sviluppo non basta più il Pil, ma sviluppo diventa un termine multidimensionale. Sviluppo vuol dire qualità della vita di chi produce, consuma e vive dentro un determinato territorio». (10).  

Ma perché la Carnia venga tenuta in debita considerazione allora come ora, non solo serve che i suoi abitanti abbiano qualcuno che realmente rappresenti a livello istituzionale locale i suoi bisogni, cosa che spiace dirlo, ora non esiste, ma come si legge sul documento in oggetto necessita pure di «una Regione molto diversa da quella che abbiamo fin qui conosciuto: fatta di carte, erogatrice di contributi non sempre equamente distribuiti e ben mirati, impacciata nell’ analisi delle diversità territoriali superficiale e burocratica».  (11). Però una Regione più attenta ai territori anche nella loro diversità deve incontrare, come sopra ho scritto, «enti locali efficienti, adeguatamente dimensionati e liberi da condizionamenti centralistici.

Ed ora come ora questi non possono certo essere le province, riesumate, che comportano lo stesso problema, almeno per quella di Udine: l’andare dai monti al mare, senza reale cognizione delle esigenze diversificate delle terre che comprenderebbe.

E il territorio montano della Carnia, i cui comuni superano uniti di poco i 25.000 (oggi) abitanti, togliendo Tolmezzo, presenta una situazione complessa – continua il testo proposto – come tutta la montagna regionale, che copre circa il 57% del territorio globale, con piccoli nuclei insediativi sparsi, a cui è necessario, in primo luogo, «garantire sevizi di base di buon livello, come condizione indispensabile per mantenere l’insediamento abitativo e lo sviluppo delle attività economiche.

E allora si guardava, prima di creare la ‘Provincia di Carnia’ non ancora possibile per legge, anche se proposta dal documento, ad una «progressiva evoluzione delle Comunità Montane da organo di 2° grado ad un ente di 1° grado». (12).  Ma come ho già detto, non bastano gli organismi, ci vogliono anche gli uomini, e ci sarà un perché, oggi, a differenza di un tempo, i volti restano sempre quelli e volti nuovi non vogliono prendersi l’onere, non più onore, di fare il sindaco o l’amministratore comunale.

Quale compito per una nuova Comunità Montana per passare poi, secondo il documento, ad una Provincia di Carnia, ora non più a mio avviso proponibile? Quello di trasformarsi in un «Ente che ha il compito di gestire servizi a comunità omogenee di un’area vasta come la Carnia […] gestito con criteri di […]  efficienza e funzionalità». (13).

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Per quali ambiti i sostenitori della ‘Provincia di Carnia’ chiedevano autonomia decisionale, ma dico io, senza ingerenza partitica, superando il centrismo regionale che oggi è diventato impossibile da sopportare e che fa calare ogni sua idea anche balzana sulla testa dei cittadini?

«difesa del suolo; tutela e valorizzazione dell’ambiente; foreste; agricoltura; risparmio energetico e riscaldamento; turismo; commercio; tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; valorizzazione dei beni culturali; protezione della flora e della fauna; parchi e riserve naturali; caccia e pesca; smaltimento dei rifiuti; tutela dagli inquinamenti; tutela del paesaggio; toponomastica; usi civici; artigianato; fiere e mercati; acqua minerali e termali; assistenza e beneficenza pubblica; attività sportive e ricreative con relativi impianti ed attrezzature; (14), in un contesto partecipativo, parola ormai dico io sparita dal vocabolario politico, ed esecutivo al tempo stesso, portando ad una Regione meno mastodontica e più leggera. (15).  

In questo modo il ‘ nuovo ‘ Ente di Economia Montana della Carnia verrebbe a svolgere «un ruolo primario di programmazione di un territorio» (16), nei settori più decisivi, senza però aumento del personale o costi aggiuntivi, e ad elezione diretta. Ma un progetto di questo tipo presuppone pure la creazione di un soggetto forte in grado di «rimotivare le persone […] ed anche la classe politica, in modo da razionalizzare anche le funzioni di altri enti, in primis Agemont e Consorzio Industriale […]» (17), perché spesso vi è un sovrapporsi di funzioni che non giova a nessuno. (18). E secondo questo manifesto di intenti, detta nuova Comunità Montana, tramite fra la popolazione e la Regione, dovrebbe sviluppare risorse locali, formando anche politici locali, perché «accanto ad una politica regionale ci debba essere una politica locale» non asservita dico io, ma libera di esprimere la propria opinione.

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Ma trattare di montagna significa anche prendere in seria considerazione il discorso sull’ acqua, al discorso di utilizzo della quale la gente di montagna vuole essere compartecipe, sugli elettrodotti, evitando politiche colonialiste che portino il territorio montano a essere solo «attraversato, consumato, utilizzato e sfruttato da una serie impressionante di infrastrutture che rispondono più a logiche nazionali od internazionali, che a politiche di sviluppo del territorio: autostrade, ferrovie, elettrodotti, gasdotti, oleodotti, cave, ecc. Ci si chiede con quali ricadute in termini economici e occupazionali. Purtroppo la risposta è deludente».  (19). Vedi poi la situazione odierna ove le risorse nostre dovrebbero andare a terzi foresti, senza ricaduta alcuna, magari privati come la Siot, grazie pure al nostro Presidente di giunta.  

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E così ancora si legge sempre per quanto riguarda la Carnia: «Di solito i grandi investimenti rispondono a logiche lontane ed estranee, alimentano grandi speranze ma pi lasciano alle spalle una realtà fatta di scadimento della qualità della vita e dell’ambiente (si pensi al Canal del Ferro, al Lago di Cavazzo, ai fiumi in secca: Tagliamento, Degano). Di fronte a questi problemi e alle scelte da fare, sarebbe sicuramente controproducente chiudersi nel ghetto della rivendicazione fine a se stessa, ma è altrettanto inaccettabile che tutto si compia, ancora una volta, senza un effettivo coinvolgimento dele amministrazioni montane, attraverso un confronto politico forte che rappresenti effettivamente gli interessi comunali», (20). della Carnia, delle persone, dei territori.  

Quindi ci sono altri temi proposti all’ attenzione in questo testo, oltre quello dello sviluppo che ora però si definisce come minimo ‘sostenibile’ visto che questo testo è datato 20 anni fa; la viabilità, che però ora contempla almeno il sistemare quella ordinaria, la sanità. Allora si vedeva come un peso l’unione di Carnia e Gemonese in una unica azienda sanitaria, ora la sanità montana è diventata una emergenza primaria, dato che è priva di uomini, mezzi, tempi adeguati di cura, ed è a livelli, scusatemi l’ardire, scandalosi! Migliaia di cittadini sparsi in montagna senza medico di base, senza sufficienti ambulanze, con continui tagli di posti letto …. con guardie mediche che coprono una notte Ampezzo e Paularo, come accaduto! Va beh, che tutti dobbiamo morire, però ….    

Poi il documento tratta anche il tema del turismo, non relegato allo sci ed a 70 chilometri per motoslitte nella zona più bella della Carnia a servizio di privati e danarosi, temo, settori tanto cari a Stefano Mazzolini, non si sa perché tanto votato, e parla di ‘turismi’: di turismo ambientale; gastronomico; termale; sportivo; artistico; storico archeologico. (21).

 Infine sarebbe stato importante, secondo questo testo – che l’Università avesse posto una sua piccola sede qui, ma pur avendo messo a disposizione il Comitato per la Provincia di Carnia a sue spese una sede ed una segretaria, la risposta di Udine è stata confinata a mere promesse. (22). Infine, e questo lo dico io, c’era un osservatorio lavoro che funzionava a Tolmezzo, ora pare sparito anche quello, il che ci fa propendere per una Carnia trasformata in terra di nessuno.

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Questo lungo ‘Manifesto accorato per la montagna’ non è stato scritto da un sovversivo, da uno di quelli a cui una politica incapace di guardare ai problemi reali, e magari leghista, direbbe: “Vai a lavorare’ e poi ne riparliamo”, è stato scritto da Mario Gollino, industriale stimatissimo, a cui ho dedicato, in morte, un articolo su questo mio blog, citato in nota 1, che vi invito a leggere. Uomini come lui sono stati veri industriali, come lo è anche Stefano Petris di Wolf, i Gortani di Gortaninox ed altri ancora.

Ho ripreso spunti da questo testo per rilanciarli come tema di dibattito, in una Carnia sempre più spopolata, sempre più triste, sempre più vuota, perché non si può finire così, colonizzati dai foresti e sorestanz, senza servizi e senza che i nostri sindaci, divisi ed attenti alle bazzecole elettoralistiche e di politica nazionale muovano un dito, sempre speranzosi che ciò che piove dall’ alto sia il meglio, sposando un atteggiamento da servi e sudditi, a mio avviso, più che altro. E se erro correggetemi. Ed almeno moriamo in piedi, ad occhi aperti.

Laura Matelda Puppini

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Note.

1- Sulla figura e l’opera di Mario Gollino cfr. su www.nonsolocarnia.info: In ricordo di Mario Gollino, industriale di Portis di Venzone.

2- Comitât pa Province da Cjargne, prin Congrès. Plan d’ Arte. -21.05.2005. “Ce autonomie pa Cjargne”, pagine non numerate, prima pagina.

3- Ibidem.

4- Ibidem.

5 – Ibidem.

6- Ivi, pagina seconda.

7- Ibidem.

8- Ibidem.

9- Ibidem.

10 – Ivi, pagina terza.

11- Ibidem.

12- Ibidem.

13- Ivi, pagina quarta.

14- Ibidem.

15 – Ibidem.

16 – Ibidem.

17- Ibidem.

18 – Ivi, pagina quinta.

19 – Ibidem.

20 – Ibidem.

21 – Ibidem.

22 – Ibidem.

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L’ immagine che accompagna l’articolo è tratta da: http://www.cjargne.it/provincia_3.htm, è datata 21 maggio 2005, e ritrae il primo congresso per “Ce autonomie per Cjargne” (int. 31). L.M.P.

 

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