SANITÀ E SALUTE, VALORI E INDIFFERENZA.

Correva l’anno 2002, e La Vita Cattolica, nel numero del 27 aprile, pubblicava un’intervista al Ministro della salute Girolamo Sirchia, medico, di Forza Italia, intitolata «Sirchia, nuovo imbarbarimento».
Sottotitolo: «Duro, anzi durissimo, il Ministro della Salute: «Ognuno vive nel suo loculo, si rende indifferente al resto dell’umanità che lo circonda, non ha assolutamente attenzione ai più deboli. Questo è il nuovo imbarbarimento». Come dargli torto?

L’intervista toccava poi i soliti temi, ancor oggi sul tappeto a distanza di 13 anni: imposizione di ulteriori tickets sanitari, patto di stabilità, eliminazione di reparti inutili a fini del contenimento della spesa, riutilizzazione delle risorse in base al territorio, dare ai medici di famiglia (detti anche di base, di medicina generale) la possibilità di tenere aperti i loro ambulatori 12 ore al giorno, obiettivo mai raggiunto, onde evitare l’intasamento dei pronto soccorso.
«Bisogna poi realizzare – diceva Sirchia – l’integrazione socio-sanitaria che oggi non esiste. Si scontrano interessi – continuava- gerarchie e burocrazie diverse. E chi paga è il cittadino, che non ha servizi, per cui oggi chi dipende interamente da questi servizi spesso e volentieri soffre, e scarica sulle famiglie, soprattutto sulle donne […]». (Francesco Dal Mas, Sirchia: nuovo imbarbarimento, in: La Vita Cattolica, 27 aprile 2002).
Invece di togliere l’odontoiatria agli anziani, Sirchia proponeva, allora, di dare ad 800.000 anziani protesi, in modo da permettere loro di mangiare. Come non essere d’accordo?

Quindi egli continuava sottolineando l’indifferenza che spesso è presente verso gli anziani e non solo,  aggiungendo: «Ognuno fa il suo interesse egoistico, nessuno si cura di nessuno». (Ivi).
Sirchia proponeva quindi di cambiare, a livello sanitario, tendenza, e di occuparsi dei più deboli. (Ivi).

A fianco di detta intervista, veniva pubblicato pure il parere di Antonio Guidi, sottosegretario di Sirchia, che così si esprimeva: «La salute sembra diventata solo un problema economico. Ridurre gli sprechi va bene, ma ridurre la spesa non è possibile. Sulla salute non si discute. I soldi si devono trovare. Certo gli sprechi ci sono all’interno delle strutture sanitarie – continuava Guidi – ma ci sono soprattutto all’interno di quella che è la madre di tutti gli sprechi d’Italia: che è la Finanziaria». (“Risparmi con i tickets”, in: La Vita Cattolica, 27 aprile 2002).

Infine Guidi si soffermava sulla costruzione di una cultura della solidarietà in cui l’economia fosse al servizio della salute e non viceversa. L’aziendalizzazione del sistema sanitario avrebbe, sempre secondo lui, potuto avere un senso solo se avesse consentito l’ottimizzazione delle risorse, non il contenimento delle spese. (Ivi).

Come non essere d’accordo con questi concetti?

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MA POI ….

Queste considerazioni pare però non avessero trovato realizzazione se, il 24 febbraio 2004, La Repubblica pubblicava un articolo di Giancarlo Mola, “Le famiglie e la crisi. Impoveriti dal caro salute. Più ticket meno letti. E per curarsi le spese raddoppiano”.
L’articolo parlava pure di problemi concreti, generati dal peggiorare del sistema sanitario nazionale: Francesca Paola Accardi aveva dovuto traslocare, in un paesino, perché non ce la faceva a pagare farmaci per una malattia rara e affitto in città, Maria Antonietta Cappelletti era morta dopo esser stata rifiutata da 32 ospedali in Lombardia, una giovane aveva deciso di partorire nel reparto di ostetricia chiuso e trasformato in ambulatorio, in provincia di Bari.

Tre casi, si precisava, saliti agli onori della cronaca, in un’era: «segnata da ticket che ritornano, ospedali che chiudono, strutture per malati cronici che non partono, liste di attesa che non si riducono. E da milioni di italiani che si sentono sempre più soli di fronte alla malattia». (Giancarlo Mola, Impoveriti dal caro salute, in: La Repubblica, 24 febbraio 2004).

L’articolista faceva notare, pubblicando i dati, che i cittadini italiani, in un anno, cioè dal 2003 al 2004, avevano sborsato, per la sanità, tra ticket e rincari, un miliardo di euro in più, e, secondo l’Ocse, la spesa sanitaria pro capite, era, in un decennio, più che raddoppiata, a differenza di quanto avveniva in Francia e Germania, ove l’aumento per spese sanitarie era ben più contenuto. E ciò, in Italia, accadeva nonostante i servizi tagliati e stratagliati, pure con chiusure di ospedali e reparti, alimentando quella visione realistica della Penisola come paese al declino, a causa principalmente di sprechi e inefficienze. L’articolista sottolineava, poi, come vi fossero, a suo avviso, dei limiti, nella spesa sanitaria, invalicabili, già allora valicati, con regioni che pensavano di vendere ospedali a privati. (Ivi).

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Uno di questi limiti invalicabili è relativo, secondo me, ai laboratori analisi , che non possono essere accentrati per questioni di mera spesa, come accade oggi. Come fanno, infatti, un ospedale ed un pronto soccorso a dare un’operatività efficiente, senza laboratorio analisi nell’ospedale, ma dovendo attendere trasporto campioni, accettazione esterni e via dicendo?

La politica regionale Fvg sogna banda larga ed Insiel quali nuovi Mercurio in versione accelerata, ma la trasmissione dei referti a livello informatico, come ho già scritto, ha dei limiti che potrebbero esser dati: dall’intasamento del servizio di erogazione centralizzato, dalla scelta prioritaria di refertazione, dal tempo impiegato per trasporto ed accettazione esame esterno, dai limiti del caricamento e comunicazione dati in un sistema oberato che porta, come accade già ora, a lentezza nel servizio quando non si tratti di vera e propria mancanza dello stesso. Non si deve dimenticare, poi, che la trasmissione informatica può esser rallentata pure dai sistemi di controllo della rete. Inoltre la tanto cara all’assessore Maria Grazia Telesca, idea che i medici parlino fra loro, sta diventando possibile solo nel polo udinese. Infine come non ricordare che una lentezza nella comunicazione dati può portare a morte? Ma cosa vuoi che sia … Importante è che si risparmi … E ritorniamo a Sirchia ed alla sua denuncia dell’indifferenza. In fin dei conti i senatori e i deputati non pagano la sanità, e così i loro parenti; possono scegliersi il medico ed i medici che desiderano, senza nulla sborsare, forse sono vezzeggiati e benvoluti … ed i rischi e problemi sono di altri. Così pensa l’italiano che si arrabatta fra mille difficoltà. È populismo o sana visione della realtà?

Ed è “ora passata” che anche a Tolmezzo, ove si sa, da tempo, che il laboratorio analisi sarà spostato ad Udine, i medici si muovano come l’amministrazione comunale per mantenere il servizio. Non è illudendosi che non verrà tolto, per poi dire “Eh mah”, che si interviene nel merito. Ed il mio plauso va a Paolo Urbani, sindaco, che si batte per la gente del suo comune, ed i servizi per lo stesso ed a quei comitati gemonesi che si fanno sentire, che invitano al confronto la presidente Serracchiani e l’assessore Telesca, pur sempre senza risultato. Le sedie per Serracchiani -Telesca rimangono vuote. Quelli dei comitati sono forse lebbrosi o appestati, da evitare ogni “contagio”con loro? – mi chiedo, mentre nessuno sa più cosa sia vero o falso, visto che dichiarazioni contrastanti volano sui mezzi di informazione.

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Terminando l’inciso e ritornando all’articolo su La Repubblica, la Cgil già allora denunciava:«Siamo ben oltre il contenimento della spesa. La vera strategia di Governo è un’altra: si abbassa il livello dei servizi, si tagliano i posti letto, si aumenta il tempo di attesa per gli esami e le visite per far diminuire il consenso nel welfare state, che è ancora alto. Il passo successivo è, purtroppo, lo smantellamento totale, magari a furor di popolo» (Giancarlo Mola, op. cit.).

Tranne che per il “furor di popolo”, aveva forse torto?

Invece di tagliare la sanità/ salute, agiscano sull’evasione fiscale, 122 miliardi, sui reali sprechi … ed almeno non ci chiedano fiducia, e adesione alla politica del “Ghe pensi tut mi”, “È per il vostro bene e se vi è qualche disagio per voi ci dispiace tanto”.

Ed ancora: con lungimiranza, sempre nel lontano 2004, la Cgil osservava che: «Sanità ed assistenza non scontano soltanto il peso dei tagli del governo, ma anche l’assenza di scelte strategiche» ( “Cgil: sanità regionale senza strategie, in Messaggero Veneto, 13 febbraio 2004), in una situazione caratterizzata, pure, da incerte prospettive occupazionali e dalla presenza di segnali di declino delle prospettive di ripresa economica. Insomma si va avanti così ed a tentativi già da allora, senza dati, senza visione di insieme, senza valutazione delle ricadute dell’agire politico su popolazione, territorio, economia globale, par di capire …

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VALUTAZIONE ED EFFICIENZA DEL S.S.N..

Giacomo Sirchia, medico e ministro, nel 2001 o 2002, volendo migliorare il sistema sanitario nazionale e studiarne l’efficienza, ordinava una inchiesta sulla sua funzionalità, da svolgersi monitorando «i risultati medici negli ospedali pubblici o privati (accreditati) per tre tipi di intervento molto importanti: i trapianti, l’artoprotesi dell’anca e l’intervento di by-pass aortocoronarico». Seguendo l’esempio degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, si voleva stabilire i tassi di successo di queste operazioni in vari centri e confrontarli. (Attilio Giordano, Quell’indagine sui cattivi medici sparita nel nulla, in Il Venerdì di Repubblica, 27 febbraio 2004, n. 832).

In Italia, precedentemente, solo l’ospedale San Camillo/Forlanini di Roma aveva osato, sotto la direzione generale di Roberto Clini, procedere su questa via, che aveva portato al licenziamento di alcuni chirurghi, e, conseguentemente, il passaggio delle morti post- operatorie dal 14% a poco più del 2%.
Ma ritornando all’indagine voluta da GirolamoSirchia, essa aveva dato, come risultato, che in 5 centri ospedalieri la morte del paziente nel post-operatorio era più alta di 15 volte rispetto agli altri. (Ivi).

Ovviamente il monitoraggio, nell’uno e nell’altro caso, teneva debitamente conto di: età, sesso, gravità dei pazienti.
I risultati erano però importanti: l’esito di una operazione dipendeva, come immaginabile, sia dal centro ospedaliero erogatore, sia dall’abilità del chirurgo. L’“uno vale l’altro” veniva cancellato.
Ma poi, alla fine del lavoro a livello nazionale, Gerolamo Sirchia vietò la pubblicazione dei dati. Perché, si chiede un cristiano qualunque? Non è dato ufficialmente sapere, ma alcuni pensarono che fosse causato dal fatto che alcuni poli ospedalieri lombardi avevano fornito dati carenti, altri fecero notare che una grossa azienda ospedaliera del Sud, fra quelle “incriminate”, aveva come direttore generale un grande elettore della destra. (Ivi).

Così, per un motivo o per l’altro, i cinque responsabili delle cardiochirurgie disastrose restarono ai loro posti, né in detti ospedali venne mai inviato un ispettore, quando già allora si mandavano ispezioni, nei tribunali, per eccesso di spese di cancelleria, (Ivi), ed ora, dico io, si fa saltare un sindaco eletto e benvoluto dal popolo romano, per un per un paio di scontrini, che era disposto a risarcire, per mettere poi al suo posto, un commissario che intende privatizzare tutta gli asili nido della città di Roma (Roberto Ciccarelli, La proposta indecente di Tronca: privatizzare gli asili nido a Roma, Il Manifesto, 8 gennaio 2016), che funzionano bene con un sistema misto pubblico/privato, lasciando magari senza lavoro 6000 persone. Ma cosa vuoi che sia, basta che egli, l’entità posta al potere, lo voglia …Ghe pensi mi, – state tranquilli.

Ma ritornando alla sanità, nel 2004 invano i medici scioperavano per “le nomine politiche” di direttori e primari, (ora potremmo parlare di ospedali chiusi o meno o favoriti su base politica ed elettorale? Non lo so, alcuni se lo sono chiesti).

Comunque, in un modo o nell’altro, iniziò ad avvenire, magari anche perché le commissioni mediche preposte non negavano ad alcuno l’idoneità, «sgravandosi da eventuali responsabilità tecniche», che le nomine dirigenziali nelle aziende ospedaliere fossero fatte dai politici, ed esulassero da una laurea in medicina, e da esperienza nel settore. (Ivi). Si fece come nella scuola: ove i dirigenti divennero, di fatto, dei super segretari – burocrati ed accentratori, con sempre maggior scollamento dalla didattica, dalla psicologia, dai problemi reali dell’utenza.

Per quanto riguarda la nomina del direttore generale delle aziende ospedaliere, così si esprimeva Roberto Clini, già incontrato come direttore del San Camillo /Forlanini: «So che in molti casi la nomina è politica e che molti direttori non hanno la capacità di resistere a pressioni che sono comunissime. (…). Accettiamo lo spoil – system (cioè il sistema per cui ogni governo decide i dirigenti da porre nei posti chiave, per esser sicuro che seguano la sua linea politica n.d.r.)? Va benissimo, ma diciamolo senza ipocrisie.» (Attilio Giordano, op. cit.).
Invece, sempre secondo Clini ma anche secondo me, l’aspetto politico dovrebbe essere, in medicina, secondario, perché, per dirla con Mao, non importa se i gatti sono neri o bianchi, basta che prendano i topi. (Ivi).
Comunque, per valutare l’operato medico, era stata disposta la creazione di apposite commissioni mediche, da porsi nei dipartimenti, nati, pure, all’uopo. (Ivi). Ma poi…

Purtroppo in Italia la politica ha sempre cercato di impadronirsi del potere medico, sosteneva Attilio Giordano, e, secondo il medico dirigente Roberto Clini: «Il grave non è solo che la politica metta le mani sulla sanità, ma pure che i medici accettino il sistema come fosse ineluttabile e ne approfittino». (Ivi).
L’articolo sottolineava anche l’elevato ed ingiustificato numero di interventi di tonsillectomia infantile in Campania, se raffrontati a quelli delle altre realtà regionali, ma rarissimi quelli su figli di medici. (Ivi).

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Ma ritornando al servizio sanitario, pare proprio siano le scelte della politica ad incidere massicciamente sulla sua funzionalità .
«Da quando […] la sanità è gestita “managerialmente” – affermava nel 2005 il consigliere regionale Virgilio Disetti di Gemona – si sono moltiplicati, come i pani e i pesci della parabola, consulenti, esperti, responsabili e dirigenti, con enorme assorbimento di risorse finanziarie, ovviamente sottratte ai servizi sanitari per la nostra gente e, ne sono certo, si tratta di diversi milioni di euro» (“Disetti: sanità, troppi sprechi”, in: Messaggero Veneto, 13 ottobre 2005).

Ieri, 8 gennaio 2016, leggevo, sempre sul Messaggero Veneto, l’articolo di Giulia Zannello: “La regione fusione o.k. Ora nuovi infermieri”, ove si parla anche del Centro servizi e laboratori di Udine, che poteva pure restare “laboratorio analisi” ma la nomenclatura, in politica, ha il suo peso. Dopo averne magnificato le future sorti, sperando vi sia sufficiente personale impiegato, dico io, si sottolineava come esso sia stato creato, nel 2013, per l’accentramento delle analisi, pur mantenendo i punti di prelievo sul territorio (Giulia Zanello, La regione fusione o.k. Ora nuovi infermieri , in: Messaggero Veneto,8 gennaio 2016).

Tolgono il laboratorio analisi a Tolmezzo? Tranne che Paolo Agostinis, quale medico che lavora a Tolmezzo e Gemona si è pubblicamente mosso? Vogliono chiudere l’ospedale di Gemona? Tranne Pietro De Antoni, quale medico che lavora a Tolmezzo e Gemona si è pubblicamente mosso? A loro tutta la mia stima. E vero però che i dirigenti pare non amino chi dice la sua opinione non tra le quinte. 
E l’amministrazione tolmezzina, capeggiata da Francesco Brollo, dov’è? E il direttore generale Aas3, che rimarrebbe sguarnita di laboratori analisi, se quelli presenti a Tolmezzo e San Daniele vengono accentrati ad Udine, che dice? Mistero, almeno per ora. Per quanto riguarda la regione, che dire del suo fare paternalistico, del suo evitare il confronto con i cittadini, con i comitati gemonesi, ma anche con altri, di quel suo decisionismo con soldi nostri, stando “nelle alte sfere”?
E non sarà che, tolti i laboratori analisi , si andrà verso l’accentramento di ogni servizio sanitario ad Udine? Ma non vi è in Regione, una giunta di sinistra? – mi chiedo, dopo aver sostenuto Serracchiani alle regionali.
« Ma cos’è la destra cos’è la sinistra… Il pensiero liberale è di destra, ora è buono anche per la sinistra», cantava Giorgio Gaber ( Giorgio Gaber, Destra-sinistra). Come dargli torto? Dove sta andando la sanità carnica, gemonese delle valli del Natisone e del cividalese, con questa politica che segue quella dei governi precedenti retti dalla destra? Chiediamocelo ed agiamo prima che sia troppo tardi, prima che ci resti solo un “Eh mah …, ci dispiace tanto”.
E termino precisando che non intendo offendere nessuno, ma solo esprimere in modo documentato il mio pensiero, ed introdurre il tema delle scelte etiche, della tendenza a disumanizzare la sanità, quasi fossimo solo corpi da tagliare, od a cui somministrare farmaci,  dell’ ingerenza politica in campo così delicato come quello della gestione della salute, che non può essere basata solo su un concetto utilitaristico e monetario. E mi scuso subito con chi si possa sentir offeso da questo scritto, anche se non saprei chi possa esserlo.

Laura Matelda Puppini

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Si rimanda ai miei precedenti su sanità : ed in particolare:  “Su quel laboratorio analisi tolmezzino, dalla sorte incerta, almeno pare”. “Ancora su quel laboratorio analisi tolmezzino e il caso Agostinis”. “Divagando su quel laboratorio analisi tolmezzino tra medicina e pronto soccorso”. “Messaggero Veneto del 25 marzo: il dott. Pietro De Antoni sul San Michele di Gemona. Ospedali: destini legati in Alto Friuli”.

La vignetta di Vauro che accompagna questo articolo, è stata pubblicata su http://vauro.globalist.it/Detail_News_Display?ID=8110, è datata 8.12.2011, ed è intitolata “Evitare la catastrofe. Servizio pubblico”, ed è da me già stata utilizzata.  Laura Matelda Puppini

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