L.M.P. Storie partigiane e non, fra un avvicendarsi al comando della formazione Osoppo ed il passaggio, all’ultimo momento, di militi filonazisti del Rgt. ‘Tagliamento’ alla Osoppo.
Introduzione.
C’è chi mi ha chiesto, tempo addietro, di riassumere l’incontro tenutosi il 19 novembre 2022 a Cividale del Friuli sulla Liberazione di Cividale. Ma io vorrei invece parlarvi, miei lettori, del rapporto tra osovani e Reggimento Volontari Friulani Tagliamento, poi Alpini Tagliamento, a fine guerra, che terminò con il passaggio di collaborazionisti nazisti ai partigiani e con il loro sfilare insieme, secondo Romano Marchetti, alla festa della Liberazione. Vi è chi dice che il Reggimento ‘Tagliamento’ filonazista, retto dal friulano Ermacora Zuliani, prima seniore della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, e quindi ‘fascistissimo’, (corso come volontario in Spagna in aiuto ai franchisti contro i democratici, ed in Russia ad occupare la terra altrui) si arrese agli osovani, chi sostiene, a posteriori, che non si trattò di una vera e propria resa, vi è chi sostiene che vi furono allora accordi precisi tra la formazione partigiana Osoppo e lo Zuliani, chi no. Vediamo allora alcuni aspetti e documenti che ci indicano che il passaggio sicuramente ci fu, e che ci fu anche un ‘richiesta evasa’, che non avrebbe dovuto esserlo.
Il Reggimento ‘Tagliamento’ poi ‘Alpini Tagliamento’ di Ermacora Zuliani, friulano.
Inizio ricordando che, come sopra già scritto, il Reggimento Volontari Friulani ‘Tagliamento’ venne creato da Ermacora Zuliani, seniore della MVSN, insediatosi dopo l’armistizio alla caserma “Giovanni di Prampero” di Udine già sede dell’8º Reggimento alpini, il 17 settembre 1943 (1). Lo Zuliani si sistemò autonomamente lì sia per cercare di portare a sé soldati sbandati, sia per ‘mantenere l’ordine pubblico’, compito che, forse, in un primo momento, si autoassegnò, e che poi gli fu affidato dai tedeschi occupanti, per passare poi, con i suoi uomini, a combattere insieme ai nazisti contro i partigiani e gli alleati, di cui anche l’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia faceva parte.
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A riprova di ciò, dopo aver sottolineato come i nazisti avessero previsto di inquadrare, subito dopo l’8 settembre 1943, volontari italiani organizzandoli in Battaglioni di polizia alle loro dirette dipendenze, formati pure da appartenenti alla Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale fascista, Ricciotti Lazzero scrive che ve ne erano di previsti anche per Trieste, Gorizia e l’Istria.
Ed in questo caso i nuovi Battaglioni vennero poi aggregati alla Polizei – Freiwillingen – Verbände (Organizzazione della Polizia Volontaria) in Ozak (Operationszone Adriatisches Küstenland). Essi furono costituiti da cinquemila volontari, irregimentati nel Landesschutz dal Polizei – Freiwillingen Karstwehr- Bataillon delle SS con comando a Gradisca, che fu il nucleo originario da cui scaturirà poi la 24. Waffen- Gebirgs- (Karstjäger) Division der SS, che fisserà il suo quartier generale a Moggio Udinese. Fra le forze italiane che accettarono, allora, di passare direttamente sotto i tedeschi vi fu pure il Reggimento di Volontari Friulani Tagliamento, creato ad Udine dal seniore della Milizia Ermacora Zuliani, che nel febbraio 1944 contava 824 uomini, e che diventerà, poi, uno Sturmregiment (reggimento d’assalto) con 1500 militi e che si trasformerà, infine, nel Polizei – Freiwillingen – Geb. Jäger- Bit. Tagliamento. (2).
Cartina della configurazione geografica dell’Italia dopo l’8 settembre 1943 e fino alla liberazione. In verde: Ozak e Ozav; in gialli la Repubblica Sociale Italiana. L’ Ozak confinava con il Terzo Reich (qui Germania) essendo stata l’Austria annessa, e con la Stato Indipendente di Croazia (1941–1945), guidato da Ante Pavelić, e stato fantoccio della Germania nazista. (Da: https://it.wikipedia.org/wiki/Zona_d%27operazioni_del_Litorale_adriatico).
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Ma anche Primo De Lazzari colloca il Reggimento volontari Alpini friulani Tagliamento fra i reparti di legionari SS italiani con diretta tutela tedesca, e scrive che in seguito fu trasformato in un «agglomerato di SS italiane alle dipendenze operative delle SS germaniche nelle valli dell’Isonzo e del Vipacco» (3), ma ora alcuni li descrivono come eroi difensori dell’italianità, inserendoli in un contesto di stravolgimento dei fatti reali che è, a mio avviso, increscioso.
Infine devo chiarire subito, viste le confusioni presenti in rete, che il reggimento Tagliamento dello Zuliani, formatosi dopo l’8 settembre 1943, non ha nulla a che fare con la Legione Tagliamento, che operò in altra zona e che era guidata da Merico Zuccari, proveniente pure lui dalle file della MVSN, ed a cui Sonia Residori ha dedicato un interessantissimo e documentatissimo volume, pieno delle atrocità che i suoi militi commisero. (4).
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Il Reggimento Tagliamento, a cui poi fu aggiunta la parola ‘alpini’, forse guardando al dopoguerra o forse per ben apparire presso la popolazione o per confonderla, o per altro motivo, a me non consta sia stato dell’R.S.I., ma Fabio Verardo ha detto, all’incontro del 19 novembre 2022, che nel fascicolo relativo al processo per collaborazionismo a Ermacora Zuliani, era presente un modello di giuramento all’R.S.I.
Ma io credo che molti che combatterono sotto i tedeschi per i tedeschi e contro alleati e partigiani all’ultimo momento trovarono qualche escamotage per farsi passare per repubblichini che lottavano per l’Italia, sotto l’italianissimo Mussolini, manovrato come un burattino da Hitler, contro gli slavi che combattevano per annettere il Fvg non si sa a che cosa, dato che c’era l’Ozak, e che invece, nella realtà cercavano di liberare l’Europa dal nazifascismo lottando insieme ai partigiani italiani, agli Inglesi, agli americani ed ai russi. E credetemi, fu una lotta ‘all’ ultimo sangue’. Ma certe versioni sono andate bene per ribaltare la storia e la memoria, per limitare la democrazia in Italia e per tenere gli italiani sotto il giogo dell’ignoranza.
Raro volantino del reggimento volontari friulani “Tagliamento” firmato dal comandante Zuliani il 12 dicembre 1943. (Da: https://www.mymilitaria.it/liste_03/tagliamento_1943.htm). Come si vede qui non vi è riferimento alcuno all’R.S.I.
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La formazione Osoppo, fra liti interne ed un paio di cambi al vertice.
La Brigata Osoppo, creata il 14 febbraio 1944 ad Udine grazie ad un accordo fra la Dc e il Pd’A, inizia la sua vita al castello Ceconi di Pielungo, in Val d’Arzino, alla fine del marzo 1944. (5). La comanda Candido Grassi, Verdi, ed ha come delegato politico don Ascanio De Luca, Aurelio.
Con l’insediamento del comando osovano, Pielungo diventa il più importante centro logistico della brigata Osoppo/Friuli per magazzini di viveri, automezzi, armi e materiali, nonché sede di una missione alleata. È in sintesi: «Una concentrazione imprudente di Comandi, uomini disarmati e mezzi in una località scarsamente difendibile». (6). Questa la situazione come descritta da Carlo Commessatti, Spartaco: ed inoltre la Brigata manca di una unità di comando; manca di disposizioni in previsione di azioni nemiche, di controlli e delle più elementari norme corporative di prudenza e segretezza; viene lasciata troppa libertà per azioni personali, vi è sciupio di materiali; vi sono metodi superficiali di reclutamento. Per Spartaco, infine, causa prima ed unica della situazione è la mancanza di un comando. «Qui il comandante è Verdi: lui e lui solo è quello che ordina, dirige, coordina, tratta e discute operazioni militari e questioni politiche. Verdi, davanti ai responsabili della Brigata Garibaldi, a Lino e a me, ebbe a dichiarare che il comando è formato da lui, da Aurelio, (don Ascanio De Luca, n.d.r.), da Mario (Manlio Cencig n.d.r.). Ora è chiaro – continua Carlo Commessatti – che Aurelio è del tutto inadatto a rivestire un tale incarico, innanzitutto perché è prete poi perché non ha un minimo di preparazione politica, […] da ultimo perché è completamente sottomesso a Verdi… Mario è lontano 50 Km. da qui, […] io ho funzioni vaghe ed incerte, […]». (7).
Così avviene che i nazifascisti riescono impunemente attaccare questa postazione, il 19 luglio quando, «alle ore 6.30 una colonna di autocarri, piena di tedeschi e fascisti, giunge improvvisamente a Pielungo, superando inspiegabilmente i posti di blocco di Casiacco ed Anduins, e con rapida manovra a tenaglia si dirige verso il castello Ceconi, sede del Comando osovano. I comandanti osovani, la missione inglese, i sessanta uomini hanno appena il tempo di rifugiarsi nel bosco vicino prima che il nemico irrompa nel castello, liberi i prigionieri, raccolga armi e materiale bellico, viveri, vestiario radio trasmittenti, una cospicua somma di denaro e forse documenti cospirativi, dia alle fiamme il castello stesso e due o tre case del paese, oltre a darsi alla razzia dello stesso prendendo ostaggi che si vanno ad aggiungere ai due osovani catturati. I btgg. Libertà, Italia, Giustizia, pur essendo vicini alla sede del Comando, non riescono a difenderlo. Patrioti degli stessi, però, attaccano la colonna tedesca sulla via del ritorno. Ma «grande è l’amarezza degli osovani, non tanto per il rovescio militare quanto per la disorganizzazione della brigata, l’insipienza del Comando e il lassismo della formazione». (8).
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Candido Grassi sfila ad Udine per la liberazione. Alle sue spalle credo ci sia Emilio Grossi della Garibaldi e comandante del comando unificato. (Da: https://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/grassi.htm).
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La situazione creatasi allora sfociava nella crisi di Pielungo (9), che assommò anche aspetti politici relativi alla possibilità o meno di creare un comando unico con la Garibaldi, a cui era contraria la componente cattolica della Osoppo, e cattolico, ma che simpatizzava per il socialismo, era pure Verdi (10), mentre Aurelio, Ascanio De Luca, era un prete. I battaglioni cattolici, che agirono con le armi in pugno, riuscirono però a rimettere al comando della brigata Verdi ed Aurelio ed a far allontanare dal comando Abba, Spartaco, Livio ed i vertici del Pd’A presenti nel nuovo comando che erano, fra l’altro, più favorevoli al comando unico con la Garibaldi.
Ma poi, incalzando gli eventi, e comunque ritenendo i vertici osovani opportuno cambiare il comando, fu nominato comandante della Divisione Osoppo un ufficiale partigiano della prima ora, e cioè Manlio Cencig, Mario, e come delegato politico il democristiano Miari, Giobatta Marin.
Infatti, nell’ incontro del 28 agosto 1944, «Letta la relazione della Commissione d’ inchiesta in data 10 corr.,letta pure l’autodifesa di Verdi ed Aurelio, relativamente alle responsabilità loro addebitate (per i fatti e la crisi di Pielungo ndr), esaminati i pareri in sintesi estratti dalle deposizioni delle persone interrogate dalla Commissione, i presenti sono concordi su quanto segue: «1) Riconoscono opportuno che Verdi non sia eletto Comandante o Vicecomandante della Divisione OF e quindi membro del Comando unico, per motivi che non intaccano la sua dignità di patriota e comandante. 2) Lo nominano all’ unanimità Consulente di Divisione. 3) Riconosciuta la convenienza che Aurelio si limiti a compiti relativi alla sua alta missione, lo vogliono all’ unanimità Cappellano militare in una delle zone della Divisione OF secondo accordi che lasciano prendere liberamente ai Cappellani tra loro.
Queste nomine esprimono la generale volontà di tutti i componenti dei Btg. della quale volontà si è certi, (e) verrà preso atto dal C. Reg. Ven. dandosi luogo a ratifica. (…). I presenti nominano all’ unanimità Comandante della Divisione Mario, incaricando Lino di portargli la comunicazione per l’immediata assunzione delle funzioni. Il Vicecomandante viene proposto nelle persone di Maso o di Augusto (forse Corrado Gallino ndr), a giudizio del Comandante, previa consultazione dei consulenti tecnici e degli interessati. Nominano Miari Delegato politico, salvo ratifica dei Partiti d’ Az e DC, ai quali partiti lasciano la designazione del Vicedelegato.
Nominano all’unanimità consulenti tecnici al Comando Brigata per i vari servizi: Manfredi rappresentante del Comando supremo alleato, Roncioni, comandante della IV Brigata, presso la quale potrà conservare la sua residenza, e Verdi, come sopra». (11). Poi la carica di Vice-comandante verrà assunta dal grande Pietro Maset, Maso, ucciso dal nemico il 12 aprile 1945.
Al centro, con il fazzoletto al collo, l’ufficiale e comandante partigiano Manlio Cencig, Mario. (Particolare da una foto in: https://www.partigianiosoppo.it/Fotografie/alcuni-capitani-dellosoppo-durante-la-commemorazione-dei-caduti-delleccidio-di-porzus-si-1306/).
Pertanto dal 28 agosto 1944 fino alle porte dell’insurrezione finale, chi guida la Osoppo è Manlio Cencig, Mario, prima ufficiale del R.E.I., che aveva, nell’autunno 1943, costituito la banda di Attimis, esperta in sabotaggi. (12).
Ma, dopo il 23 marzo 1945, riprende il comando della formazione Osoppo Candido Grassi Verdi, contrario alla collaborazione tra Osoppo e Garibaldi.
Il 23 marzo 1945, alcuni partigiani ai vertici della Osoppo, non tutti come in precedenza, si incontrano, e sono: Verdi, Mario, Vico, Lino, Aurelio Olmo, Paolo, Monti, Miro, Centina, Berto, Ivo e Francesco. In sintesi sono: Candido Grassi, cattolico e socialista (12), Manlio Cencig, comandante sino allora di Divisione, il cattolico Giovanni Battista Carron, don Aldo Moretti, don Ascanio De Luca, Eusebio Palumbo, Alfredo Berzanti cattolico, Gino Mittoni, Giorgio Simonutti, Aldo Bricco, lo scampato a Topli Uorch, Umberto Michelotti, Giorgio Gurisatti e un partigiano con nome di battaglia ‘Francesco’, non identificato. (13).
Essi cambiano di nuovo il Comando Osoppo, e, per inciso, in quella sede Verdi, nuovamente comandante di tutta la Osoppo, propone di «nominare Livio a Comandante della VIa Brigata.
«La denominazione scelta per ogni ripartizione è quella di “Divisione”- si legge sul documento – Il responsabile assumerà il nome di Comandante di Divisione. (…). Per il Comando Unico (osovano, prima chiamato comando divisionale ndr) si sceglie la denominazione di Gruppo Divisioni Osoppo – Friuli Comando». (14). In questo incontro Verdi viene nuovamente nominato, dai presenti, Comandante di tutta la formazione Osoppo, di tutto il Gruppo Divisioni osovano, sostituendo così Manlio Cencig, Mario, che assume da allora in poi il ruolo di Vice – Comandante. Il ruolo di Delegato politico viene assunto da Vico, il cattolico Giovanni Battista Carron. (15).
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E questo ci interessa poi, perché chi accetta quanto propone lo Zuliani per il Reggimento Tagliamento filonazista, e dà indicazioni per far transitare ‘volontariamente’ aderenti allo stesso nella Osoppo all’ultimo momento, è proprio Verdi, secondo i documenti pubblicati da Aldo Mansutti nel suo:” 1943-1945 Reggimento Alpini “Tagliamento” – profilo storico – costituzione – organizzazione – organico – schieramenti – quadri – avvenimenti e fatti d’arme, Aviani Aviani ed., 2010.
E se può essere vero che anche la Garibaldi cercò di incontrare i vertici del Rgt. Tagliamento, magari con la Osoppo, ritengo per trattare la resa finale del nemico, bisogna ricordare che il presentarsi a chiedere la resa nemica in forma congiunta era stata una indicazione del CLNAI, che voleva tutte le forze partigiane unite presentarsi alla fase finale e vittoriosa della resistenza. Ma, come mi disse Romano Marchetti, se i garibaldini compirono errori iniziali, la Osoppo lì compì proprio nella fase finale della guerra di Liberazione. E Marchetti non parlava mai a caso.
Ermacora Zuliani da https://it.wikipedia.org/wiki/File:Zuliani_02.jpg. Immagine di pubblico dominio
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Politiche nostrane e non mentre la fine della guerra si avvicina.
Io credo che alcuni aspetti non siano stati sufficientemente studiati, relativamente a cosa accadde dopo il superamento della linea gotica da parte degli alleati, quando il Terzo Reich capì di essere perduto e con lui la Repubblica Sociale Italiana.
L’Italia aveva perduto la guerra, ma i partigiani italiani l’avevano vinta, e gli Anglo -americani non volevano certamente uno spostamento a sinistra od in senso totalmente democratico della Penisola, come gli Inglesi non lo avevano voluto in Grecia, tanto da distruggere, dopo la liberazione dei territori dai Nazifascisti, l’esercito popolare partigiano greco E.L.A.S., formato da socialisti, radicali e democratici, e l ‘E.A.M., cioè il Fronte di Liberazione nazionale greco, di cui era emanazione, che a loro avviso avevano raccolto troppo consenso tra il popolo.
E gli Inglesi, parallelamente al rientro in Grecia del governo pre-invasione, si precipitarono in Grecia. E, pur essendo stato concordato, nel maggio 1944, nel corso della Conferenza del Libano, che tutte le fazioni non collaborazioniste avrebbero partecipato a un governo di unità nazionale, e pur essendo stato concordato, con l’Accordo di Caserta, che tutte le forze collaborazioniste greche sarebbero state processate e punite e che tutte le forze di resistenza avrebbero partecipato alla formazione del nuovo esercito greco, il 1° dicembre, il comandante britannico Ronald Scobie ordinò il disarmo unilaterale dell’EAM-ELAS. I ministri dell’EAM si dimisero il 2 dicembre 1944, e l’EAM indisse una manifestazione nel centro di Atene per il giorno seguente, per chiedere l’immediata punizione dei battaglioni di sicurezza, che erano stati collaborazionisti, e il ritiro dell'”ordine Scobie”. La polizia e la gendarmeria greche spararono alla manifestazione formata da circa 200.000 persone, «causando la morte di 28 manifestanti e il ferimento di 148. Questi omicidi avviarono uno scontro armato in piena regola tra l’EAM e le forze governative […] (che includevano i battaglioni di sicurezza), e durante la seconda metà di dicembre, tra l’EAM e le forze militari britanniche». (16).
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Ma anche in Italia vi era chi pensava già da tempo al futuro, prima ancora che la guerra fosse finita. Così si iniziò a diffondere l’idea che la Repubblica Sociale Italiana era sinonimo di italianità, non si sa come essendo emanazione di Hitler, che i cattivissimi erano gli jugoslavi possibili invasori e rossi sporchi comunisti, e che quindi, conseguentemente, i repubblichini avrebbero salvato la Patria da un terribile male: il comunismo, e cosa avevano compiuto a riporto dei nazisti non veniva quasi più menzionato. Dopo il superamento della linea gotica, nel dicembre 1944, si ipotizzò persino lo spostamento a Cividale della sede della Repubblica Sociale Italiana e del Duce. Detta idea era vista con favore, anzi sollecitata dai repubblichini, ma incontrò, secondo Enzo Collotti, difficoltà di realizzazione sia per ragioni di carattere militare, in quanto si sarebbe dovuto liberare la zona dai partigiani, sia per motivi politici, perché si sarebbe dovuta creare in Ozak «una sorta di isola territoriale, un’enclave avulsa dalla dipendenza diretta dai tedeschi, per conservare la funzione formale della sovranità della Repubblica sociale». (17).
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L’ipotesi di creare un fronte destrorso in Friuli Venezia Giulia in funzione antislava, ma di fatto per evitare che forze politiche progressiste prendessero realmente il potere, formato pure da collaborazionisti con i nazisti, questi sì in armi, mentre invece i partigiani sarebbero stati costretti a consegnarle, forse non era del tutto morta. Ma non è qui la sede per parlare della feroce lotta anticomunista partita già prima della fine della guerra in Italia, basata su una capillare propaganda, sulla manipolazione delle informazioni, sulla falsificazione di documenti, su Gladio e le altre Gladio, e invito chi volesse approfondire l’argomento a leggere il documentatissimo: Giacomo Pacini, Le altre Gladio, Einaudi ed., 2014.
E, forse, questo passaggio di militi filonazisti del Rgt. Volontari Friulani Tagliamento, alla Osoppo, avvenuto principalmente grazie a Candido Grassi Verdi ed a Giovanni Battista Carron Vico, e grazie alla collaborazione, però solo, pare, in quanto ubbidirono agli ordini, del comandante della 3a Divisione Gino Bricco Gino e di Aldo Specogna Repe, comandante della 7a Brigata, poi noto esponente di Gladio, che avrebbero potuto almeno chiedere spiegazioni e rifiutarsi di arruolare nelle loro file, il 29 aprile 1945, coloro che avevano combattuto a fianco dei nazisti contro i partigiani dopo l’8 settembre 1943 continuativamente, potrebbe trovare una sua collocazione in questo contesto di fine guerra, ma il condizionale è d’obbligo, e non sono noti i motivi reali di questa scelta, che potrebbe esser stata attuata solo per salvare qualcuno, dimenticando il pregresso, il che, a mio avviso, non solo contravveniva agli ordini superiori ma era ben poco etico.
Il colonnello degli alpini e comandante partigiano osovano, nonché ai vertici di Gladio a nordest poi, Aldo Specogna, Repe. (Dalla copertina del volume di Ottavio Cotterli, Aldo Specogna, il comandante Repe della 7a Brigata Osoppo- Friuli, Federazione italiana Volontari della Libertà e Associazione Partigiani ‘Osoppo Friuli’, Udine 1997.
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Ad Aldo Specogna, come gladiatore, dedica alcune pagine Giacomo Pacini, che prima evidenzia come egli fu, con i colonnelli Prospero Del Din e Luigi Olivieri, uno dei fondatori della nuova Osoppo antislava, pur non ritenendo gli alleati Angloamericani una invasione slava una possibilità. Questa organizzazione fu poi trasformata nella Organizzazione ‘O’ e infine mutata ancora, sempre secondo Pacini, in Gladio.
Nel 1955, ad Udine nacque il primo centro periferico di Gladio con il nome in codice ‘Orione’ ed alla sua guida fu posto il colonnello Aldo Specogna (18). Specogna quindi riuscì a reclutare, in nord-est, un numero altissimo di ‘gladiatori’, fra cui numerosi ufficiali e vi era chi diceva che questi risultavano al «suo personale servizio» e che sugli stessi egli «poteva contare in ogni caso anche per azioni di qualsiasi tipo, anche oltre frontiera» ma un elenco con molti nomi è stato distrutto (19). Inoltre in Friuli Venezia Giulia si era fatta una eccezione alle normali procedure operative di Stay Behind, che comprendevano, pure, in periodo di pace, azioni di controllo e neutralizzazione di attività comuniste, di antiguerriglia, di antisabotaggio, ma anche, solo in Fvg, la realizzazione di azioni la cui causa potesse esser fatta ricadere sulla sinistra (20). Infine il generale Serravalle decise di disarmare l’intera struttura e di destituire dal suo compito il responsabile dei due gruppi del nordest, cioè ‘Stella Alpina’ e ‘Marina’, in sintesi il colonnello Aldo Specogna, Repe.
Ma ripeto che, dalla documentazione presente in: Aldo Mansutti, nel suo “1943-1945. Reggimento Alpini ‘Tagliamento’, Aviani &Aviani ed., 2010”, pp. 53-77, di cui qui citerò una parte, quella dirimente, pare che Aldo Specogna e Gino Bricco abbiano eseguito gli ordini di Verdi e Vico, al Comando del gruppo Divisioni Osoppo.
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Parte del Rgt. ‘Tagliamento’ passa in un modo o nell’altro alla ‘Osoppo’ con la benedizione di Verdi, nuovamente al comando. Documenti a riprova.
Ripeto che non si sa con certezza i motivi per cui la Osoppo abbia deciso di transitare, da quello che si sa, 157 militari collaborazionisti SS italiane del Rgt. Alpini ‘Tagliamento alla Osoppo poco prima della definitiva liberazione di Cividale, e nello stesso giorno, il 27 aprile 1945, in cui fu formato un qui convenzionale comando unificato per l’insurrezione finale, trasformando filonazisti in partigiani, ma sappiamo che ciò accadde.
Un documento, datato 8 maggio 1945, con il timbro: “C.V.L. – 3 Divisione “Osoppo- Friuli” – Comando 7a Brigata, inviato al “Comando Divisione” e protocollato 13/1945, presente in IFSML, ha come oggetto: «“Elenco ex- repubblicani del r.to alpini Tagliamento che sono passati alla 7a brigata Osoppo in data 29/4/1945, smobilitati ed avviati al distretto militare di Udine il 7 maggio 1945». (22). Ed è questo, a mio avviso, un documento importante, perché ci narra che il passaggio avvenne per certo, e che 157 militi del Rgt. Tagliamento vennero poi inviati al Distretto di Udine, a far che non si sa, e che detta operazione fu svolta dal Comando della 7a Brigata della 3a Divisione, guidata da Aldo Specogna.
Detto documento, composto da 4 facciate, contiene nomi e cognomi, date di nascita e residenza di coloro che godettero, all’ultimo momento, di questo transito ‘volontario’ dal Rgt. Alpini ‘Tagliamento’ alle file parigiane e furono poi inviati al Distretto militare.
Prima pagina del documento, da me citato, che contiene i nomi dei collaborazionisti del Rgt. ‘Tagliamento’ passati alla Osoppo.
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Ma esiste pure tutta una serie di documenti, presenti in Archivio Osoppo della Resistenza in Friuli, locato presso la Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Udine, pubblicati da Aldo Mansutti nel suo testo che ho gia citato, alle pagine 53-77, relativi ad un carteggio intercorso tra l’allora Comandante del Comando delle divisioni Osoppo- Friuli, Candido Grassi Verdi, il comandante della 3a Divisione Gino Bricco, Gino, ed il comandante della 7a Brigata Repe, Aldo Specogna, relativo al passaggio, davvero all’ultimo momento, di militi del Rgt. Tagliamento alla 7a Brigata – facente parte della 3a Divisione Osoppo.
Il primo documento, interessante, datato 27 aprile 1945, è il seguente:
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«Comando Gruppo Divisioni “Osoppo- Friuli”. 27.4.1945.
Al Comando VII Brigata.
Al Comando 3^ Divisione.
Loro Sedi.
Il Colonnello Zuliani intende consegnarsi alle formazioni della “Osoppo”.
Pertanto diamo le seguenti disposizioni:
il reggimento si concentri entro la giornata di domani 28 aprile, con tutte le sue armi, il suo equipaggiamento e vettovagliamento nella zona di Attimis a disposizione del Comando della 3^ Divisione “Osoppo Friuli”. Il Comando della 3^ Divisione e il Comando della VII Brigata diano le disposizioni e prendano gli accordi per l’esecuzione del movimento.
Viva l’Italia LIBERA!!!
Il Delegato Politico Il Comandante
(Vico) (Verdi)» .
(Archivio ‘Osoppo’ della resistenza in Friuli, presso la Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Udine, Cartella H4, fascicolo 81)». (23).
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Qui vi è il primo problema. Perché Verdi, cattolico e socialista, e Vico, il veneto Giovanni Battista Carron, democristiano e parte attiva nella crisi di Pielungo, hanno deciso che la Osoppo trattasse senza la Garibaldi la resa del Rgt Alpini Tagliamento, filonazista, quando le indicazioni del CLNAI erano di farlo insieme? Per assecondare il nemico? Perché conoscevano Zuliani? Per fare un favore a qualche prelato cattolico? Inoltre dovunque non era accettata, che io sappia, nella Resistenza, una resa anomala che non seguisse le indicazioni superiori, e men che meno perché un comandante nemico lo aveva domandato.
Inoltre ciò accadeva proprio il 27 aprile 1945 quando veniva, forzatamente creato, anche in Fvg, per seguire le indicazioni del CLNAI, e da parte osovana a malincuore, un formale comando unico, guidato da Emilio Grossi, dopo che la Garibaldi Friuli, due giorni prima, aveva dato ai suoi l’ordine di insorgere, in sintesi all’ultimo momento. (24).
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Ma vediamo questo ulteriore documento, sempre datato 27 aprile 1945.
Scannerizzazione della parte di p. 55 del volume di Aldo Mansutti citato, con riportato il testo del secondo documento datato 27 aprile 1945, a firma Verdi e Vico.
«Comando Gruppo Divisioni “Osoppo- Friuli”. 27.4.1945.
Al Comando 3^ Divisione. Sua Sede.
E p.c. alla VII Brigata.
Loro Sedi.
In relazione all’ordine dato al Comando della VII Brigata di far raggiungere al reggimento “Tagliamento” la zona di Attimis, codesto Comando disponga per la scelta della zona e per assicurare che il movimento da San Pietro ad Attimis si svolga la più presto e nel migliore modo possibile.
Appena il Reggimento avrà raggiunto la zona, codesto Comando disponga che gli ufficiali e i sottoufficiali vengano disarmati e concentrati in due edifici distinti e vengano trattati come prigionieri di guerra in conformità alle norme internazionali.
I graduati e gli uomini della truppa invece che desiderino affiancarsi alle nostre unità per combattere il nostro nemico siano subito smistati e avviati nelle tre brigate della Divisione. I rimanenti invece siano disarmati e concentrati in altro locale come prigionieri di guerra.
Raccomandiamo particolare tatto e vigilanza verso tutti i militari considerati prigionieri di guerra. Viva l’Italia LIBERA!!!
Il Delegato Politico Il Comandante
(Vico) (Verdi)
(Archivio ‘Osoppo’ della resistenza in Friuli, presso la Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Udine, Cartella H4, fascicolo 81)». (25).
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Poi Aldo Mansutti pubblica un’altra serie di documenti, di cui 2 si trovano sempre in: Archivio ‘Osoppo’ della resistenza in Friuli, cit., Cartella H4, fascicolo 88, e sono a firma di Gino. Il primo dà indicazioni operative precise su come procedere allo spostamento degli uomini del Rgt. Tagliamento nella zona di Attimis, ed è datato sempre 27 aprile 1945. (26). Il secondo documento, sempre firmato da Gino Bricco, e datato 28/4/1945, trasmette ai Comandi della Ia, VIa e VIIa Brigata ed al Comando del Btg Guastatori ulteriori indicazioni. A quest’ ultimo gruppo ed alla Ia Brigata veniva affidato il compito di disarmare gli uomini del Rgt. Tagliamento e di far transitare, chi lo avesse voluto, nelle file osovane. «I graduati e gli uomini di truppa, dopo il disarmo, saranno richiesti se intendono affiancarsi (insistere sulla esatta denominazione) alle nostre formazioni per combattere il nostro nemico. Quelli che aderiscono siano riarmati e subito smistati alle 3 Brigate (Vedere ordine a parte). I rimasti siano invece concentrati in un terzo fabbricato e trattati come prigionieri di guerra». (27).
Quello che non si capisce, ribadisco, è che senso abbia, in fase di resa di un intero Reggimento nemico, a guerra quasi finita qui, ma terminata in altri luoghi, il far transitare militi filonazisti dello stesso, e quindi nemici che avevano combattuto a fianco dei tedeschi contro i partigiani in generale, e che non si erano certo comportati come benemeriti, alla ‘Osoppo’. E per me è un fatto di inusitata gravità.
La liberazione di Cividale.
Gran parte della Slavia friulana, il 29 aprile 1945, era libera, secondo una relazione di Brigata firmata da Repe e pubblicata da Aldo Mansutti a p. 76 del suo testo più volte citato (27), ma restava da liberare Cividale. «Al mattino del 1° maggio, – si legge ivi- i battaglioni Val Natisone e Matajur iniziano la manovra su Cividale, mentre il battaglione Cividale, mobilitato alla periferia della città, aveva già occupato il Collegio degli Orfani di Rubignacco e il battaglione Collio liberato la zona di Buttrio e di Premariacco». (28).
Questi battaglioni appartenevano alla 7a Brigata comandata da Repe, ma nella zona c’erano, il 29 aprile 1945, anche la Brigata della Garibaldi ‘Picelli’, e reparti sloveni del “Komando od Miesta Kobarida”. (29). Ed il 30 aprile 1945, alle ore 17.30, Cividale era ancora, per la gran parte, par di capire, in mano al nemico (30), ma era stata presa dai partigiani la Caserma Principe Umberto. (31). E, per inciso, dal 20 al 24 aprile da Tarcento a Cividale la formazione Garibaldi aveva spostato circa 900 uomini, sia dal Centro mobilitazione Natisone, sia dalla Picelli. (32).
Per inciso, partigiani della Brigata Mazzini della Natisone, forse rimasti a controllare i cetnici e poi spostatisi per rientrare nelle loro case, furono fatti segno a Trieste, il 25 maggio 1945, di un attentato, che ne uccise 5, a guerra terminata in Europa, ma esso, però, non viene ricordato, e io non ho trovato un articolo che spieghi cosa accadde. (33).
Ma per ritornare alla liberazione di Cividale, secondo ‘Guerra di popolo’ per i partigiani era importante liberare, prima di Cividale, Udine, ove la bandiera italiana venne issata sul castello nella notte fra il 30 aprile ed il 1° maggio 1945. Quindi la resa globale del nemico, che occupava Udine, alle forze congiunte partigiane, che avvenne il 2 maggio alle 7 del mattino. Liberata Udine, le forze osovane e il garibaldino btg. Sap presenti a Cividale e nei dintorni, partirono all’attacco finale della cittadina e la liberano lo stesso giorno, mentre partigiani osovani e della Natisone Picelli liberavano Tarcento. (34).
Conclusioni.
Ho scritto questo articolo per dare un mio contributo alla storia del passaggio, all’ultimo momento, di 157 militi del Reggimento alpini ‘Tagliamento’, delle SS italiane alla ‘Osoppo’ il 29 aprile 1945, e relativamente alla liberazione di Cividale, che per le forze partigiane unite era secondaria rispetto a quella della città di Udine, e che avvenne il 2 maggio 1945, stando alle fonti da me consultate.
Inoltre vorrei capire qualcosa di più sulla figura di Candido Grassi, Verdi, non per offendere un vertice della Osoppo di tutto rispetto, ed a cui era legato Romano Marchetti, che sempre riferì a lui, ma che comunque risulta essere colui che, con Giovanni Battista Carron, ha firmato l’ordine di transito, in fase di resa, di militi del Reggimento alpini ‘Tagliamento’, delle SS italiane alla formazione partigiana ‘Osoppo’, dato che io non capisco perché avvenne. Ma ricordo che Candido Grassi Verdi, fu anche colui che, forse scambiato per l’allora comandante di tutta la Osoppo, mentre lo era Manlio Cencig, prese contatti pure con la X Mas.
Ed a questi contatti con la Decima, che ebbero come elemento portante Gino Boccazzi Piave, desideroso di salvarsi la pelle dopo esser caduto in mano nemica, dedica più di una pagina Giacomo Pacini nel suo volume già citato. (35). Inoltre, sempre secondo Giacomo Pacini, Vico, l’altro protagonista del passaggio dal Rgt. Tagliamento alla Osoppo di militi sino ad allora al soldo nei nazisti, aveva avuto contatti, all’inizio del dicembre 1944, con Ludolf-Hermann Emmanuel Georg Kurt Werner von Alvensleben (nome generalmente contratto in Alvensleben), e lo sta dimostrare una lettera da lui inviata sempre al Comandante della polizia tedesca, poi accusato di numerosissimi crimini. (36).
Quindi Pacini indica in Monsignor Nogara, arcivescovo di Udine, il reale mandante di una politica di contatti con il nemico tedesco, sempre nell’autunno 1944, dopo la fine della Zona Libera del Friuli Orientale, e sarebbe pure credibile (37), ma Mons. Nogara non obbligò mai alcuno con la forza a fare qualcosa da lui auspicato.
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E coloro che scrissero all’alto prelato che quello che domandava era impossibile, furono il comandante, allora, di tutta la formazione osovana, Mario, Manlio Cencig, e Paolo, Alfredo Berzanti, che, nel gennaio 1945, così risposero all’Arcivescovo: «Vostra Eccellenza auspica che si possa trovare con eventuali trattative un modus vivendi per evitare nuovi malanni alle popolazioni. […]. Poiché la stessa guerra, pur restando tale, ha le sue leggi, vorremmo anche noi augurarci d’aver a che fare con un nemico leale […. Ma non era questo il caso, visti i principi di feroce inumanità che i tedeschi hanno fatto propri e contro i quali noi non potremo mai cessare, nonostante la nostra inferiorità bellica, di essere fieri ribelli. [Per questa ragione] questo Comando non defletterà dal condurre con i mezzi a sua disposizione quella lotta contro i tedeschi e contro il fascismo che è la ragione principale della sua stessa esistenza e fine essenziale del suo operare. Il dolore che noi sentiamo per la rovina dei nostri paesi non può in nessun caso essere tanto forte quanto il rimorso che ne avremmo se, deponendo le armi ed abbandonando la causa, contribuissimo con la nostra passività alla rovina morale e materiale della nostra Patria». (38).
Ma Pacini cita anche un verbale stilato ad inizio del mese di gennaio del 1945, allegato alla lettera in questione sopraccitata, ove si ribadiva che «con i tedeschi fu rifiutata, pur salvando le forme diplomatiche, ogni trattativa da loro in più modi richiesta, perché tali richieste erano improntate all’assurdo calcolo di fare noi loro amici, contro terzi». (39).
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Alcuni storici hanno analizzato, interpretato, ipotizzato le intenzioni per poi ‘processarle’, relativamente ad ogni virgola e punto delle missive e dei documenti veri o presunti tali (40) scritti dal Pci e dai suoi esponenti, dai vertici della Garibaldi e dai garibaldini, ritenuti, per estensione, tutti comunisti quando non era vero, alla caccia magari di qualche scoop che dimostrasse le reali e abilmente nascoste intenzioni dell’Urss e dei comunisti nostrani, ritenuti aggregati al Pcus o suoi succubi, di impossessarsi dell’Italia, partendo da un travisamento del contesto reale, e dimenticando la Zona libera del Friuli Orientale ed altre quisquiglie, e, alla fin fine, che lo volessero o meno, facendo politica oltre che ricerca storica. Ma troppo tempo è stato speso per questo.
Invece ben pochi hanno cercato di togliere la formazione Osoppo dalla sua mitizzazione e sacralizzazione e di analizzare, seriamente, la sua reale lotta contro i nazifascisti in primo luogo, ma anche la sua politica, le sue divisioni, le sue componenti, con Verdi che pare seguisse una linea, e Mario un’altra, e senza aver neppure chiaro chi guidasse la Osoppo. Perché non fu sempre Verdi a comandarla. Inoltre la linea di procedere da soli dei maggiori esponenti osovani a fine guerra potrebbe esser confermata anche dal cambio al vertice il 23 marzo 1945, e da questo accondiscendere alla resa in mano solo osovana del Rgt. Tagliamento, con spostamento di militi verso la Osoppo.
Non voglio con questo testo offendere alcuno, ma solo entrare, con queste mie riflessioni personali documentate, nel merito di aspetti che riguardano la nostra storia anche friulana, e cercare di aprire un dibattito (pure sull’onda di quanto detto a Cividale il 19 novembre 2022 da esperti di tutto rispetto) su questi argomenti, dando un mio contributo che cerca una linea di lettura e formula ipotesi documentate. Attendo commenti, contestazioni, approfondimenti a questo mio.
Laura Matelda Puppini
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- https://it.wikipedia.org/wiki/Reggimento_alpini_%22Tagliamento%22
- Ricciotti Lazzero, Le SS italiane, Rizzoli, 1982, p. 42. Ma Ricciotti Lazzero non scrive mai senza fonti e per queste informazioni cita: “Neufeldt- Kuck- Tessin, Zur Geschichte der Ordnungspolizei, 1936-1945, Koblenz 1957.
- Primo De Lazzari, Le SS italiane, Teti ed., 2002, p. 13.
- Sonia Residori, Una legione in armi. La Tagliamento tra onore, fedeltà e sangue, Cierre ed., 2013.
- Giampaolo Gallo, La Resistenza in Friuli,1943-1945, ed. I.F.S.M.L., 1989, p. 67.
- Giampaolo Gallo, La crisi di Pielungo, in: Storia Contemporanea in Friuli, ed. I.F.S.M.L., n.8, 1977, 81.
- La relazione sulla situazione politico -militare della Brigata Osoppo, di Spartaco al Comitato provinciale del Partito d’Azione si trova in Giampaolo Gallo, La crisi di Pielungo, cit., pp. 84-87. Citazione a p. 86.
- Giampaolo Gallo, La crisi di Pielungo, cit., p. 83.
- Per la crisi di Pielungo, oltre l’articolo citato di Giampaolo Gallo, cfr. Laura Matelda Puppini. Romano Zoffo Barba Livio o Livio, il battaglione Carnia, e la crisi innescata dai fatti di Pielungo, in: nonsolocarnia.info, 31 ottobre 2020 e Marco Cesselli, ll “golpe” anticomunista del 1944 lacera la Resistenza altoadriatica, prima edizione, in ‘Quaderni altoadriatici’, non datato. Il volume di Marco Cesselli è stato riedito, da che si legge in versione integrale, nel 2015 da Aviani&Aviani con titolo, Il golpe di Pielungo. L’ombra lunga di Porzûs, a cura di Paolo Strazzolini, alterando però il significato del testo con il modificarne il titolo, perché ‘la crisi di Pielungo e quanto accaduto a Topli Uorch (impropriamente Porzus) non hanno nulla a che fare, e ben lo sapeva Marco Ceselli, Gandini, che aveva abbandonato la sede del comando Osoppo dopo i fatti di Pielungo, non essendo dell’area cattolica, spostandosi.
- Giampaolo Gallo, La crisi di Pielungo, cit., p. 80.
- Verbale della riunione dei comandanti dell’Osoppo del 28. 8. 1944, in Alberto Buvoli, Le formazioni Osoppo Friuli Documenti 1944-1945, IFSML, ed. 2003, pp. 101-102.
- Per Manlio Cencig e la banda di Attimis, cfr. Laura Matelda Puppini, Sulla nascita della resistenza in Friuli dopo l’8 settembre 1943, ed in ricordo di 4 fra i primi partigiani, giustiziati dai tedeschi in comune di Tarcento, detti i caduti di Loneriacco, in: www.nonsolocarnia.info.
- Giampaolo Gallo, La crisi di Pielungo, cit., 80. Così infatti Gallo definisce Verdi, Candido Grassi: «molto popolare tra gli osovani, un cattolico che simpatizza per il socialismo».
- Verbale della seduta del giorno 23.3. 1945, in: Alberto Buvoli, Le formazioni Osoppo Friuli, cit., pp. 199 – 200.
- Ivi, p. 199.
- Per la composizione del movimento partigiano greco cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Fronte_di_Liberazione_Nazionale_(Grecia). La guerra per il dominio in Grecia fra gli Inglesi e forse anche collaborazioniste con i nazifascisti da una parte e l’Eam ed Elas dall’altra venne chiamata Dekemvriana, perché iniziò nel mese di dicembre 1944. Cfr. nel merito: https://it.wikipedia.org/wiki/Dekemvriana, da cui è tratta la citazione, ed altri siti.
- Laura Matelda Puppini. Resistenza e guerra in Ozak: scenari di fine guerra, in nonsolocarnia.info, 10 aprile 2018. Citazione da: Enzo Collotti, Il Litorale Adriatico nel Nuovo Ordine Europeo 1943- 1945, Vangelista editore, 1974, p. 12.
- Per il colonnello Aldo Specogna, cfr. Giacomo Pacini, Le altre Gladio, Einaudi ed., 2014, nota 30 p. 133 per breve scheda biografica, e per la sua partecipazione a associazioni armate anticomuniste e Gladio, p. 117, p. 125, 131, 182.
- Ivi, pp. 192- 198.
- Ivi, pp. 198-199 e pp. 208-209.
- Ivi, p. 209.
- Documento datato Cividale, 8 maggio 1945. Prot. n. 13/45. Indirizzato al “Comando Divisione”, avente come oggetto: “Elenco ex- repubblicani del r.to alpini Tagliamento che sono passati alla 7a brigata Osoppo in data 29/4/1945, smobilitati ed avviati al distretto militare di Udine il 7 maggio 1945”, in: Archivio Ifsml – Fondo Processo Porzus documenti in copia da archivi di tribunali. – Busta 1 – fascicolo 22 – documento n. 91.
- Aldo Mansutti, nel suo “1943-1945. Reggimento Alpini ‘Tagliamento’, Aviani &Aviani ed., 2010, p. 54.
- Ferdinando Mautino, (a cura di), Guerra di popolo, storia delle formazioni garibaldine friulane, – Un manoscritto del 1945 – 1946, Feltrinelli, 1981, p. 193. In detto testo si legge che il non voluto dalla Osoppo comando Unico «portò soltanto […] all’irretimento della iniziativa garibaldina e a un deprecabile rallentamento dell’azione in generale». Ivi, p. 193. Per Emilio Grossi cfr. scheda in Romano Marchetti, (a cura di Laura Matelda Puppini) Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel ‘900 italiano, Ifsml, Kappa-Vu, 2013, allegato 3, p. 397. Per la data dell’ordine di insurrezione finale dato dal comando gruppo divisioni garibaldine, cfr. Ferdinando Mautino, (a cura di), Guerra di popolo, , p. 189 e p. 193.
- Aldo Mansutti, cit., p. 55.
- Ivi, p. 56.
- Ivi, pp. 56-57.
- Ivi, p. 76.
- Ivi, Rapporto n.2 in data 29/4/1945, firmato: il Comandante della VII Brigata Repe, p. 67.
- Ivi, p. 69. Documento datato 30/4/1945.
- Ivi, p. 73.
- Ferdinando Mautino, (a cura di), Guerra di popolo, , p. 189.
- Ivi, p. 167.
- Ivi, p. 194.
- Giacomo Pacini, Le altre Gladio, Einaudi, 2014, pp.42-45.
- Ivi, p. 39.
- Ivi, p. 40.
- Ibidem.
- Ibidem.
- Cfr. nel merito il mio: Su quella lettera di Vincenzo Bianco datata 24 settembre 1944 ed alcuni problemi per fonti documentarie.
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La immagine che accompagna l’articolo è una di quelle già utilizzate al suo interno. Laura Matelda Puppini.
https://www.nonsolocarnia.info/l-m-p-storie-partigiane-e-non-fra-un-avvicendarsi-al-comando-della-formazione-osoppo-ed-il-passaggio-allultimo-momento-di-militi-filonazisti-del-rgt-tagliamento-alla-osoppo/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2023/01/Immagine1.png?fit=774%2C1024&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2023/01/Immagine1.png?resize=150%2C150&ssl=1STORIAIntroduzione. C’è chi mi ha chiesto, tempo addietro, di riassumere l’incontro tenutosi il 19 novembre 2022 a Cividale del Friuli sulla Liberazione di Cividale. Ma io vorrei invece parlarvi, miei lettori, del rapporto tra osovani e Reggimento Volontari Friulani Tagliamento, poi Alpini Tagliamento, a fine guerra, che terminò con il...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
Anche il più sprovveduto dei lettori, forse impressionato di tutte le importanti vicende narrate, si sente attratto ed interessato a quanto esplicato.
La Osoppo, per le sue caratteristiche e componenti (ben sei ordini di pensiero) inevitabilmente e spesso è stata oggetto di critiche che però avrebbero dovuto scemare se confrontate a tutti i Martiri Partigiani combattenti e deportati che si sono sacrificati indossando il fazzoletto verde.
Nel 2004 per conto della “Osoppo Friuli”, il Presidente Dott. Federico Tacoli pubblicò un piccolo opuscolo dal titolo “Per la verità storica”, nel quale criticò la pubblicazione “Le formazioni Osoppo-Friuli” , autore Alberto Buvoli, da parte dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione.
Nella pubblicazione di Federico Tacoli, vengono esplicitate forti critiche sulla “Crisi di Pielungo” e “L’eccidio di Porzus” così come riportate da Alberto Buvoli;
invece non vi è traccia alcuna sul Reggimento Alpini “Tagliamento” di Ermacora Zuliani; evidentemente questo capitolo rappresenta una nota stonata nella storia della Osoppo-Friuli, per le motivazioni più volte riportate, poiché tra l’altro, appare incomprensibile che quando un nemico si arrende, non debba consegnare le armi ed essere arrestato, invece…..
Renzo Della Valentina
Manca, nella bibliografia sul Reggimento Alpini Tagliamento, il riferimento alla più completa opera sulle forze nazifasciste nell’Adriatisches Küstenland – Stefano Di Giusto,
Operationszone Adriatisches Küstenland. Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana durante l’occupazione tedesca 1943-1945, Udine, IFSML, 2005 – dove sul reparto ci sono un sacco di notizie. Che confermano quello che hai scritto sulla incertezza della collocazione dei reparti fascisti italiani in un’area annessa al Reich ed amministrata direttamente dalle autorità tedesche (manca, nei tuoi riferimenti, quello diretto con il ministro della RSI Piero Pisenti, che del RAT mantenne una funzione di patrocinio). Il RAT non era certo l’unico reparto che operava sul crinale ambiguo tra collaborazione subalterna con i tedeschi e tentativo di mantenere una presenza della RSI al confine orientale (vedi la X Mas, che però, dopo le note vicende criminali in Friuli, fu costretta ad esodare in Veneto, in area saloina, forse perché perfino ai tedeschi certi comportamenti sadici facevano schifo).
Non sono invece d’accordo a costringere ogni ragionamento sulla Resistenza friulana, ed in particolare sulla “Osoppo”, secondo un allineamento teleologico degli avvenimenti (letto diversamente, a seconda dei punti di vista): crisi di Pielungo-Porzus-organizzazione clandestina anticomunista postbellica. E’ una delle possibili letture, indubbiamente. Ma non è l’unica: cosa accadrebbe se, invece di una lettura più complessa di un movimento resistenziale, che raggruppava le componenti non comuniste, unificate dalla scelta nazionalista italiana (militari badogliani, monarchici, liberali, repubblicani, giellisti, socialisti), fantasticassimo riorganizzando in modo controfattuale i sillogismi storici in altro modo: i tanti comandanti GL, socialisti e talvolta repubblicani dei reparti “Osoppo”; il comando generale affidato ad un socialista (Grassi “Verdi”); la sua elezione postbellica al Parlamento e poi la contestazione e la revoca del mandato, dopo che il parlamentare (allora socialdemocratico) si era opposto alla adesione alla NATO? Oppure se ragionassimo sul nesso di continuità tra la militanza del capo di GL in Friuli, Fermo Solari, la sua opposizione al centrosinistra ed all’unificazione socialdemocratica del 1966 e infine il suo schieramento nelle fila della “nuova sinistra”? E che ne diremmo dei tanti futuri comunisti, da Loris Fortuna al portogruarese Aldo Camponogara, che allora erano osovani, qualcuno pure opposto frontalmente all’unificazione con la “Garibaldi”? Consiglierei generalmente di abbandonare schemi di lettura “giustificazionisti”, frutto delle polemiche degli anni della guerra fredda e costrittivi rispetto alla ricchezza di una realtà che sfugge alle semplificazioni.
“Battaglioni cattolici”? Questo lasciamolo scrivere a qualche fanatico settario. I cattolici c’erano, eccome, ma mica c’erano solo loro, nella “Osoppo”. E poi i cattolici stavano abbondantemente anche nella “Garibaldi”, preti inclusi (anche se quelli non hanno fatto grandi carriere, poi).
Insomma: l’adesione dell’ultima ora del RAT nella “Osoppo” è facilmente spiegabile, in un’ottica nazionalista italiana di consolidamento del “confine orientale” in funzione antijugoslava (i nemici di ieri andavano pur bene contro quelli di oggi e domani); la commemorazione dei miliziani nazifascisti come partigiani “dell’ultima ora” è mistificazione destrorsa; il resto sono argomenti, giustamente, da convegni, e non da propaganda, come fatto finora a Cividale.
Della Valentina, Alberto Buvoli ha pubblicato documenti ed il volume è un volume serio, serissimo, e non credo che solo perchè Federico Tacoli, osovano e quindi diciamo ‘parte in causa’ in queste diatribe, ha scritto ad un certo punto della sua vita un libello per infangarlo sono tenuta a credergli. Del resto ci sono altre fonti, che ora non ho sottomano, che indicano in Cencig il comandante della Osoppo per molti mesi e una, a memoria, è Patrick Martin Smith, Friuli ’44. Un ufficiale britannico tra i partigiani, Del Bianco ed.1991, e cercherò la pagina, che credo di aver già citato in altro articolo. Non conosco il volume di Tacoli, ma che uno dica male di una raccolta seria di documenti lascia perplessi. Quali sono i motivi adottati da Tacoli? E poi qui i documenti più scottanti li ha pubblicati Aldo Mansutti e provengono dall’Archivio Osoppo, le critiche sono anche di Pacini, e vada Lei a scrivere a lui, senza neppure magari aver visto, non dico letto, il volume, che è uno sprovveduto. Inoltre questo mio testo è stato preso per una offesa alla Osoppo, ma per cortesia, lo si legga bene! Se dire la verità è offendere … allora … E io, da storica seria e preparata quale sono, non posso mistificare la storia perché quello che ci trasmettono i documenti, non i bla bla bla non piace a destra e manca, e non potremo ragionare in modo equilibrato sinchè si fa un uso politico della storia. La crisi di Pielungo è documentata da molti, da Cesselli (Gandini) che se ne dovette andare, da Patrick Smith ed altri. Diciamo invece che la politica del dopoguerra preferì nascondere alcuni aspetti, ben noti anche a Marchetti, che ha sempre detto di essere stato fedele a Verdi, ma non che Verdi comandò sempre la Osoppo, che ha citato anche la crisi di Pielungo che lacerò non solo ‘la resistenza Altoadriatica’ come intitola il suo volume Cesselli, ma mandò in crisi anche la resistenza carnica con Di Ronco che, stanco di ‘casini’ minacciava di passare con la Garibaldi, e Prospero, Fermo Cacitti, che spianava le armi contro Marchetti, non sapendo cosa si poteva attendere da lui, verdiano, essendo egli fedele a Livio. Infine questo è il mio contributo al convegno di Cividale del 19 novembre ove avevo già accennato a questo. Laura Matelda Puppini
Per la crisi di Pielungo vedasi anche i testi citati in nota nel mio: Laura Matelda Puppini. Romano Zoffo Barba Livio o Livio, il battaglione Carnia, e la crisi innescata dai fatti di Pielungo, pubblicato sempre su http://www.nonsolocarnia.info. Sul volume di Patrick Martin Smith, Friuli ’44, un ufficiale britannico tra i partigiani, Del Bianco ed., 1991, (che qualcuno, all’ epoca, metteva in dubbio fosse stato integralmente scritto dall ‘autore, ma io non ho elementi per sostenerlo, mentre posso dire per certo che esistono più versioni del ‘Diario Fabian’, e si sa anche da chi rimaneggiato), a p. 75 si legge: “Verdi era sempre al comando anche se ufficialmente a comandare era ‘Mario'”, che però, dal verbale della riunione pubblicato da Alberto Buvoli, si sapeva essere a combattere quando era stato nominato al vertice della ‘Osoppo’. A p. 77 l’ufficiale inglese ritiene che ciò fosse derivato da un piacere personale fatto a ‘Verdi’ da ‘Mario’, ma nella resistenza anche osovana non poteva esser accaduto così. Infatti il comando di una intera formazione non poteva venir attribuito perchè uno aveva deciso di fare un piacere ad un altro. E non capisco perchè un ufficiale degl ialleati abbia potuto pensare questo.
Bettoli, io non ho assolutamente collegato Pielungo a Porzus, a cui ho dedicato molti articoli seguendo un filo personale di interpretazione. Lo hanno fatto invece Paolo Strazzolini e l’editore Aviani cambiando, nel 2015, morto Marco Cesselli, il titolo del suo volume che era “Il Golpe anticomunista 1944 lacera la Resistenza altoadriatica”, e trasformandolo in: “Il ‘golpe’ di Pielungo. L’ombra lunga di Porzûs” stravolgendolo. Inoltre io in questo articolo parlo della crisi degli alti vertici osovani, che appartenevano di fatto alle due componenti che il 14 febbraio 1944 si erano trovate ad Udine per dar vita alla ‘Osoppo’: la componente democristiana e quella azionista, che non riuscivano di fatto a concordare neppure sul comando unico, sulle forme di lotta e via dicendo, quando i nazifascisti dovevano essere ancora battuti. E quindi, anche se di fatto esistevano più anime che formavano la base della Osoppo, e molti partigiani non erano democristiani, ma volevano solo cacciare l’invasore, non si può negare che vi fu un avvicendarsi ai vertici della formazione dettata proprio dal contrasto fra azionisti e democristiani. Inoltre la nomina di Mario a comandante osovano, regolarmente avvenuta, fu dettata, secondo me, anche dal voler uscire dalla crisi di Pielungo da parte di comandanti di brigata, che volevano superare al più presto questi dissidi, puntando alla lotta con il nemico sempre all’attacco, e fra questi ritengo ci fossero come minimo Cencig, De Gregori, Maso, ed altri. Per quanto riguarda i nazionalisti e gli internazionalisti, non tutti i garibaldini erano comunisti internazionalisti, anzi pare fossero una parte esigua, e il giornalino ‘Carnia Libera’ della Garibaldi Carnia parla di libertà della Patria e non di internazionalismo, e potremmo dire, quindi, che molti garibaldini, come molti della base partigiana osovana, erano nazionalisti in senso lato.