Contro nuove strade in montagna e per il geoparco della Carnia, terra di meraviglie per il paleontologo.
C’è una canzone di Guccini che parla di una ‘terra di meraviglie’ e questo rappresentano la Carnia e la scogliera del Coglians per il geologo, per il paleontologo.
Insomma, dal punto di vista geomorfologico la Carnia, e la zona delle montagne che dal Passo di Giramondo arrivano al Passo di Monte Croce Carnico (che si vorrebbe incominciare a violare con una nuova strada per auto, moto, di cui nessuno sente l’esigenza), rappresentano qualcosa di importantissimo per l’Europa intera, ma forse molti non lo sanno.
Infatti il rifugio Marinelli, descritto come posto in un luogo contraddistinto da: «Scorci incantevoli, verdi pascoli boschi incantati, dove il visitatore si trova immerso in un atmosfera sospesa nel tempo», caratteristica che perderà per sempre quando sarà raggiunto da una nuova via per auto e moto, si trova, come vedremo, a ridosso e in un geosito di tutto rispetto. Non vorremmo che l’asfaltomania permettesse a motociclisti ed automobilisti di incidere ancora su un territorio fra i più importanti d’Europa, impestando l’aria, violentando il suolo, distruggendo con il rumore la tanto cercata quiete. Ma questa, credetemi, non è modernità, è pura follia, è creare in alto luoghi per lo sballo, quando ce ne sono fin troppi in basso.
Schizzo geologico della regione Carnia. Da “Giovanni Marinelli, La guida della Carnia e del Canal del ferro, a cura di Michele Gortani, 1924, p. 35.
Scrive Miche Gortani, geologo di professione, nel suo: “Cenni geologici” in Giovanni Marinelli, “Guida della Carnia e del Canal del Ferro, a cura di Michele Gortani, Stabilimento grafico Carnia, Tolmezzo, 1924, a p. 24 che «la Carnia ed il Canal del Ferro sono, dal punto di vista della geologia stratigrafica, la regione più interessante d’ Italia e d’ Europa. Tale specialissimo pregio sta sopra tutto nel gran numero di orizzonti riccamente fossiliferi che vi si presentano raccolti in uno spazio relativamente ristretto, e nella presenza tra essi di parecchi livelli (paleozoici) che si ripresentano solo in lontani paesi e che mancano nel resto dell’Europa meridionale o dell’Italia o del sistema alpino».
E parla, per la Carnia, anche di terreni devoniani, «calcari chiari di scogliera che assumono talvolta, come nel gruppo del Coglians, potenza di anche un migliaio di metri, e che formano la serie più numerosa e imponente delle cime di spartiacque. Al Passo Volaia ed in tutta la giogaia del Cogliàns, l’origine organica delle grandi scogliere è manifesta per l’abbondanza dei fossili che permettono una minuta suddivisione stratigrafica […]».
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Ma passiamo alla descrizione della ‘Scogliera devoniana del monte Coglians’.
«Resti spettacolari della più imponente ‘scogliera organogena’ di età paleozoica oggi visibile in Europa, sono oggi esposti in Carnia presso e lungo il confine austriaco.
Il nucleo più significativo di questo grande e composito corpo di scogliera è costituito dal monte Coglians, (2780 metri), la vetta più alta della Regione. La scogliera organogena proliferò nel Devoniano inferiore e medio, e si ampliò ininterrottamente per quasi 40 milioni di anni, raggiungendo uno spessore massimo integrato di 1400 metri ed un’estensione lineare di parecchie decine di chilometri». (Da “Geositi del Friuli Venezia Giulia, In http://www.caicsvfg.it/wp-content/uploads/2011/06/GeositiFVG_completo.pdf, p. 34). Per inciso scogliera organogena significa che essa è composta essenzialmente dall’accumulo di avanzi di organismi animali e vegetali di età paleozoica, il che è meraviglioso. E siti su siti raccontano di questa scogliera.
Reclame di una mostra promossa dal Cai di Tolmezzo. Da: caitolmezzo.it/2018/06/06/mostra-le-scogliere-della-carnia/.
La zona è di interesse sovranazionale dal punto di vista scientifico per la geologia stratigrafica, la paleontologia, la geologia strutturale. «Il geosito è interessato da una sviluppata rete sentieristica, facente parte della ‘Traversata carnica’ collegata al Geo- trail del versante austriaco». (Ivi).
Il Cogliàns, montagna madre delle Alpi Carniche fin dalla sua lontana origine geologica, già 400 milioni di anni fa, si ergeva a dominare un segmento della barriera corallina posta a guardia dell’Oceano Paleotetide. E anche oggi domina i boschi neri e i prati verdi del versante italiano ergendosi come un trono celeste a tre cuspidi bianche di aspre giogaie separate da ghiaioni nevosi. Verso l’Austria, invece, svetta quasi come la parete nord dell’Eiger in un monolite grigio lungo.
Oltre 500 sono le specie fossili di coralli, stromatopore, trilobiti, gasteropodi, bivalvi e alghe della grande montagna bianca del Devoniano che Michele Gortani aveva scoperto e studiato nella prima decade del Novecento, soggiogato dal fascino del Cogliàns. Non c’è in tutta Italia e in Europa un qualcosa di equivalente. Certo le vicine Dolomiti sono piene di atolli e scogliere triassiche (251-200 Ma) ricche di fossili delle quali si sono conservati spesso anche alcuni fianchi ripidi che le collegavano ai bacini profondi adiacenti. Eppure per trovare altre montagne che espongano ancora nelle loro tre dimensioni grandi scogliere coralline devoniane, oltre che in Carnia, bisogna andare nell’Africa sahariana (Anti Atlante), in Tien-Shan o nel Nevada.
Ci sono altre due caratteristiche singolari che rendono le scogliere devoniane carniche (con le montagne che dal Passo di Giramondo arrivano al Passo di Monte Croce Carnico e si estendono a est fino all’Osternig) e quelle satelliti delle Dinaridi bosniache di Sarajevo del tutto speciali: esse rappresentano un reame biogeografico esotico rispetto all’area europea in cui si trovano ora incastonate, e sono di tipo pacifico. Fossili devoniani di ambiente di scogliera sono frequenti in molte cave di Europa e in Nord Africa e Asia Minore. Eppure non c’è alcuna sovrapposizione e neppure somiglianza a livello di specie, di genere e neppure di famiglia fra quelle aree e le Alpi Carniche (e Dinaridi). In poche parole, ambienti simili ma differenza di popolazioni.
Ciò comporta che le due diverse popolazioni dovevano essere separate da grandi barriere e da distanze tali da impedire una propagazione delle forme viventi sul fondale corallino (come avviene oggi fra scogliere indo-pacifiche e atlantiche). Immediata conseguenza di questo fatto è che Alpi Carniche e Dinaridi nel Devoniano dovevano trovarsi in luoghi assai lontani da quelli in cui le vediamo oggi. Tecnicamente si dice che facevano parte di una microzolla esotica che, con un lungo viaggio successivo alla sua origine devoniana, è approdata ad altri lidi.
Le scogliere devoniane delle Alpi Carniche e Dinaridi erano di tipo pacifico. La loro varietà biologi-ca non aveva nulla da invidiare a quella della Grande Barriera Australiana e delle moderne scogliere dell’Oceano Indiano. Inoltre, come avviene in queste ultime oggi, anche nelle scogliere carniche non si depositavano fanghi o sedimenti fini, neppure nelle lagune e nelle retroscogliere, ma sabbie grossolane, indice di un’alta energia del moto ondoso e delle correnti di marea. Un quadro questo che ha suggerito che Alpi Carniche e Dinaridi si trovassero allora sul bordo occidentale di un grande oceano (la Paleotetide appunto) simile all’indo-pacifico attuale.
Immagine da: http://caivenezia.it/uploaded/files/20150722163608_Informazioni%20geologiche%20Monte%20Coglia%CC%80ns.pdf
Per contrasto, nelle stesse aree carniche e dinariche durante tutto il Mesozoico, e in particolare nel Triassico, le scogliere coralline sono state assai più estese, mostrando però una varietà biologica decisamente minore del Devoniano e abbondanza di sedimenti calcarei fangosi anche molto fini soprattutto all’interno delle lagune. Queste sono anche le caratteristiche che si osservano oggi nel-le piattaforme carbonatiche delle Bermuda, delle Bahamas e della Florida nell’Atlantico, un oceano assai più piccolo, meno energetico e meno propizio alla differenziazione biologica rispetto al Pacifico. Di conseguenza il quadro paleogeografico del Mesozoico dell’area italiana doveva essersi radicalmente modificato, e la Tetide occidentale doveva essere un oceano assai più piccolo e confinato. Il Monte Cogliàns merita il riconoscimento di geosito straordinario e composito anche perché come emblema di altitudine delle Alpi Carniche rispecchia la sua originaria elevazione di scogliera devoniana che dominava un bacino perioceanico. Più di mille dei suoi attuali quasi 3 mila metri li deve alla crescita e all’accumulo dei resti corallini. Inoltre fa da confine condiviso con un paese di grande tradizione geologica come l’Austria e costituisce la sola grande palestra al centro dell’Europa in cui sia possibile vedere ancora a tre dimensioni le caratteristiche, gli ambienti, gli abitatori e i sedimenti dei fondali di una grande area di scogliera corallina devoniana. Lo merita a livello globale perché questa montagna, per le sue faune ricchissime e facili da osservare soprattutto in area italiana, è testimone di una storia affascinante che ha visto Alpi Carniche e Dinaridi migrare da un oriente lontano verso occidente, sfida scientifica ancora aperta per dimostrare come, quando, e perché». (Descrizione del sito, a cura di Gian Battista Vai, Ivi, p.p. 34-35, Bibliografia essenziale: Società Geologica italiana, 2002; Vai G.B., 1963; Venturini C., 2006; Zanferrari A., 2006a).
Nell’invitarvi a leggere l’interessantissimo “I geositi del Fvg”, a cura del Cai, in: http://www.caicsvfg.it/wp-content/uploads/2011/06/GeositiFVG_completo.pdf, ed anche “Scogliera devoniana del monte Coglians” a cura del Cai di Venezia in: http://caivenezia.it/uploaded/files/20150722163608_Informazioni%20geologiche%20Monte%20Coglia%CC%80ns.pdf, mi chiedo anche se i nostri politici sappiano qualcosa sulla nostra regione dal punto di vista naturalistico, prima di progettare vie e strade. Perchè un geosito, come quello formato pure dalle montagne della Carnia, una volta rovinato, non si ricostruisce più. E mi scusino gli interessati per questa amara considerazione.
Infine da tempo si parla, per la Carnia, di geoparco … se questi sono i risultati …. Senza voler offendere alcuno, ma per amore di verità.
Laura Matelda Puppini
L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: https://www.geoparcoalpicarniche.org/de/geositi/scogliera-devoniana-del-monte-coglians/, e rappresenta il Monte Coglians. Lmp.
http://www.nonsolocarnia.info/contro-nuove-strade-in-montagna-e-per-il-geoparco-della-carnia-terra-di-meraviglie-per-il-paleontologo/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2021/05/scogliera_Coglians.jpg?fit=1024%2C613https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2021/05/scogliera_Coglians.jpg?resize=150%2C150AMBIENTEC’è una canzone di Guccini che parla di una ‘terra di meraviglie’ e questo rappresentano la Carnia e la scogliera del Coglians per il geologo, per il paleontologo. Insomma, dal punto di vista geomorfologico la Carnia, e la zona delle montagne che dal Passo di Giramondo arrivano al Passo di...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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