Pieri Stefanutti. Rispondendo a Laura Matelda Puppini.
Pieri Stefanutti mi ha inviato il 28 giugno questo testo che egli mi dice voler essere un commento al mio intitolato: “Avasinis, 2 maggio 1945. La strage, antefatti e postfatti. Per cercare di capire, in cui ho ringraziato Stefanutti per i suoi studi, che però mi chiede di pubblicare come articolo volendo mantenere i colori posti al suo interno. Preciso che non ho problemi nel farlo e nel porre i colori relativi, così vi propongo il suo scritto sotto forma di articolo. Preciso comunque che esiste una lettera di Pieri Stefanutti pubblicata dal Messaggero Veneto il 16 maggio 2024, (leggibile anche in: https://blog.libero.it/2diMaj/16761880.html) con titolo:”Serve ancora ricerca sulla strage di Avasinis” a cui io ho cercato di rispondere, in cui egli sostiene che: «Per parecchio tempo Avasinis è stato un esempio di memoria divisa”: ai partigiani che elencavano le azioni contro gli occupanti tedeschi e cosacchi veniva ribattuto che la popolazione civile aveva pagato un ben duro prezzo». Ma questo non deve interessare lo storico perchè non fa altro che far capire che le memorie e loro interpretazioni ‘politiche’ non possono essere univoche e risultano divisive. Inoltre se Stefanutti non ritiene quella di Avasins una rappresaglia perché «è difficile trovare una azione partigiana che abbia potuto provocare una reazione del genere», forse sarebbe opportuno rileggesse le stragi nazifasciste per capire meglio. Inoltre preciso che io ho chiarito le mie fonti e quelle orali sono la traduzione in italiano dal friulano degli interventi nel filmato. E per esempio che si parlasse Ugo Pizzato ferito da una scheggia di cannone è palese. Ma ora vi propongo quanto mi ha inviato Stefanutti, sottolineando che se a lui interessa la ‘verità’ storica’ non so da dove abbia desunto che non interessi a me ed altri, ma che sia una sua unica prerogativa. Laura Matelda Puppini
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«Vorrei proporre una serie di appunti a commento dell’ampio e circostanziato articolo di L.M. Puppini dedicato alle vicende della strage di Avasinis del 2 maggio 1945. Ho aspettato diversi giorni per vedere se vi fossero altri commenti. Il fatto che non ce ne siano stati, sinora, aprirebbe un altro discorso, assai complesso, su quali spazi restino riservati alla discussione di argomenti del genere, che per ora lasciamo da parte.
Premetto che non amo autocitarmi, ma in questo caso mi sembra necessario precisare, per chi non mi conosce, alcuni richiami a miei precedenti lavori. Da parecchi anni cerco di approfondire quei fatti, raccogliendo materiale bibliografico, archivistico e testimonianze dirette, materiali tutti che, quando posso, cerco di condividere e rendere pubblici, perché stimolino ulteriori ricerche utili a definire i contorni del doloroso fatto.
Così ancora in “Novocerkassk e dintorni” (IFSML 1995) ho approfondito la vicenda dell’uccisione dei cosacchi e del relativo recupero delle salme; in “Avasinis 1940 – 1945” (Comune di Trasaghis 1996 e 2015) ho curato la pubblicazione integrale del Diario di don Zossi, parroco ad Avasinis durante la guerra, aggiungendovi note integrative e testimonianze dirette raccolte tra una trentina di persone; in “Avasinis 2 maggio 1945. Note per una bibliografia ragionata sull’ultimo eccidio nazifascista in Friuli” (testo del 2019 reperibile in rete in formato ebook) ho raccolto e citato circa 300 testi o pagine web che si sono occupate dell’eccidio; in “Voci dal 2 maggio” (Prospettiva editrice, 2022) ho pubblicato la testimonianza di tredici persone presenti ad Avasinis all’epoca della strage, oltre ad aver scritto diversi articoli pubblicati su quotidiani e periodici. Ho inoltre collaborato alla realizzazione dei video “Tatort Avasinis” (2003) di Jim G. Tobias e “Avasinis luogo della memoria” (2006) di Dino Ariis, anche qui raccogliendo testimonianze dirette, questa volta in video.
Questo per precisare che ho cercato (e cerco) di aggiungere progressivamente tessere per la ricomposizione di un mosaico complesso che ancora non ha tutti i contorni ben definiti.
Dovrei ritenermi soddisfatto, quindi, nel vedere che nell’articolo di L.M. Puppini sono citate, se non ho contato male, 20 testimonianze delle quali solo due non sono state raccolte da me! Sulla fatica di identificare il ricercatore non dovrebbero esserci problemi, non è necessario “reputare”, dal momento che nel frontespizio del libro che raccoglie il Diario di don Zossi è indicato chiaramente di chi sono le “Note e ricerche integrative”. Ovviamente non giudico “se la conduzione dell’ intervista è [stata] troppo libera”, so solo che è stato raccolta una considerevole mole di materiale, che si rivela ogni giorno più importante, dal momento che i protagonisti sono ormai in gran parte scomparsi. Diverso è naturalmente il grado di attendibilità dei fatti rievocati in ogni singola testimonianza, dato che bisogna tener conto di età, circostanze, grado di partecipazione, distanza. È un tema sottolineato, per onestà, nella stessa introduzione al capitolo “Microfono aperto sulla strage”, quando si evidenzia che “le testimonianze vengono riportate nella forma sostanziale, senza mediazioni e adattamenti, lasciando anche le eventuali discordanze riscontrabili sulle versioni di singoli episodi”.
Passo ora a commentare (non per criticare ma per fornire integrazioni) alcune delle frasi pubblicate nel post. Lascio in rosso i titoli dei paragrafi e metto tra virgolette le frasi che intendo approfondire, aggiungendo in blu i miei commenti. I nomi di battaglia partigiani sono indicati in maiuscolo.
Sulla Premessa.
“La zona, prima dell’arrivo dei cosacchi, era piena di partigiani”: manca il riferimento al Btg osovano Friuli che, nato come gruppo autonomo nella primavera del ’44, si costituì in Btg. nell’estate, diventando poi l’unica formazione partigiana rimasta in loco durante l’inverno ’44- primavera ’45.
“Inoltre vi erano anche militari nazisti sbandati, da che si legge, di cui parlerò poi.”: sbandati si hanno solo a fine guerra e specificatamente dopo la strage.
Paragrafo La popolazione già martoriata, a sud del Lago.
“gli osovani (…) si apprestavano all’ insurrezione finale” “ i garibaldini erano restati sempre combattenti”: la situazione in zona è lievemente differente: i Btg garibaldini avevano oltrepassato il Tagliamento, dopo i rastrellamenti nazifascisti dell’autunno-inverno; in zona era rimasto il Btg. Friuli (osovano) e alcuni singoli garibaldini (in particolare della Gap di Avasinis) che nei giorni della Liberazione furono di fatto incorporati nel Btg Friuli.
Paragrafo Da dove provenivano queste truppe e chi erano: verosimilmente SS in abiti mimetici.
[il ponte di Braulins] “era stato fatto nuovamente saltare dai tedeschi, che non volevano essere inseguiti. Questo primo gruppo non si capisce perché faccia una cosa del genere, a meno che non sapesse che tutti i nazisti erano già passati e quindi per coprirsi la via di fuga,” e “il secondo gruppo, quello che compie la strage di Avasinis, non può più passare per il ponte di Braulins e deve deviare. Comunque potevano venire anche loro da Peonis, ed avere battuto la via Peonis Trasaghis per poi volgere verso la zona di Avasinis, non potendo più passare a Braulins. E questo è un aspetto importante, perché nessuno si attendeva che i tedeschi fossero costretti a passare per una via alternativa a quella del ponte.”: Questo è uno dei punti ancora non chiariti. Pare accertato che “la squadra del massacro” sia venuta in zona attraversando il Tagliamento a Braulins (a guado, nascondendosi dietro i piloni, secondo la testimonianza di PORTHOS). Gli osovani avevano minato il ponte (Testimonianza FALCO) ma ritirandosi rapidamente non fecero brillare le cariche. Che la ‘squadra del massacro’ abbia fatto saltare il ponte dietro di sé lo scrive don Zossi nel Libro Storico e lo riferisce DUE, ma altre testimonianze tendono a non confermarlo. In ogni caso si tratterebbe di una azione difficilmente interpretabile.
Paragrafo I Partigiani sparano sui tedeschi in ritirata.
“Nessuno si aspetta quello che succederà che, dalle testimonianze e ricostruzioni, appare come azione contingente e non premeditata, funzionale alla caccia al partigiano innescata dagli spari partigiani.”: tutto da dimostrare, vi sono testimonianze in un senso e nell’altro
“Molte le testimonianze sui partigiani, allarmati, che sparano o dal Montisel in direzione Trasaghis o dal Col del Sole”: i partigiani non possono sparare dal Montisel in quanto il colle è presidiato dai tedeschi.
“Dino Ferragotto, se non erro, era del btg. Prealpi, della brigata Prealpi della Osoppo”: Non mi pare che esista una “Brigata Prealpi”. Il Btg Prealpi operava sulle montagne sopra Gemona. Dino Feregotto FURLAN era il comandante del Btg. Friuli.
“il Bellina narra che questo gruppo di tedeschi che poi entrò in Avasinis, aveva un cannoncino, «E ogni volta che passavano da una pila (pilone del ponte crollato? N.d.r.) all’altra, avendo un mortaio, sparavano verso la mitragliatrice. E questo tizio che aveva la mitraglia mi ha spiegato che era difficilissimo prenderli e colpirli. E sperava che andassero verso Peonis, che non andassero su verso Avasinis».”: Bellina DUE parla di un cannoncino per dire che era stato preso dai partigiani ai cosacchi, utilizzato poi nell’ingresso in paese per la resa dei cosacchi (siamo al 29 aprile). Il 2 maggio invce, DUE era salito a portare munizioni al partigiano della mitragliatrice; il “passare da una pila all’altra” si riferisce ai sottostanti ponti del ‘canale bonifica’ posti all’ingresso del paese.
“E sembra che l’unica cosa che sapessero i testimoni è che i nazisti provenivano da Trasaghis e, successivamente, dalla zona del Col del Sole, null’altro.”: certo: la colonna primcipale è arrivata da Trasaghis, sotto la copertura dei mortai posti sul Montisel; un gruppo fece una azione aggirante verso il Col del Sole con successiva discesa per sorprendere le postazioni partigiane.
[siamo a: La strage vissuta dalle persone.]
“In paese sono rimanti solo de partigiani pare garibaldini, forse quelli giunti ad avvisare gli uomini di scappare: essi vanno in prima linea nel tentativo disperato di salvare il paese, ma è inutile.”: la dinamica è leggermente diversa: un piccolo gruppo (composto da osovani e gappisti) si apposta all’ingresso del paese ma appena il garibaldino Pizzato BASSANO rimane colpito da schegge di mortaio, tutti si ritirano frettolosamente, dapprima urlando alla gente di scappare, poi salendo in montagna (tranne BASSANO che, ferito gravemente, viene accompagnato in casa).
[Le due Anna] “appena giunte in quel luogo, si incominciano a sentire le loro urla”: le hanno tenute lì per preparare da mangiare; durante la notte ci sono state le sevizie e la successiva uccisione.
Paragrafo “Poi pare che alcuni nazisti di quelli che hanno compiuto la strage siano stati catturati e uccisi dagli abitanti di Avasins come furono uccisi anche i cosacchi arresisi. ”
“nelle integrazioni al testo di don Zossi a p. 80 compare un capitoletto intitolato: “La caccia ai responsabili”, ma però non è chiaro se i catturati realmente lo fossero stati.
Qui vi è a mio avviso un po’ di confusione. ”; “Un’ altra testimone, Norma Cecchini, dice che ad Avasinis furono riempiti di botte, ma poi consegnati agli Inglesi , ma lo vedo improbabile. Ammesso che qualche donna abbia riconosciuto gli autori della strage, che quindi sono stati portati ad Avasinis e massacrati di botte dai parenti delle vittime, non si sa come siano stati consegnati agli inglesi.”: è chiaro che c’è “un po’ di confusione” riferita a quelle ore concitate, in cui il dolore e la rabbia si sovrapponevano. In sintesi: prima vengono portati in paese gli sbandati catturati sulle montagne tra Avasinis e Forgaria (presumibilmente quindi alcuni dei partecipanti all’eccidio sganciatisi) che vengono linciati dalla popolazione in quanto ritenuti responsabili; il giorno successivo vengono portati ad Avasinis i catturati ai posti di blocco e, per evitare ulteriori linciaggi, questi vengono portati nelle ghiaie del Tagliamento e qui fucilati. Altri, probabilmente in momenti successivi, vengono consegnati agli alleati ad Osoppo (oltre a quanto riferito da Norma, v. testimonianza FURLAN e relazione Btg. Pisacane) dal momento che proseguirono anche nei giorni successivi le ricerche.
“E questo fa pensare che all’interno della comunità di Avasinis qualcuno avesse poi capito che massacrare in quel modo magari tedeschi di cui non si era poi così sicuri fossero quelli della strage e presi prigionieri, non era stata davvero una buona azione, e magari fosse preferibile dire che erano stati solo ed unicamente partigiani a fermarli e consegnarli. Ma neppure uccidere i cosacchi arresisi non era stato poi un granché eticamente, anche se l’onore paesano maschile era stato salvato e l’onta lavata. Ma è proprio così? Ora, come scrive il prete, «c’è l’attenuante dell’esasperazione per tanto sangue, lutti, rovine e quindi di un animo terribilmente scosso che non vedeva più ragione o virtù, ma come rimproverare gli altri se poi ci si è comportati così male?» .”: mi pare che la frase di don Zossi descriva bene la situazione, che è estremamente complessa. Le “uccisioni del dopo” sono state, per anni, rimosse. E’ stato P.A. Carnier, nello “Sterminio mancato” del 1982, a darne per primo notizia pubblica. Poi, come spesso accade, le opinioni si sono divise e spesso incattivite. Personalmente, credo di avere contribuito a chiarire circostanze e numeri.
[Sulle ipotesi avanzate da LMP
“potrebbe essere accaduto che un gruppo non grande di partigiani, per esempio della Osoppo, meno presente e talvolta meno calcolatrice dei Garibaldini, possa aver fatto male i suoi conti, trovandosi con decine di cosacchi che potevano rivoltarsi loro contro, mentre gli alleati erano ancora lontani”; “può darsi che partigiani che avevano portato in montagna i cosacchi, si spera non con l’intenzione di ucciderli, nei primi giorni di maggio avessero capito che il gruppo di cosacchi e caucasici che andavano verso l’Austria era ormai già transitato, e quindi non sapessero che farsene di ottanta cosacchi, decidendo di ucciderli, il che è pure deprecabile”: in una prima fase i partigiani si limitano a vedere partire i cosacchi in ritirata, così ad Alesso (test. FURLAN), così in Palût (con probabile riferimento a quelli in precedenza stanziati a Trasaghis e Braulins – vedi test. DUE, TASSO e RENZO). I cosacchi presi ad Oncedis e ad Avasinis (test. FURLAN e altri), con qualche elemento catturato a Gemona (test. BINDA) vengono portati prigionieri sugli stavoli immediatamente sovrastanti il paese. In un secondo tempo, all’arrivare delle truppe che hanno eseguito in paese il massacro, i cosacchi vengono trasferiti in basi più arretrate (Gadoria, Forcja, Bosc Cjanâl). E’ sempre Carnier a dire – attribuendo la fonte a FONTANA – che i cosacchi sono stati uccisi perché non avevano niente da dar loro da mangiare (!!). Se avessero voluto ucciderli subito, lo avrebbero potuto fare in paese o durante la prima sosta, risparmiandosi la fatica dei trasferimenti… Dalle mie ricerche risulta chiaro che – a parte un singolo episodio avvenuto il I maggio – i cosacchi sono stati uccisi dopo la strage di Avasinis, in reazione – e vendetta – alla strage stessa. Dico questo non per giustificare, ovviamente, ma per dare la giusta collocazione ai fatti.
“non ci sono molti dubbi sul perché gli SS erano venuti ad Avasinis, lo hanno precisato loro, andandosene. Perché da un costone vicino ad Avasinis erano stati mitragliati, avendo magari avuto qualche perdita. Una testimone si chiede perché siano passati per altri paesi, per Peonis per esempio, senza fare nulla e invece siano venuti ad Avasinis. Ma ad Avasinis, secondo Pieri Stefanutti, nessuno ha avuto mai dubbi che fu la risposta nazista alle sparatorie partigiane”. : Non credo di avere mai detto una frase del genere. Posso aver detto che la “vox populi” ritiene generalmente responsabili i partigiani di aver innescato una dura reazione tedesca (un concetto riassunto dalla famosa frase “Se no ur tiravin intòr, nol sarès sucedût nuja”, più volte sentita). Ma l’azione partigiana, se c’è stata, ha i contorni piuttosto indefiniti: Carnier dice che è avvenuta all’altezza di Ospedaletto, don Zossi in Campagnola, la ‘vox populi’ dai colli della Spissula, altri tirano in ballo gli spari dal Cuel di Alesso, altri si spingono sin sul colle di Cesclans… difficile raccapezzarsi.
“vista la eterogeneità dei soggetti che componevano il gruppo e gli abiti diversi, si sarebbe potuto trattare anche di un gruppo di sbandati al seguito di due capi”; “ad un certo punto, forse un’ora e mezzo dopo, forse due o verso mezzogiorno, arrivano un comandante a cavallo od in moto con fischietto, ma forse ambedue, che fermano la mattanza”; “il fatto che il ponte di Braulins fosse stato fatto saltare dal gruppo passato il 1° maggio, pensando quindi di non avere altri gruppi organizzati di SS dietro, e la descrizione del gruppo che raggiunse Avasinis potrebbe far pensare, che fosse, forse, come già scritto, un gruppo di militari addestrati per la guerra antipartigiana raccogliticcio intorno a due capi, slegato dalla regolare ritirata nazista. Ma è solo una ipotesi”: è stato ancora Carnier a riferire per primo che si sia costituito a Ospedaletto un “gruppo d’intervento” formato da militari provenienti da formazioni diverse tutte confluite nell’Alto Friuli per disporre l’ultima resistenza all’arrivo degli alleati. Questo può spiegare l’eterogeneità delle descrizioni di divise, copricapi, armi degli intervenuti ad Avasinis. La presenza di “due capi” mi pare estremamente improbabile, per quel poco che capisco di organizzazione militare. C’è da aggiungere che oltre alle voci sul “comandante a cavallo od in moto con fischietto”, c’è anche chi ha raccontato che il comandante sarebbe arrivato dal Montisel a fermare la rappresaglia semplicemente “in pidulina”, a piedi. Cito ancora Carnier per ricordare che egli vantava di avere in archivio una foto che ritraeva “ufficiali a cavallo intervenuti a fermare la rappresaglia su Avasinis”. Ma quella foto nessuno l’ha mai vista…
“se gli uomini del paese praticarono già la loro vendetta, cosa interessa ad Avasinis, Pieri, sapere chi furono gli autori della strage, ora come ora? Certamente sarebbe un dato importantissimo per gli storici, ma credo sia un compito molto difficile con le informazioni che oggi si hanno, tanto che non è riuscita a giungere a questo scopo neppure la giustizia militare che io sappia. Quello che si può forse notare, è come il modus operandi del gruppo sia simile a quello di alcuni che fecero stragi in Jugoslavia ma anche in Veneto ed in altre regioni d’ Italia. (…) Infine molte cose si sanno, Pieri, tranne forse chi furono realmente i criminali nazisti ed i comprensibili ma non giustificabili, anche se non paragonabili certamente ai nazisti, uomini di Avasinis o partigiani osovani, come qualcuno sussurrava, ma non è dato sapere, che uccisero prigionieri cosacchi disarmati. Ma se giustifichiamo del tutto questi, allora perché invece gridiamo agli assassini, quando a colpire chi aveva distrutto la loro terra, militari, collaborazionisti, questurini , ex- fascisti, torturatori efferrati, furono militari od appartenenti alla polizia jugoslava, giunti presumibilmente con elenchi già pronti, che utilizzarono per lo più l’internamento, lasciando poi rientrare alcuni?”:
Su questi temi, particolarmente, le posizioni sono differenti. Personalmente ritengo sia importante sapere “chi” ha dato l’ordine di compiere la strage e soprattutto “perché”. Mi interessa di meno sapere il nome del soldato che ha sparato col mitra, dell’uomo (o della donna) col forcone in mano, del partigiano convinto – o spinto – a farsi ‘angelo sterminatore’. Mi interessa soprattutto provare ad arrivare a qualcosa che si avvicini alla verità storica, conscio del fatto che, ogni giorno, questo risulta più difficile».
Pieri Stefanutti. 28 giugno 2024.
L’immagine è una di quelle utilizzate nel mio precedente articolo su Avasinis ed è tratta da: https://it.wikipedia.org/wiki/Wehrmacht#/media/File:Bundesarchiv_Bild_101I-005-0012-16,_Jugoslawien,_Polizeieinsatz.jpg). L.M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/pieri-stefanutti-rispondendo-a-laura-matelda-puppini/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/06/soldati-tedeschi-della-Wermar-Bundesarchiv_Bild_101I-005-0012-16_Jugoslawien_Polizeieinsatz.jpg?fit=799%2C507&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2024/06/soldati-tedeschi-della-Wermar-Bundesarchiv_Bild_101I-005-0012-16_Jugoslawien_Polizeieinsatz.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Senza categoriaPieri Stefanutti mi ha inviato il 28 giugno questo testo che egli mi dice voler essere un commento al mio intitolato: 'Avasinis, 2 maggio 1945. La strage, antefatti e postfatti. Per cercare di capire, in cui ho ringraziato Stefanutti per i suoi studi, che però mi chiede di pubblicare...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
Preciso che per l’Apo (Associazione partigiani osovani) “a marzo 1945 gli osovani operano con cinque divisioni e, secondo la documentazione depositata presso INSILI di Milano alla fine delle ostilità belliche, aprile maggio 1945, erano documentate le seguenti formazioni:
1ª Brigata Osoppo Prealpi con un battaglione Prealpi;
2ª brigata Osoppo con battaglioni : “Val But” e “Tolmezzo”;
3ª brigata Osoppo con il battaglione Giustizia;
5ª brigata Osoppo con battaglione Piave;
divisione Osoppo Carnia con battaglione Carnia;
2ª divisione Osoppo territoriale con i battaglioni “Pontebba” e “Ledra”
2ª divisione Gruppo sud con la brigata Osoppo Martelli e il 2º battaglione Partidor
Brigata Autonoma Rosselli
Battaglione Divisionale Guastatori
Battaglione Divisionale Monte Canin. (Tratto da wikipedia, Settembre 2009)”
Non esisteva, pertanto un btg. Friuli della Osoppo secondo l’Apo. Quindi vorrei capire se esso fosse magari tardivo, dell’ ultima ora, o dove Stefanutti, a cui invierò questa nota, lo ha reperito. Laura Matelda Puppini
Oltre a lavori miei e di altri ricercatori “locali”, la presenza e l’attività del Btg. osovano “Friuli” (nato come gruppo autonomo dopo l’armistizio del 1943, costituitosi in Btg nell’estate 1944 e addirittura ‘sdoppiatosi’ dal gennaio 1945 sino alla Liberazione) è documentata da più fonti, in primis da Mario Candotti (vari studi su “Storia Contemporanea in Friuli”), e poi da Colonnello (“Guerra di Liberazione”, 1965), Buvoli (“Le formazioni Osoppo – Friuli”, IFSML 2003), Gallo (“La Resistenza in Friuli”, IFSML 1989), Steffé (“La guerra di Liberazione nel territorio della Provincia di Pordenone”, ETS 1996), solo per citarne alcune. Non è dunque né “tardivo” né “dell’ultima ora” ma ha una sua storia di cui chiunque voglia esaminare la storia della lotta partigiana nella Valle del Lago deve necessariamente tener conto.
Ringrazio Stefanutti per avermi inviato alcuni riferimenti al btg. Friuli osovano, da Mario Candotti ed altri. Ho immediatamente controllato quelli che comparivano su volumi che avevo in casa, e posso confermare che riferimenti a detto btg. si trovano in: Candotti Mario, Seconda fase dell’offensiva tedesca contro la Zona Libera del Friuli. Operazioni militari nella destra orografica del Meduna, nell’alta Val Meduna e nelle Prealpi Carniche occidentali (27/XI-8/XII/1944), Storia Contemporanea in Friuli, 8 (1977), p.204; Candotti Mario, Prima fase dell’offensiva tedesca contro la “Zona libera della Carnia e del Friuli”, Storia Contemporanea in Friuli, 9 (1978), p. 228. A p. 229 è presumibilmento lo stesso anche se non è precisato; Candotti Mario, Lotta partigiana tra Meduna, Arzino e Tagliamento: i rastrellamenti dell’autunno 1944, Storia Contemporanea in Friuli, 12 (1981). Confermo che a p. 24 si parla di un btg. Friuli entrato tardivamente a far parte della Divisione Osoppo Friuli, a p. 27 si parla di un gruppo autonomo formatosi nella zona di Trasaghis, che si faceva chiamare “Gruppo Alpino Trasaghis -Settore 124 verde”, comandato da Dino qui Ferrogotto (Il Friulano, o Furlan) unitosi verso il 15 settembre alla divisione Osoppo, e aggregato alla terza brigata. A p. 39 non si sa di quale btg. Friuli si tratti, se di quello osovano o di quello garibaldino, ma potrebbe essere quello osovano, e così a p. 43. Alle pp. 44-.45 Candotti scrive del btg. osovano Friuli, e così pare a p. 77, e sicuramente a p. 100. A p. 78 egli ribadisce che il btg. osovano Friuli faceva parte della terza brigata.
Buvoli Alberto, nel suo: “Le formazioni Osoppo – Friuli. Documenti 1944-45, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione”, Udine 2003, cita il btg. osovano Friuli alla p. 213 e a p. 224.
Gallo Giampaolo cita il btg. osovano ‘Friuli’ in La Resistenza in Friuli 1943-1945, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, Udine 1988, a p. 126. Ma Stefanutti mi ha mandato anche i riferimenti in volumi di storia locale, ed uno anche sul volume di Giovanni Angelo Colonnello, Guerra di liberazione : Friuli, Venezia Giulia, zone jugoslave, 1965, ma credo che quanto reperito basti per dire che intorno a Dino (Feregotto, Ferrogotto, o Ferregotto) e sotto il suo comando, si formò un gruppo partigiano autonomo chiamato “Gruppo Alpino Trasaghis -Settore 124 verde” che poi confluì nella terza Brigata Osoppo e che combattè nella zona Mena, Somplago, Cesclans, (Candotti, S.C.in F, n. 12, p. 27, ma anche sul monte Corno (Candotti,S.C.in F. n. 8, p. 204), e nella Val del Lago (Candotti,S.C.in F. n. 9, p. 228). Da un testo di Pieri Stefanutti reperito in rete sul sito dellì’ A.p.o., intitolato: “L’esercito dei monti. Storia del btg. osovano Friuli, che però Stefanutti mi scrive di voler aggiornare, si viene a sapere sia i primi componenti del gruppo sia che esso si muoveva per azioni fino a Ospedaletto, Osoppo, Campagnola, Braulins. Ad un certo punto il battaglione pose la sua sede ad Oncedis. Da questo testo sappiamo anche che ‘Due’ Roberto Bellina, faceva parte del btg. Friuli, e quindi era ovvio che dicesse che il Ferregotto era il suo comandante. Pertanto si potrebbe desumenre che fu il Friuli a sparare con la mitragliatrice prima della strage sui nazisti in ritirata.
Per quanto riguarda l’uccisione dei considerati responsabili della strage di Avasinis, così scrive Stefanutti sul testo ultimo citato a p. 126: ” Nelle giornate successive alla strage di Avasinis, la rabbia della popolazione portò a sfogarsi contro alcuni sbandati dall’esercito tedesco che, sciolti dall’obbligo del giuramento, stavano cercando di tornare alle proprie case (si trattava per lo più di istriani ed altoatesini). Gli sbandati erano stati catturati dai partigiani ma la furia popolare fece sì che una decina di essi venisse linciata in piazza e nelle vie del paese. Fu per evitare il ripetersi di fatti simili che un secondo gruppo di prigionieri venne portato fuori dal paese e, dopo un processo estremamente sommario, fucilato dai partigiani nelle ghiaie del Tagliamento”. Sulla uccisione dei cosacchi, egli invece scrive, a p. 127 che ” Anche parecchi prigionieri cosacchi fecero la stessa fine: vuoi per iniziativa di singoli partigiani, vuoi su spinta della popolazione che considerava i cosacchi complici dei nazisti: ne vennero fucilate parecchie decine, soprattutto nelle malghe della Gadoria e del Bosc Cjanâl dove i cosacchi erano stati fatti arretrare non appena avuta notizia dell’arrivo in paese dei tedeschi. Alle fucilazioni parteciparono sia osovani sia alcuni garibaldini delle GAP aggregatisi nelle fasi finali della lotta di Liberazione:
Nessuno aveva dato l’ordine di uccidere i cosacchi. È stata una decisione autonoma di uno dei nostri, che aveva avuto la madre uccisa in maniera sadica durante la strage di Avasinis, e allora ha deciso di vendicarsi così.”. Ma le fonti sono due fonti orali, di cui una è la già nota Elena Rodaro, che però presumibilmente non era presente ai fatti.
Chi leggesse il mio commento del 6 luglio e la risposta di Laura M. Puppini dell’8 luglio, direbbe: “Quant’è brava la Puppini, che da alcune scarse note è riuscita a ricostruire un preciso quadro bibliografico!”. Per la cronaca, devo precisare che le avevo fornito in privato una lista con titolo, autore, collocazione o edizione, data di pubblicazione, pagina di riferimento dei testi che si erano occupati del Btg. Friuli. La Puppini è stata effettivamente brava in quanto, come gli storici dovrebbero sempre fare, è andata a controllare analiticamente la veridicità delle fonti indicate, dalle quali ha (finalmente) avuto la conferma di quel che sostenevo da anni e cioè che fosse esistito un Btg. osovano denominato “Friuli” che ha avuto un ruolo importante nella storia della lotta di Liberazione dell’Alto Friuli.
Ciò detto, la Puppini – per prima – cita un mio lavoro ancora in corso di completamento. Le frasi riportate sintetizzano le conclusioni alle quali sono arrivato, dopo lunghe ricerche, relativamente a due argomenti e cioè:
– il fatto che dalla colonna che ha operato la strage di Avasinis si siano staccati gli elementi non tedeschi ed abbiano cercato una propria via di fuga; alcuni sono stati catturati dai partigiani e riportati ad Avasinis e qui linciati dalla popolazione o fucilati dai partigiani. E’ un elemento di novità, in quanto sinora si riteneva che la colonna non avesse avuto defezioni e che gli sbandati uccisi ad Avasinis dopo la strage non avessero alcuna relazione con essa;
– il fatto che le uccisioni dei cosacchi avvengono dopo l’eccidio di Avasinis e rappresentino una sorta di “vendetta” attuata nei confronti di alleati dei tedeschi (come ho già detto, non è per giustificare ma per capire le dinamiche.
Rimane in discussione la “causa scatenante”: personalmente penso si sia trattato di una azione militare preventivata; sono conscio comunque del fatto di quanto sia diffusa la tesi degli spari partigiani sulla colonna in ritirata.
A questo punto, credo sia inutile insistere ancora sul confronto delle testimonianze edite e sia necessario trovare invece nuove testimonianze e nuova documentazione capaci di chiarire i punti ancora in dubbio. Compito arduo, ma necessario, da attuarsi con il più vasto concorso di persone interessate.