L’antichissimo culto di Mitra a Camporosso (Tarvis), che avvicina a Roma ed all’ Oriente, visitabile all’ Antiquarium. Un’esperienza importante alla ricerca del nostro passato.
È un pomeriggio come tanti altri. Ho appena letto su www.storiastoriepn.it l’articoletto di Gigi Bettoli “La complessità della storia ai confini del Regno: mostre permanenti ed estive all’Antiquarium di Camporosso/Seifnitz/Žabnice”, e penso che non ho mai visto quelle mostre, anzi, per l’esattezza non sapevo neppure esistessero. Dopo un paio di commenti, scopro che posso ancora visitarle e che l’orario sul sito dell’Antiquarium di Camporosso è per mia fortuna errato, ma poi scoprirò che è una impresa epocale conoscere quello corretto.
Così chiedo a mio marito se è d’accordo nel passare il pomeriggio/sera a Camporosso, a conoscere, scoprire, visitare. La risposta è affermativa e ci mettiamo in macchina, una domenica qualunque, per raggiungere la località della Val Canale. È il 28 agosto, l’ultimo giorno per visitare “Edilizia che passione” curata dalla nipote di Michele Menegon e dedicata al nonno, carnico, capomastro, che ha frequentato la scuola austriaca. Per detta mostra rimando al già citato articolo di Gian Luigi Bettoli, anche se la mostra meriterebbe uno sforzo maggiore di analisi contenutistica.
Raggiunto Camporosso, scopriamo che la mostra su Arturo Zardini sta sbaraccando, ma si può vedere l’Antiquarium, che mi interessa notevolmente perché dedicato al dio Mitra, che non sapevo fosse giunto sin quassù.
Io avevo visto un luogo di culto mitraico, una grotta, a Roma, sotto la chiesa di San Clemente, ed avevo imparato alcuni aspetti del suo mito. Ma vediamo cosa ho imparato a Camporosso.
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Nel paese di Camporosso la via moderna ricalca quella antica …
La località ora chiamata Camporosso, posta, con la sua sella, sulla linea di spartiacque tra i fiumi che scorrono verso l’Adriatico e quelli che volgono verso il Mar Nero confluendo nel Danubio, era frequentata, anticamente ed inizialmente, dai pastori nomadi Windisch, popolo slavo proveniente dalla Lusazia (regione dell’Europa orientale compresa tra l’Elba e l’Oder). Successivamente i Romani crearono ivi la statio Bilachinensis, che faceva parte del sistema di controlli doganali lungo la strada diretta a Virunum (Zollfeld presso Klagenfurt), centro amministrativo della provincia e quindi a Lauriacum, sul Danubio. La stazione Bilachinensis faceva parte della grande circoscrizione doganale dell’Illirico (Publicum Portorium Illyrici), istituita intorno al 10 d.C. ed estesa, verso la metà del II sec. d.C., a tutte le regioni delle Alpi orientali, dell’arco adriatico e del basso corso del Danubio. Successivamente nei pressi della stazione si sviluppò un abitato che rivestì un ruolo importante almeno fino alla tarda età imperiale. (http://www.tarvisiano.org/code/39774/Camporosso-in-Valcanale e http://www.archeocartafvg.it/portfolio/tarvisio-fraz-di-camporosso-in-valcanale-ud-antiquarium/).
Per quanto riguarda i reperti archeologici rinvenuti, che testimoniano sia la presenza della stazione doganale sia il Mitreo, alla fine degli anni settanta vennero evidenziate due zone archeologiche, una a carattere funerario e l’altra, collegabile con l’abitato antico situato in via Molino, dove, durante gli scavi per realizzare una abitazione, furono rivenuti frammenti di iscrizioni e di sculture riferibili a Mitra. E negli scavi del 1982, venne alla luce anche una parte di un Mitreo, formato da due ambienti. (http://messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-libero/2014/07/02/news/a-camporosso-lo-scrigno-d-epoca-romana-con-l-antiquarium-nella-ex-latteria-1.9530428). Numerose sono le iscrizioni che gettano luce sull’organizzazione e sulla storia dell’antica stazione doganale. (http://www.archeocartafvg.it/portfolio/tarvisio-fraz-di-camporosso-in-valcanale-ud-antiquarium/). Tra queste, una menziona due schiavi, un amministratore (vilicus) di nome Telesphorus e un controllore (contrascriptor) di nome Amandus, che ricordano un importante appaltatore privato della circoscrizione doganale dell’Illirico attivo negli anni centrali del II sec. d.C. circa, C. Antonius Rufus, noto anche ad Aquileia e in altre stazioni della circoscrizione doganale dell’Illirico. (http://www.archeocartafvg.it/portfolio/tarvisio-fraz-di-camporosso-in-valcanale-ud-antiquarium/).
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L’Antiquarium di Camporosso.
Inaugurato nel 2013, nella sede della ex Latteria e della Vicinìa, preposta alla gestione dei beni comuni, l’Antiquarium di Camporosso si presenta come uno spazio espositivo particolare, che testimonia il forte legame con il territorio. I reperti esposti raccontano, in particolare, la storia antica dell’insediamento di Camporosso in epoca romana e la sua importanza quale sede di una delle stazioni doganali site lungo la via che da Aquileia, attraverso la Valcanale e la sella di Camporosso, portava a Virunum (Zollfeld), allora importante centro dell’impero. (http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_1781113277.html).
Il desiderio di realizzare uno spazio espositivo a Camporosso nacque specialmente dopo il ritrovamento fortuito di un gruppo di piccole are, iscrizioni e sculture pertinenti al culto di Mitra, cui seguì nell’estate del 1982, un’indagine archeologica che mise in luce parte di un Mitreo. Ma fu solo con il restauro e la schedatura di un numero significativo di reperti, avviata dalla Soprintendenza all’inizio dell’anno 2000, che il progetto poté infine realizzarsi. (Ivi).
«L’esposizione attuale dell’Antiquarium è prevalentemente incentrata su una selezione dei reperti del Mitreo (databili tra II e IV secolo d. C.), esposti secondo un criterio divulgativo e didattico. L’intento è quello di offrire una prima valutazione sulla diffusione del culto di Mitra presso il personale addetto alla dogana, nonché di metterne in luce aspetti iconografici e cultuali.
Particolarmente significativi i documenti epigrafici, la petra genitrix (nascita di Mitra dalla pietra), uno splendido bustino in bronzo di Selene, le numerose monete (le offerte dei devoti)». Infine nell’Antiquarium sono collocate le iscrizioni, già citate, che raccontano aspetti dell’organizzazione della stazione doganale, e materiali di piccole dimensioni, che comprendono una fibula, un frammento di lucerna, recipienti in ceramica e vetro e altri oggetti connessi al culto di Mitra. (Ivi).
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Mitra.
Ma chi era il dio Mitra? Mitra è un’antichissima divinità persiana, simbolo della luce solare fecondatrice della natura. Essendo il sole ‘un dio che tutto vede’, Mitra giudicava le azioni degli uomini, per cui i fedeli del dio dovevano aspirare a un’assoluta purezza e integrità morale, per non incorrere nella sua ira. (http://www.lacustimavi.it/tag/mitra/). E non a caso le autorità superiori romane vedevano di buon occhio l’appartenenza al culto di Mitra di funzionari ed addetti doganali, per la loro moralità nello svolgere i compiti assegnati.
Ma vi è chi sostiene, però, che il culto di Mitra persiano e romano non coincidessero. «Nel culto romano Mitra è nettamente distinto dal dio Sole, […]. Nel culto orientale del periodo ellenistico, Mitra sembra essere una divinità solare». (https://it.wikipedia.org/wiki/Mitraismo).
Il culto di Mitra giunse in Italia dopo la guerra di Pompeo contro i pirati della Cilicia, nel 67 a.C. ed in corrispondenza con la conquista dell’allora zoroastriana Armenia. La più antica testimonianza archeologica di un culto romano di Mitra data in quel periodo: si tratta di uno stato di servizio di soldati romani che provenivano dal presidio di Carnuntum sul Danubio, nell’attuale Austria (la provincia romana della Pannonia superiore). Questi soldati avevano combattuto contro i Parti ed erano stati coinvolti nella soppressione delle rivolte a Gerusalemme dal 60 al 70 circa. Ritornati in patria, si dedicarono al culto di Mitra. (Ivi, (http://www.lacustimavi.it/tag/mitra/).
Il mitraismo si diffuse, intorno al II sec. d.c., nell’esercito romano, ma anche tra commercianti e schiavi. Testimonianze archeologiche ed oggetti di culto mitraico sono emersi in scavi archeologici in zona che vanno dalla Romania al Vallo di Adriano, dalla Gran Bretagna al Danubio, dalla Numidia all’Italia, in particolare sui percorsi delle legioni romane. Ed anche a Duino, in Fvg, sulle pendici del monte Ermada, si trovano tracce del Dio e del suo culto, (http://www.archeocartafvg.it/portfolio/duino-aurisina-ts-la-grotta-del-dio-mithra/), forse portato dalla XV Legione romana. ( (http://www.lacustimavi.it/tag/mitra/). Vietato alle donne, il culto di Mitra fu sostenuto da imperatori ed uno dei suoi maggiori fautori fu Giuliano detto l’Apostata. (http://www.treccani.it/enciclopedia/mitra/) (https://it.wikipedia.org/wiki/Mitraismo).
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La nascita di Mitra dalla pietra e l’uccisione del toro, tra interpretazione rituale e cosmica.
Il dio è rappresentato, alla nascita, nudo, ancora in parte imprigionato nella roccia, con le braccia sollevate e le mani che reggono una torcia e un pugnale. La torcia rappresenta la luce che egli porta nel mondo con la sua nascita, e il pugnale è lo strumento attraverso il quale verrà eseguito il sacrificio del toro sacro, che salverà il mondo dalla sterilità. L’unico indumento del dio è il berretto frigio, un elemento conosciutissimo nell’iconografia classica e connotante un personaggio di origine orientale. Si conoscono però altre versioni che mostrano Mitra con indosso, sin dalla nascita, anche un corto mantello ed una cintura. Spesso intorno alla roccia si arrotola un serpente, simbolo del secondo grado di iniziazione della terra e della sua trasformazione. (Ilaria Neri, Mithra petrogenito. Origine iconografica e aspetti cultuali della nascita dalla pietra, in: http://www.bibar.unisi.it/ e ivi, nota 2, p. 227). La pietra viene considerata, nel culto di Mitra, come madre generatrice divina. (Ivi, p. 229). II tema della pietra è pure presente in altro modo nelle raffigurazioni delle gesta del dio: la freccia scagliata da Mitra trasforma la roccia in aria e acqua, il sacrificio del toro si svolge all’interno di una grotta, luogo di generazione di vita, entro la quale esso è stato appositamente trasportato. (Cfr. per la grotta, anche Laura Matelda Puppini, Riflessioni sulle tombe di Lauco, tra “gans”, “aganas”, note metodologiche e “giardini”, in www.nonsolocarnia.info, 13 agosto 2016). Il luogo stesso dove si svolgeva il culto occidentale del Dio, il Mitreo, riproduceva simbolicamente l’antro sacro, e spesso sulla volta degli spelaea mitraici venivano rappresentate delle stelle. (Ivi, p. 230 e 238). In alcune rappresentazioni della volta stellata, a sinistra si trovano, secondo Francesca Prescendi, il corvo ed il Dio sole, a destra la luna. (Francesca Prescendi, Riflessioni ed ipotesi sulla tauroctonia mitraica e il sacrificio romano, in AA.VV., Religions orientales – culti misterici. Neue perspektiven – nouvelles perspectives – prospettive nuove, Franz Steiner Verlag Stuttgart, 2006, p. 113).
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Il culto di Mitra è legato al toro ed alla grotta. Secondo la dottrina base del mitraismo, Mitra era un dio destinato ad assicurare la salvezza del mondo. Per fare ciò gli fu comandato dal dio Sole, per mezzo di un corvo, di catturare, condurre alla caverna ed uccidere un Toro, che rappresentava la pienezza della vita. Mitra, con l’aiuto di un cane, riuscì a condurre il toro in una caverna, dove lo intrappolò. Sollevando la testa del toro per le narici, il giovane gli piantò il coltello nel fianco e riuscì ad ucciderlo. Dal corpo del toro morente nacquero tutte le piante necessarie per la vita dell’uomo: in particolare il grano, che si generò dal midollo, e la vite, che nacque dal sangue caduto a terra. Altri due animali intervennero a sostenere Mitra nella sua impresa: uno scorpione, che punse il toro ai testicoli, ed un serpente, che lo morsicò. (http://www.angolohermes.com/Approfondimenti/Mitraismo/Mitra.html).
Però l’azione degli animali presenti all’ uccisione del toro è variabilmente interpretata dagli studiosi. Lo scorpione è stato interpretato sia come figura positiva di rinforzo a Mitra nella sua azione, essendogli stato dato il compito di attaccare i testicoli del toro, favorendo così lo spargimento del seme sulla terra, sia come forza del male che tenta di impedire al sangue ed al seme del toro di raggiungere e fecondare la terra. Il cane ed un serpente, dal significato incerto, pare bevano il sangue dell’animale le cui gocce, in alcune rappresentazioni, si trasformano in chicchi di grano. (http://www.angolohermes.com/Approfondimenti/Mitraismo/Mitra.html e https://it.wikipedia.org/wiki/Tauroctonia). In altre rappresentazioni, invece, spighe di grano spuntano dalla coda del toro. (Francesca Prescendi, op. cit., p. 113). Gli animali presenti all’uccisione del toro sono quelli che, per alcuni, lo hanno accompagnato nella battuta di caccia: lo scorpione, il cane, il serpente e spesso il leone, ma vi è chi ritiene che solo il cane fosse presente in quella fase della tauroctonia. Mitra porta via con la forza il toro tanto da essere nell’ antichità anche definito ladro di tori. (Ivi, p.115).
Secondo alcuni storici, il culto di Mitra potrebbe simboleggiare la forza del Sole all’uscita dell’Equinozio di Primavera dalla costellazione del Toro mentre volge alla costellazione dell’Ariete. La morte del toro genera la vita e la fecondità dell’universo, ed essa mostra, attraverso l’energia che scatena, la capacità di rigenerare la natura. In effetti, in molte rappresentazioni della tauroctonia, la scena comprende anche i simboli del Sole, della Luna, dei sette pianeti, delle costellazioni zodiacali, dei venti e delle stagioni. (http://www.romanoimpero.com/2009/10/il-culto-di-mitra.html), che avvalorerebbero una lettura cosmica del rito.
Talvolta Mitra è rappresentato con accanto due personaggi in abito orientale chiamati Cautes e Cautopates. Il primo ha in mano una fiaccola con la fiamma rivolta verso l’alto, il secondo ha in mano una fiaccola con la fiamma rivolta verso il basso, che alcuni studiosi hanno interpretato, senza documentazione precisa a supporto, come figurazioni dell’aurora e del tramonto, o degli equinozi di primavera ed autunno. (https://en.wikipedia.org/wiki/Cautes_and_Cautopates).
Il Mitreo, luogo ove si svolgeva il culto di Mitra, era una cavità o caverna naturale adattata, oppure un edificio artificiale che imitava una caverna, di piccole dimensioni, ed era luogo scuro e privo di finestre. Il Mitreo aveva anche due panchine, poste lungo le mura laterali per il banchetto rituale, e spesso, in una nicchia, vi era un altare dedicato al dio. Nel culto di Mitra l’acqua sembra svolgere un ruolo purificatorio importante e spesso nelle vicinanze del santuario vi era una sorgente naturale o artificiale.
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Mitraismo, religione misterica.
Essendo una religione misterica di iniziazione, il Mitraismo non diede luogo alla diffusione di un corpo di scritture e anche i suoi rituali erano tenuti segreti e riservati agli iniziati.
Le scarne informazioni scritte sul mitraismo provengono da scrittori cristiani o pagani, non aderenti al mitraismo, oppure sono frutto dell’applicazione ipotetica al mitraismo di notizie sul dio Mitra provenienti dallo zoroastrismo. Il Mitraismo è documentato soprattutto dalle scoperte archeologiche dei suoi templi, i Mitrei, risalenti al tardo Impero Romano. (http://www.invasionealiena.com/articoli-religione/1003-antiche-religioni-ellenistiche-il-mitraismo-e-la-tauroctonia.html). Il mitraismo scomparve come pratica religiosa in seguito al decreto Teodosiano del 391, che mise al bando tutti i riti pagani, e apparentemente si estinse poco più tardi. (https://it.wikipedia.org/wiki/Mitraismo).
Nel 1978 si è tenuto a Roma un Seminario Internazionale sul mitraismo. In esso si è pure sostenuta la teoria dell’uccisione del toro, la tauroctonia, come mappa stellare, in cui gli animali rappresentano le costellazioni del Toro, del Cane Minore, del Serpente Idra, del Corvo dello Scorpione, del Leone. Sono pure rappresentate la costellazione della Coppa, e la stella Spica. (David Ulansey, i Misteri di Mitra. Cosmologia e salvazione nel mondo antico, Edizioni Mediterranee, p. 32).
Come si vede la materia interpretativa è complessa.
Poi l’avvento del cristianesimo. La leggenda della grotta e del toro vengono, per esempio a Monte Sant’ Angelo, in Puglia, rilette in chiave cristiana. Siamo nel 490 circa dopo Cristo. Un toro fugge dal luogo ove lo tiene il padrone, Elvio, e cade in una grotta. Il padrone lo cerca, e, irato perché non riesce a trascinarlo a sé, gli scaglia contro una freccia per ucciderlo. Ma la freccia ritorna indietro ferendo il padrone. A questo punto compare l’Arcangelo Michele che dice ad Elvio che ora egli abita nella grotta, il che fa pensare ad un precedente luogo di culto di Mitra. (http://www.abbazie.com/sanmichelearcangelo/apparizioni_it.html). Inoltre San Michele divenne il protettore dei soldati, molti dei quali si erano dedicati, antecedentemente, al culto di Mitra. (https://it.wikipedia.org/wiki/Cristianesimo_e_mitraismo).
In effetti il cristianesimo soppiantò il mitraismo, verso il V secolo dopo Cristo, facendolo scomparire dalla scena. Molte chiese furono costruite sopra Mitrei distrutti, come per esempio San Clemente a Roma, e tante località dell’anacoretismo cristiano potrebbero essere state, originariamente, luoghi di culto mitraico, in Romagna come nel Lazio, in Campania come in Puglia o Calabria. (Ivi).
Ma ritorniamo al Museo di Camporosso.
Ma ritorniamo al piccolo Museo di Camporosso. Al centro della stanza dedicata al Mitreo si trova una statua di Mitra che nasce dalla roccia, rappresentato non a figura intera, nudo, e con la fiaccola in mano, ma privo, perché il pezzo è forse andato perduto, della mano sinistra che stringe il coltello. La rappresentazione è quella classica, con il serpente che avvinghia la roccia e si pone alla base del Dio. La statua di Cautes è andata perduta, mentre quella di Cautopates è presente ma non integra. Inoltre vi sono un busto della luna, Selene, sempre riconducibile al culto di Mitra, ed altri oggetti. Dall’attività archeologica, si evince che il Mitreo si trovava non in un anfratto naturale ma in due locali, ( ma è noto che il luogo di culto, qualora non fosse una grotta, poteva esser preceduto da una specie di vestibolo) e che la fine del culto del Dio ivi potrebbe essere ascritta al quarto secolo dopo Cristo. (Per la conformazione di mitrei non in grotta crf. anche http://www.romanoimpero.com/2009/10/il-culto-di-mitra.html).
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SONO RITORNATA OGGI A CAMPOROSSO, CON MIA FIGLIA, E VI INVITO VERAMENTE A VISITARE QUEL PICCOLO ED UNICO MUSEO CHE RICORDA MITRA, SULLE NOSTRE MONTAGNE, DOPO AVER LETTO QUESTO ARTICOLO, E SEGUENDO LE DIDASCALIE.
GLI ORARI ATTUALI FINO ALL’8 GENNAIO 2017, SONO I SEGUENTI:
MATTINO: 9.30 – 12.30
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TUTTO DA VEDERE, TUTTO DA GODERE, PER IMPARARE.
Laura Matelda Puppini
Dopo segnalazione giuntami, invito chi volesse avere approfondimenti sul materiale che si trova al museo e reperito o scavato a Camporosso, a leggere: Paolo Casari, Il culto di Mitra nella Statio Bilachiniensis in Norico, in: AA.VV., Culti e religiosità nelle province danubiane, (a cura di Livio Zerbini), casa editrice Emil di Odoya, Bologna, 2013, Atti del II Convegno Internazionale tenutosi a Ferrara dal 20 al 22 Novembre 2013, Pubblicazione del LAD, Laboratorio di studi e ricerche sulle Antiche province Danubiane, Università degli Studi di Ferrara, Dipartimento di Studi Umanistici. Laura Matelda Puppini, 9 gennaio 2017.
L‘immagine che correda l’articolo è tratta, solo per questo uso, da http://messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-libero/2014/07/02/news/a-camporosso-lo-scrigno-d-epoca-romana-con-l-antiquarium-nella-ex-latteria-1.9530428, e rappresenta la statua della nascita di Mitra presente a Camporosso. Laura Matelda Puppini.
https://www.nonsolocarnia.info/lantichissimo-culto-di-mitra-a-camporosso-tarvis-che-avvicina-a-roma-ed-all-oriente-visitabile-all-antiquarium-unesperienza-importante-alla-ricerca-del-nostro/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/12/mITRA-Immagine1.png?fit=363%2C660&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/12/mITRA-Immagine1.png?resize=150%2C150&ssl=1STORIAÈ un pomeriggio come tanti altri. Ho appena letto su www.storiastoriepn.it l’articoletto di Gigi Bettoli “La complessità della storia ai confini del Regno: mostre permanenti ed estive all’Antiquarium di Camporosso/Seifnitz/Žabnice”, e penso che non ho mai visto quelle mostre, anzi, per l’esattezza non sapevo neppure esistessero. Dopo un paio...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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