Ancora sull’acqua pubblica. Da cittadinanzattiva.
Propongo qui il dossier di cittadinanzattiva sul servizio idrico integrato, con particolare riferimento agli aumenti tariffari, che se in Friuli Venezia Giulia non raggiungono ancora le vette di altre regioni, è solo perchè devono esser ancora applicati, come dichiarato da Gomboso di cafc, con spesa prevista di euro 1,1 al metro cubo entro il 2020, ma i bilanci si possono anche ritoccare al rialzo. (Cfr. Giacomina Pellizzari, Cafc, l’acqua rincara: in sette anni previsti aumenti del 30%, in Messaggero Veneto, 16 maggio 2014). Manca il lavoro, che sta diventando sempre più precario, si stenta a giungere a fine mese, le famiglie che sono in povertà vanno via via aumentando e si profila all’orizzonte una bolletta per l’acqua, bene datoci da Dio per la vita, non più sotto controllo da parte dei comuni, che perdono così la gestione di un bene loro di fatto, pèrchè della comunità. I sindaci della Carnia sognano che si intervenga con investimenti qui, nella periferia delle periferie, dopo che governo e regione, accomunati, hanno donato a cafc, secondo me, la nostra acqua, in spregio all’esito del referendum 2011. Ma leggiamo intanto questi dati di cittadinanzattiva, anche per uscire da un’ottica friulicentrica,e proiettarsi nella penisola, a noi accomunata dagli stessi problemi vitali, riassumibili in: pane, lavoro, casa, acqua e salute. Laura Matelda Puppini
Dossier Acqua 2016 (PDF)
«Non accenna a diminuire il costo dell’acqua: +5,9% rispetto al 2014 e +61,4% rispetto al 2007. Nel 2015 una famiglia italiana ha speso in media €376 (erano 355 nel 2014) per il servizio idrico integrato. Le regioni centrali si caratterizzano per tariffe più alte con €511 annuali e un maggior incremento rispetto al 2014 (€468, +9,2%) Segue l’area settentrionale (+5,1%) e quindi quella meridionale (+3,2%). A livello regionale, le tariffe più elevate si riscontrano nell’ordine a Toscana, Marche, Umbria, Emilia Romagna e Puglia.
Fra i capoluoghi di provincia, le città più care si confermano essere le toscane: Grosseto e Siena con €663 prendono il posto occupato nel 2014 da Firenze, seguono Livorno (€628), Pisa (€621), Carrara (609€). Isernia si conferma come città meno cara (€117, erano 120 nell’anno precedente); segue Milano con i suoi €140 (ed un aumento del 3%). La fotografia emerge dall’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva che ha realizzato, per l’undicesimo anno consecutivo, un’indagine sui costi sostenuti dai cittadini per il servizio idrico integrato nel corso del 2015. A livello regionale il triste primato va alla Toscana: la spesa media in un anno è di €590, con una variazione del 12,2% rispetto al 2014; inoltre, ben nove delle dieci città più costose sono capoluoghi toscani. Evidente rialzo anche in Valle d’Aosta (+10,5%) e in Abruzzo (9,8%).
“Auspichiamo che l’introduzione del nuovo sistema di regole omogenee, in tema di qualità contrattuale, possa essere un primo passo per porre tutti i cittadini italiani in una situazione paritaria a livello di diritti legati agli aspetti commerciali, in attesa di un simile provvedimento sulla qualità tecnica che garantisca a tutti l’accesso e la continuità del servizio stesso. Accanto ai tre elementi indicati dall’Europa: qualità, accessibilità fisica e accessibilità economica riteniamo inoltre indispensabile un ampliamento degli strumenti a tutela del consumatore e una maggiore partecipazione attiva alla definizione del servizio, anche tramite luoghi di consultazione pubblica” afferma Tina Napoli, responsabile politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva».
https://www.nonsolocarnia.info/ancora-sullacqua-pubblica/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/04/acqua.jpg?fit=300%2C370&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/04/acqua.jpg?resize=150%2C150&ssl=1ECONOMIA, SERVIZI, SANITÀAcqua,Cittadinanza attivaPropongo qui il dossier di cittadinanzattiva sul servizio idrico integrato, con particolare riferimento agli aumenti tariffari, che se in Friuli Venezia Giulia non raggiungono ancora le vette di altre regioni, è solo perchè devono esser ancora applicati, come dichiarato da Gomboso di cafc, con spesa prevista di euro 1,1...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
Leggo su facebook un commento a chi ha condiviso questo studio, che fa riferimento a situazioni locali della Carnia e lamenta che cittadinanzattiva abbia preso in considerazione, per il Friuli, solo la città di Udine. Secondo me, come anche esplicitato in quella sede, bisogna ricordare che la s.p.a. Carniacque confluirà in Cafc per volontà della maggioranza dei sindaci della Carnia e non di 5 stelle, e che due giorni prima dell’incontro Zto Carnia, tenutosi il 5 ottobre 2015, agli stessi o loro delegati, fu inviata una lettera, dal verbale dell’incontro pare proprio del presidente Zto Francesco Brollo, con proposte di deliberazione, non allegate al verbale. Inoltre chi scrive su facebook sostiene che la situazione di Udine, a livello tariffario, non è detto sia identica a quella prospettata per il nostro territorio. Potrebbe essere anche peggiore, dico io. Inoltre vi è ancora Carniacque, che deve essere posta in liquidazione, ma forse qualcuno si è dimenticato “un pezzo di storia per strada”. Io credo che fissarsi sul problema elettorale e di ricerca di consensi del Pd locale e non, come pare, relativo a 5 stelle sia un errore, e che non si possa attaccare uno o l’altro solo perchè è di 5 stelle, altrimenti non siamo in democrazia. Ed è preferibile ormai che un avvocato esperto nel settore traghetti in cafc carniacque, cosa tanto desiderata da un tecnico di carniacque nel dicembre 2015 o gennaio 2016, non ricordo. Si poteva attendere la fine del 2017, quando per legge carniacque sarebbe morta e studiare una soluzione migliore del traghetto in cafc.. Ma ….Ma? Forse chi scrive su facebook su questo ne sa più di me. E’ chiaro e lampante che cittadinanzattiva non ha valutato le tariffe di Carniacque, società in chiusura, ma ha tenuto presente dati regionali e provinciali, nell’ottica, credo, pure del futuro traghetto nelle multinazionali multiutility, per noi, da che so, Hera. Inoltre ai carnici interessano le acque, il deflusso vitale dei fiumi con acqua che scorra in superfice, la gestione della rete idrica ecc. non il Pd, Cinquestelle, ecc., credetemi. Questi sono argomenti che compattano, non dividono. Sarebbe assurdo che io, per pensare diversamente, per la gestione del sistema idrico carnico, tanto per fare un esempio, dal governo prima di tutto, ed altri, debba prendere una tessera. Io penso in proprio, non mi accodo ad un carro.
La persona che scrive su facebook ( che ha nome e cognome) mi illustra il fatto che secondo lui le tariffe saranno determinate, se ho ben capito dai sindaci della Carnia, in Cato, ma invero non so come. E vorrei sapere come questa ipotesi andrà d’accordo con quella di Gomboso. Inoltre si sa che neppure le regole stabilite dal Comune di Udine tramite il suo sindaco per il passaggio da Cfc ad Hera, tanto per fare un esempio, sono state rispettate ( (Renato D’Argenio, “Vertice Amga-Hera: «Non è stato rispettato il patto Honsell-Cafc», in: Messaggero Veneto 20 novembre 2014). Cato,poi, ha un tale programma di opere faraoniche, (leggi anche Piano d’ambito della Consulta d’ambito per il servizio idrico integrato centrale friuli, 2013, di Inarco e AsstecɅɅ, a cui è stato affidato pare il compito di stenderlo) ben ricordate anche all’ incontro di Alesso gennaio 2016, che non si sa che politica farà per coprirle finanziariamente. Ma come prima cosa: può una s.p.a. determinare le tariffe o no, se fornisce il servizio? Se può stagnare i rubinetti agli insolventi sì. Comunque potrebbe trattarsi del solito pasticcio della politica italiana. I sindaci ,da che so, sono uniti nella Zto e hanno deciso la nostra sorte in poche decine di minuti. Inoltre in Cato che io sappia vi è solo il vice-sindaco di Raveo Daniele Ariis che rappresenta la Carnia. La persona che scrive su facebook mi farebbe però un piacere se leggesse i miei su http://www.nonsolocarnia.info e scrivesse le sue opinioni nel merito e pubblicasse i dati e la documentazione a conforto, in detta sede, ma senza offendere persone, perchè trattasi di problemi non personali, fra l ‘altro.
La persona che scrive su facebook mi dice che alcuni aspetti di gestione di rete idrica, se ho ben capito, derivano dalla legge Galli. Ma avevamo deciso con un referendum, nel 2011, che nessuno poteva far guadagni sull’acqua. (Secondo quesito: Titolo: Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma
Descrizione: Il quesito propone l’abrogazione parziale della norma che stabilisce la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, nella parte in cui prevede che tale importo includa anche la remunerazione del capitale investito dal gestore.
Testo del secondo quesito: “Volete voi che sia abrogato il comma 1 dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», limitatamente alla seguente parte: «dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito?» Risposta dei cittadini: sì 95, 80 dei votanti, come sì il 95, 35 al primo quesito. Praticamente una risposta univoca e chiara, da nord a sud passando per il centro. Dati da https://it.wikipedia.).
Ma poi …poi il governo, fregandosene di noi cittadini pochi giorni fa ha di fatto abrogato l’esito del referendum su questo aspetto. Mi si contesta che Gomboso, cioè Cafc, non può fare le tariffe, solo far pagare le spese per rete. Ma siamo sicuri che dicano questo lo statuto di Cafc, e il governo, con il nuovo testo approvato? Scrive Serena Pellegrino (www.serenapellegrino.it), che non consta sia una pentastellata, nel suo comunicato stampa del 29 marzo 2016, nel merito:
“Servizio idrico integrato: l’acqua non è una merce.
Parlamento e Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia tradiscono il referendum, porte aperte al gestore privato. Il caso Puglia, politica riacquisti la sovranità del governo dell’acqua: il presidente di Regione PD riconosce l’acqua bene comune pubblico e servizio idrico
“Le contraddizioni del Partito democratico già emerse prima del voto referendario, si tornano a manifestare e sono evidenti nelle posizioni delle amministrazioni regionali del Friuli Venezia Giulia e della Puglia, entrambe a presidenza PD, che procedono verso direzioni opposte.”
Lo dichiara la parlamentare Serena Pellegrino ( SI – SEL) vicepresidente della commissione Ambiente a Montecitorio.
“ Il presidente Michele Emiliano, sostenuto totalmente dai movimenti “acqua bene comune”, ha dichiarato che “L’acqua deve essere considerata un bene comune pubblico e il servizio idrico, privo di rilevanza economica, deve essere gestito da un ente di diritto pubblico con la più ampia partecipazione della cittadinanza nella gestione e nel controllo” e chiede ai deputati pugliesi di battersi perché la legge nazionale torni ad essere riscritta come nella versione originaria. È l’unica garanzia per salvare l’acquedotto pugliese dal capitale privato.”
“Tutt’altra direzione il Friuli Venezia Giulia. Nessuna opposizione alla legge nazionale così come imposta e stravolta dai deputati PD e, in totale armonia con questa, domani l’assemblea regionale voterà una legge fotocopia di quella in discussione in queste ore alla Camera dei deputati, per la quale Sinistra Italiana – SEL ha presentato una pregiudiziale di incostituzionalità.
L’irriconoscibile testo uscito dalla commissione nega e ribalta le finalità del testo originario e apre le porte al gestore privato tradendo di fatto l’esito referendario del 2011. È per questo che abbiamo presentato tutti gli emendamenti necessari per il ripristino del testo così come voluto dai cittadini.”
“ Il FVG invece sta consegnando l’acqua al mercato ed alle regole del profitto privato, contro la volontà dei cittadini e nonostante la ribellione di sindaci, amministratori e movimenti per l’acqua che stanno osteggiando l’approvazione della proposta di legge 135. Quel che più sconcerta è la motivazione: se non si procede verso l’unico gestore – ovvero una delle tante multiutilities che danno ai loro soci dividendi sicuri e più proficui di qualsiasi altro rischioso investimento – e non si apre al capitale privato, la regione FVG non saprà come far fronte a sanzioni europee pari a 58 milioni di euro.”
“È vergognosamente arrivato quel giorno in cui, per colpa della mala gestione – conclude Pellegrino – anziché bonificare la pubblica amministrazione vendiamo i gioielli più preziosi. Oggi è il turno dell’acqua, a quando la fontana di Trevi?”
Che Gomboso faccia di fatto le tariffe lo scrive il Messaggero Veneto non io. Inoltre uno dei problemi sono le varie voci in bolletta, un altro è che se Gomboso – Cafc dice che per attuare il piano investimenti Cato spenderà tantissimo, come per mantenere efficiente la rete idrica carnica, potrà rivalersi sulle bollette. Un intervento in Carnia, da parte di Hera e poi Cafc, senza gli operai comunali che conoscevano la rete idrica, pregi e difetti, secondo me costerà tantissimo. E gli operatori Cafc vengono da lontano. Figurarsi poi quando si sarà con Hera! Inoltre se si avvalgono di ditte esterne può essere ancora peggio! Non credo che il governo (cioè Roma come si usa scrivere) permetta di modificare alcunché visto come si è comportato e si sta comportando. Semplicemente in un modo o nell’altro fa solo ciò che vuole. Democrazia è morta? Chiediamocelo. E preciso che sto scrivendo le mie risposte al signore di facebook sul sito come commenti, per coinvolgere anche altri nel dibattito interessante. Ma sarebbe opportuno avere anche le considerazioni a me dell’ interlocutore, non solo le mie risposte – considerazioni, che paiono un monologo. Infine perchè Gomboso cioè Cafc può stagnare i rubinetti? Un tempo intervenivano i comuni in caso di povertà. E c’erano le sorgenti ed i fiumi. Ma ora … tutto è inquinato, i fiumi sono in perenne secca. E chi resta senza acqua non solo crea enormi problemi alla sua salute ed a quella della sua famiglia ma a noi tutti. Ed è per me mostruoso che l’acqua, bene di Dio per la vita, si venda.
Come promesso su facebook, nel seguito riporto la mia opinione su alcune delle questioni che la sig.ra Puppini ha posto in una discussione sul social network e su questo sito. Cercherò di argomentare le affermazioni con link a documenti, precedenti discussioni online o riferimenti normativi con l’intento di fornire, a chi voglia approfondire l’argomento servizio idrico integrato, quante più informazioni possibile in modo che possa farsi un’opinione.
La materia è complessa, scrivevo su facebook, di conseguenza le idee del cittadino medio mi sembrano ben confuse, come si evince anche dai suoi (della Puppini, ndr) post sia qui che sul suo sito. Si badi che questa non vuole assolutamente essere un’offesa: io sono convinto di avere le idee chiare solo perché ho lavorato 10 anni nel settore. Al contempo non pretendo di avere la verità in tasca, voglio solo proporre le mie spiegazioni ed il mio punto di vista nel rispetto delle opinioni altrui. Sono però anche convinto che il dibattito possa esserci solo se i miei interlocutori sono correttamente informati, per cui me la prendo con i 5stelle, come del resto me la prenderei con altre forze politiche, quando forniscono (volutamente, spesso) informazioni parziali e fuori contesto. Ad esempio una parte del PD lo sta attualmente facendo per il referendum sulle trivelle, su cui condivido comunque il no.
(Per chi volesse, la discussione si trova su https://www.facebook.com/woland23/posts/10209041974237444 )
Il mio intervento sarà lungo e piuttosto noioso, temo: per stemperare cercherò di dividerlo in capitoletti e riporterò le affermazioni della signora Puppini su cui non sono d’accordo o sulle quali sono secondo me necessarie delle precisazioni.
IL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO
Per intavolare una discussione è secondo me necessario che si abbia ben chiaro cos’è il servizio idrico, come è attualmente organizzato e come sarà in futuro organizzato in Carnia. In merito ai primi due aspetti, per evitare di far notte, propongo una presentazione riassuntiva che avevo realizzato quando sedevo nel CDA di Carniacque, presentata ai Soci alla prima Assemblea utile (fine 2014) e poi in un incontro pubblico a Cavazzo. Considerando che è stata realizzata unicamente da me (penso di averne il diritto d’autore, in pratica) sulla base di documenti pubblici, che non contiene informazioni aziendali riservate e che ho tolto il logo, la condivido sul mio account di GoogleDrive all’indirizzo https://drive.google.com/open?id=0BwfGrvQyyKajYTNKU1JyeU5MeTA .
Sottolineo che stiamo parlando di un servizio. Nel nostro ordinamento, come in quelli di quasi tutti i paesi europei ad eccezione del Regno Unito, non è in discussione l’ipotesi di privatizzazione del bene acqua, né delle infrastrutture che ne garantiscono l’erogazione. Lo è stata solo per una breve parentesi, culminata con il decreto Ronchi del 2008 che poi è stato giustamente abrogato nel 2011 (per inciso: io votai si a entrambi i quesiti).
L’acqua è e rimane quindi un bene pubblico. Sono e rimangono beni demaniali le reti e gli impianti. Quel che può essere eventualmente dato in concessione ai privati, se non si ricorre a società in-house, è solo la gestione del servizio. La prova? Gli investimenti di manutenzione straordinaria delle aziende gestrici del SII vengono iscritti a bilancio come immobilizzazioni immateriali (migliorie su beni di terzi, dove i terzi sono gli enti locali). Si veda un qualsiasi bilancio di Carniacque (si trovano sul sito) se non ci si crede.
Manca ancora un chiarimento, forse fondamentale: il SII viene considerato un “servizio pubblico locale di rilevanza economica”, al quale si applica quindi la disciplina comunitaria relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica (cfr. http://www.cortecostituzionale.it/documenti/file_rivista/26157_2011_24.pdf ). Semplificando molto, si può soprassedere sul fare un bando di gara pubblica (per affidare il servizio ad un privato) se e solo se si affida il servizio ad una società in-house. Qui non riesco a fornire un link esaustivo, ma con una ricerca su google si ha di che divertirsi per settimane se non mesi a farsi una cultura sull’argomento. Su cos’è l’in-house providing si veda http://www.altalex.com/documents/altalexpedia/2014/08/08/affidamento-in-house , che mi sembra il documento meno ingarbugliato che ho trovato.
Siccome il SII è un servizio di rilevanza economica, il soggetto affidatario in-house deve essere un’AZIENDA, con capitale completamente partecipato dagli enti locali ma comunque un’AZIENDA, che sottostà quindi alle regole del diritto commerciale. Perché? Perché così deve far quadrare i conti e rispettare il principio di efficienza, efficacia ed economicità, altrimenti fallisce (anche se è pubblica) e qualcuno più bravo verrà a gestire il servizio.
In merito alla correttezza di questo principio possiamo discutere fino alla mia pensione, ma le regole attualmente sono queste e solo sulla base di queste possono decidere i Sindaci.
Nel contempo, a garanzia che il controllo pubblico sia efficace, si applicano alcune importanti limitazioni e regole ulteriori che richiamano quelle del funzionamento degli enti pubblici (il cosiddetto “controllo analogo”, chi vuole cerchi su google), che a mio avviso spesso minano l’efficacia del funzionamento aziendale.
CHI DETERMINA LE TARIFFE
“La persona che scrive su facebook mi illustra il fatto che secondo lui le tariffe saranno determinate, se ho ben capito dai sindaci della Carnia, in Cato, ma invero non so come. E vorrei sapere come questa ipotesi andrà d’accordo con quella di Gomboso.”
“Ma come prima cosa: può una s.p.a. determinare le tariffe o no, se fornisce il servizio? Se può stagnare i rubinetti agli insolventi sì. Comunque potrebbe trattarsi del solito pasticcio della politica italiana. I sindaci ,da che so, sono uniti nella Zto e hanno deciso la nostra sorte in poche decine di minuti. Inoltre in Cato che io sappia vi è solo il vice-sindaco di Raveo Daniele Ariis che rappresenta la Carnia.”
Su Facebook avevo scritto: “per legge le tariffe non le decidono i Gestori ma gli “enti di governo d’ambito”, sulla base dei regolamenti fissati a livello nazionale da un’autorità indipendente (che regola anche gas, energia elettrica e, a breve, rifiuti). Nel nostro caso l’ente di controllo amministrativo è la CATO (Consulta di Ambito Territoriale Ottimale) di Udine, dove Ariis siede nel Consiglio di Amministrazione (il vicesindaco di Tarvisio Zanette per il Tarvisiano) e vota in Assemblea in rappresentanza della Zona Territoriale Omogenea della Carnia (peso 14%), dopo che i 28 Comuni della ZTO (di cui è presidente il sindaco di Tolmezzo) si sono riuniti hanno deciso cosa far votare ad Ariis. Democrazia rappresentativa, spero (si) concordi.”
Non capisco perché la sig.ra Puppini non mi creda sulla parola, comunque:
http://www.autorita.energia.it/it/consumatori/consumatori_idr.htm : FAQ su cos’è l’AEEGSI, con richiami normativi
http://www.atocentralefriuli.it/ente/storia.html : all’ultimo punto delle funzioni si legge “determinazione della tariffa del SII”
http://www.atocentralefriuli.it/sites/default/files/trasparenza_organi/atti/atto%20costitutivo-statuto%20CATO.pdf : a pagina 37 (art. 3 dello Statuto) ci sono le quote di voto in Assemblea per singolo Comune, al punto -i del comma 2 dell’art. 10 si dice che l’Assemblea della CATO decide le tariffe.
In http://www.atocentralefriuli.it/ente/premesse.html c’è anche un efficace riassunto sulla Legge Galli.
“Che Gomboso faccia di fatto le tariffe lo scrive il Messaggero Veneto non io.”
Opinione strettamente personale: in generale non prenderei il MV come esempio di giornalismo di precisione. Comunque nell’articolo, forse perché a firma della mia compaesana Giacomina Pellizzari che è invece una donna precisa, non c’è scritto da nessuna parte che le tariffe le decide Gomboso, anche se concordo che potrebbe essere interpretato come ha fatto la sig.ra Puppini.
Ribadisco: le tariffe le decide il CATO in base al Piano Economico Finanziario e al Piano degli Investimenti previsti per la singola area di affidamento. Poi che le spese del Gestore non previste ma dichiarate ammissibili incidano per qualche punto per mille sulla rideterminazione ex-post della tariffa sui due anni (pag. 13 della mia presentazione) ok…, ma deve essere in generale rispettato il piano economico-finanziario ed il piano degli investimenti, che assieme costituiscono il Piano d’Ambito. Gomboso riportava le previsioni della sua parte di Piano d’Ambito (che ovviamente siccome è il Presidente di una società in-house ha contribuito a elaborare) ma che sono state approvate e votate dai sindaci nell’Assemblea della CATO a maggio 2014. Se il CAFC fosse un’azienda a capitale privato, dovrebbe garantire ugualmente il servizio con la tariffa decisa dalla CATO e ribassata rispetto al bando di gara che avrebbe vinto. Se non ci riuscisse fallirebbe, come del resto può fallire anche la società in-house se spende più dei proventi garantiti dalla tariffa definita.
Il Piano d’Ambito per la Provincia di Udine si trova all’indirizzo http://www.atocentralefriuli.it/servizio-idrico/piano-dambito.html .
QUANTO SONO CRESCIUTE E QUANTO CRESCERANNO LE TARIFFE
A pagina 20 della mia presentazione ci sono alcuni stralci del Piano d’Ambito con i grafici degli andamenti tariffari previsti nei prossimi anni (i documenti si trovano comunque nel link precedente). In pratica dal 2020 in poi si andrà a pagare la stessa cifra a livello provinciale, ossia circa 250€ a famiglia all’anno. Si noti che per la zona Carniacque, a regime, è prevista una spesa maggiore rispetto al resto della Provincia.
Con l’intento di rispondere anche ad un’altra persona che ha scritto su facebook, propongo una breve nota sull’evoluzione tariffaria in Alto Friuli poi spedita alla Presidente della Regione, che chiedeva chiarimenti su sollecitazione di un utente di Comeglians. Siccome anche in questo caso il testo è farina del mio sacco sulla base di documenti pubblici (ad onor del vero i conti li ha fatti una mia ex collega, che lo fa di mestiere) e non contiene informazioni aziendali riservate o dati sensibili, la condivido sul mio account di GoogleDrive all’indirizzo https://drive.google.com/file/d/0BwfGrvQyyKajSnF5dW1WaVRMRzA/view?usp=sharing . La sig.ra Puppini noterà sicuramente che nel testo si fa riferimento ai dati di Cittadinanza Attiva del 2013, che reputo importanti come confronto ma che, come dicevo su facebook per quelli del 2015, fanno riferimento a capoluoghi di Provincia. Si noti la posizione di Milano tra le città con le tariffe più basse, a mio avviso prova del fatto che il principio delle economie di scala funziona.
IL REFERENDUM del 2011 e la PROPOSTA DI NAZIONALIZZAZIONE
Il regolamento su come fare le tariffe (deciso dall’AEEGSI anche in base all’esperienza regolatoria dei mercati di energia elettrica e gas) è basato sul principio europeo del full cost recovery (totale recupero dei costi), nel senso che tanto le spese correnti della gestione (manutenzioni ordinarie, amministrazione, eccetera) quanto le rate dei mutui per fare le opere di manutenzione straordinaria devono essere pagate interamente dalla tariffa e non (più) con la fiscalità generale.
Parlo di rate dei mutui perché gli investimenti sono basati su risorse a debito, ossia mutui bancari o mercato di capitali (quest’ultimo di difficile accesso per le società in-house, nella pratica, soprattutto se piccole). Per far funzionare il sistema, l’AEEGSI ha soppresso la “remunerazione del capitale investito” oggetto del referendum (che era fissata nel 7%) ma ha riconosciuto il “costo della risorsa finanziaria”, declinata come oneri finanziari medi per prendere a prestito il denaro necessario per gli investimenti.
Ora anche qui possiamo discutere fino alla fine dei tempi sulla liceità del provvedimento. Da pragmatico per natura e scientifico per formazione, faccio però notare che la fiscalità generale non basta nemmeno per le spese correnti dello Stato. Gli investimenti pubblici si basano quindi generalmente sul debito (pubblico) nei confronti di investitori che vanno comunque remunerati (banche, fondi d’investimento, piccoli risparmiatori) oppure, nel caso dei Comuni, sulla remunerazione di Cassa Depositi e Prestiti, ossia degli interessi dei libretti postali dei cittadini.
Fin qui la parte informativa, adesso l’opinione.
Come correttamente riportato dalla sig.ra Puppini, il secondo quesito referendario del 2011 prevedeva testualmente “Volete voi che sia abrogato il comma 1 dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», limitatamente alla seguente parte: «dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito?»”. Io non leggo, sempre testualmente intendo, nessuna volontà di nazionalizzazione dell’acqua. Eventualmente potrei leggere la volontà di evitare che il privato attui delle speculazioni su di un servizio essenziale a carico dei cittadini.
Parlo di nazionalizzazione (che di solito, ricordo, si fa nelle dittature in seguito ad un colpo di Stato, non in democrazia) perché è quanto prevedeva la proposta di legge emendata dal PD alla Camera, di cui all’intervento dell’on. Pellegrino riportato nel terzo commento della sig.ra Puppini. Consiglio di leggere l’analisi reperibile all’indirizzo http://www.refricerche.it/fileadmin/Materiale_sito/contenuti/Contributo_56.pdf che sarà anche di parte, ma che secondo me coglie nel segno. Faccio notare che nei conteggi di quanto ci costerebbe come cittadini mancano le richieste danni per l’interruzione dell’appalto da parte delle aziende attualmente concessionarie, che siccome siamo in una democrazia piena di azzeccagarbugli credo ci sarebbero sicuramente…
LA NUOVA LEGGE REGIONALE (pdl 135)
La stessa enfasi emotiva di cui è stato caricato il referendum del 2011 è stata applicata anche nella recente approvazione del Progetto di Legge Regionale 135 “Organizzazione delle funzioni relative al servizio idrico integrato e al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani”. In particolare il M5S e la Lega Nord hanno posto l’attenzione sull’antitesi tra acqua pubblica e privata, sulla possibilità della Regione di soprassedere alla normativa nazionale grazie al suo Statuto Speciale, sullo scarso coraggio di una maggioranza guidata dalla numero 2 del PD di andare contro la visione centralista del Governo Renzi.
Un sunto efficace di quanto prevede la legge si trova all’indirizzo http://www.consiglio.regione.fvg.it/pagine/comunicazione/comunicatistampa.asp?comunicatoStampaId=429722 . La notevole diversità di vedute sul provvedimento si può cogliere dalle due relazioni di minoranza, reperibili all’indirizzo http://www.consiglio.regione.fvg.it/iterdocs/Serv-LC/ITER_LEGGI/LEGISLATURA_XI/RELAZIONI_COMMISSIONE/135_A_MIN.pdf . Inutile dire che mi trovo d’accordo con la versione di Colautti, che ricordo essere stato in passato Presidente di CAFC e che ritengo sappia di cosa si sta parlando.
L’unica cosa su cui voglio porre l’attenzione (per introdurre il prossimo argomento) è il recepimento della normativa nazionale in tema di ambiti di affidamento: possono avvenire solo su base “almeno provinciale”. Anche qui possiamo discuterne, possiamo essere contrari, possiamo dire che è un complotto ordito per il furto delle acque della Carnia, ma le regole sono queste. Chi ne sa più di me di politica e legislazione mi dice che se tale previsione nazionale non fosse stata recepita a livello locale, la norma regionale sarebbe stata impugnata dal Governo (qualsiasi governo) il giorno dopo.
LA FUSIONE CON IL CAFC
Prima di entrare in questo argomento è secondo me opportuno farsi un’idea su quale è l’attuale posizione finanziaria di Carniacque (quella legale spero di averla spiegata sopra). Rimando ad una discussione tra me e Franceschino Barazzutti sul blog di Alesso all’indirizzo http://cjalcor.blogspot.it/2014/11/carniacque-anche-col-ritorno-alle.html .
Detto questo, la fusione con CAFC è l’unica soluzione di buonsenso tecnicamente possibile, sia per la situazione finanziaria di cui sopra sia in ossequio alla legge. Meglio: è l’unica soluzione che possa garantire la continuità aziendale: il 31.12.2017 scadeva (indipendentemente da tutto) la concessione per Carniacque, cui non sarebbe stato rinnovato il servizio (necessari affidamento almeno provinciale e rispetto del Piano Economico Finanziario, si ricordi) e che pertanto a quella data sarebbe diventata una scatola vuota da liquidare. Il servizio sarebbe stato affidato al subentrante (comunque CAFC), che avrebbe potuto organizzarlo come meglio credeva: probabilmente non lasciando una sede operativa a Tolmezzo, non riassumendo il personale (forse alcuni per il know-how), senza alcun vincolo con i Comuni dell’Alto Friuli se non il contratto di servizio (come ENEL e Telecom, in pratica). Il subentrante avrebbe riconosciuto all’uscente gli ammortamenti sugli investimenti fatti, cosa che avrebbe in pratica pareggiato i debiti attuali di Carniacque. Ai Comuni sarebbero così stati liquidati i loro crediti, ma non avrebbero avuto alcuna rappresentanza in CAFC e quindi alcun potere strategico reale (salvo la rappresentanza in CATO, che è l’organismo di controllo amministrativo…).
GLI INVESTIMENTI NECESSARI
Per chiudere solo alcune brevi note per contestare l’aggettivo “faraonico” usato dalla sig.ra Puppini in merito agli interventi previsti dal Piano d’Ambito. Sono tutti interventi che costano parecchio, è vero, ma necessari e urgenti.
Volendo posso fare migliaia di esempi e quantificarvi i costi, ma a conferma delle mie affermazioni riporto qui solo uno studio che faceva parte di un progetto Interreg sulle perdite idriche, condotto assieme ad AMGA ed al gestore del servizio acquedotto di Klagenfurt. Siccome il finanziamento europeo prevedeva la massima pubblicizzazione dei risultati del progetto, metto a disposizione la parte relativa all’Alto Friuli nella mia cartella di drive all’indirizzo https://drive.google.com/open?id=0BwfGrvQyyKajdFpJZ1hwWnl1OHM . Si noterà che la situazione non è delle migliori, e stiamo parlando solo di acquedotto (ossia della parte di servizio che si vede subito quando ha problemi, perché l’acqua non esce dal rubinetto). Vi chiedo di credermi sulla parola, se non altro perché è stato il mio lavoro per quasi 10 anni: le infrastrutture fognarie e depurative sono messe molto peggio.
Spero di essere stato esaustivo in merito alle questioni sollevate dalla sig.ra Puppini. Ovviamente ci sarebbero mille altre cose su cui discutere o da precisare: come promesso sono disponibile a farlo anche su questo blog, coerentemente con il tempo che non ho… Chiedo però di lasciar stare le teorie del complotto e discutere, pacatamente e nel rispetto reciproco, sulle questioni concrete: per le diatribe ideologiche sono disponibile solo a quattrocchi davanti ad un bicchiere di vino.
Paolo Martinis
Sul sito del Centro Balducci di Zugliano ho trovato il testo sottostante che mi sembra molto interessante. Carlo Danzi
Acqua – Tradimento di Stato
Appello di padre Alex Zanotelli
L’acqua: un diritto di tutti
Acqua – Tradimento di Stato
Riflessioni di Alex Zanotelli
Quello che è avvenuto il 21 aprile alla Camera dei Deputati è un insulto alla democrazia. Quel giorno i rappresentanti del popolo italiano hanno rinnegato quello che 26 milioni di italiani avevano deciso nel Referendum del 12-13 giugno 2011 e cioè che l’acqua deve uscire dal mercato e che non si può fare profitto su questo bene. I Deputati invece hanno deciso che il servizio idrico deve rientrare nel mercato, dato che è un bene di “interesse economico”, da cui ricavarne profitto. Per arrivare a questa decisione (beffa delle beffe!), i rappresentanti del popolo hanno dovuto snaturare la Legge d’Iniziativa Popolare (2007) che i Comitati dell’acqua erano finalmente riusciti a far discutere in Parlamento. Legge che solo lo scorso anno (con enorme sforzo dei comitati) era approdata alla Commissione Ambiente della Camera, dove aveva subito gravi modifiche, grazie agli interventi di Renzi-Madia. Il testo approvato alla Camera obbliga i Comuni a consegnare l’acqua ai privati. Ben 243 deputati (Partito Democratico e Destra) lo hanno votato, mentre 129 (Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana) hanno votato contro. A nulla è valsa la rumorosa protesta in aula dei Pentastellati.
Ora il Popolo italiano sa con chiarezza sia quali sono i partiti che vogliono privatizzare l’acqua, ma anche che il governo Renzi è tutto proteso a regalare l’acqua ai privati. “L’obiettivo del governo Renzi – afferma giustamente R.Petrella – è il consolidamento di un sistema idrico europeo, basato su un gruppo di multiutilities su scala interregionale e internazionale, aperte alla concorrenza sui mercati europei e mondiali, di preferenza quotate in borsa, e attive in reti di partenariato pubblico-privato. “Sappiamo infatti che Renzi vuole affidare l’acqua a quattro multiutilities italiane: Iren, A2A, Hera e Acea. Infatti sta procedendo a passo spedito l’iter del decreto Madia (Testo unico sui servizi pubblici locali) che prevede l’obbligo di gestire i servizi a rete (acqua compresa) tramite società per azioni e reintroduce in tariffa “l’adeguatezza della rimunerazione del capitale investito”(la dicitura che il Referendum aveva abrogato!). Tutto questo è di una gravità estrema, non solo perché si fa beffe della democrazia, ma soprattutto perché è un attentato alla vita. E’ infatti Papa Francesco che parla dell’acqua come “diritto alla Vita “ (un termine usato in campo cattolico per l’aborto e l’eutanasia). L’acqua è Vita, è la Madre di tutta la Vita sul pianeta. Privatizzarla equivale a vendere la propria madre! Ed è una bestemmia!
Per cui mi appello a tutti in Italia, credenti e non, ma soprattutto alle comunità cristiane perché ci mobilitiamo facendo pressione sul Senato dove ora la legge sull’acqua è passata perché lo sgorbio fatto dai deputati venga modificato.
Inoltre mi appello:
Al Presidente della Repubblica , perché ricordi ufficialmente al Parlamento di rispettare il Referendum;
Alla Corte Costituzionale ,perché intervenga a far rispettare il voto del Popolo italiano;
Alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), perché si pronunci, sulla scia dell’enciclica Laudato Si’, sulla gestione pubblica dell’acqua;
Ai parroci e ai sacerdoti, perché nelle omelie e nelle catechesi, sensibilizzino i fedeli sull’acqua come “diritto essenziale, fondamentale, universale” (Papa Francesco);
Ai Comuni e alle città, perché ritrovino la volontà politica di ripubblicizzare i servizi idrici come Napoli
(Penso a città come Trento, Messina, Palermo, Reggio Emilia…).
Il problema della gestione dell’acqua è oggi fondamentale: è una questione di vita o di morte per noi, ma soprattutto per gli impoveriti del pianeta, per i quali, grazie al surriscaldamento del pianeta, l’acqua sarà sempre più scarsa. Se permetteremo alle multinazionali di mettere le mani sull’acqua, avremo milioni e milioni di morti di sete. Per questo la gestione dell’acqua deve essere pubblica, fuori dal mercato e senza profitto, come sta avvenendo a Napoli, unica grande città italiana ad aver obbedito al Referendum.
Diamoci tutti da fare perché vinca la Madre, perché vinca la Vita: l’Acqua.
Alex Zanotelli
Napoli, 25 aprile 2016