Sono stata, il 12 aprile 2025 a Cimolais ad ascoltare un incontro sulla montagna che io chiamerei uno scambio positivo di esperienze, in certi casi narrate con coraggio e realismo al tempo stesso. L’ incontro, intitolato: “La risorsa montagna del Friuli Venezia Giulia” era il secondo dei sei previsti in ricordo di Enzo Cainero, organizzati da un gruppo di amici di Enzo Cainero ai tempi dell’ università di cui fanno parte: Alberto Pertoldi, Umberto De Antoni, Flavio Presacco docente di finanza matematica presso l’Università di Udine, ed ancora una personalità di cui mi sfugge il nome, ed anche dal figlio di Enzo Cainero, Andrea, ben più giovane e presidente del Rugby club di Udine.

In apertura, Andrea Cainero ha ricordato il padre che aveva pure una casa ad Ovaro, dove spesso andava a passare dei periodi, ed anche da questa frequentazione della Carnia è nato il suo interesse per la montagna ed i suoi problemi. È seguita quindi la proiezione di un breve filmato in cui, il giorno prima di sentirsi male, un Enzo Cainero ‘piuttosto carico’ (1) per usare una espressione del figlio, ha parlato della montagna come un luogo dove si deve, per permettere la sua sopravvivenza, garantire adeguati servizi ai suoi abitanti e la cura del territorio, come era già stato ipotizzato, e questo lo dico io, dall’ Istituto di Economia Montana fondato nel lontano 1921 e morto, come altre istituzioni cooperative,  al tempo del fascismo. (2).

Ma invece talvolta si va in senso ostinato e contrario, ma contrario al buon senso: ed ecco la montagna vista solo come funzionale ad un turismo che non riesce a cambiare neppure se si vede che non nevica più se non ad altissima quota, se si nota che anche molti sentieri sono pieni di motociclisti che spesso si comportano da “paron son mi” ovunque, diventando un problema nazionale, montagna che subisce interventi senza alcuna reale ricerca di soluzioni operative ed educative che coniughino conoscenza del territorio, esperienza, lavoro. E per fortuna che almeno è stato riaperto il  Cefap di Paluzza, che qualche improvvido aveva chiuso all’ attività professionale, in una realtà circondata dai boschi che rappresentano, se ben sfruttati, una risorsa. (3). E mi ricordo che parlando con alcuni, mi meravigliavo che, mentre il Cadore era ricco di segherie, qui non ne fosse rimasta alcuna.

Andrea Cainero all’ incontro di Cimolais. Foto con cellulare di Laura Matelda Puppini

Ma ritornando all’ incontro di Cimolais, paese che ho visto per l’occasione per la prima volta, intendo riportare qui alcuni concetti e problematiche espressi dai diversi relatori, iniziando da quanto detto dai sindaci e dai rappresentanti di diverse istituzioni, con qualche commento personale.  

Il primo a parlare è stato il padrone di casa, Davide Protti, sindaco del Comune di Cimolais. Egli ha esordito dicendo che ha “una visione piuttosto malinconica della montagna”, in quanto la vive di persona abitandovi ed anche i suoi avi erano di quei luoghi,  e proprio per questo ritiene che la montagna stia vivendo, attualmente, un periodo davvero difficile. Quindi è solo il suo cuore, non certo la sua parte razionale, che gli dice: “Vai avanti, tentale tutte!”, non altro, visto che la montagna, secondo lui  è, in questo periodo storico, la parte forse più bistrattata socialmente d’Italia e d’ Europa. Ed ha sostenuto che vorrebbe dire a tutti, come forse tanti altri sindaci d’Italia, che il montanaro, colui che abita in montagna, a livello antropologico non è diverso da chi abita in città, e quindi ha bisogno di un territorio con adeguati servizi ed infrastrutture, mentre la situazione è tale che anche un primo cittadino, guardando obiettivamente la realtà, si sentirebbe di dire “Andiamo tutti via”.  Ma è il cuore che rifiuta l’idea di abbandonare la montagna. Il resto è solo fantasia.

«Un giorno- ha continuato – mi sono sentito dire: Ma voi avete le montagne, l’acqua buona e l’aria buona!” Ed io, in quel momento ho sentito un certo fastidio ed ho risposto: “Non siamo mica scimmie!”», perché chi vive in montagna non ha mai avuto bisogno solo di questo. Ed anche chi vive fra i monti ha delle ambizioni, ed  «anche i nostri figli hanno le loro ambizioni». « E l’unica possibilità per cercare di salvare la montagna – ha sostenuto – è quello di dare alla montagna delle condizioni simili a quelle di chi vive in città». Ed ha aggiunto che, se è vero che è antieconomico portare alcuni servizi in montagna, almeno in nome della tanto vituperata Costituzione italiana si rispetti l’articolo 3 che dice che devono essere garantite condizioni di non disparità fra i cittadini.

Quindi il sindaco Protti ha chiuso il suo intervento chiedendo come prima cosa un  trattamento fiscale adeguato alle difficoltà del vivere tra i monti. E per il sindaco di Cimolais, senza questo tipo di agevolazioni,  in 20 o 30 anni la montagna sarà un deserto. Insomma, questo mi pare il concetto di fondo di Davide Protti:  «Se nessuno studia un sistema per far vivere le persone in montagna, in breve morirà tutto».

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Quello delle agevolazioni fiscali è un tema che è stato lungamente dibattuto. Un minor carico fiscale lo chiedeva anni fa, parlando ad un incontro tolmezzino per la presentazione di un volume di Tanja Ariis, anche Nickles Kaspar  che aveva già aperto un agriturismo “”Tiere Viere – AgriKulturAlpina”, con annessa fattoria a conduzione inizialmente familiare, a Dordolla, in Val Aupa e cercava di farlo funzionare tra mille reali difficoltà a causa del carico fiscale e di una burocrazia complessa ed asfissiante. (4).

Ed il tema della fiscalità in montagna anche come possibilità di creazione di una zona franca ‘ è stato  trattato anche un primo maggio all’incontro rituale a Lauco promosso dal Pd, ma ci fu chi disse che una fiscalità fortemente agevolata, come sola misura economica, se avrebbe garantito l’ apertura di ulteriori attività di ristorazione e commerciali, non avrebbe però garantito un mercato stabile alle stesse. E quindi il rischio era di incentivare il nulla, ed anche questo è vero. Diverso il caso di Kaspar, che domandava una fiscalità agevolata avendo già aperto una attività che aveva incontrato un certo successo e che, per inciso, è ancora funzionante.

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Quindi ha preso la parola Antonio Carrara,  Sindaco di Erto ed anche Presidente dell’Ente Parco Naturale Regionale delle Dolomiti Friulane. Carrara, a differenza di Protti, ha detto di ritenere che la montagna risorgerà e si riprenderà dallo stato di difficoltà in cui versa, grazie a tutte le bellezze naturali che presenta, invidiate da molti. Non solo: la montagna, a suo avviso, contempla un modo di vivere meno frenetico della città, e questo può rappresentare una risorsa. Quindi ha affermato di esser d’accordo con quanto detto da Enzo Cainero ma ha sottolineato che, se molti problemi sono comuni, vi sono anche delle diversità fra la montagna Pordenonese e quella Carnica. Infatti la Carnia è facilitata dal fatto che le sue valli sono collocate come a formare le dita di una mano che convergono a Tolmezzo, mentre la montagna pordenonese si presenta con valli a pettine prive di  un centro verso cui confluire, e questo comporta ulteriore svantaggio.

Infine Carrara ha pure ribadito che la montagna deve venire conosciuta, e con le sue proposte sportive, Enzo Cainero ha fatto questo. Per esempio lo Zoncolan – a suo avviso- è stato conosciuto in tutta Italia grazie al giro  d’ Italia da lui promosso. E bisogna riconoscere – ha continuato Carrara – che Cainero è stato un grande organizzatore, ed ha terminato dicendo di essere sicuro che la montagna riuscirà a rivivere.

Cimolais. Foto di Laura Matelda Puppini.

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Subito dopo Carrara, è intervenuto Dino Salatin, Presidente della Magnifica Comunità delle Dolomiti Friulane, Cavallo e Cansiglio. Egli ha iniziato il suo intervento precisando di essere veneto, anche se è il sindaco pro tempore del Comune montano di Giais. Dopo i ringraziamenti di rito, ha continuato  dicendo che non si deve dimenticare che la montagna non ha confini, anche se ha delle sue caratteristiche  peculiari, e presenta ancora i problemi evidenziati da Enzo Cainero un po’ dovunque,  cioè  la mancanza di servizi ed infrastrutture.

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E qui fermo un attimo la registrazione dell’ incontro che uso come appoggio, per dire che ora pare così, ma non è stato sempre vero. Infatti in Carnia un tempo la sanità funzionava meglio di ora, visti i tempi, e così i trasporti. Ogni paese sede di comune aveva, sino a parte del secondo dopoguerra, un medico condotto e un taxista e,  quando ero bambina, la ferrovia esisteva ancora con la sua vaporiera. Ma se si depotenzia l’ospedale territoriale di riferimento per la montagna, le visite possono venir programmate dal cup nella regione intera istituendo il ocsiddetto ‘turismo sanitario’, essendo fra l’altro presente nei luoghi di montagna per lo più una popolazione anziana ed in ogni caso, i disagi aumentano e il servizio sanitario territoriale ne viene a risentire, ed ugualmente se mancano le farmacie di paese, mentre, nel contempo, proprio alle farmacie vengono dati sempre maggiori compiti. Inoltre un anziano non può andare a comperare un farmaco percorrendo venti o trenta chilometri, con che mezzi, tra l’altro, non si sa. E vivere in montagna diventa davvero gravoso per le distanze più che per la viabilità. Inoltre, perse le parrocchie per carenza di sacerdoti, anche le proposte per i giovani vanno scemando lasciando un vuoto sia valoriale che educativo, che certamente i campi dell’ Ana o quelli (che non se si facciano ancora in Fvg) di Legambiente non possono colmare.

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Inoltre vorrei soffermarmi sul concetto di “infrastrutture”.  In rete si trova questa definizione per infrastruttura: “Struttura complementare rispetto a un’altra (ritenuta principale); usato per lo più al plurale, per indicare le opere complementari necessarie allo svolgimento di un’attività economica (strade, ferrovie, aeroporti, ecc.) o indispensabili per nuovi insediamenti urbani (fognature, parchi, giardini, ecc.). (5).

Ma mi pare che la montagna carnica e pordenonese non abbiano bisogno di nuove strade e di infrastrutture, essendo già presenti, ma di manutenzione territoriale e, per quanto riguarda la Carnia, di mettere in sicurezza l’intera rete viaria che è spesso compromessa da movimenti franosi, vista la composizione geologica.

La montagna pordenonese è pure sufficientemente percorribile, ed in Germania come in Austria o in Svizzera, credo che nessuno si sognerebbe di alterare la bellezza dei paesaggi montani con una mostruosa viabilità, solo perché uno possa giungere prima a bere alcool e mangiare salsiccia in un rifugio, dando un cattivo esempio ai giovani. E la montagna promuove la lentezza, l’osservazione,  il camminare, il sentire i rumori della natura ed il godere del paesaggio, non certo il transito di nugoli di moto rombanti,  a cui dovrebbe venir vietato di percorrere sentieri, lo scorazzare di elicotteri a solcare i cieli, e si sa che, per la salute pubblica, è preferibile che una persona superi a piedi un dislivello che va dal piano alla vetta, piuttosto che velocemente, magari per raggiungere un rifugio trasformato in luogo di ‘sballo’ ove ingurgitare alcool abbinato a grassi (formaggi, salumi etc).

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Inoltre la ‘motorizzazione’ e l’ ‘urbanizzazione’ della montagna con presenza pure di abitazioni e recinzioni ha disturbato e sta disturbando gli animali, che da sempre la abitano e che vivevano indisturbati nel loro territorio, che non riescono più a riconoscere i tracciati per raggiungere l’acqua spesso inesistente per le captazioni di centrali e centraline. E non credo sia problema minore se era già stato fatto presente ai tempi della stesura del piano paesaggistico. (6). Così, tanto per fare un esempio ultimamente i caprioli hanno iniziato a scendere dalla zona del Pleros verso Ludaria e poi Rigolato, alla ricerca di acqua e cibo, cosa mai accaduta quando mio marito era bimbo e ragazzo e neppure quando ci fidanzammo e sposammo. Insomma, fino al 2000 non ho mai sentito parlare di questo fenomeno, di animali che invadono lo spazio dell’ uomo ma certamente la zona era meno infrastrutturata e l’uomo non aveva invaso i boschi.

Per quanto riguarda la Carnia molti politici hanno voluto promuovere il progresso secondo il loro punto di vista, facendo e disfacendo su di un territorio fragile, senza prima aver studiato, neppure attualmente alla luce delle metodologie più recenti, la ricaduta reale delle loro scelte sull’ambiente antropizzato, sulle comunità, territorio.

E ipotesi diverse calate dall’alto hanno fatto luccicare gli occhi ad alcuni amministratori locali, sicuri di guadagni per i paesi, per poi trovarsi davanti alla realtà di un pugno di mosche. Infine ci sono  realizzazioni di alta cultura come ‘Baita Torino’ voluta da Silvio Poldini dell’Università di Trieste ed altri, considerata un fiore all’ occhiello, che rischiano di venir cancellate anche per l’alterazione dei terreni icrcostanti. Ma anche la predisposizione di sentieri, come il Tiziana Weiss in territorio sauran/ampezzano, con le sue particolarità evidenziate, possono rappresentare spunti interessanti come la manutenzione di sentieri anche a ‘mezza costa’ per marce non competitive o meglio camminate pure per famiglie, con visite a luoghi di cultura o a paesaggi particolari. Infatti non tutto lo sport è agonistico.  Questo per dire che è l’uomo che deve imparare a vivere la montagna, e non la montagna ad essere violata per ogni capriccio umano.

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Pensate solo a quanto denaro pubblico è stato speso per abbellire e consolidare paesi nel post terremoto in Carnia, per poi vedere i paesi che vanno via via spopolandosi ed il terrore che tutto finisca come al centro della Bulgaria, pieno di opifici e case con tetti sfasciati e vetri rotti. «Noi abbiamo avuto molti soldi dall’ Unione Europea – mi spiegava un anziano che aveva il figlio a lavorare all’ estero- ma sono stati spesi male. E quando il comunismo è terminato, siamo stati contenti, pensando ad un mondo migliore, ma poi i giovani se ne sono andati, abbandonando paesi e territori,  ed anche i soldi della UE sono finiti». Naturalmente non sono le precise parole di quella persona che tanti mutamenti aveva veduto nella sua terra, ma sostanzialmente quanto egli ci ha detto era questo. Ed anche quando il denaro è tanto, non si deve avere, secondo me, la fretta di spenderlo senza cognizione di causa, ma studiando prima quanto necessita, e programmando la manutenzione dell’ esistente, per non dover ex- novo ‘costruire su macerie per mantenersi vivi’ (7). E la manutenzione riguarda anche sentieri, rii, boschi, radure, per non finire con il perdere tutto.

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Inoltre bisognerebbe nuovamente fare come Napoleone quando giunse in Italia: mappare l’esistente anche i sentieri, i rii, l’acqua esistente o non più, centrali e centraline, strade stradine sentieri, portate attuali di acqua e periodi e zone in secca, onde avere una fotografia aggiornata interattiva, non solo una foto da drone. Insomma: i geografi dovrebbero avere ancora una funzione preziosa e importante nella società moderna assieme ai geologi ed altri esperti che ora hanno a disposizione davvero mezzi sofisticati per analizzare l’esistente e fare proiezioni attendibili in funzione progettuale e programmatoria. Infatti non è da oggi che sottolineo come, per programmare e verficare l’operato istituzionale o meno, necessitino metodi statistici adeguati ai tempi che mettano in luce pure le interazioni fra variabili.

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Ma ritorniamo a quanto detto da Dino Salatin. Egli, giustamente, ha sottolineato l’importanza per le persone che abitano in montagna di sentirsi comunità realmente, non solo a parole. «Se siamo comunità – ha detto – o lo siamo veramente o facciamo a meno di raccontarci le solite balle».  Ed ha proseguito dicendo che sono 15 anni che egli sente parlare di progettualità: di progetti di comuni, di piani di sviluppo, senza che si sia iniziato ad attuarli. E la popolazione deve tener conto del territorio deve rapportarsi ad esso ed alla sua gestione come comunità nella sua globalità, cercando di impegnarsi per un territorio e non per un campanile. Perché se tutti badano solo al loro campanile, probabilmente non si andrà da nessuna parte.

Monti di Cimolais. Foto di Laura Matelda Puppini.

Quindi Salatin ha continuato illustrando le caratteristiche della Magnifica Comunità delle Dolomiti Friulane, Cavallo e Cansiglio.  Essa è formata da 12 comuni, 26.000 abitanti, 960 chilometri quadrati e ben due siti Unesco in un territorio così piccolo. Ma ci sono diversità enormi fra un comune e l’altro e questo porta a dire che il territorio, nella sua globalità, deve cercare di svilupparsi insieme, limitando le grandi differenze presenti al suo interno. Ma per fare anche questo mancano – sempre secondo Salatin – i giovani. Ed il Presidente della Magnifica Comunità ha aggiunto che si deve fare tutto il possibile per portare giovani in montagna, e ce ne sono di bravi che accetterebbero la sfida. Così la Magnifica Comunità – ha proseguito il suo Presidente – ha deciso grazie al professor Pascolini dell’ Università di Udine, di fare in loco una scuola di e sulla montagna  gratuita comprensiva di vitto ed alloggio, per 4 giovani ogni anno, che dura una settimana, nella speranza che poi si spostino a vivere ivi. Questo perché la montagna ha bisogno di persone dai 25 ai 45 anni, che portino idee e nuova linfa alla popolazione, che lavorino, che producano, che inizino ad invertire la tendenza che vede in montagna la presenza di una popolazione sempre più anziana, anche se vi sono sul territorio del comune di Caneva di Pordenone ben 8 centenari, e questo fa piacere. Ma parimenti è importante che gli abitanti del luogo ascoltino i giovani, non facciano solo finta di farlo.

Infine Salatin ha concluso dicendo che la Magnifica Comunità ha approntato un progetto di sviluppo e conoscenza della montagna che ha come titolo: “Vivere in montagna di montagna”. «Perché una cosa è venire 10 giorni all’ anno in montagna a Cimolais, a Claut, a Erto, bellissimo, meraviglioso … si sta come un Papa, nessuno che ti rompe le scatole, aria meravigliosa, territorio splendido… Ma noi abbiamo bisogno, se vogliamo che i nostri giovani e la gente non ci abbandonino, oltre che di servizi ed infrastrutture che sicuramente mancano, di avere persone che vivano in montagna di montagna». Ma ha sempre parlato in generale di infrastutture, senza specificare quali, e questo rappresenta davvero un problema dato il ruolo che riveste Salatin.

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Però direi che Salatin ha colto un grosso problema: quello della carenza di popolazione giovanile in ambito montano che possa diventare operativa nello stesso, mancando ora i molteplici servizi pubblici che un tempo importavano  giovani, e dovendo ripensare alcune attività produttive e di contesto in ambito montano. Nel bellunese, se non erro, ci sono cooperative che gestiscono negozi di paese, senza i quali gli anziani non possono vivere ed anche servizi e questa è una via che è stata tracciata dalla Cooperativa Cadore Scs. E Claudio Agnoli, suo presidente, ha narrato a Paluzza come la cooperativa, nata nel 2008 anche da una precedente esperienza nell’ambito del consumo, operi nel settore del welfare di prossimità e si interessi, in particolare dell’inserimento lavorativo, della manutenzione ambientale, del turismo, della ristorazione, della cultura. Agnoli si è poi soffermato sull’importanza dell’innovazione e dell’agire democratico all’interno dell’impresa anche cooperativa, sottolineando come una democrazia possa morire sia per populismo che per autoritarismo, e così un’impresa, a cui non servono padri padroni. Inoltre ha ribadito come i meccanismi riflessivi, nella società odierna, siano indispensabili per ampiare il pensiero, cogliere opportunità e puntare all’innovazione. (8). Ma nello stesso incontro ed anche in precedenza a Museis vi sono state altre voci di industriali attivi in Carnia dopo aver inserito sul mercato prodotti innovativi, come Gortani di Gortaninox, Petris di Wolf, (9) mentre Mario Gollino ha insegnato a tutti cosa significa praticamente convertire una linea produttiva guardando anche all’espereinza estera. (10).

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 Quindi ha ripreso il microfono Andrea Cainero che ha sottolineato come la diversità dei punti di vista sia una ricchezza, ed ha quindi dato la parola a Ivan Buzzi, Presidente della Comunità di Montagna del Canal del Ferro e Val Canale e rappresentante del Fvg nell’Uncem, (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani).

Ivan Buzzi si è soffermato sull’importanza del ciclo di incontri promosso da Andrea Cainero e dagli amici di suo padre perché, a suo avviso, è indispensabile parlare di montagna enucleando i problemi  presenti sul territorio cercando una soluzione agli stessi. Ed ha ricordato che un incontro è già stato fatto a Malborghetto. (11), ed ha preso lo spunto da quanto detto nel filmato da Enzo Cainero per  riprendere il discorso del superamento dei campanilismi, guardando al futuro in un’ottica più ampia, futuro che si presenta come una sfida. Ma, d’altro canto, bisogna cercare di superare anche le sfide più ardue, prendendo spunto proprio da Enzo Cainero. Ed ha invitato gli amministratori ad impegnarsi sempre di più per le comunità e per i territori montani, perché la montagna avrà sicuramente un futuro, ma, dico io, bisogna vedere quale sarà.

Secondo Ivan Buzzi bisogna credere in quello che si fa per superare le avversità del vivere ed amministrare in montagna, ma solo questo non è a mio avviso sufficiente Bisogna  invece fare quello che gli incontri in ricordo di Enzo Cainero hanno come fine: confrontarsi cercando delle risposte il più possibile comuni ai problemi emergenti, cercando di evidenziarli in modo comune. Ma seondo me ci vuole tempo non fretta nel fare. E giustamente Ivan Buzzi ha precisato che cercare di risolvere le sfide che la montagna presenta è lavorare pure per le comunità e per i nostri figli, e  ha sottolineato come gli incontri su stesso tema possano arricchire di soluzioni nuove che un amministratore, da solo, non avrebbe magari pensato. Ma per Buzzi non deve mancare l’impegno ed il cercare di raggiungere la meta, come ha fatto Cainero. Ed ha chiuso il suo intervento, facendo presente che in sala era presente Marco Buzzoni, presidente nazionale dell’Uncem, ringraziandolo per esser giunto dal Piemonte a Cimolais per portare il suo contributo.

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Prima di Marco Buzzoni sono però sono intervenuti altri relatori fra cui il vice-presidente della sezione Ana di Pordenone Rudi Rossi, che, dopo aver precisato che gli Alpini devono credere in quello che fanno,  ha narrato che era vestito informalmente perché, essendo pure Delegato  del gruppo Ana nella Protezione Civile di Pordenone, proveniva da Giais, un paese non distante da Aviano, dove,  grazie al contributo della Regione Fvg, si è iniziato a ristrutturata una malga sperduta fra le montagne e difficile da raggiungere.

Ed ha raccontato che c’erano ben 18 giovani che attendevano il materiale, portato da un elicottero che ha fatto 11 viaggi,  per lavorare. E sotto c’erano tante persone che preparavano il materiale per il trasporto, ed egli aveva notato in tutti un grande entusiasmo ed una grande voglia di far qualcosa in quella montagna sperduta, che si può percorrere solo camminando per ore e ore. Inoltre ha aggiunto che ci sono 13 campi scuola A.N.A. in tutta Italia, ed uno lo fa la sezione di Pordenone. All’ interno di quell’ iniziativa, gli organizzatori hanno voluto programmare di far visitare ai partecipanti alla stessa il borgo Tamar, formato da tre paesini disabitati. Ma quello che, a suo avviso, è straordinario è che coloro che vi hanno operato a suo tempo, si erano legati a quei luoghi, compiendo un lavoro ingegneristico incredibile, che dovrebbe venir valorizzato. Ed anche dei luoghi disabitati possono ripopolarsi, par di capire, e rappresentare una ricchezza.

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Quindi ha ripreso la parola Andrea Cainero per ringraziare la Regione Friuli Venezia Giulia e dire che in sala vi erano due consiglieri della maggioranza Lucia Buna e Markus Maurmair, non avendo potuto essere presente, per altro impegno concomitante, il Presidente del Consiglio Regionale Mauro Bordin. Ed ha invitato a parlare, per la Regione, la consigliera Buna, che si è soffermata sulla varietà degli interventi, basati sull’esperienza personale, dicendo di aver colto sia la voce di chi è pessimista sia quella di chi vuole mettersi in gioco all’ interno delle comunità di montagna. Quindi ha precisato che la montagna del Friuli Venezia Giulia ha ora più che mai delle potenzialità che vanno colte e sfruttate. Una di queste è lo sport che coinvolge anche la montagna portando pure turismo.
Ed è a questo binomio: turismo – sport, che si deve guardare per sviluppare le zone dove non ci possono essere insediamenti industriali. Sono spesso questi luoghi di notevole bellezza ma che, a avviso della consigliera, non sono stati valorizzati adeguatamente, come è accaduto invece nel vicino Veneto ed in Trentino Alto Adige. Pertanto il Friuli Venezia Giulia deve incominciare ora.

Sempre secondo la consigliera Buna la Regione Friuli Venezia Giulia attualmente attrae molti turisti che apprezzano non solo il mare ma anche la montagna. Ora – ha continuato – la Regione mette a disposizione dei Sindaci e della Comunità di montagna molte risorse economiche che vengono variamente utilizzate. Nel contempo, però bisogna pensare il territorio in rete, non pensare all’ orticello e lavorare per questo obiettivo. Ed ha concluso dicendo pure che lo sport ci insegna che il gioco di squadra è sempre vincente e bisogna puntare in particolare sui giovani perché il futuro è nelle loro mani.

Statua di gallo cedrone in legno. Foto di Laura Matelda Puppini

Quello che però voglio dire è che, secondo me, l’intervento della consigliera Buna è decisamente generico, e lascia la scelta e la responsabilità della stessa ai sindaci, considerando la Regione una mera finanziaria a fondo perduto, ma il suo ruolo  non dovrebbe essere questo. Però nel caso della sanità e dei servizi, indispensabili proprio i sindaci risultano i meno ascoltati e paiono talvolta succubi e spaventati.

Non solo: sotto la parola sport, che dal punto di vista etimologico si riferisce alle attività di divertimento e ludiche oltre che fisiche, che si svolgevano fuori dalle mura della città, si raccoglie una marea di attività che in montagna hanno caratteristiche così diverse da essere in conflitto, in un ambiente che implica anche la vita del mondo animale e la biodiversità della fauna e della flora. Pertanto il lasciare a dei primi cittadini, magari eletti con lista unica, la scelta di come promuovere un territorio, non permette di scegliere tenendo conto delle numerose variabili interagenti, e si corre il rischio di incentivare scelte dettate da un pensiero lineare e magari che segue una moda del momento.

Io credo che Veneto e Trentino Alto Adige, che hanno comunque caratteristiche diverse dal Friuli Venezia Giulia, avendo fatto alcune scelte anni ed anni fa, ora si trovino in vantaggio ma anche in difficoltà, e basta leggere ‘Il Dolomiti’ testata del Trentino, per capirlo, o informarsi sui problemi cadorini. Infatti, come spesso dico, non è tutto oro quello che luccica. E non basta parlare di sport, magari con riferimento allo sci, con una punta di invidia verso il vicino, che magari nasconde sotto il tappeto le sue difficoltà a proseguire sulla strada iniziata.

Inoltre una attenta politica di salvaguardia di tutto il territorio regionale dovrebbe ben studiare una politica di mantenimento dei corsi d’acqua che, un tempo abbondanti in montagna, ora sono spesso in secca . Il problema dell’ acqua anche potabile sta diventando importante in particolare nella nostra regione, proprio a causa di quelle politiche spicciole che hanno permesso alcune scelte senza guardare oltre il proprio naso. E non è vero che in realtà ambientali complesse tutto è possibile, basta crederci, perché poi si potrebbero ottenere, invece che i risultati previsti e sognati, mezze catastrofi ambientali. Perché nel frattempo anche il clima e l’ambiente sono cambiati, Vaia ha spazzato monti e piani, la siccità ci ha colpito con il covid ancora presente nel 2022, e la terra è ben più arida di prima. Ce lo dicono i colori dei monti e del piano, il caldo ‘pesante’ in comune di Arta Terme, in particolare nelle zone tutte lastricate, ed è solo un esempio, il sole che ‘batte’ sempre più ed al tempo stesso la mancanza sempre più vistosa di zone alberate o di ombra.

Non so su che sport si potrebbe, ora come ora, puntare in montagna, ma certamente non lo sci, con piste costrette alla neve artificiale, perché la sua stagione è terminata, insieme alle sue fortune, anche se si faranno o meno le Olimpiadi invernali a Cortina.

E non ditemi che sono una Cassandra: solo leggo, guardo, penso. Mi ricordo che mi stupii di vedere a novembre l’erba nei prati vicino al cimitero di Cavazzo Carnico di un verde brillante e nel non vedere più quella terra nera, grassa, piena di humus, frutto anche delle deiezioni delle vacche in montagna, e neppure tutta quella varietà di fiori che si potevano tranquillamente raccogliere, come facevo ocn mia madre. Insomma c’ è davvero da chiedersi dove è finito “quel mazzolin di fiori che vien dalla montagna …”

E per ora mi fermo qui, ma riprenderò questi temi nel secondo articolo sull’ incontro di Cimolais.

Laura Matelda Puppini

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(1) Andrea Cainero voleva dire che il padre, in quel frangente, aveva parlato in modo infervorato, accalorato.

(2) Per l’Istituto di Economia Montana, cfr. Laura (Matelda) Puppini, Cooperare per vivere. Vittorio Cella e le Cooperative Carniche (1906-1938), Gli Ultimi 1988, pp. 192-195, il libro è leggibile anche sul mio: www.nonsolocarnia.info.

(3) Per il legno come risorsa e suo razionale sfruttamento, cfr. su www.nonsolocarnia.info gli articoli: 1 – Bosco tra “asset strategico” e tutela di territorio e paesaggio. Alcune considerazioni ai margini di un convegno; 2 – L.M. Puppini, Marco Lepre. Eberhard, il padrone di ettari ed ettari di bosco carnico, e l’impianto della Vinadia; 3- Mario Di Gallo. Sulle sistemazioni idraulico forestali. 4-  Il “Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali” cioè il D.lgs. 3 aprile 2018: una legge che delega tutto senza decidere nulla ed altri. Per le aste del legno e la scelta delle piante mature, cfr. Noè D’Agaro (1). Boschi, segherie, aste boschive, ed altri aspetti legati allo sfruttamento del legname.

(4) L’attività di Nickles Kaspar, che ha fruito anche di finanziamenti europei, è ben descritta in: ” Le Ultime Valli: il caso Dordolla, il borgo che rinasce, in: https://organizzazione.cai.it/commissione-centrale-tutela-ambiente-montano/wp-content/uploads/sites/85/2024/11/2017_12_articolo_dordolla_papuzzi_con_kaspar.pdf.  L’articolo su www.nonsolocarnia.info in cui ho riportato quanto detto da Kaspar sulle difficoltà incontrate a livello fiscale e burocratico si intitola: Quale politica per la montagna in questa Italia?

(5) Definizioni da Oxford Languages.

(6). Per il Piano paesaggistico, cfr. su www.nonsolocarnia.info la mia sintesi di quanto detto all’ incontro finale per il piano paesaggistico regionale intitolato: “Piano paesaggistico regionale e richieste della popolazione carnica.

(7)  La frase riprende una dalla canzone “L’Avvelenata’ di Franceso Guccini.

(8) Cfr. su www.nonsolocarnia.info il mio Montagna, imprenditorialità, cooperazione: con l’anpi a Paluzza.

(9). Cfr. ivi per gli imprenditori citati.

(10) Cfr. per Mario Gollino, In ricordo di Mario Gollino, industriale di Portis di Venzone.

(11) Cfr. su www.nonsolocarnia.info gli articoli:  La montagna del Fvg: analisi e problemi emersi da un incontro in ricordo di Enzo Cainero. La sintesi delle relazioni alla tavola rotonda: ‘La risorsa montagne del Friuli Venezia Giulia’ e Incontro in ricordo di Enzo Cainero. Gli interventi. che riportano la sintesi del precedente incontro tenutosi a Malborghetto.

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L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle che si trovano al suo interno da me scattate. Laura Matelda Puppini.

 

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