Ho incontrato causalmente Valter Baisero per strada e mi ha parlato di queste suo testo che aveva pubblicato, riguardante il culto di Sant’Ilario in Carnia. Apprezzando il suo sforzo (fossero tutti così), ma anche il suo impegnare il tempo non solo a guardare ed apprezzare il creato e le nostre montagne attraverso le sue escursioni narrate abilmente sul suo profilo facebook, ricco anche di bellissime fotografie, ma pure a leggere, ricercare, scrivere, gli ho chiesto il permesso di pubblicazione di questa sua ricerca, che mi ha concesso. Pertanto riporto qui questo suo lavoro. Ricordo che ci sono molti santi di nome Ilario e che quello venerato a Tolmezzo è Sant’ Ilario martire, ucciso con i Santi Concesso e Demetrio, che si ricordano, insieme ad altri, il 9 aprile. (https://it.wikipedia.org/wiki/Sant%27Ilario).

«Ci sono pochissime informazioni riguardo a questa figura. – si legge sul sito ufficiale della Diocesi di Udine- . Si tratta certamente di un romano ucciso nel 362 e sepolto nelle catacombe di Santa Ciriaca, nei pressi della Basilica di San Lorenzo. Le sue spoglie furono rinvenute con la titolazione “Martyr Ilarius” soltanto nel 1656. L’anno successivo fu nominato patrono della Carnia da Papa Alessandro VII: le sue reliquie vennero quindi portate nelle terre di Carnia» (https://www.diocesiudine.it/wd-appuntamenti/a-tolmezzo-si-celebra-santilario-patrono-della-carnia/).

A Tolmezzo sono stati esposti manifesti con le celebrazioni per il santo, fra cui la processione che, dalla maina di Santa Maria della strada (davanti alla biforcazione della vecchia statale per Udine, che passa pure davanti al cimitero, per Betania) raggiungerà il Duomo, ma non ho trovato copia dello stesso su facebook per porlo qui. Vedrò semmai di fotografare uno degli avvisi che si trovano in giro per corredare questa introduzione con un invito a chi fosse interessato a parteciparvi. Passo quindi al testo di Valter, da lui pubblicato la prima volta in: https://www.facebook.com/valter.baisero/?locale=it_IT.

Laura Matelda Puppini.

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Valter Baisero. CUARTE DI AVOST.

«Quanti Carnielli (e Tumiezzins) contemporanei capiscono immediatamente a cosa fanno riferimento queste tre parole? Temo pochissimi! Ma è storia, la nostra STORIA. Che racconta di vite “trascinate” nel quotidiano; “lambiccate” nel trovare il sistema per conciliare il pranzo con la cena; a volte “superstiziosamente” fedeli a qualche Santo che “desse una spinta”, fosse solo spirituale, per consentire la continuazione di un’esistenza dura, raramente agiata e tranquilla, ancorchè incrollabilmente non doma.

Quando si fa entrare – spingendolo come farebbe un “buttadentro” da discoteca di terz’ordine – Dio in certi discorsi, il pelo mi si rizza come ricevessi una scarica elettrica! Non abbiamo ancora imparato a lasciarlo in pace dove sta (se ci sta) !? “Deus vult” prima, “Dio è con noi” (Gott mit uns) dopo; e adesso l’ultima versione, quella Trumpiana: “Dio era con me, dopo questi fatti”, onestamente capisci ed apprezzi Dio molto di più” (bontà sua, di Trump!). Ovviamente omettiamo tutto quello che c’è stato in mezzo da Caino in qua! Bisognerebbe ricordare a persone pregne di queste “illuminazioni” – che Dio (sempre che ci sia) – ha fatto fallire l’attentato di Von Stauffenberg a quella “perla d’uomo” di Hitler, e abbiamo visto com’è finita. Di qui la difficoltà nel condividere certe “granitiche” certezze e l’onesta volontà di demolirle. “Dentro” a queste “folgorazioni” convinte, tipo on the street of Damascus, c’è chi non si è fatto mancare nulla, e ci troviamo a dover assistere a sventolii di rosari ad ogni piè sospinto soprattutto se a favore di camera, interpretazioni evangeliche “ad usum delphini” ecc.

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Ma, visti i tempi attuali in cui, appunto, pare che la religione sia “di moda” (però in duomo le domeniche i “vuoti” nei banchi sono più che i “pieni”), perché non ridurci – nel nostro piccolo – a “ripassare” la nostra storia, quella di Tolmezzo e della Carnia, e ricordare quelle singolari vicende che riguardarono l’arrivo fra di noi di una “cassetta” particolare in quel lontanissimo 13 agosto 1657, esattamente 367 anni fa? Badate che questi fatti, a differenza di tutte quelle farneticazioni tese ad elemosinare consensi fra un pubblico purtroppo incline a lasciarsi abbindolare e suggestionare da chiacchieroni privi di scrupoli, ha avuto conferme dell’efficacia della potenza divina attraverso “miracoli” testimoniati da persone citate con tanto di nomi e cognomi! E, del resto, se crediamo a certe persone e ai concionatori professionali di casa nostra, non c’è nulla a cui non si possa credere (terra piatta, scie chimiche, ecc.) ergo, perché dubitarne?

Orbene, in quel 13 agosto una cassetta piuttosto semplice veniva posata all’interno di une chiesetta denominata Santa Maria della maina (io la ricordo da ragazzino, già ormai in rovina) all’incirca all’altezza della rotonda che porta ad Illegio (sul lato destro salendo verso Tolmezzo, prima della strada che sale in Betania (sulla vecchia nazionale), e conteneva lo scheletro quasi completo di un Martire cristiano: Sant’Ilario, giustiziato sotto l’imperatore Giuliano l’apostata nel 392, il 9 aprile. Questa traslazione da Roma (catacombe di S.ta Ciriaca) avveniva perché il fervore religioso dei Carnielli (o forse la superstizione?) li aveva spinti a chiedere al Papa alcune reliquie (un corpo intero) da venerare nella loro Terra, eleggendone il titolare a santo patrono di tutta la Cjargne. E, dato che “melius abundare quam deficere”, vennero donate alla Terra di Tolmezzo anche alcune ossa di Sant’Erasmo e Silverio, un ginocchio di Sant’Eleuterio ed un braccio di San Cirino; Queste altre reliquie vennero poste in quattro grandi reliquari che sono conservati nel duomo di Tolmezzo.

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Il celebre medico chirurgo Metullio Cominotti effettuò nel 1900 una ricognizione dello scheletro contenuto nell’urna – su richiesta dell’Arcidiacono della Carnia Canciani in occasione del trasferimento delle ossa in un nuovo contenitore – rilevando: “i pezzi, grandi e piccoli, sono circa 60; il teschio completo della mandibola inferiore, due omeri, un radio, una ulna, due ossa del bacino, due femori (l’uno intiero e l’altro mancante dei capi articolari), due tibie, due peroni (uno intiero l’altro a pezzi staccati), due astragali, i calcagni, due frammenti di scapole, qualche falange di dita ed altri diversi pezzi minori”.

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La decisione da parte del Magnifico Consiglio Tolmezzino per formulare la richiesta ottenne l’approvazione di tutti i Consiglieri che erano: “Giov. Gregorio Bartolini pel serenissimo Ducal Dominio Gastaldo, Giacomo Biancone, Capitanio, Francesco Borlucci, Provveditore, Valentino Minei, Provveditore, Regilio Janise, Scipione Frisacco, Gio. Giuseppe Antonini, Contradicente, Gioseffo Biancone, Gioseffo Puppi, Pietro Bartolini, Gaspero Gottardis, Ortensio Driussi, Venanzio Cillenio, Francesco Gottardis, Sergio Frisacco, Agostino Michise, Fulvio Cillenio, Consigliere e Cancelliere”.

Il trasporto della cassetta dal convento dei Cappuccini di Udine a Tolmezzo venne “accompagnato” religiosamente dalle popolazioni di tutti i paesi attraversati nel viaggio: Tricesimo, Gemona, Venzone, Portis, Amaro e Tolmezzo.

Il 16 agosto 1657 una solenne processione, con un numero straordinario di sacerdoti, accompagnata da circa 20.000 (si, ventimila) persone, accompagnava le reliquie alla chiesa di San Martino (quella vecchia). Durante la strada avvenne il primo fatto sensazionale (non parlo di miracolo anche se chi estese queste memorie ne era certissimo, io no), in quanto una certa Margherita Candolina riebbe la vista al passaggio del corteo.

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Fin dal primo anno dalla venuta delle reliquie si istituirono due festività in onore di Sant’Ilario: la prima il 9 aprile (giorno storicamente accertato come data del suo martirio), ma considerando che questo giorno interferiva spesso con le ricorrenze pasquali, si spostò la celebrazione alla seconda domenica dopo Pasqua. L’altra festa si celebrava la terza domenica di agosto ma nel 1784 venne fissata al 24 agosto in quanto “giornata comoda a tutti li Parrochi” perchè liberi da altre feste o sagre potevano partecipare “colli loro Parrochiani”. Per ultimo (non si sa da quando) la seconda celebrazione venne stabilita per la quarta domenica di agosto (la CUARTE di AVOST appunto). A queste ricorrenze partecipava annualmente “gran numero di devoti da Amaro, Illegio, Verzegnis e las Vicarìa di oltre But”.

Una prova del culto al Santo fu l’istituzione di una Fraglia o Fraterna (confraternita); i Provveditori della Terra di Tolmezzo fin dal 13 settembre 1659 pregarono il Patriarca di Aquileia Giovanni Delfino affinché concedesse il nulla-osta alla supplica che intendevano presentare al Papa Alessandro VII per ottenere l’erezione di una Confraternita al nome di Sant’Ilario. Ottenuto il consenso, la supplica fu inoltrata a Roma per mezzo del “Tolmezzino Mons. Conte Giov. Batt. Camuccio” . “Al 23 di ottobre 1659 fu sottoscritta la bolla di erezione canonica della Fraterna. Essa contiene l’elenco delle molte indulgenze si plenarie che parziali che vengono accordate ai Confratelli e alle Consorelle”. Quando nel 1752 venne demolita la chiesa di San Martino per erigere l’attuale duomo, la Fraglia si assunse l’onere di erigere un altare da consacrarsi al Patrono. Molte opere di oreficeria componevano “il corredo” del Santo (gran parte disperse), tutte opera di offerte da parte della popolazione; su una corona d’argento che cinge il cranio di Ilario si legge “LI DEVOTTI DI SAN° ILARIO CHE A’ FATO LA CHARITA “. La Confraternita sparì – come tutte nel resto d’Italia – all’arrivo di Napoleone, che le soppresse.

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Pietro Antonio Novelli, La decollazione di Sant’ Ilario, dipinto del 1791, pala d’ altare  presente nel Duomo di Tolmezzo. (https://guidartefvg.it/elenco/il-duomo-di-tolmezzo).

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La costruzione dell’attuale duomo iniziò nel 1752 ed in tutti i Tumiecins albergava il desiderio di poterla portare a compimento per il 1757, celebrando così l’inaugurazione della nuova chiesa ed il primo centenario della traslazione di Sant’Ilario. Era anche il desiderio del Card. Patriarca Daniello Delfino il quale, il 14 luglio 1753, inviò una circolare a stampa a tutti i Parroci e Curati della Carnia per sollecitare il Popolo a partecipare con offerte e contribuzioni in denaro, legnami ed altri materiali alla costruzione della nuova fabbrica. Però – nonostante il desiderio di tutti – il duomo venne completato nel 1764 e consacrato, dall’Arcivescovo di Udine Bartolomeo Gradenigo; ci vollero però circa vent’anni per completare tutte le opere interne (altari laterali compreso quello del Santo, decorazioni ecc.) e, finalmente, nei giorni 22, 23 e 24 agosto 1784 – dopo varie peripezie, incomprensioni, gelosie fra le varie componenti del direttivo – si tenne il Triduo in onore di Sant’Ilario. Per rendere sontuosa la festa si ricorse a “prestiti” di addobbi, candelabri, gonfaloni, in tutta la Carnia ed anche fuori. Alla Porta di Sotto e al portone di Chiavris si leggeva la seguente iscrizione; “D.O.M. HILARII MARTYRIS GLORIOSISSIMI EXOPTATISSIMO CENTENARIO TULMETINI CARNIQUE OMNES PLAUDITE” (a Dio Ottimo Massimo nel desideratissimo centenario del gloriosissimo martire Ilario fate festa o Tolmezzini e Carni tutti). “L’ordine pubblico per le festività venne tenuto dalle Cernide del Quartiere col Capo di Cento Sig. Zuanne Serini d’Imponzo, coll’Alfiere Sig. Giacomo Tarussio d’Incarojo ed altri Caporali”.

Il terzo giorno il concorso di Popolo raggiunse i 15.000 partecipanti; si contarono 214 sacerdoti che celebravano Messe, da tutti e 4 i quartieri vennero i Capi di Cento cogli Alfieri, Caporali e Cernide. Il Sergente Giacinto Fiascaris di San Daniele aveva disposto le Cernide sui luoghi ove sarebbe passata la processione. Numerosissimi sacerdoti sfilavano in corteo precedendo l’Arca del Santo, compresi il Preposito ed i Canonici del Capitolo di San Pietro, questi ultimi in zanfarda (almutia) al braccio sinistro.

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Sul nascere del 1857 l’Arcidiacono Kiussi (sic) assieme alla Deputazione Comunale composta dai Sigg.ri Francesco Frisacco, Gio Batta Larice e Cristoforo Mazzolini nonché la Fabbriceria composta dai Sigg.ri Andrea Moro, Lorenzo Picottini e Gaspero Zanoner, interpretando il desiderio di “questo popolo religioso”, si misero all’opera per predisporre quanto necessario alla celebrazione del secondo centenario. Anche per questa ricorrenza si dovette ricorrere alla “buona volontà” dei Tolmezzini e Carnici, avvalendosi anche della generosità di alcune persone facoltose. Un esempio per tutti: “i fratelli Sante, Luigi e Carlo Giacomelli regalarono una botte di olio d’oliva per l’illuminazione esterna della chiesa, della piazza e dei molti archi eretti in vari punti”. Affinché “questa straordinaria ricorrenza non si risolvesse tutta in esterne dimostrazioni di pompa, ma che invece fosse raggiunto il fine principale della gloria di Dio e il vantaggio delle anime” l’Arcidiacono, a mezzo della Curia Arcivescovile, inoltrava supplica al Papa Pio IX perché “si degnasse concedere Indulgenza Plenaria a tutti coloro che confessati e comunicati visitassero in quella circostanza questa Chiesa e pregassero secondo la sua intenzione”.

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Il Triduo iniziò il 21 agosto 1857 con straordinario concorso di Popolo e sacerdoti, il giorno successivo alle 17,00. “Molte distinte carrozze moveano dalla Piazza per recarsi ad incontrare Mons. Giuseppe-Luigi Trevisanato, Arcivescovo di Udine. Il corteo era composto dal Clero locale, da diversi Parroci della Foranìa, da tutte le Autorità civili, dalla Fabbriceria e da pressochè tutte le persone più distinte del luogo”.

Il giorno 23, domenica ultima del Triduo, già all’aurora cominciarono le messe ed alle sette erano impegnati tutti gli altari; la gente era tanta che moltissime persone dovettero recarsi, per ricevere l’Eucarestia, alla vicina chiesa di Centa, dove si celebrarono altre 10 messe. La processione con l’urna era imponente per numero di fedeli ed officianti; uscì dal duomo e si diresse “verso il borgo di Chiavris e, traversando la via dei Calcinari, entrava in via Vecchia, poi dirigendosi in via della Muffa, proseguiva per via Santa Caterina compiendo il giro consueto delle processioni”.

“Il numero dei forestieri che si recarono a Tolmezzo in questa circostanza, come approssimativamente si dedusse dallo straordinario incasso fatto sui ponti del But e del Fella, oltrepassarono i ventimila. A cui aggiungendo quelli del Comune e della Pieve di Cavazzo, si può congetturare che nell’ultimo giorno del Triduo sieno convenute a Tolmezzo poco meno di venticinquemila persone”.

“In questa circostanza il tempo si mantenne sempre limpido e bello; e l’annata agricola fu delle più floride che a ricordo d’ognuno sia mai stata”.

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Sull’arco di ingresso del duomo vi era la seguente iscrizione, dettata dal Prof. Abate Jacopo Pirona “HILARIO HIEROMARTYRI PATRONO DIVINITUS DATO KLERUS POPULUSQUE TULMETINUS SOLEMNIA SAECULARIA IN TRIDUUM INSTAURANT EAQUE DOM. IV AUG. A. 1857 JOSEPH ALOYSIUS TREVISANATO ARCHIPRAESUL PIENTISSIMUS PRAESENTIA SUA CELEBRAT ET ELOQUIO ADESTE INCOLAE ET VICINI ET COELESTEM SOSPITATOREM ANTIQUA PIETATE COLITE”(ad Ilario Santo Martire-Patrono dato da Dio – il Clero e Popolo di Tolmezzo – celebra per tre giorni centenaria solennità – e nella domenica IV d’agosto dell’anno 1857 – Giuseppe Luigi Trevisanato – ottimo Arcivescovo – la onora colla sua presenza e colla sua parola – Accorrete, o cittadini e forestieri – e il celeste Patrono – con l’antica pietà onorate”.

Nel testo esaminato sono elencati alcuni fatti straordinari (miracoli?) completi di date, nomi e cognomi dei beneficiati e dei testimoni, motivo o causa dell’avvenimento.

Un esempio fra tanti: “1 maggio 1774- la Nob. Signora Anna Giulia Camuzzini attestò d’aver ricevuta dal glorioso Sant’Ilario la seguente grazia: il figlio suo Sig. Giuseppe Antonio travagliava fortemente di un certo non conosciuto male agli occhi; ed era passato buon tratto senza poterli aprire, talché dubitavasi da ognuno che il fanciullo dovesse rimaner cieco. Iddio fece che la Nob. Signora Livia Rossi di lei cognata le suggerisse, come unico rimedio, l’unzione con l’olio della lampada del Santo; e subito fu spedita la serva a procacciarselo dal Rev. Sig. Sagrestano. Appena fatta l’unzione, aprì gli occhi il fanciullo, e subitamente provò la virtù dell’olio miracoloso. Alla grazia fu anche presente Anna moglie di Pietro Tonighello”.

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Nel marzo 1899 l’Arcidiacono Mons. Giovanni Canciani fece una minuta visita all’altare del Santo; constatò che l’umidità ed il tempo avevano ridotto a sconcio l’urna, cominciando ad interessare anche le ossa contenute. (ecco l’intervento autoptico di cui sopra).  Sollecitati i fedeli a rimetter mano alla generosità, si incaricò il Prof. Giovanni Del Puppo di studiare un rimedio contro l’umidità e di disegnare una nuova arca degna di contenere il corpo. L’esecuzione dei lavori venne affidata alla bottega Fratelli Filipponi di Udine, che oltre all’arca realizzarono il simulacro del santo in “cartone romano”.

Con l’ingresso nel XX secolo, oltre a programmare festeggiamenti per l’inaugurazione dell’opera, maturò l’idea di consacrare il nuovo secolo al SS. Redentore. E questo si accennò nella fusione delle due campane minori del duomo che furono inaugurate nella festa annuale di Sant’Ilario il 27 agosto 1899; la prima venne dedicata al Redentore, la seconda a Sant’Ilario e ricorda – nell’iscrizione – il nuovo lavoro che si stava terminando, con l’iscrizione “SANCTO HILARIO CARNEAE PATRONO CUM IN CULTIORE CAPSA NOVO QUE SIMULACRO SACRA MARTYRIS OSSA RECONDUNTUR DICATUM MDCCCIC” (questa campana è dedicata a San Ilario Patrono della Carnia quando le sacre ossa del martire vengono riposte in una nuova immagine e in un’arca più bella).

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Il 28 aprile 1900 si inaugurò la nuova arca con una processione al termine di un Triduo partecipato. L’arca uscì dal duomo “dalla via degli Uffici entra in Chiavriis, e per la viuzza detta dei Calcinari riesce in via della Campana; quindi traversando la piazza delle Vetture imbocca la via della Torre o della Muffa, prosegue per via Santa Caterina e per via Illeggio o Foranc esce dal paese per rientrare subito in via del Canale e restituirsi in duomo. Si calcolarono in 4000 i forestieri scesi a Tolmezzo in questa circostanza. (che diminuzione rispetto ai 25000 del secondo centenario!). Una iscrizione di circostanza, distribuita ai commensali del pranzo tenutosi in canonica, recava tra l’altro scritto “…cives et exteri undique convenientes dies festissimos jure celebrant pii alacres exultantes…”(i cittadini e i forestieri da ogni parte convenuti, devoti, volenterosi, esultanti, celebrano giustamente solennissime feste).

In occasione di questa ricorrenza vennero organizzati anche spettacoli pirotecnici che “riuscirono superiori ad ogni aspettativa”, concerto della nostra banda musicale “(brani di Wagner, Gounod, Cossetti, Kessels, Marchetti”) ed una tombola con finalità caritatevoli. Volete rigiocare i numeri usciti per la cinquina? Eccoli: 5, 14, 53, 67, 74. (“presentata dal Sig. Tolazzi Ferdinando di Runchia ma di proprietà del Sig. Nicolò de Sòmaro nonzolo della chiesa di San Giorgio di Comegliàns”). [Ci sono tutti i numeri estratti fino alle due tombole previste, vinte da “Ant. fu Ant. Larice e Antonio Cargnelutti, entrambi di Tolmezzo”].

Vennero vendute 2852 cartelle a 50 cent. l’una per un totale di L. 1426, e fra vincite (L. 600), tasse, autorizzazioni, percentuali ai venditori, tipografia, si spesero L. 1139,97. Restarono nette per la Congregazione di Carità L. 286,03 (una discreta somma, all’epoca).

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Note sulle fonti.

I periodi virgolettati sono stati trascritti sic et simpliciter (fedelmente) dai testi esaminati; il resto – e non occorre precisarlo – è stato […]  riassunto dal sottoscritto. Chi volesse togliersi lo sfizio di leggerli completamente, può farlo chiedendone la consultazione presso la biglietteria del Museo Carnico (depositario della biblioteca Gortani), trattasi di due volumetti inseriri in un libro unico con testi varii, uno ha per titolo “IL MARTIRE SANT’ILARIO PATRONO DELLA CARNIA – MEMORIE” stampato presso la Tipografia Paschini di Tolmezzo nel 1900, e composto da 46 pagine, non vi è scritto l’autore, e reca l’imprimatur del Canonico Mons. Egiziano Pugnetti, Provicario Arcivescovile (storico, nativo di Stavoli di Moggio, dove sulla casa natale si legge una lapide commemorativa), il secondo è composto di 49 pagine, è intitolato “LE FESTE DEL 1900 IN ONORE DI S: ILARIO PATRONO DELLA CARNIA”, ed è opera scritta e donata a Don Pio Paschini in occasione della celebrazione della sua prima Messa , firmata dai Sacerdoti Giovanni Canciani, Gio.Batt. De Marchi, Francesco Rojatti, Stefano Somma e dai Chierici Pietro Tosolini e Beniamino Zoppelli (forse compagni di studi del Paschini), e porta la data del 9 settembre 1900.

Essendo opere datate 1900, suppongo che tutte le notizie raccolte a partire dal 1657 siano state desunte da archivi, note, biblioteche o altre fonti, delle quali non avrei motivo alcuno per dubitare dell’attendibilità.

È stata lunga, e lo sarà anche per gli eventuali volenterosi o curiosi Carnielli, che vorranno leggerla».

Valter Baisero.

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Celebrazioni religiose per Sant’Ilario a Tolmezzo. (Aggiornamento). 

Per chi volesse partecipare alle celebrazioni religiose per Sant’ Ilario ricordo che il 22 e 23 agosto, alle ore 20, presso la cappella di Sant’ Ilario (presumo Santa Maria della Strada davanti al bivio per Illegio, a due passi dal cimitero ma sull’altro lato) si può seguire un incontro di preghiera di intercessione. Il 24 agosto, sempre alle ore 20, vi sarà la processione , che partirà dalla sopraccitata cappella e volgerà al Duomo. Interverranno i Sindaci della Carnia e le croci delle Parrocchie della Carnia. Raggiunto il Duomo, ivi si terranno i Vesperi solenni per la festa del Santo, cantati dal coro del Fvg. Domenica 25 agosto dalle ore 9.30 Santa Messa solenne. Alle 10.45 Omaggio al Santo Ilario da parte della Città di Tolmezzo e dell’ intera Comunità Carnica. (Dal Manifesto esposto in vari luoghi a Tolmezzo). 

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Nota di L.M.P.

Per notizie su Tolmezzo e la sua storia, ricordo anche il mio: Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografi, Gli Ultimi, Cjargne Culture, 2007, dove trovate anche le immagini della salita al campanile, con cuspide poi rifatta seguendo quella del campanile di San Marco in Venezia, delle nuove campane nel 1921. Infatti le precedenti erano state rubate dagli austriaci per fonderle, come in tanti altri paesi. Ho pure scritto qualcosa su questo mio blog su Tolmezzo: per esempio  “Emilia e Leonardo De Giudici, benefattori a Tolmezzo. In ricordo”, o la storia della sempre amata dott. ssa Caterina Moro, una delle prime donne medico in Italia. L’immagine che accompagna l’articolo rappresenta Sant’ Ilario, ed è un opera di Nicola Grassi, che si trova in duomo a Tolmezzo e risulta fra i 17 quadri commissionati da Jacopo Linussio. (Foto tratta da: https://guidartefvg.it/elenco/il-duomo-di-tolmezzo/). L.M.P. 

 

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