Non si può in un blog parlare solo di aspetti contingenti, delle politiche attuali, a mio avviso per lo più sconsiderate, della Regione Friuli Venezia Giulia, ma bisogna anche soffermarsi su aspetti più generali da cui deriva poi la critica verso aspetti particolari e locali. Inoltre si deve tener conto non solo dei contenuti ma anche dei modi di procedere. E questa volta vorrei proporvi alcune considerazioni politiche di Massimo Fini da ‘Il Fatto Quotidiano’, su cui riflettere, ed alcune mie.

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Il primo articolo da cui traggo alcune considerazioni è di Massimo Fini è intitolato IN GUERRA VINCE LO ‘STERCO DEL DEMONIO” ed è stato pubblicato su ‘Il Fatto Quotidiano’ il 31 dicembre 2019. Per inciso, “Lo sterco del diavolo”  è definizione per indicare il denaro, attribuita per la prima volta a Martin Lutero.

Dopo una premessa in cui elenca una serie di conflitti allora in corso, precisando che in Libia, Siria, Somalia «migliaia di innocenti muoiono, ma noi occidentali siamo troppo impegnati a rincorrere mercati» (ivi), (ma anche ora, dico io, affari di mercato e appropriazione di ricchezze naturali altrui, come al tempo del colonialismo e del nazifascismo, sono addirittura la causa di molti conflitti) Massimo Fini ha così continuato:
 «Il vero dittatore del mondo è il mercato (“il più freddo di tutti i mostri” per parafrasare ancora una volta Nietzsche) o per essere più precisi i mercati». Quindi prosegue: «Ogni mattina che accendiamo la tv non sentiamo parlare dei “mercati” e delle loro inderogabili esigenze. Con queste entità metafisiche noi ci dialoghiamo: “I mercati ci chiedono”, “il progetto non è piaciuto ai mercati”, “sembra che la proposta abbia avuto l’approvazione dei mercati”.

Ma mentre un dittatore o un autocrate può esser sempre abbattuto con il nostro fucilino a tappo, contro i ‘mercati’ non c’è nulla da fare. Sono un’entità metafisica che non si sa dove stia, un nuovo Dio che vive in un suo empireo irraggiungibile, tirargli contro è come sparare al vento, quel vento che “tutto sa” come canta Alessandro Mannarino.

Insomma siamo ancora a quella concretissima astrazione che si chiama denaro, che determina le vite di noi tutti, […]  e che ha dato il via, insieme ad altri fattori, alla civiltà moderna, quella che stiamo vivendo». (Massimo Fini, “In guerra vince lo ‘sterco del demonio’”, in ‘Il Fatto Quotidiano’ il 31 dicembre 2019).

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Ora in un mondo dove ‘Dio è stato gettato fuori dalle porte di Gerusalemme’- per usare una felice similitudine di Raniero La Valle, le tavole della antica legge che Dio diede a Mosè sono di nuovo infrante in primo luogo da quello che dice di essere il suo popolo prediletto, ed ove non esistono più diritti umani ma solo questioni di denaro e di mercato, ed i cittadini sono ridotti a entità finanziariamente valutate, come fanno a resistere le democrazie? Ed infatti piano piano, sposando sempre più i diktat USA, ed ormai della Ue e del mondo della finanza, la politica anche italiana sta facendo sparire i principi generali della Costituzione, nata dal sangue di tanti partigiani ma anche civili uccisi, nata da tanto dolore e terrore ma nella prospettiva di ‘un mondo nuovo’, mentre ora si esalta il vecchio, la guerra, la menzogna, l’individualismo sfrenato, il diritto dei pochi e ricchi, l’assoggettamento degli altri ai loro voleri. Vi ricordate cosa ho riportato nel mio, sempre su www.nonsolocarnia.info “Riflettendo su concetti dell’illuminismo leggendo Radiščev, e sulla loro discutibile attualità oggi in Italia. ? Ho scritto che la finanziaria e banca americana Morgan ha sempre visto come un pericolo per gli affari ed il mercato le costituzioni antifasciste come quella italiana, riprendendo quanto scritto da Luca Pisapia, nel suo: Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle costituzioni antifasciste, in: https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/19/.

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A queste considerazioni vorrei aggiungere quelle, sempre di Massimo Fini che, per inciso, per i soliti sinistrofobici, non è di sinistra, contenute in un suo articolo intitolato: DEMOCRAZIA FASULLA PREDA DI OLIGARCHIE – Sottotitolo: «Il potere di pochi. La forma di “governo del popolo” si è ormai ridotta a una serie di regole e procedure che dovrebbero essere invalicabili Ma che le screditate élite dei nostri partiti si guardano bene dal rispettare», in: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2024/05/05/democrazia-fasullapreda-di-oligarchie/7536052/ e ripreso in: https://infosannio.com/2024/05/05/democrazia-fasulla-preda-di-oligarchie/comment-page-1/.

Questo il testo parzialmente da me ridotto per favorire la lettura.

«Nelle recenti elezioni regionali in Basilicata non è andato a votare il 50,2 per cento degli aventi diritto, più della metà. Si conferma quindi la tendenza, ed è un dato generale, all’aumento di un forte astensionismo a cui andrebbero aggiunte le schede nulle e le schede bianche. E se l’astensione arrivasse al 75 per cento si potrebbe dire che siamo ancora in una democrazia? E se, paradossalmente, uno solo andasse a votare? Si scrive che si tratta di disaffezione per la politica. Non è così, il non voto è pur sempre un voto. Si tratta di disaffezione o per essere più precisi di disprezzo nei confronti delle oligarchie partitocratiche che finisce per coinvolgere la stessa democrazia.

Che cosa sia in effetti la democrazia nessuno lo sa dire con certezza. Giovanni Sartori e Norberto Bobbio, che hanno dedicato la loro vita a questo tema e che certamente non possono essere considerati degli illiberali, ne danno una definizione così incerta da diventare evanescente. Scrive per esempio Bobbio: “Per regime democratico s’intende primariamente un insieme di regole e di procedure per la formazione di decisioni collettive, in cui è prevista e facilitata la partecipazione più ampia possibile degli interessati”.

Il nocciolo della democrazia è quindi il consenso? Niente affatto. Il consenso può esistere anche nelle dittature, come insegnano nazismo e fascismo […]. (…). Sono quindi le elezioni? Ma anche in Unione Sovietica, e persino in Bulgaria, come è noto, si tenevano elezioni. È il pluripartitismo? Max Weber nota – e siamo già negli anni 20 del Novecento – che “l’esistenza dei partiti non è contemplata da nessuna Costituzione” democratica. Non possono quindi essere i partiti l’elemento caratterizzante della democrazia liberale, che esisteva anche prima della loro istituzionalizzazione. Sarà, come alcuni dicono, “il potere della legge”? Ma il potere della legge esiste anche negli Stati autoritari, anzi più uno Stato è autoritario più questo potere è forte. (…). . È allora il principio della rappresentanza? Ma anche il Re rappresenta il popolo. Sarà dunque, come dice Popper, che la democrazia è quella forma di governo caratterizzata da un insieme di regole che permettono di cambiare i governanti senza far uso della violenza? Neppur questo. È storico che nelle aristocrazie il governo può passare da una fazione all’altra senza spargimento di sangue.

La democrazia quindi si riduce a una serie di regole e procedure che dovrebbero essere invalicabili. La nostra Costituzione dedica ai partiti una sola norma, l’art. 49: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Ma i partiti, presa la mano, hanno afferrato anche il braccio, occupando tutto il sistema nel settore pubblico e spesso anche in quello privato.

Si dirà, secondo il detto anglosassone, one man, one vote. Che ogni voto ha pari valore. Ma nemmeno questo è vero. (…). Scrive Gaetano Mosca: “Cento che agiscano sempre di concerto e di intesa gli uni con gli altri trionferanno su mille presi uno a uno che non avranno alcun accordo fra loro”. Ciò ha portato Bobbio ad affermare: “Oserei dire che l’unica vera opinione è quella di coloro che non votano perché hanno capito, o credono di aver capito, che le elezioni sono un rito cui ci si può sottrarre senza danni”.

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In una democrazia le regole fondamentali, che sono poi quelle poste in Costituzione, dovrebbero essere invalicabili. Nella realtà si viene poi pian piano formando una “Costituzione materiale”, come ammette lo stesso Bobbio, il quale afferma che “altro è la costituzione formale, altro è la costituzione reale e materiale”. Un caso clamoroso è quello di Berlusconi che, dopo aver violato buona parte delle norme costituzionali e tutte le leggi penali, ha costruito un oligopolio attraverso il quale era il padrone del Paese, trasformando quindi la democrazia in un’aristocrazia, la sua.

C’è poi qualcosa da aggiungere sui nostri rappresentanti. Chi sono costoro? Quali sono le qualità di queste oligarchie, o, come dice pudicamente Sartori, poliarchie che ci governano? In altri tempi e in altri mondi, prima dell’avvento dell’Illuminismo, le aristocrazie per esser tali dovevano avere delle qualità specifiche.

(…). Qual è la qualità prepolitica dei nostri rappresentanti? È, tautologicamente, quella di fare politica, di essere, come scrive Max Weber, dei “professionisti della politica”. Insomma la vera qualità dell’uomo politico è di non averne alcuna. Questo spiega anche la facilità con cui costoro passano da un’oligarchia all’altra, cioè da un partito all’altro, con grande disinvoltura come dimostra il vorticoso cambio di candidature alle prossime elezioni europee.

Ma siamo poi veramente noi a scegliere coloro, sia pur mediocri, da cui vogliamo essere rappresentati? No, è la direzione del partito che, fregandosene di ogni eventuale merito, mette in pole position quelli più fedeli.

Le democrazie sono notoriamente i regimi più corrotti. Non che le dittature o le autocrazie non siano corrotte, tutt’altro, ma in una democrazia la cosa è peggiorata perché essendo basata sulla competizione, che negli Stati autoritari non c’è, diventa quasi necessario comprare pacchetti di voti o colludere con organizzazioni criminali. Le cronache italiane recenti ne sono una clamorosa, anche se amara, constatazione. Insomma, l’adesione a un partito da libera scelta diventa un obbligo per chi, per dirla con Ignazio Silone, “vuol vivere un po’ bene”.

Ce n’è abbastanza per disertare le prossime elezioni europee. Oltretutto sono a giugno e si può andare felicemente al mare. L’Italia ha 8.300 chilometri di coste una volta bellissime, ma che noi siamo riusciti a rovinare con la cementificazione a favore di quelle oligarchie, politiche ed economiche, di cui abbiamo parlato. Tout se tient».

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ALCUNE MIE CONSIDERAZIONI NEL MERITO. 

Ho riportato stralci da questi due testi di Massimo Fini perché le riflessioni che egli fa, come spesso accade, sono importanti, in questo caso sui nuovi governanti e su il nuovo motore del mondo che è il mercato ma, dico io, non solo. E chiediamoci dove siamo andati a finire e perché pare che i migliori stiano in disparte mentre altri hanno preso le redini del potere.

Ma a parte questo, quello che caratterizza uno stato democratico, a mio avviso, sono i principi di Liberté, Égalité, Fraternité (Libertà Uguaglianza Fraternità) realmente applicati, la possibilità di esercitare la cittadinanza attiva e la partecipazione diretta alle scelte dello Stato di cui facciamo parte, caro Fini, che proprio il mondo del mercato ci ha precluso. Quindi in uno stato democratico non solo vi è uguaglianza fra i cittadini di fronte alla legge, ma anche nell’accesso alla sanità, alla diagnosi e alle cure tempestivamente, al lavoro ed al cibo. In uno stato democratico nessuno deve morire di fame ed ad un bimbo non può esser negato alla scuola un pasto perché la famiglia non può pagarlo. Ma questo è accaduto anni fa anche in Friuli, territorio dove il berlusconismo la fa da padrone e prima certe strane teorie democristiane o socialdemocratiche, con la scusa della lotta al comunismo, che nessuno sapeva neppure cosa fosse.

In uno stato democratico la guerra è abolita perché la prosperità viaggia con la pace, vi è la divisione dei poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario, non vi può essere un pensiero unico, e la conoscenza, l’istruzione e l’educazione anche civica devono essere promosse in ogni modo. Inoltre ciò che è pubblico, come l’ambiente, resta pubblico e non può esser svenduto o regalato a privati, come ciò che è fondamentale per la vita, per esempio l’acqua,  gli ecosistemi naturali devono venir tutelati e deve venir valorizzato il concetto di ‘Bene collettivo’. Ma pare invece che il nostro patrimonio pubblico sia andato distrutto e svenduto a causa dei nostri governanti, e i servizi pubblici privatizzati come l’energia. (Cfr. Distruzione del patrimonio pubblico italiano. Responsabilità dei governanti in:  https://www.attuarelacostituzione.it/2019/05/14). Voi che ne dite?

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Pubblicherò infine a breve altre considerazioni da “Aleksandr Nikolaevič  Radiščev, Viaggio da Pietroburgo a Mosca” per chiarire cosa caratterizza un governo autoritario e cosa uno democratico.

Per ora chiudo qui e vi invito a leggere i seguenti articoli su www.nonsolocarnia.info:

Riflettendo su concetti dell’illuminismo leggendo Radiščev, e sulla loro discutibile attualità oggi in Italia.,

 Sulla guerra e contro la guerra, per la pace, ai margini di un convegno al centro Balducci.

Economia, beni primari, ed Aree dette ora “interne”, nel quadro dell’ Europa della finanza.

Laura Matelda Puppini

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L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: https://storiedistoria.com/2013/11/lo-sterco-del-diavolo-jacques-le-goff/. Laura Matelda Puppini.

 

 

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