Storia del Memoriale Italiano ad Auschwitz: dal sito Unesco all’Ipercoop di Firenze?
Oggi sono andata alla cerimonia in ricordo di quei giovani morti sul fronte greco albanese, senza sapere perchè. Ogni tanto bisogna commemorare, pensare, riflettere. Qualcuno, non ricordo chi, ha parlato dei monumenti in memoria che debbono diventare pietre vive, i nomi incisi che devono diventare ricordo di persone “in carne ed ossa” che hanno sofferto, che hanno perso la vita. E da ciò è scaturito questo mio articolo, relativo al Memoriale Italiano di Auschwitz, sradicato e cancellato assieme alla memoria ed alla storia. Ma bisogna ricordare, per non compiere gli stessi errori, diceva qualcuno stamane, e come non dargli ragione?
Nel lontano 1947, quando la memoria di ciò che era realmente accaduto ad Auschwitz ed in Polonia a causa dei nazisti era vivissima, il parlamento polacco deliberò la creazione di un museo – memoriale, che comprendesse l’area dei campi Auschwitz I e Auschwitz II. Nel 1979 il sito venne dichiarato patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Nel 2007 la denominazione iniziale del museo: “Auschwitz Concentration Camp” venne, su richiesta del governo polacco, modificata ufficialmente in “Auschwitz Birkenau – German Nazi Concentration and Extermination Camp (1940-1945)”. (https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Auschwitz).
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Fin dall’inizio degli anni Settanta, l’Associazione Nazionale Ex-Deportati (ANED) avviò una riflessione circa la necessità di un memoriale, sollecitando lo studio di architettura milanese BBPR per la sua progettazione ed iniziando una capillare raccolta di fondi per la sua realizzazione. Il 24 aprile 1971, durante una riunione del Comité International d’Auschwitz, Emilio Foa, rappresentante italiano e membro dell’ANED di Roma, comunicò l’assenso ricevuto dal Ministero dell’Arte e della Cultura polacco al “progetto di allestire un’esposizione nazionale italiana ad Auschwitz” e nel febbraio del 1972 la realizzazione del Memoriale venne posta nell’agenda delle cose da fare. Quindi, nel 1975, lo studio progettista presentò un primo progetto, e nell’estate 1978 venne creato un “comitato operativo” finalizzato alla sua realizzazione, composto da Gianfranco Maris, Dario Segre, Bruno Vasari, Lodovico Belgioioso, Emilio Foa, Teo Ducci e Primo Levi. A quest’ ultimo venne affidato il compito di redigere un testo-base” relativo agli intendimenti del Memoriale. Il 13 novembre del 1978, in una seconda riunione del comitato, il testo prodotto da Primo Levi venne approvato all’unanimità, e si decise che il memoriale italiano avrebbe dovuto essere un luogo di raccoglimento e di ricordo.
Nell’estate del 1979 l’opera risultava terminata e l’Aned provvide al suo trasferimento ad Auschwitz, assieme agli operai incaricati del suo montaggio. I lavori si protrassero fino alla fine del mese di ottobre. Infine il 13 aprile 1980 il memoriale veniva inaugurato con una solenne cerimonia. (https://it.wikipedia.org/wiki/Memoriale_italiano_di_Auschwitz).
Poi l’oblio.
E così si giunse al 2008. Ma a trent’anni dalla sua ideazione, si veniva a sapere che il memoriale versava in stato d’abbandono ed era stato oggetto di pesanti critiche e di un’azione legislativa che, all’inizio del 2008, ne aveva messo in discussione la sua stessa esistenza. L’Aned si era subito mossa per difendere sul piano giuridico l’opera di sua proprietà, mentre l’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea si adoperò immediatamente per coinvolgere la Scuola di Restauro dell’Accademia di Brera e i sindacati edili di CGIL, CISL, UIL (Lazio, Lombardia, Nazionale) per un’azione di sensibilizzazione sull’argomento, anche attraverso una petizione. (Ivi). Nel settembre il Cantiere Blocco 21 si trasferiva ad Auschwitz e, grazie al lavoro di 32 allievi della Scuola di Restauro di Brera, compiva i rilievi necessari, puliva l’opera, allestiva una mostra itinerante, ed elaborava un progetto di conservazione e integrazione del memoriale, detto Progetto Glossa, che veniva approvato dall’Aned e presentato alle autorità italiane. Benché la petizione avesse raccolto pure firme di importanti studiosi italiani e stranieri, il Cantiere Blocco 21 non riuscì a smuovere l’attenzione collettiva. (Ivi e “L’Accademia di Brera restaurerà il Memorial italiano di Auschwitz”, in: http://www.deportati.it/news/brera_080508.html).
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Il 30 marzo 2014, il consiglio nazionale dell’Aned, dopo due giorni di incontri, pubblicava il seguente appello:
« Il Memoriale italiano collocato nel Blocco 21 di Auschwitz, è in pericolo: dal luglio 2011, per decisione unilaterale della Direzione del Museo, è chiuso al pubblico, inaccessibile persino agli studiosi.
La direzione del Museo, sostenuta dal governo polacco e dal Consiglio internazionale di Auschwitz, ritiene che l’installazione italiana non corrisponda più alle linee guida emanate dal Museo negli ultimi anni, che richiedono allestimenti di taglio pedagogico-illustrativo, mentre quella italiana è un’opera d’arte, un’installazione che, ripromettendosi di comunicare un orrore non altrimenti descrivibile, parla appunto con il linguaggio dell’arte.
In assenza di una iniziativa delle istituzioni pubbliche italiane, l’Aned ideò, progettò, realizzò, finanziò (con mezzi propri e attraverso una sottoscrizione pubblica) e alla fine trasportò dall’Italia alla Polonia e allestì il Memoriale, alla cui progettazione e realizzazione avevano lavorato personalità della cultura italiana del calibro di Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Primo Levi, Pupino Samonà, Nelo Risi, Luigi Nono, al fianco degli ex deportati allora al vertice dell’Aned, a cominciare da Gianfranco Maris, Teo Ducci e diversi altri. L’inaugurazione avvenne nella primavera del 1980, alla presenza di decine di ex deportati giunti dall’Italia, di rappresentanti delle Comunità ebraiche italiane e del ministro Marcora in rappresentanza del governo.
A giudizio dell’ANED, proprietaria dell’opera, il Memoriale Italiano di Auschwitz, dopo un necessario intervento di restauro e con opportune istallazioni illustrative, starebbe magnificamente lì dove è sempre stato, testimonianza della cultura e dell’arte nazionali, a ricordo di tutte le deportate e di tutti i deportati uccisi nei Lager nazisti. Ma la direzione del Museo, il consiglio delle personalità internazionali che la affiancano, il governo polacco, quello italiano e numerose organizzazioni ebraiche internazionali sostengono che quell’installazione dovrebbe essere rimossa per lasciare spazio a una documentazione puntuale della sola Shoah italiana.
Dopo aver cercato a lungo di resistere a questa impostazione, e dopo aver cercato di persuadere le autorità italiane e polacche del valore dell’opera, dando prova di moderazione e di realismo Aned si è piegata obtorto collo a questa richiesta che non condivide, e si è detta disponibile a trasferire l’opera nel nostro paese, in una località significativa per la storia della deportazione italiana, così da lasciare spazio a un nuovo allestimento italiano nel Blocco 21 di Auschwitz.
Da diversi anni, però, tutti i tentativi esperiti per individuare una soluzione sono falliti. Nessun Comune italiano, tra quelli interpellati, si è detto per ora disponibile a ospitare il Memoriale, a causa degli alti costi del trasferimento e della difficoltà di reperire l’area necessaria. Dal canto loro i Governi che si sono succeduti in questi anni hanno negato di avere le risorse utili a salvare un’opera che per oltre trent’anni ha onorato la memoria della deportazione e la cultura italiana nel mondo.
Da Auschwitz intanto si moltiplicano le pressioni a fare in fretta, pena l’assegnazione dello spazio fin qui occupato dall’Italia a un altro paese.
Aned fa dunque appello al Governo, alle istituzioni, alle forze politiche e culturali, affinché concorrano a reperire le risorse e gli spazi necessari per una degna conclusione di questa vicenda che è spiacevolissima e offensiva per tutti i superstiti dei Campi e i familiari dei Caduti. Dalle dichiarazioni occorre passare ai fatti. È in primo luogo compito del Governo, del Ministero dei Beni artistici e delle attività culturali proporre in tempi stretti una soluzione concreta e praticabile e mettere a disposizione le risorse per realizzarla, se non vogliono assumersi la responsabilità della perdita di una presenza italiana ad Auschwitz e della distruzione di un bene culturale di assoluto valore.
Aned si impegna fin d’ora:
• a raccogliere la documentazione sull’opera del Memoriale attraverso ogni mezzo possibile (foto, istallazioni, video, eccetera).
• a sostenere una campagna di informazione nazionale e europea sul problema, evidenziando che il Memoriale è la prima opera d’arte multimediale europea.
• a ottenere attraverso il Governo italiano, nel malaugurato caso si fosse costretti a rimuovere l’opera del Memoriale italiano dal luogo in cui è sorta, l’assicurazione dal Governo polacco che lo spazio del Blocco 21 rimanga nella disponibilità dell’Italia per la memoria della sua deportazione.
Il Consiglio Nazionale dell’Aned. Bologna, 30 marzo 2014». (http://www.deportati.it/news/appello-aned-il-memoriale-italiano-ad-auschwitz-in-pericolo.html).
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Il 27 gennaio 2015, compariva su storiastoriepn.it, un articolo dal titolo: “Il Memoriale italiano ad Auschwitz non va rimosso. Interrogazione a Renzi, Gentiloni, Franceschini”,in cui si ribadiva che il Memoriale italiano ad Auschwitz non andava rimosso perchè «è opera d’arte e documento storico che deve restare dov’è, quale testimonianza del nostro Paese nel campo di sterminio nazista nella Polonia occupata», e si riferiva dell’interrogazione posta dalla deputata Serena Pellegrino e da altri 50 parlamentari a Renzi, Gentiloni e Franceschini perchè si attivassero per il Mantenimento del Memoriale ad Auschwitz.
«I motivi ideologici e politici che hanno portato alla censura e alla chiusura del Memoriale e che spingono verso la sua rimozione, sono anacronistici ed inammissibili: con essi si cancellano i dati incontrovertibili di cui il Memoriale stesso è un documento. Il suo significato artistico e storico impone che esso rimanga nel luogo dove è stato creato: Auschwitz non è in alcun modo paragonabile alla periferia di Firenze, dove si è suggerito di trasferire l’installazione». – dichiarava Pellegrino, che sottolineava, pure, come la rimozione del Memoriale comportasse «una violazione dei diritti umani, del diritto Internazionale, del diritto di proprietà intellettuale e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nonché una violazione della Convenzione internazionale per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’UNESCO e un crimine di distruzione di beni culturali ed artistici». (Il Memoriale italiano ad Auschwitz non va rimosso. Interrogazione a Renzi, Gentiloni, Franceschini”, in. storiastorepn.it).
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Il 18 ottobre 2015, sul sito storiastoriepn.it compariva un articolo intitolato: “Appello per il Memoriale Italiano ad Auschwitz”, in cui si leggeva che: «È in atto un pericoloso processo di manipolazione e distruzione dei campi di sterminio nazisti, disseminati in Germania, in Austria e in Europa, ciascuno dei quali rappresenta un monumento alla memoria ma le cui tracce vengono distrutte, erose, vendute, inglobate in aree verdi o urbane. Questo succede ovunque, ad esempio, nel Campo di Gusen o a Jacenovac ma anche ad Auschwitz dove l’annunciato trasferimento del Memoriale Italiano a Firenze potrebbe significare la sua dissoluzione. Al pari delle azioni belliche che mirano alla demolizione di mausolei ed antichi monumenti, anche le manipolazioni storico-politiche come la “deportazione” del nostro Memoriale, possono disintegrare la memoria delle vittime del Nazifascismo e della Shoà […]». (Gherush92 Committee for Human Rights, Appello per il Memorile italiano ad Auschwitz, in:http://www.storiastoriepn.it/). Inoltre in detto articolo si precisava che il Memoriale ricordava pure l’Armata Rossa che liberò Auschwitz, e gli italiani, donne e uomini ebrei, rom, omosessuali, dissidenti politici, deportati nei campi di concentramento nazisti, e si chiedeva l’adesione ad un appello da inviare a Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Marino Tomasz Orłowski, Ambasciatore della Repubblica di Polonia in Italia, per salvare l’opera e la sua collocazione in quel contesto naturale per cui era stata pensata, in quanto il suo trasferimento altrove avrebbe significato, di fatto, la distruzione dell’opera.(Ivi).
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Infine, il il 3 gennaio 2016, il finale: sempre su storiastoriepn.it compariva un articolo dal titolo: “Deportati, liberatori e falce e martello fuori da Auschwitz. lo scempio è compiuto”, ove con scarne parole si informavano i lettori che: «Nel 70° anniversario della liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, il memoriale italiano che ricorda tutti i deportati italiani, l’antifascismo, la resistenza e i liberatori, è stato rimosso dal blocco 21 di Auschwitz per motivi revisionisti e negazionisti e forse sarà ricollocato accanto all’Ipercoop di Firenze. Vergogna ai responsabili di questa offesa». Si ricordava, inoltre, che gli architetti progettisti erano stati partigiani del movimento liberalsocialista “Giustizia e Libertà”. (Deportati, liberatori e falce e martello fuori da Auschwitz. lo scempio è compiuto, in: storiastoriepn.it).
Dove andrà a finire il Memoriale Italiano e dove è ora? Che dire dei nostri politici, del nostro Governo e del Partito della Nazione ma anche di altri, che pare proprio non abbiano mosso un dito per salvare un’opera d’arte italiana collocata in un contesto preciso, e che ricorda morti italiani? Chiediamocelo. Al prossimo scempio od alla prossima puntata di questo.
Laura Matelda Puppini
https://www.nonsolocarnia.info/storia-del-memoriale-italiano-ad-auschwitz-dal-sito-unesco-all-ipercoop-di-firenze/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/02/memorile-italaino-ad-Auschwitz-da-bettoli07-150x150.jpg?fit=150%2C150&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/02/memorile-italaino-ad-Auschwitz-da-bettoli07-150x150.jpg?resize=150%2C150&ssl=1STORIAOggi sono andata alla cerimonia in ricordo di quei giovani morti sul fronte greco albanese, senza sapere perchè. Ogni tanto bisogna commemorare, pensare, riflettere. Qualcuno, non ricordo chi, ha parlato dei monumenti in memoria che debbono diventare pietre vive, i nomi incisi che devono diventare ricordo di persone 'in...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
Leggo oggi,18 febbraio 2016, su:http://www.adnkronos.com/cultura/2016/01/25/, un articolo intitolato “Shoah, il Memoriale italiano ad Auschwitz: storia di una ‘deportazione’ /Video”, da cui ho appreso che la regista Silvana Maja ha fatto un film sulle complesse vicende del ‘Il Memoriale italiano ad Auschwitz’. Da questo articolo si viene anche a sapere che: “Dopo il 1990, con la caduta del Muro di Berlino e dei blocchi sovietici, i memoriali di Auschwitz dei vari paesi sono stati sottoposti a revisione e la direzione del Museo ha chiesto all’Aned di realizzare un Memoriale illustrativo, con foto dei deportati, tabelle e numeri da sostituire all’opera di Belgioioso. In pochi mesi bisognava portar via ‘la spirale’ altrimenti la direzione l’avrebbe fatta smantellare e distruggere per installare un nuovo memoriale.
L’Aned (Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti) non ha accettato l’idea di lasciar distruggere l’opera e ha chiesto ai Governi italiani che si sono succeduti nel tempo di intervenire per fermare lo sfratto, tanto più che il Museo di Auschwitz, dichiarato patrimonio dell’umanità dell’Unesco, non è una proprietà del governo polacco. Purtroppo, alla fine, il Memoriale è stato sfrattato.
A quel punto, grazie alle pressioni di Aned, il Ministero dei Beni culturali ha autorizzato l’Istituto centrale del Restauro e l’Opificio delle Pietre dure di Firenze di realizzare lo smontaggio dell’opera per rimuoverla dal Museo. L’Aned ha poi ottenuto, dalla Regione Toscana e dal Comune di Firenze, la possibilità di accogliere la spirale in un edificio adatto, collocato in una zona popolare di Firenze per farne un museo tecnologico e all’avanguardia per i giovani”, cioè in uno spazio vicino o all’interno dell’ipercoop di Firenze, da che si sa.
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Vorrei sapere che significato avrebbe detto monumento riciclato in museo tecnologico e come si pensa di trasformarlo in questo modo. Ma i nostri governi non sanno farsi sentire, in casi come questi? Avessero provato a sgombrare un monumento fatto da artisti francesi, con soldi francesi, per ricordare morti francesi, dico io …. O ormai i nostri governi pensano solo a far cassa, magari togliendo alle vedove la pensione di reversibilità? E l’onore italiano dove è andato a finire? Ma questa è altra storia.
Alcune informazioni sopra citate non appaiono del tutto corrette se si legge l’articolo intitolato:”Memoriale di Auschwitz, risposta alle preoccupazioni di Cesare De Seta, in: http://www.deportati.it/news/.
L’Aned, proprietario dell’opera, così scrive sul suo sito: “Leggiamo sulle pagine della Cultura di Repubblica il preoccupato intervento del prof. Cesare De Seta sulle sorti del Memoriale italiano ad Auschwitz, realizzato da Lodovico Belgiojoso, Primo Levi, Pupino Samonà, Nelo Risi, Luigi Nono e altri.
Poiché l’opera in questione è da sempre di proprietà dell’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti (ANED) ci sentiamo di rispondere alla preoccupazione di De Seta e di fornire qualche informazione ai lettori.
Come si ricorda nell’articolo, il Memoriale è chiuso, per decisione del Museo di Auschwitz, ormai da 4 anni. Di più: il Museo ha inviato nell’aprile 2014 un ultimatum all’ANED e al governo italiano, in cui si minacciava lo smantellamento dell’istallazione.
Di fronte a questa minaccia; di fronte al fatto che nessuno dei governi che si sono succeduti da Prodi in avanti, e che nessun ministro o partito politico rappresentato in Parlamento hanno difeso il diritto del Memoriale di rimanere nel luogo per il quale era stato progettato, l’ANED si è piegata a cercare in Italia un luogo adatto a salvare quell’opera dalla distruzione.
Dal novembre dello scorso anno questo luogo è stato individuato a Firenze. Il 20 maggio scorso Comune di Firenze, Regione Toscana, Ministero dei Beni culturali e ANED hanno sottoscritto un protocollo d’intesa che formalizza questa scelta.
Nelle prossime settimane gli esperti dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma e dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze – le massime autorità mondiali in fatto di restauro e tutela delle opere d’arte – andranno ad Auschwitz, compiranno i necessari interventi di restauro e infine smonteranno e “impacchetteranno” l’opera, che sarà trasportata a Firenze.
Lì finalmente il Memoriale sarà rimontato e aperto al pubblico, dopo molti anni di forzata chiusura. Allora tutti potranno visitarlo e – come l’ANED ha scritto al direttore del Museo del Lager – “potranno valutare di persona l’enormità della responsabilità che il Museo di Auschwitz, sotto la sua direzione, si è voluto assumere nei confronti di quest’opera e dei suoi autori, che furono tra le menti più limpide della cultura italiana del Novecento”.
Così stanno le cose. Noi apprezziamo la preoccupazione del prof. De Seta; pensiamo che la rimozione di quella installazione da Auschwitz sia una sconfitta per la cultura italiana, e in ultima istanza per il nostro paese.
Ormai però il dado è tratto. Noi speriamo che il prof. De Seta e quanti hanno fatto conoscere la propria contrarietà allo smantellamento dal Blocco 21 ora vogliano impegnarsi per illustrare e diffondere il valore di quest’opera nella sua nuova collocazione, per trasformare l’abominio della sua rimozione in una nuova occasione di visita, di studio, di valorizzazione, nel ricordo dei suoi autori.
Di seguito le note diffuse dal sindaco Nardella e dal presidente Rossi.
“Il memoriale italiano di Auschwitz è un’opera d’arte simbolo della memoria nazionale che deve essere valorizzato – è il parere del sindaco di Firenze Dario Nardella -. Per questo, dopo lo sfratto dal Blocco 21 deciso dalla direzione del museo polacco, abbiamo deciso insieme alla Regione Toscana e Aned, di candidare Firenze quale sua nuova casa. Una proposta che, grazie al Ministero dei Beni Culturali, si è concretizzata. È stata individuata la sede, l’EX3 a Gavinana che diventerà un vero e proprio Polo della Memoria, il cui fulcro sarà appunto il memoriale di Auschwitz e che vedrà anche un percorso museale all’avanguardia con una sezione dedicata al Museo della Resistenza e Liberazione. In questo modo il memoriale diventerà un centro attivo di formazione e diffusione della conoscenza rivolto prima di tutto ai giovani, perché la memoria è fondamentale per trasmettere i valori alle generazioni future. Quindi non c’è nessuna incertezza sul destino dell’opera che a Firenze non sarà solo tutelata ma valorizzata, rinnovando quel ruolo di strumento di trasmissione della memoria che era negli intenti dei suoi creatori”
“Abbiamo da sempre le idee chiare sul futuro del Memoriale – afferma il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi – sulla scia delle politiche della memoria che la Toscana porta avanti da sempre e che hanno nella creazione del Treno della memoria che ha portato negli anni 6mila studenti ad Auschwitz: tenere accesa una luce su quello che hanno voluto dire fascismo e nazismo e sui rischi che ancora oggi possono minacciare le democrazie, sugli stermini e le violenze di massa del Novecento e di oggi. Non sarà infatti ‘solo’ un monumento, ma un centro attivo di formazione e diffusione della conoscenza. Un museo non-museo, moderno e multimediale, un esercizio antiretorico della memoria. Un monito e un inno al rispetto della dignità dell’uomo e della sua libertà troppe volte calpestata. Uno spazio dedicato non solo alla Shoah, ma a tutti gli stermini”.
Il memoriale – precisa una nota della Regione – sarà smontato e portato via da Auschwitz entro le prossime settimane, secondo l’ultima proroga in ordine di tempo concessa dalla direzione del museo. Smontaggio, trasporto e messa in sicurezza dell’opera saranno a cura del Ministero per i beni culturali. Un’operazione che vale da sola diverse decine di migliaia di euro. Il Comune di Firenze metterà a disposizione la struttura che ospiterà l’opera e assumerà la direzione dei lavori di trasformazione dell’immobile. La Regione garantirà la valorizzazione culturale del memoriale. L’Aned curerà la progettazione artistica della nuova installazione, assieme all’architetto Alberico Belgiojoso figlio e partner del progettista, e le schede, i documenti e il percorso che lo correderanno. Un comitato storico-scientifico presiederà alla ricontestualizzazione del Memoriale, con l’obiettivo di inaugurarlo entro due anni.
3 settembre 2015
L’articolo invia pure a “Protocollo di intesa per il trasferimento a Firenze e la successiva valorizzazione del memoriale italiano di Auschwitz”
firmato il 20 maggio 2015 da Antonia Pasqua Recchia, Segretario generale del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo (Mibact); da Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana; da Dario Nardella, Sindaco di Firenze; e da Dario Venegoni, vicepresidente dell’ANED, di cui si trova pubblicato il testo per chi volesse leggerlo. (Cfr. http://www.deportati.it/news/firmato-il-protocollo-d-intesa-per-il-trasferimento-a-firenze-del-memoriale-di-auschwitz.html). Probabilmente chi ha scritto su storiastoriepn.it non conosceva detto accordo o non lo ha ritenuto una risposta adeguata.
Leggo solo ora alcune considerazioni di Donatella Sasso. pubblicate su East Journal il 17 settembre 2016, sotto il titolo “Sono stata ad Auschwitz”, per me di notevole interesse. Scrive Donatella Sasso: “Nel film del 2015 The Eichmann show di Paul Andrew Williams, il regista Leo Hurwitz, chiamato a Gerusalemme per riprendere le varie fasi del processo ad Eichmann, una sera si trova su una terrazza che si affaccia sulla città vecchia. È insieme a uno dei suoi operatori. Nei giorni precedenti gli ha letto negli occhi un certo disagio, l’emergere repentino di emozioni destabilizzanti e dolorose mentre riprende Eichmann e i testimoni.
Nella calma notte di Gerusalemme il regista chiede al suo collaboratore: “Sei stato ad Auschwitz?” e lui risponde di sì.
È un attimo, una rivelazione sconvolgente, ma che a me suona vagamente straniante. Succede in modo automatico e irriverente, ma io quella domanda e quella risposta le ho già sentite almeno cento volte. “Sei stato ad Auschwitz?”. “Sì, l’anno scorso con la scuola”. “Sono stata con i miei allievi, ma quest’estate ci porto la famiglia”. “Non ancora, ma devo assolutamente andarci”.
È un abisso incolmabile quello tra l’esserci stati come deportati e l’andarci oggi come visitatori. Eppure Auschwitz sembra ormai diventato un must per insegnanti, studenti lodevoli o meno, turisti e viaggiatori. E di questo si sono accorti da tempo operatori turistici in loco, Cracovia e dintorni, ma anche di altre zone e stranieri, che offrono “gite” con guide e tour tutto compreso. Non tutte le proposte sono approssimative, molte sono culturalmente e storicamente valide, ma lascia perplessi la trasformazione del luogo in meta turistica per masse di persone, non tutte con le migliori intenzioni. In mezzo a loro non mancano coloro che vogliono mettere la bandierina sulla cartina: Auschwitz come la Tour Eiffel. Ho visto con i miei occhi un motociclista arrivare con la propria moto all’ingresso di Birkenau, metterla in posa e scattarle una foto ricordo. Un urticante panorama di contorno, che pur non racchiudendo la totalità dei visitatori, influenza notevolmente la percezione del luogo e di quello che rappresenta”. Riflessione importante questa, e invito alla lettura dell’ intero articolo.
Mi pare interessante questo testo pervenutomi il 17/6/2016 sull’argomento da: ‘Gherush92 Committee for Human Rights, intitolato: “E’ NEGAZIONISMO DI STATO
LA DEPORTAZIONE DEL MEMORIALE ITALIANO DA AUSCHWITZ”.
«Il recente decreto sul negazionismo (demagogico e giustizialista), tanto sbagliato quanto inefficace, dispone l’applicazione della pena “da due a sei anni se la propaganda, ovvero l’istigazione e l’incitamento commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah, o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto della Corte penale internazionale”.
Il decreto è sbagliato visto che il testo esplicitamente cita solo la Shoah, senza elencare altri avvenuti crimini contro lo stesso popolo ebraico e contro altri popoli. E’ inapplicabile non entrando nel merito di cosa sia il negazionismo e di cosa si può e cosa non si può, secondo la legge, citare, dire, diffondere. E’ inefficace visto che l’intrinseca indeterminatezza ed ambiguità del decreto non tutela dal pericolo del diffondersi di falsità e verità storiche “di stato” e dal rischio di ricadute di tipo inquisitoriale.
Se è vero che il negazionismo della Shoah esiste, è anche vero che si tratta di un fenomeno circoscritto e minoritario che richiede una risposta documentata ed articolata, ma non certo una legge specifica che non serve ad inibire qualche miserabile o qualche “illustre” accademico ma solo a far demagogia a proprio uso e consumo.
Una legge contro l’antisemitismo è doverosa, purché l’obiettivo non sia quello di colpire unicamente qualche decina di esponenti negazionisti, ma il sistema culturale che propugna negazionismo e antisemitismo. Gherush92 in quest’ambito ha già proposto nelle sedi opportune le linee guida per una Convenzione Europea contro l’Antisemitismo e contro l’Antiromanì.
I negazionismi sono mille: esiste chi nega la Shoah e lo sterminio degli Ebrei, chi nega lo sterminio dei Rom, degli Indiani d’America, chi nega la deportazione e il massacro degli Africani, il genocidio dei Curdi, degli Armeni, lo sterminio dei Tutsi, e così via. Esiste chi nega i pogrom, le crociate, i ghetti, persino l’Inquisizione, o attribuisce a questi fatti storici un significato parziale e li giustifica riducendone la portata distruttiva in termine di vite umane e di devastazione culturale e ambientale. Nonostante le conseguenze di questi crimini efferati arrivino fino ad oggi esiste chi celebra la propria segregazione nel ghetto. I negazionismi sono mille, la gran parte sono la negazione di stermini avvenuti per opera dell’occidente cristiano.
Anche le forme del negazionismo sono mille.
Esiste chi nega le implicazioni di Pio XII nella Shoah e intercede per la sua beatificazione. Esiste chi appoggia e sostiene la beatificazione di Isabella di Castiglia e manipola fatti, nasconde leggi, bolle papali, tutte prove delle sue responsabilità nelle persecuzioni di Ebrei, Mori, Rom e Indios. Anche questo è negazionismo.
Esiste chi nega la pedofilia nella chiesa o la nasconde con omertà. Esiste chi, a bella posta, confonde nazismo con comunismo. Esiste chi vuole imporre un falso per legge, che l’Europa abbia origini giudaico-cristiane. Esiste chi giustifica la deportazione dei Rom. Anche questo è negazionismo.
Esiste chi nega che la Shoah, avvenuta nell’Europa cristiana, è il frutto di secoli di persecuzioni. Anche questo è negazionismo, negare che la Shoah, organizzata ed eseguita dai nazi-fascisti, è l’apice e la chiara conclusione di un processo discriminatorio e persecutorio verso gli Ebrei in Europa per opera dell’occidente cristiano.
Esiste, infine, il Governo che, nonostante ripetuti interventi, appelli, interrogazioni parlamentari in difesa della conservazione del Memoriale Italiano ad Auschwitz, ne ha decretato la deportazione dal Blocco 21 del campo di sterminio. Con quello sciagurato atto si è voluto rimuovere da Auschwitz l’effige della falce e martello, il simbolo dei liberatori. E’ bene ricordare che la Shoah include vittime, carnefici e liberatori, fra cui i soldati dell’Armata Rossa che, combattendo contro i nazifascisti, hanno liberato il campo e l’Europa. Anche questo è negazionismo.
Attenzione, però. Questa volta si potrebbe trattare di Negazionismo di Stato, di gran lunga la forma più subdola e pericolosa, reato che anche il recente decreto, sbagliato ed inadeguato, punisce con la reclusione.
Valentina Sereni, Delfina Piu, Stefano Mannacio Gherush92 Committee for Human Rights».