Paolo Strazzolini. “Eventi, luoghi e nomi nella Memoria. L’Eccidio di Porzus e le incongruenze del cippo commemorativo di Bosco Romagno”.
Paolo Strazzolini ha fatto una accurata ricerca sulle persone segnalate sul cippo posto a Bosco Romagno e lapide alle malghe di Topli Uork, (erroneamente Porzûs) come uccise da un gruppo di gappisti comandati da Giacca, ed ha scoperto alcune inesattezze, ed ha fatto alcune precisazioni. Credo sia importante riportare qui ciò che ha trovato, per chiarezza, come atto dovuto verso quei morti e per corretta informazione per voi tutti. E ringrazio veramente Paolo per avermi concesso la pubblicazione dell’articolo. Laura Matelda Puppini
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«L’incedere inesorabile della Grande Storia non può, e non deve, sovrapporsi al rispetto per la dignità umana, nelle sue molteplici forme, una delle quali rappresentata dalla correttezza di espressione di nomi e cognomi. Diceva bene lo storico carnico Claudio Zanier, in un interessante saggio che restituiva le corrette generalità all’Alpino Riccardo Giusto, Primo Caduto Italiano in combattimento della Grande guerra:
“…E anche perché, se Giuseppe “Di Garibaldi” non corrisponde all’Eroe dei due Mondi, ma a un emerito sconosciuto, allo stesso modo Riccardo Di Giusto non corrisponde al soldato udinese che ebbe il triste primato di aver versato il primo sangue per la Patria il 24 maggio 1915. …”
Questo principio, da me integralmente ed estensivamente condiviso, ha fatto sì che, una volta imbattutomi nell’analisi delle tragiche vicende che hanno caratterizzato l’Eccidio di Malga Porzûs, occorso in località Topli Uorch il 7 febbraio 1945 e proseguito nei giorni seguenti presso il comprensorio del Bosco Romagno, il mio primo interesse si sia rivolto al rispetto della correttezza dei nomi dei protagonisti, unitamente alla ricostruzione autentica dei loro tragici destini. In tale contesto, se una certa indulgenza può essere riservata al contenuto della storica lapide che adorna la facciata della “Malga dell’Eccidio”, risalente ai primi anni del secondo dopoguerra e fedele specchio delle tensioni ideologiche, politiche e nazionali caratterizzanti il periodo, anch’essa infarcita di errori ed omissioni figli dell’epoca in cui venne realizzata (e come tale pietra della memoria da essere gelosamente preservata come monito per i posteri), nulla del genere può essere applicato e tollerato per il monumento posto a ricordo delle vittime a Bosco Romagno.
Il cippo a Bosco Romagno in ricordo degli uccisi a Topli Uork e nel bosco. (Immagine inviata da Paolo Strazzolini).
Il cippo in questione, eretto a cura dell’Associazione Partigiani Osoppo (APO) in un sito messo a disposizione da Regione FVG nel comprensorio del Parco Bosco Romagno il 27 maggio 1990, venne realizzato sulla base di un superficiale “copia/incolla” nei confronti del contenuto della lapide storica, in sfregio a tutte le acquisizioni documentarie che nel frattempo erano intervenute con il contributo fattivo di tutti gli studiosi della vicenda. Il cippo ha subito un intervento di manutenzione e pulizia nei mesi scorsi, senza che APO abbia ritenuto opportuno procedere alle correzioni del caso. Vediamo in dettaglio di seguito le inesattezze.
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1 – Le esecuzioni degli Osovani sono riportate come avvenute nell’intervallo temporale 8-18 febbraio 1945. Di fatto, è documentato come le uccisioni ebbero inizio il 9 febbraio, con l’eliminazione di Giuseppe Sfregola Scabbia.
2 – È riportato Antonio Turlon Macche: il nome di battaglia corretto è Mache.
3 – È riportato Angelo Augello Massimo: il cognome corretto è Augelli.
4 – È riportato Giovanni Comin Gruaro: il nome di battaglia corretto è Tigre.
5 – È riportato Gualtiero Michelon Porthos: il cognome corretto è Michielon.
6 – È riportato Egidio Vazzas Ado: il cognome corretto è Vazzaz.
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Venendo alle circostanze delle morti, Antonio Turlon Mache e Nunziato Rizzo Rinato morirono in tutt’altre circostanze di tempo e di spazio. Furono infatti fucilati frettolosamente da partigiani sloveni, presso i quali erano detenuti dal gennaio precedente, sotto la pressione di un attacco cosacco, in località Borij, presso Rucchin di Drenchia (UD), il 12 aprile 1945. Ad essi, riportati fuori luogo, andava eventualmente in ogni caso aggiunto Mario Gaudino Vandalo, morto assieme ai due citati in analoghe circostanze.
Giovanni Comin Gruaro, recte Tigre, in realtà morì a Topli Uorch, coinvolto a margine nella dinamica dei fatti dell’eccidio alle malghe. Si trattava, infatti, di un partigiano garibaldino, catturato dai Nazi-Fascisti, sfuggito alla deportazione in Germania dopo essere saltato dal treno in corsa presso Reana del Rojale (UD), rifugiatosi presso la vicina Canonica di Vergnacco, indirizzato dal Parroco verso il Comando osovano di Bolla (Francesco De Gregori) ed intercettato dai gappisti di Mario Toffanin Giacca prima di giungervi.
Lo striscione dell’Apo che riporta correttamente l’elenco degli uccisi a Topli Uorh (erroneamente Porzûs).
Volendolo citare “per estensione” in questo contesto, col nome di battaglia corretto, andavano allora per completezza anche riportati il Comandante Francesco De Gregori Bolla, il Delegato Politico Gastone Valente Enea e, naturalmente, la partigiana Elda Turchetti Livia che, a dispetto dei tanti buoni propositi sulla parità di genere, continua ad essere vergognosamente discriminata. La stessa, peraltro, figura ormai da anni sullo striscione che APO espone ogni anno a Faedis e Canebola (UD) in occasione della commemorazione dei tragici fatti.
Per finire, Erasmo Sparacino Flavio trovò la morte il 12 febbraio 1945, fucilato dai Tedeschi sul retro della caserma Principe Umberto (oggi Francescatto) di Cividale del Friuli ove si trovava, evidentemente, detenuto. I suoi resti furono sepolti in loco, nel sito denominato Fosse del Natisone, successivamente esumati, ricollocati in una fossa comune presso il cimitero della cittadina e, anni dopo, dispersi verso ignota destinazione.
Concludo con il vivo auspicio che la “pulizia” di monumenti, lapidi, pietre della memoria passi sempre attraverso una sana “pulizia della Storia”, nel rispetto di chi, comunque sia andata, quella Storia ha finito per vergarla con il sacrificio della propria vita».
Paolo Strazzolini.
L’immagine che correda l’articolo è la scannerizzazione della copertina di ‘Il diario di Bolla’, edito dall’A.p.o.. nel 2002. Lmp.
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