Primo maggio: festa dei lavoratori e dei proletari, in uno stato che volge verso quello che fu prussiano?
Vorrei incominciare questo mio testo per la festa dei lavoratori (e proletari) del primo maggio con il titolo di un articolo di Franco Mostacci in: Il Fatto Quotidiano dell’11 aprile 2018: “Vent’anni di diseguaglianze: in Italia godono solo i più ricchi”, perché rappresenta, a mio avviso, la realtà. Scrive l’autore: «Negli ultimi 20 anni, la numerosità dei nuclei familiari è passata da 20 milioni scarsi nel 1995 a oltre 25 milioni nel 2016, per effetto sia dell’incremento della popolazione […], sia della diminuzione del numero medio di componenti. […]. Ma le diseguaglianze tra i gruppi sociali sono rimaste pressoché inalterate: la distanza tra chi sta bene e chi se la passa peggio non è attenuata, come si fosse cristallizzata al livello raggiunto a metà degli anni novanta».
Sin qui Mostacci, su dati Bankitalia, che ci dice, in sintesi, come la società italiana non sia migliorata negli ultimi vent’anni, ed io direi anzi, notevolmente peggiorata. Inoltre ho provocatoriamente scritto che il primo maggio è la festa dei lavoratori e dei proletari, perché coloro che formavano la “classe operaia”, una classe operaia consapevole del proprio sfruttamento e dei propri diritti sono quasi scomparsi, sostituiti dai ‘nuovi schiavi’ del lavoro, e dello jobs act, figlio perverso di un capitalismo coperto da bandiere destrorse e democratico – centriste. E ormai a livello sociale predominano, fra la classe povera, il non- lavoro, la disperazione, il nichilismo, la precarizzazione dell’esistenza, la perdita di ogni speranza.
E come non essere d’ accordo con chi ha scritto che ormai non si lavora per vivere, ma si vive per lavorare in qualsiasi condizione, anche in Italia?
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Ho in mano un volume di Francis Wheen: “Marx, vita pubblica e privata”, Mondadori ed., e due riflessioni colpiscono la mia mente mentre scrivo di poveracci e ricchi sempre più ricchi. La prima è che anche il conservatorismo liberale, espresso da fasce di popolazione più che agiate, poteva interessarsi alle privazioni del popolo, magari dando qualcosa in beneficenza, pronto però a non rinunciare a nulla, se non a spiccioli, ed a godere «fino in fondo degli agi che la vita gli riservava» (Francis Wheen, op. cit., p. 19).
La seconda è relativa al concetto di Stato- governo come assoluto immodificabile (Ivi, p. 24), verso cui una classe politica – oligarchica vorrebbe volgessimo anche in Italia, anche se allora non si parlava, come attualmente qui, di “senso di responsabilità” per non modificare nulla e rimandare tutti i problemi seri e veri ad un domani lontano, anno dopo anno … . E forse, in quest’ottica, anche l’italiano dovrebbe, ora, ‘se razionale’, riconoscere «l’oggettiva necessità e ragionevolezza del mondo (inteso dello stato e dello status quo sociale ndr) così com’è»? (Ibid.) Per fortuna a molti italici manca questa “razionalità”, e da anni ed anni chiedono alla classe politica cambiamenti.
Inoltre credo che ci sia un profondo legame tra quel senso di ‘responsabilità’ che impedisce in Italia di mutare qualcosa e l’‘inevitabilità’ del governo prussiano nella prima metà dell’Ottocento, allora sostenuta da Hegel. Il problema è solo che questi concetti vanno bene per chi governa e per le classi agiate, che non vogliono cambiare nulla perché non vogliono perdere privilegi acquisiti non si sa su che base, ma non vanno bene per i lavoratori e per il popolo e per chi allora come ora, diventava e diventa sempre più povero. Ma pare che se allora «sfidare l’assolutismo prussiano significava di fatto sfidare la natura: era come chiedere che venisse riformata la struttura delle querce o abolita la pioggia» (Ibid.), ciò possa valere anche ora in Italia, per il domandare un governo più attento ai problemi popolari e meno immobilista e piegato su se stesso e sugli interessi personali di pochi.
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Una terza considerazione mi viene alla mente e riguarda lo scollamento fra i problemi della classe dirigente, di cui i giornali ci informano, e quelli della popolazione della penisola. Eppure di problemi al tappeto, da risolvere in Italia ce ne sarebbero, tra inquinamento, disastri ambientali e sociali oltre che culturali; perdita di diritti, appannaggio ora sempre più dei soliti ricchi (provate voi, non agiato o politico, a fare una lamentela per un disservizio, come da carta dei servizi, e vedrete che o nessuno risponde, o vi è una risposta difensiva mentre qualcuno inizia subito a prender informazioni su di voi, o vi dicono che, se non vi va bene così – disservizio compreso – potete cambiare subito aria, alla faccia della carta dei servizi), precarietà del lavoro e nella famiglia; perdita di valori condivisi e di comunità; svendita di beni comuni a privati; e via dicendo, ma pare che si faccia la politica dello struzzo, anno dopo anno, governo dopo governo, mentre la stampa ci informa sulle solite storie di tatticismi, per mantenere il potere e fregarci.
E se andate in un bar, vedete forse qualcuno che parla di alleanze e nuovi governi, che disquisisce, con un bicchiere in mano, come un tempo, sulla politica per il paese? Io francamente no. Silenzio ed immobilismo caratterizzano, in Italia, questo momento storico, mentre da più parti si continua a segnalare che il governo italiano, visto il ‘senso di responsabilità’ dei nostri rappresentanti istituzionali, deve almeno incominciare ad abbassare la corruzione. (Corruzione, Italia ancora tra le peggiori d’Europa. Sotto di noi solo Grecia e Bulgaria, in: (http://www.repubblica.it/economia/2017/10/10/news/corruzione_italia_ancora_fanalino_di_coda-177861235/ e Ue: “Rischi internazionali da alto debito e bassa produttività dell’Italia. Giustizia inefficiente ostacola lotta a corruzione” in: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/07/ue-rischi-internazionali-da-alto-debito-e-bassa-produttivita-dellitalia-giustizia-inefficiente-ostacola-lotta-a-corruzione/4209925/). Ma pare non senta da quell’orecchio.
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Ora invece che di lavoro per gli italiani, in modo da trasformarli almeno in lavoratori, così potrebbero, a pieno titolo, festeggiare il primo maggio, si parla di carità ai poverelli, di politica di San Martino ma tagliando il mantello altrui, non si sa con che denaro e fino a quando, invece di scegliere pure la via del dopoguerra e cioè quella di calmierare i prezzi dei generi di prima necessità, ora fuori controllo.
Inoltre se qualcuno leggesse il bellissimo libro di Mauro Corona: “Vajont, quelli del dopo” vedrebbe quali disastri sociali può comportare un sussidio fisso alternativo al lavoro, che allora riempì le osterie di nullafacenti ed ubriaconi per non perderlo. In Germania è diverso, si coprono periodi di disoccupazione, il che è sacrosantamente giusto, ma con precise garanzie di nuova occupazione. (Cfr. Nicola Pini, L’Inps: aiuti al reddito per 900mila italiani. Scontro Boeri-M5s sull’assegno pentastellato. “Costerebbe 38 miliardi”. “No, solo 14,9», in Avvenire, 29 marzo 2018). Ma molti aspetti ci dividono dalla Germania, come giorni fa faceva notare, in un suo editoriale, Marco Travaglio. Magari quelle coperture che danno per le armi al Quatar e via dicendo, utilizzando soldi nostri per affari ‘ loro’ potrebbero impiegarli in servizi per noi, che mi pare siamo stati bistrattati dai nostri governi, non dagli extra – comunitari. (Stefano Feltri, Cipe, via libera alla garanzia di Stato per vendere armi. Approvato l’impegno pubblico fino a 18 miliardi per gli affari con Egitto e Qatar. Rinviato il tentativo di regalare la gestione di due autostrade per 30 anni, in: Il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2018).
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Brindiamo al primo maggio, in questa società che odora di marcio lontano un miglio, volgendo verso una sud- americanizzazione? Sì, per ricordarci cos’ è la dignità, cos’ è la rivendicazione dei propri diritti, per chiedere lavoro ma anche il giusto compenso ed otto ore di lavoro, otto di riposo ed otto di svago, per non dimenticare il passato e reimpossessarci di alcuni concetti per il presente e futuro. E non ditemi , per cortesia, che sono rivoluzionaria.
Laura Matelda Puppini
L’immagine che correda l’articolo rappresenta il famoso dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo: “Il quato stato”. Da: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Quarto_Stato.jpg#/media/File:Quarto_Stato.jpg. Di Associazione Pellizza da Volpedo, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2588195. Laura Matelda Puppini.
https://www.nonsolocarnia.info/primo-maggio-festa-dei-lavoratori-e-dei-proletari-in-uno-stato-che-volge-verso-quello-che-fu-prussiano/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2018/04/640px-Quarto_Stato.jpg?fit=640%2C346&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2018/04/640px-Quarto_Stato.jpg?resize=150%2C150&ssl=1ECONOMIA, SERVIZI, SANITÀSenza categoriaVorrei incominciare questo mio testo per la festa dei lavoratori (e proletari) del primo maggio con il titolo di un articolo di Franco Mostacci in: Il Fatto Quotidiano dell’11 aprile 2018: “Vent’anni di diseguaglianze: in Italia godono solo i più ricchi”, perché rappresenta, a mio avviso, la realtà. Scrive...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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