Nuova sanità: fra Aft, mission aziendale e sanità come prodotto. Quale futuro per noi cittadini?
Un tempo si diceva che praticare la medicina, cioè fare il medico, era una missione, ed esistevano regole precise di etica che il medico doveva seguire.
Ora, con il passare degli anni, ed il tentativo di svuotare la professione medica delle sue idealità, lentamente, del termine missione si è impossessata, “l’Azienda” socio sanitaria, entità astratta per i pazienti, trasformandola in “mission” aziendale, riempiendola di ben altri contenuti e trasformando i medici in operatori aziendali e venditori del prodotto aziendale, con la benedizione del governo e del “nuovo” Pd.
Infatti la antica “missione” del medico nulla ha a che fare con la mission aziendale, che significa la “dichiarazione di intenti”, per una qualsiasi azienda, da quella che vende formaggi a quella che fabbrica tessuti. Beh, penso, bel transfert! Io, ve lo assicuro, preferisco il rapporto medico paziente al rapporto fra una azienda e degli operatori aziendali, indipendentemente da chi siano, quasi i medici fossero tutti uguali per bravura e capacità. Sarò all’antica ma …
Per la verità su internet si trova ancora la dicitura missione del medico, ma non si capisce a che cosa riferita.
Ormai ci sono le specializzazioni – dice qualcuno – e ben vengano, anche se un medico pure specialista dovrebbe in ogni caso mantenere una visione d’insieme. E non si pensi che basti l’operatore medico aziendale Aft per orientare a livello diagnostico: egli consociato con altri 3, ed un infermiere regalato, a far che non si sa quando ne mancano sul territorio, un bacino di utenza di 20.000 persone, senza guardia medica, si arrabatterà alla meno peggio, imparando dai politici quel distacco totale dal popolo che gli permetterà di sopravvivere mettendo nel cassetto remore di tipo etico e morale. Inoltre la presenza ossessiva di un infermiere fra medico e paziente potrebbe mettere in difficoltà il paziente.
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E se un medico stessa aft dirà e firmerà che hai “a” e l’altro “b”? Ci sono le carte, dice Telesca, che vive nell’”Olimpo degli Dei”. Le carte si lasciano scrivere, dico io con una esperienza alle spalle e non per sentito dire; ed in una visione aziendalistica – protezionistica temo che esse potrebbero essere non chiare, per non disturbare l’azienda, non disturbare il collega o per fede nello stesso, e dimostri il paziente chi ha torto. Insomma il futuro pare disegni una sistema politic- aziendale con oggetto sanitario ove il rapporto tra operatori medici non solo Aft ed utenti si instaura, sin dall’ inizio, come se si fosse in un’aula di tribunale.
Inoltre non bisogna dimenticare che ormai i medici di base, (per legge governativa e in fvg. regionale) sono aggregati e pare sopravviveranno solo nei grandi centri, cosicché o cambi casa o nei piccoli paesi sei senza medico.
Solo un sito universitario, che esprime un concetto sacrosantamente vero, che deve invogliare gli studenti ad iscriversi a medicina può scrivere che:
«Non vi è più alcun dubbio, come la stessa letteratura scientifica ha più volte evidenziato, sull’utilità e sugli enormi benefici apportati a una relazione medico-paziente che si basi su fiducia, confidenza e familiarità: tre solidi pilastri su cui costruire questo delicato rapporto.
La pratica medica, dunque, deve evitare il rischio di essere considerata soltanto una professione». (http://www.corriereuniv.it/cms/2009/08/guida-alla-scelta-medicina-il-medico-tra-professione-e-missione/).
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Ma pare ora che dal concetto di missione del medico, di responsabilità individuale nella diagnosi e cura, si sia passati a quello di responsabilità sanitaria, che è altra cosa davvero. Intanto ci si chiede: responsabilità sanitaria verso chi? E la riposta pare proprio verso l’azienda, come qualsiasi operatore aziendale. In sintesi se per esempio un medico sbaglia, magari perché è troppo stanco a causa dello sfruttamento o dei turni per coprire anche colleghi in ambito ospedaliero, pagati, ma che non rimborsano stanchezza e overdose lavorativa con mancanza di vita propria al di fuori del luogo di lavoro, la prima responsabilità pare non sia verso il poveraccio vittima nel corpo e nell’anima dell’errore, a cui si potrebbe chiedere almeno scusa, ricorrendo all’assicurazione, ma verso l’azienda che, come una buona mamma o nonna, tranquillizza cullando, fino a far dimenticare al medico che ha sbagliato, mentre paga una fila agguerrita di legali che dimostrino, magari, come un palese errore era invece una buona pratica sanitaria, creando, fra l’altro, un precedente. Ormai le leggi italiane sembra permettano tutto e di tutto …
Il sistema aziendal-sanitario tanto desiderato dai vertici del Pd e governativi per fare cassa, tagliando inesorabilmente sanità e salute a noi non a loro che hanno tutto gratis pure per la famiglia, funziona pare ormai con protocolli e scaricabarili di responsabilità, quasi si stesse parlando di gorgonzola ed affini, ma spero di sbagliarmi. Le aziende funzionano nello stesso modo, e se la nostra salute è in mano ad aziende socio sanitarie …
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Ma quello che a me pare malefico è il muoversi della politica, disinvoltamente, fra concetto di sanità pubblica, il cui obiettivo dovrebbe essere, ormai molto in teoria, la salute dei cittadini, e la sanità – salute come prodotto aziendale, senza aziende concorrenti, e quindi in regime di monopolio coatto. Ora va bene un concetto ora va bene l’altro … basta far passare i tagli Gutgeld Lorenzin Renzi Serracchiani Telesca, incarico esterno, tentando magari di convincere, con una foto sorridente da un quotidiano locale e nazionale, che “tutto va bene, madama la marchesa”.
Ma ritornando alla responsabilità sanitaria verso l’azienda, essa comporta che i medici guardino nel loro operare alle linee aziendali, non al benessere ed al dialogo con il paziente, facendo finta che essi esistano. E si va verso una medicina, non solo cinesizzata, con svuotamento delle professioni se il pronto soccorso, con rigidi limiti di richiesta e di prestazione ed accesso, per cui tu devi sapere se sei “un urgente” o meno, lo fa l’infermiere, ma anche volta a guardare l’aspetto governativ- burocratico in primo luogo. E se l’operatore medico -aziendale sbaglia per incompetenza, menefreghismo, incapacità, se manda qualcuno al creatore cosa vuoi che sia … verrà mamma azienda a difenderlo, come fosse il gorgonzola … le aziende difendono i loro prodotti sino a che il consumatore non dimostra che non sono accettabili. Solo che le partite non eccellenti di gorgonzola si possono ritirare dal mercato, i pessimi medici no.
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Ma esistono le Aft, i medici di base, può dire qualche filo governativ – regionale, che entreranno in contatto con il paziente. Oddio sono 4 medici diversi, che non coprono la notte, ma se ti ammali di notte è colpa tua. Magari nelle fabbriche di auto o fanalini lavorano anche di notte, ma in sanità, mi dispiace ma …
E gli abitanti dei paesi di montagna che faranno, perché questo vorremmo sapere dalla dott. Maria Sandra Telesca, assessore regionale alla salute fvg., se il medico di base a loro non resterà? Almeno dateci un manuale di primo soccorso che cercheremo di fare da soli. E cercano di fare da soli coloro che ricorrono all’ omeopatia ecc., ed il clima di sfiducia nella sanità si vede sempre più, nella popolazione italiana, non ancora raggiunta del tutto da tagli e non riforme, ma non lo vedono i politici ed i manger che continuano a sorridere dai quotidiani ed a cercare di trasmettere il messaggio. “Stai tranquillo, “Xe pensi mi”, alla tua salute, alla tua vita, a quella dei tuoi figli, che non hanno scelto ahimè di andare all’estero.
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E la sanità sempre più ha il volto del politico di turno, anzi di una donna, il che è ancor più malvagio secondo me, ha il volto del dirigente di turno, non del medico. Ma cosa vuoi che sia, la sanità è diventata azienda in mano alla politica, e la nostra vita ed i nostri corpi sono in mano a protocolli ed avvocati.
E se dici, con cognizione di causa, che un medico ha sbagliato, peste ti colga, ormai il rapporto tra medici e paziente si regge sul sistema difensivo avvocatesco che impone alle aziende, all’ interno di leggi di mercato, di difendere ad ogni costo se stesse ed i politici che le sostengono e le hanno sponsorizzate. Così ai vecchi mali della sanità, se esiste ancora, se ne uniranno dei nuovi.
I medici aderiscono entusiasti alle Aft, veniamo a sapere dall’articolo del Messaggero Veneto, di tono propagandistico secondo me, firmato da Elena del Giudice, intitolato: Medici di base, studi aperti per almeno 8 ore la giorno, in: Messaggero Veneto, 7 maggio 2016. Ma io non ho tanto entusiasmo. Non scrive detta giornalista quanti pazienti avrà una Aft, se resteranno i medici di base nei paesetti in montagna e pianura, se il medico di base verrà ancora a casa, dato che deve coprire l’ambulatorio, ove ci si dovrà recare, anche se distante, che alla Del Giudice piaccia o meno, e via dicendo. Ma cosa vuoi che sia …
E come il solito non si è fatto uno studio di analisi, conoscenza del problema, fattibilità, una proiezione, nulla di nulla, (e dal 2013 si poteva benissimo realizzare qualcosa in tal senso, sono passati 3 anni) basta che gli operatori medici governativ-aziendali siano contenti. E l’utenza? A quella che vuoi che sia … subisca e taccia. Intanto si celebra a Gemona il terremoto del 1976, dimenticando quello del 15 settembre che mise definitivamente in ginocchio il Friuli, con la solita passerella di facciata di politici, e si sta chiudendo l’ospedale gemonese, fiore all’occhiello della ricostruzione, dopo che il precedente, nuovissimo, si era dovuto far saltare, perchè lesionato, e a Moggio compaiono cartelli che indicano nella azienda 3 Medio Friuli e collinare il referente.
Senza offesa per alcuno, solo per esprimere come riesco e con tanta amarezza il mio pensiero, e se erro correggetemi.
Laura Matelda Puppini
L’immagine che correda l’articolo è tratta, solo per questo uso, da: Management Sanitario – www.slideshare.net.
Laura Matelda Puppini
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Invito a leggere: “2016 La riforma ospedaliera del PD: note (e facili profezie) a margine”, in http://www.cjargne.it/pols.htm, sulla situazione locale. L’analisi non è firmata ma si deve, da che so, al dott. Alfio Englaro.