Marco Puppini. La guerra batteriologica di Mussolini in Spagna. (Completo. Per errore di LMP mancava una parte).
Di questi tempi il tema della guerra batteriologica è tornato nel dibattito pubblico in seguito ad alcune ipotesi “complottiste” diffuse in merito alle origini della pandemia da coronavirus, che sarebbe stata provocata dai cinesi, o dagli americani, o da entità di vario tipo. Dirò subito che non intendo con le righe che seguono entrare nel merito di queste ipotesi, sulle quali non ho niente da dire per il semplice fatto che non ho alcuna informazione. Quello che tutti ormai sappiamo è che il passaggio di un virus da animale ad uomo in natura è reso molto più facile, rispetto al passato, dalle coltivazioni estensive e dall’allevamento intensivo che caratterizzano l’industria capitalistica agroalimentare, mentre la cura delle patologie che ne possono derivare è resa difficile dalla devastazione della sanità pubblica (Come riferimento il citatissimo: D. Quammen, Spillover. L’evoluzione delle pandemie, Adelphi 2014. Ma anche il lavoro del collettivo cinese Chuang Social Contagion, scaricabile dal sito www.wumingfoundation/giap/: Coronavirus e teorie del complotto. Un vademecum e una lezione su #QAnon). Al momento mi pare sufficiente.
Chiarito questo, va ricordato che l’uso di batteri ed infezioni per sconfiggere il nemico è una tecnica di guerra esistente da secoli, ma in quest’ultimi cento anni è stata sperimentata scientificamente e talora messa in pratica. Anche il fascismo ha fatto la sua parte. La guerra di Spagna è stata un momento importante in questa sperimentazione, perché è stata l’occasione per le potenze che vi erano implicate di utilizzare nuove armi in vista della seconda guerra mondiale, che molti vedevano già prossima. Le elenco di seguito molto brevemente.
1938: effetti dei bombardamenti fascisti su Barcellona (foto Aicvas)- Provenienza: Marco Puppini.
Bombardamenti delle maggiori città, lontane dalle linee del fronte, con il compito di devastare le retrovie, impedire i rifornimenti, mandare in crisi i servizi sanitari, creare il terrore nella popolazione. Questa tecnica ideata dal generale italiano Giulio Douhet durante la prima guerra mondiale (conosciuta come “bombardamento strategico”. Non so però se Douhet mettesse in conto lo sterminio di civili) è stata impiegata in Spagna per la prima volta sistematicamente contro la popolazione dall’aviazione nazista e fascista. I bombardamenti strategici che hanno colpito Madrid, Valencia, i Paesi Baschi (Guernica, Durango ecc), e soprattutto Barcellona e la Catalogna hanno provocato migliaia di vittime, difficoltà drammatiche ai sopravvissuti ed hanno avuto un ruolo importante nel favorire la caduta delle zone colpite in mano all’esercito franchista. Su questo tema molto è stato scritto. Ancora oggi, accendendo la televisione, le immagini di città devastate dai bombardamenti in Nord Africa o Medio Oriente e le migliaia di profughi in fuga riportano alla mente questa terribile tecnica bellica.
Uso dei gas, arma letale provata durante la prima guerra mondiale. Sul fronte italo – austriaco, è provata dall’esercito austriaco nella zona di San Michele, sul fronte di Gorizia, prima di essere considerata poco affidabile. Forse, ma non è provato, lo usano nei 1920 gli inglesi in Iraq contro i curdi, e tra 1925 e 1926 spagnoli e francesi in Marocco per battere la ribellione di Abd-el-Krim. L’Italia lo usa in Libia negli anni Venti in modo occasionale. Nel 1925 l’uso bellico di gas e di armi batteriologiche è vietato dal protocollo di Ginevra. Ma nel 1935 le truppe fasciste usano (ed in questo caso ci sono le prove) l’iprite in modo sistematico in Africa Orientale contro i guerriglieri etiopi ed abissini, lanciandola prima dagli aerei in contenitori, poi spruzzandola come un terribile aerosol sulle truppe ed i villaggi. Sono nel corso del tempo migliaia i guerriglieri ed i loro familiari (anziani, donne, bambini) assieme a preziosissimi capi di bestiame che muoiono a causa di questo gas, che mozza il respiro ed ustiona tutto il corpo. In Spagna agli uomini del Corpo Truppe Volontarie sono fornite nel corso della guerra 50 tonnellate di iprite, 19.500 proietti ad arsina, 36.000 proietti ad iprite, più gas di altro tipo, come hanno messo in rilievo Rovighi e Stefani grazie alla documentazione dell’Ufficio Storico dell’Esercito (A. Rovighi e F. Stefani, La partecipazione italiana alla guerra civile spagnola 1935 – 1939, 4 volumi, Roma, Ufficio Storico dello Stato maggiore dell’Esercito, 1992 – 1993, Documenti, p.460). Gas letali che però, va detto, non risulta siano stati realmente utilizzati in Spagna.
Vignetta satirica britannica. Evening standard, Friday, April 3, 1936. Immagine che correda l’articolo di Franco Nofori: L’Italia usò i gas nella guerra d’Etiopia? Ottant’anni dopo spunta una verità inedita, in: https://www.africa-express.info/2018/05/18/litalia-uso-davvero-i-gas-nella-guerra-detiopia-80-anni-dopo-spunta-una-verita-inedita/.
L’Italia, anche quella repubblicana, ha mantenuto il silenzio su questi fatti sino al 1996, mentre nel contempo gli storici (in particolare Angelo Del Boca e Giorgio Rochat) che avevano scoperto sin dagli anni Sessanta che l’esercito aveva usato i gas in Africa Orientale venivano smentiti, talvolta minacciati. Sino a quando l’allora ministro della difesa del governo Dini, un militare, Domenico Corcione, in risposta ad una interrogazione parlamentare, ha reso pubblici i documenti dello Stato Maggiore che rivelavano la scomoda verità. Nella sua opera più recente sul tema, A. Del Boca I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d’Etiopia, Roma, Editori Riuniti, 2007, con interventi anche di altri autori, Del Boca ricostruisce la sua battaglia per la verità anche contro giornalisti allora prestigiosi, come Indro Montanelli, che la negavano (pp. 17-48). Se l’uso del gas è stato comune nelle guerre coloniali, è stato invece limitato nel corso della seconda guerra mondiale non solo perché poco affidabile, ma anche per timore di rappresaglie del nemico, ugualmente dotato di questo tipo di armi, che avrebbero prodotto una tragica escalation. Questo non ha evitato “incidenti”. Il 2 dicembre 1943 le navi Alleate ormeggiate nel porto di Bari vengono attaccate dall’aviazione nazista. Sono affondate 17 navi, una di esse era carica di iprite ed esplode. Una nuvola tossica si diffonde sulla città provocando un migliaio di vittime tra i civili ed altrettante tra i militari, anche se è impossibile ad oggi conoscere le cifre esatte, e causando patologie per lungo tempo tra i sopravvissuti.
Sperimentazione di armi batteriologiche, che è il tema che qui mi interessa. Devo queste informazioni non a mie ricerche personali ma a due libri: Gianluca Di Feo, Veleni di Stato, Milano, BUR 2009, e Clara Conti, Servizio segreto. Cronache e documenti dei delitti di stato, Roma, Odradek, 2010. Il primo autore ha lavorato su documentazione inglese. Il secondo libro è una lunga relazione della segretaria, poi moglie, di Italo Robino, allora giudice istruttore presso dell’Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo, creato dopo il 25 luglio 1943. Descrive la complessa situazione apertasi a Roma tra il 1944 e 1945 con i primi, difficilissimi processi ad agenti dei servizi segreti fascisti che ruotavano attorno al generale Mario Roatta, comandante degli stessi servizi, poi del Corpo Truppe Volontarie in Spagna ed infine della Seconda Armata sul fronte jugoslavo, accusato di vari reati. E rivela piani di sabotaggi portati avanti da squadre specializzate, ed assassini mirati, accanto ad altri tentativi di guerra batteriologica.
Aviazione Legionaria. Ricognizione fotografica di bombardamento su Barcellona. Dal sito dell’Istituto Parri: http://parridigit.istitutoparri.eu/
I documenti che emergono dagli archivi inglesi messi a disposizione degli storici e presentati da Di Feo sono rivelatori. Nel giugno del 1944 nella Roma occupata ormai dagli Alleati, una squadra di ufficiali medici ed elementi dei servizi di sicurezza coordinata dal colonnello William Moore ha l’incarico di indagare sulle armi chimiche e batteriologiche in possesso del regime fascista. Armi che avrebbero potuto essere usate dalla RSI e dai nazisti nel corso di una guerra che proseguiva con grande ferocia. La squadra interroga Ugo Cassinis, noto medico ed insegnante di fisiologia, ma anche consulente del laboratorio del Celio dove queste armi venivano preparate. Cassins rivela che il fascismo aveva preparato colture di batteri di molte specie, capaci di provocare malattie terribili.
Ma in particolare aveva sperimentato l’uso di bombe batteriologiche con spore di tetano, con le quali era stato irrorato il terreno di molte zone della Catalogna nel corso dei bombardamenti effettuati durante la guerra civile spagnola (Di Feo, pp.43-44). L’uso delle spore di tetano era considerato ottimale perché le proprie truppe potevano essere immunizzate col vaccino e quindi non correvano rischi, e perché era una malattia che aveva anche una causa naturale e la sua diffusione non poteva essere associata all’uso di armi batteriologiche. Più tardi, la squadra individua ed interroga il colonnello Giuseppe Morselli, conosciuto anche come “dottor Germe”, responsabile del laboratorio del Celio. Morselli ammette di aver sperimentato l’uso bellico di virus letali, tra cui peste bubbonica, una forma di brucellosi letale per gli uomini, il Burkoldheria Mallei, molto aggressivo su cavalli ed asini ma in grado di trasferirsi all’uomo, l’antrace ed altri (Di Feo, pp. 28-29). Ma nega che il tetano sia stato usato in Spagna smentendo Cassinis (Di Feo, p.45). Se avesse ammesso, si sarebbe caricato agli occhi della commissione alleata di gravissime responsabilità, essendo lecita la sperimentazione ma non l’uso di armi batteriologiche. Al suo ritorno a Washington la commissione presieduta da Moore viene rimproverata ed accusata di essersi fatta imbrogliare dai militari italiani, ai quali avrebbe dovuto chiedere maggiori informazioni (Di Feo, p.41). In realtà, la guerra batteriologica contro le truppe Alleate fu tentata dai tedeschi nelle paludi Pontine, attraverso la diffusione della zanzara portatrice della malaria, anche in questo caso “mascherata” da epidemia naturale (Di Feo pp. 34 -39).
Il secondo libro ci porta alle inchieste avviate sempre nel 1944 dopo l’occupazione Alleata della capitale e l’inizio dell’attività dell’Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo. Nel corso degli interrogatori dell’ufficiale dei carabinieri Santo Emanuele, agente del SIM (Servizio Informazioni Militari), emerge un programma di lavoro da effettuare in Francia ed in Spagna per danneggiare le due repubbliche. Tale programma prevedeva, tra l’altro, atti di sabotaggio da attuare nel porto di Marsiglia e contro navi russe, con ordigni esplosivi da portare sul posto con valigia diplomatica. Ma anche la introduzione di colture batteriche in derrate alimentari partenti dalla Francia per il “territorio rosso” oltre alla soppressione di “persone incomode” in località varie (verbali degli interrogatori a Santo Emanuele in Conti, pp. 165–173). La soppressione di persone incomode ha avuto (come confermato da Emanuele) una sua messa in pratica con l’assassinio dei fratelli Rosselli, a Bagnole de l’Orne nel 1937, ad opera di elementi della estrema destra francese in collegamento con funzionari dei servizi segreti fascisti. Per quanto riguarda lo scatenamento di una epidemia a Barcellona con l’invio di generi alimentari infettati, Emanuele nega che i servizi lo abbiano messo in pratica. Per la cronaca, Emanuele, condannato all’ergastolo nel 1945, verrà prosciolto nel 1949 per insufficienza di prove.
Gli italiani fascisti, secondo una narrazione, falsa, affermatasi nel dopoguerra, si sarebbero dimostrati umani e cavallereschi verso il nemico sui vari fronti europei ed anche nelle colonie. Purtroppo non è stato così, al di là di gesti singoli. Fare i conti con i lati oscuri della propria storia è però condizione ineliminabile per il progresso sociale e civile di ciascuna nazione. Quanto all’efficienza dei mezzi di distruzione di massa approntati nel Novecento, è tale – mi pare – da poter mettere a rischio il genere umano.
Marco Puppini.
L’immagine che correda l’articolo è una di quelle già utilizzate al suo interno. LMP.
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